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Concerti, spettacoli, cinema, mostre, teatro, laboratori per bambini, visite guidate: una panoramica completa degli eventi culturali organizzati a Bologna.
Aggiornato: 30 min 54 sec fa

Old Man & the Gun

Ven, 07/26/2019 - 11:10

di David Lowery, USA/2018, 93’

Ispirato alla storia vera di Forrest Tucker, un uomo che ha trascorso la sua vita tra rapine in banca ed evasioni dal carcere. Negli anni del suo crepuscolo, dalla sua temeraria fuga dalla prigione di San Quentin a settant'anni, fino a una scatenata serie di rapine senza precedenti, Forrest Tucker disorientò le autorità e impressionò il pubblico.

"Il film, tratto da una storia vera e in particolare da un memorabile articolo scritto dal giornalista David Grann sul New Yorker, ne rispolvera il carisma nell'elegante ballata dedicata alle imprese del bandito gentiluomo Forrest Tucker, rapinatore seriale di banche, ospite abituale delle patrie galere e specialista di rocambolesche evasioni, l'ultima compiuta a settant'anni suonati. Il biopic confezionato dal promettente regista Lowery si basa sul protagonista, il cui glamour stropicciato aderisce come un guanto al profilo del settantenne malavitoso non violento che con ostentata gentilezza e un accattivante sorriso sfoderato sotto i baffi finti si rivolge a cassiere e direttori delle tante filiali di città diverse mostrandogli la pistola infilata sotto la giacca e ordinandogli di riempire le sue borse di denaro contante senza fare gesti inconsulti. Come alter ego, persecutore in nome e per conto della legge ma animato dallo stesso in fondo nobile codice di condotta, il regista mette in campo il detective Hunt che non esita a portare in famiglia i problemi procuratigli dall'indagine compresi i ripetuti fallimenti. Mentre il risvolto romantico è rappresentato dalla liaison con la disinvolta vedova Jewel che il nostro antieroe dai vestiti impeccabili e il portamento galante ha conosciuto per caso dopo il colpo che apre il racconto. Proprio l'attrice chiamata a interpretare quest'ultima parte, Sissi Spacek, ribadisce l'intenzione che sorregge l'intero impianto del film di omaggiare Redford ricostruendogli attorno gli umori, le atmosfere, le tecniche, i volti, le recitazioni e i dialoghi  caratteristici della "Nuova Hollywood", il cruciale periodo tra la metà degli anni Sessanta e l'inizio degli Ottanta della storia del cinema di cui il divo resta una delle icone incancellabili."

Valerio Caprara, "Il Mattino"

Juliet, Naked – Tutta un’altra musica

Ven, 07/26/2019 - 11:02

di Jesse Peretz, GB/2018, 105’

Annie vive da lungo tempo una relazione abitudinaria con Duncan, fan ossessivo dell'ormai sconosciuto musicista rock Tucker Crowe. L'uscita del demo acustico di un album di successo di Tucker di venticinque anni prima porterà a un incontro con il rocker che cambierà la vita di tutti i protagonisti.

"Juliet, Naked funziona molto bene nello sviluppo del patologico ritratto di quanto buffi possono essere i fan estremi, privi di ogni analisi razionale, e sul triangolo in cui l'idolo si insinua nel rapporto di coppia del fan riesce a raggiungere dei momenti davvero esilaranti; ma fino a qui potevamo aspettarcelo, grazie al talento delle persone coinvolte proprio per costruire una storia di questo tipo. Quello che rende il film pienamente compiuto è il ritratto dell'idolo, non più una remota e ormai lontana nel tempo accozzaglia di pixel sbiaditi, ma una figura a tre dimensioni di cui vengono raccontate le debolezze, gli errori, e l'immobilismo di una vittima delle sue stesse passioni. (...) Insomma, ci si diverte, ma non mancano le annotazioni intelligenti sulle conseguenze della fama, anche relativa, e soprattutto sulla sindrome da eterno Peter Pan di un musicista troppo fragile. Tutti bravi, tutti da applauso gli interpreti e la speranza che la commedia romantica torni di nuovo fra noi, con rinnovato dinamismo."

Mauro Donzelli, "Coming Soon"

Il Verdetto

Ven, 07/26/2019 - 11:00

(The Children Act, GB/2017) di Richard Eyre (105')

L'eminente giudice dell'Alta Corte britannica Fiona Maye è chiamata a prendere una decisione cruciale nell'esercizio del suo ruolo: deve obbligare Adam, un giovane adolescente malato di leucemia a sottoporsi a una trasfusione di sangue che potrebbe salvargli la vita ma che egli rifiuta per motivi religiosi. In deroga all'ortodossia professionale, Fiona sceglie di andare a far visita ad Adam in ospedale e quell'incontro avrà un profondo impatto su entrambi, suscitando nuove e potenti emozioni nel ragazzo e sentimenti rimasti a lungo sepolti nella donna.

"Mettere in scena un romanzo è sempre complicato, in particolare quando si tratta di un romanzo di idee e principi oltre che di persone e di cose. Nel portare al cinema La ballata di Adam Henry di Ian McEwan, Richard Eyre fa la sua scelta decisiva quando affida a Emma Thompson la parte del giudice dell'Alta Corte Fiona Maye. Fin dalla prima sequenza è chiaro che il suo personaggio si approprierà del film e la sua interpretazione farà quello che vuole dello spettatore. Impossibile non stare con lei anche quando sbaglia, quando, in spregio alla procedura, va a fare visita al minore che per ragioni religiose rifiuta la trasfusione da cui dipende la sua vita, quando, infine, nega al ragazzo e forse anche a se stessa la possibilità di un esito romantico alla storia. Il verdetto, il cui titolo originale è addirittura The Children Act e si riferisce a uno dei pilastri del diritto di famiglia britannico, articola con precisione la sua trama, ideologica oltre che narrativa, ma poi la confonde con la carne e il sangue della sua protagonista, con la sua cinegenia, con la sua irresistibile presenza. Il film si apre a quello che meglio sa fare: offrire allo spettatore un campo di forze confliggenti dove non ci sono facili soluzioni e districarsi è questione di ragionamento e di lacrime. Eyre e Thompson realizzano un anomalo melodramma che aggiorna quella linea del cinema britannico che celebra il desiderio attraverso la sua frustrazione e allo stesso tempo offre al pubblico lo spettacolo di sé."

Luca Mosso, "La Repubblica"

Green Book

Ven, 07/26/2019 - 10:57

(USA/2018) di Peter Farrelly (130')

New York, anni '60. Tony Lip, un tempo rinomato buttafuori, finisce a fare l'autista di Don Shirley, giovane pianista afro-americano. Lip deve accompagnare il pianista prodigio in un lungo tour nel profondo sud degli Stati Uniti. Dopo alcune prime difficoltà, il viaggio nelle regioni razziste degli USA porta i due a stringere una forte e straordinaria amicizia.

Premio come miglior film agli Oscar 2019 e ai Golden Globe 2019
Premio come miglior attore non protagonista a Mahershala Ali agli Oscar 2019 e ai Golden Globe 2019
Premio per la miglior sceneggiatura originale a Nick Vallelonga, Brian Currie e Peter Farrelly agli Oscar 2019 e ai Golden Globe 2019

"La trama si basa su un vecchio episodio dell'America razzista, per la verità ancora attuale in un paese che ne continua a subire le drammatiche conseguenze, permeato, però, da un senso liberal di ripulsa che non assomiglia allo stile urlato caro a Spike Lee: per il regista Farrelly, stavolta separato dal fratello Bobby, lo spunto diventa esemplare non tanto per l'accuratezza dei costumi, le scenografie e, in particolare, le poliedriche musiche, quanto per l'acclusa metafora dei più nobili sentimenti umani che dovrebbero essere e purtroppo non sono universali e trasversali. Basta rilevare, al proposito, che lo spedito e scorrevole racconto si svolge nel corso della tournée intrapresa all'alba degli anni 60 a bordo di un'elegante Cadillac azzurra da un raffinato pianista e jazzista nero e dal suo occasionale e rozzo autista italoamericano negli stati sudisti più discriminatori nei confronti degli afroamericani. Sul filo di situazioni picaresche e tragicomiche si capisce subito che dall'odioso contesto si sprigionerà il calore di un'amicizia in barba ai doppi e tripli pregiudizi, ma il meglio del film sta nel ritmo pressoché sinfonico con cui Ali e Mortensen si palleggiano i rispettivi minishow sull'ordito di dialoghi cronometrici, battute sarcastiche e qualche scaltrita mozione degli affetti."

Valerio Caprara, "Il Mattino"

Bohemian Rhapsody

Ven, 07/26/2019 - 10:54

di Bryan Singer, GB-USA/2018, 134’

Prende il titolo da uno dei brani più celebri dei Queen l'atteso biopic dedicato a Freddie Mercury e alla band inglese, che ripercorre la storia del gruppo dalla formazione al concerto per il Live Aid del 1985 (esibizione interamente e fedelmente riprodotta), qualche anno prima della morte di Mercury. Travagliata la lavorazione, che ha visto il regista Bryan Singer licenziato prima del termine delle riprese, ma l'attore Rami Malek incarna il carismatico e anticonvenzionale frontman con un altissimo tasso di mimetismo - che si rafforza nel cantato, con le voci dell'attore e dello stesso Mercury combinate digitalmente per garantire la massima fedeltà all'originale. Una performance trascinante quanto le canzoni che punteggiano il film, da We Are the Champions a We Will Rock You.

Premio Oscar 2019 per il miglior attore protagonista, miglior sonoro, miglior montaggio sonoro Golden Globe per il miglior film drammatico e miglior attore in film drammatico

"L'opera di Bryan Singer riesce a rendere omaggio a una star come Freddie Mercury senza santificarne né profanarne il mito. Mischiando musica e dramma, va in scena non solo il ritratto di un artista unico ma è mostrata la genesi di brani eterni. Siamo di fronte a uno spettacolo trascinante come pochi altri, capace di coinvolgere anche chi non sia un fan dei Queen e di trasmettere quasi fisicamente cosa sia il potere della musica. E' soprattutto un superlativo e mimetico Rami Malek a rendere palpabile la magia scenica che fu di Freddie Mercury. Di quest'ultimo Bohemian Rhapsody ripercorre la giovinezza in un sobborgo londinese, le incomprensioni con la famiglia d'origine, zoroastriana praticante e originaria di Zanzibar, l'incontro con il primo grande amore, Mary Austin e con gli altri che con lui formeranno i Queen: Roger Taylor alla batteria, Brian May alla chitarra solista e John Deacon al basso. Vediamo Mercury, forte di un'estensione vocale non comune e di una personalità straripante, sfidare gli stereotipi e trasformarsi in icona, portando i suoi compagni d'avventura a scalare le vette della musica mondiale col trionfo nel celebre concerto Live Aid del 1985. Ci sono, inoltre, la scoperta dell'omosessualità, la caduta nei vizi, i problemi con i discografici e l'arrivo della malattia. Bohemian Rhapsody è un'esperienza potente, in grado di destare emozioni contrastanti, quasi una sorta di gioia dolorosa: ogni volta che tocchiamo entusiasti l'infinito sulle ali di quella vocalità eccezionale, inevitabilmente ci rammentiamo che il custode di tale dono non è più tra noi." Serena Nannelli, "Il Giornale"

con Rami Malek, Lucy Boynton, Gwilym Lee, Ben Hardy

Rocketman

Ven, 07/26/2019 - 10:51

di Dexter Fletcher, USA/2019, 121’

Un timido pianista di provincia, Reginald Dwight, costruisce la propria carriera e il proprio personaggio sino a divenire una delle più note stelle della scena musicale internazionale: Elton John.

"Lustrini, maschere, piume, occhiali a cuore. Benvenuti nella Bohemian Rhapsody di Elton John, dove si balla Saturday Night's Alright for Fighting in mezzo alla strada e si vola a mezz'aria cantando il ritornello di Crocodile Rock. Un altro film sulla musica degli anni '70 e su una star omosessuale come quello sui Queen e Freddie Mercury amatissimo da pubblico e addetti ai lavori (quattro Oscar). (...) È tempo di cover, camuffamenti vintage e di superfici pop e sonore da rieditare, anche se Rocketman sembra forse prendere le mosse dalla Julie Taymor di Across the Universe, innamorato com'è dall'effetto speciale antinaturalistico. Magia e sogno del numero musicale. Qui siamo lontani dal mimetismo performativo e docu-televisivo - il finale al Live Aid - suggerito dal film di Singer. È vero che Rocketman racconta la carriera di Elton John nel suo decennio più esplosivo a cavallo tra gli anni '70 e gli '80, ma non è propriamente un biopic. Siamo infatti esplicitamente dalle parti del musical, di cui rispetta virtuosismi registici, coreografie e un ri-arrangiamento musicale che qua e là si prende anche piccoli rischi. Il film di Dexter Fletcher - che vede la stessa rockstar nel ruolo di produttore esecutivo - vuole assolvere il difficile compito di celebrare la musica del personaggio e allo stesso tempo raccontarne gli incubi e le fragilità. Ascesa, caduta e rinascita. Tutto in primo piano e quasi tutto attraverso il suo punto di vista. È infatti proprio Elton - interpretato con impegno dal gallese Taron Egerton - a raccontare la sua storia al pubblico. "Sono un alcolista e un consumatore di cocaina" esordisce con look glam durante la seduta di disintossicazione. Rocketman drammaturgicamente parte da qui, dal punto più nero nella carriera del cantante. Come fosse il primo atto di un'opera teatrale, il protagonista si siede e inizia a raccontare. Ogni tanto si alza e canta. Partono così i flashback sull'infanzia, il precoce talento musicale, le performance nei localini e l'incontro con Bernie Taupin, il fedele amico e autore dei testi delle sue canzoni. Fino al successo di Your Song, la tournée negli Stati Uniti e l'incontro con John Reid, manager amante ossessionato dal business (...).

Carlo Valeri, "Sentieri Selvaggi"

con Bryce Dallas Howard, Richard Madden, Taron Egerton

Dolor y Gloria

Ven, 07/26/2019 - 10:47

di Pedro Almodovar, Spagna/2019, 113’

Il racconto di una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, regista cinematografico oramai sul viale del tramonto. Alcuni sono fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni '60 quando emigrò con i suoi genitori a Paterna; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni '80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare l'indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del vuoto, l'incommensurabile vuoto causato dall'impossibilità di continuare a girare film...

Premio al miglior attore protagonista al Festival di Cannes

"Salvador Mallo ha il volto di Antonio Banderas ma per il resto è 100% Almodóvar. Sono di Almodóvar la malinconia e i capelli dritti in testa, sua la casa in cui vive, che riproduce la vera casa del regista, suoi i mille dolori fisici e mentali acuiti dall'età. Salvador Mallo, protagonista quietamente alla deriva di Dolor y Gloria, è insomma un perfetto alter ego di Almodóvar, e come tutti gli alter ego è anche un luogo di reinvenzione e fantasia. L'ideale per un film che è una galleria di fantasmi a cavallo tra presente e passato, immaginazione e memoria, intimità segreta e immagine pubblica, con il fatale impasto di verità e menzogna su cui ogni immagine pubblica si fonda. Ecco dunque riaffacciarsi il protagonista di un successo di trent'anni prima con cui aveva litigato a morte (Asier Etxeandia), ecco le luci e i colori accesi di un'infanzia povera solo materialmente, ecco l'immagine di sua madre e quella del suo primissimo, inconsapevole amore, in cui già desiderio e capacità di creare immagini si mescolano, si alimentano, si confondono. Mentre nel suo opaco presente Mallo si lascia andare, aggiunge ai tanti farmaci l'eroina, accetta a malincuore l'invito della Cineteca per la presentazione di un suo film pensando di andarci con l'attore ritrovato, anche se poi tutto si svolgerà al telefono in uno dei non pochi momenti memorabili di un film che ha la cadenza ondivaga del "trip" e gli improvvisi affondi emotivi cui ci ha abituato il regista di Parla con lei. Uno dei suoi tanti film convocati, più che citati, per l'occasione (quello spettatore che piange in platea...), in un continuo processo di rielaborazione e trasformazione del passato, anche cinematografico, che è forse il vero soggetto dello smaltato, visivamente magnifico Dolor y Gloria.   Non tutto magari raggiunge la stessa temperatura. Non sempre il "tempo ritrovato" di Mallo/Almodóvar, con tutti gli amori e gli errori che riaffiorano dal passato, diventa anche il nostro. Ma il colloquio con la madre anziana, in sottofinale, lo scarto che improvvisamente porta il film in una zona ancora inesplorata, il cocktail acrobatico di pathos e umorismo con cui evoca e insieme tiene a bada il dolore più acuto («Non fare quella faccia da narratore!»), sono la firma di un regista tornato grandissimo dopo lo sfocato Julieta."

Fabio Ferzetti, "L'Espresso"

Kobane calling on stage

Ven, 07/26/2019 - 09:47

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Kobane calling on stage

tratto da Kobane Calling di Zerocalcare edito da Bao Publishing
un progetto di Cristina Poccardi e Nicola Zavagli
da un’idea di Emanuele Vietina
adattamento e regia Nicola Zavagli
produzione Lucca Comics&Games e Teatri d’Imbarco
in collaborazione con Bao Publishing

Il celebre fumetto di Zerocalcare, con oltre centomila copie vendute, arriva sul palcoscenico, dando vita a un atipico documentario teatrale, poetico e allo stesso tempo comicissimo: Kobane Calling On Stage è il resoconto del viaggio dell’autore stesso insieme a un gruppo di giovani volontari partiti per la città simbolo della resistenza curda, Kobanê, tra i difensori curdi del Rojava, opposti alle forze dello Stato Islamico, con l’intento di portare aiuti umanitari e stilare una cronaca alternativa della situazione siriana. Adattato e diretto dal regista e drammaturgo Nicola Zavagli – che da anni persegue con l’attrice Beatrice Visibelli e la compagnia Teatri d’Imbarco un “teatro popolare d’arte civile” – Kobane Calling on Stage non spettacolarizza la guerra, ma racconta con spietata leggerezza la verità brutale di un conflitto troppo spesso dimenticato, cercando pericolosamente di mantenersi in bilico tra narrazione del nostro tempo e immaginario fumettistico.

Nozze

Ven, 07/26/2019 - 09:39

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Nozze

di Elias Canetti
regia Lino Guanciale
scenografia a cura del Laboratorio di Emilia Romagna Teatro Fondazione
costumi  Gianluca Sbicca
luci Tommaso Checcucci
con Rocco Ancarola, Gabriele Anzaldi, Simone Baroni, Oreste Leone Campagner, Giulio Germano Cervi, Brigida Cesareo, Elena Natucci, Marica Nicolai, Martina Tinnirello, Cristiana Tramparulo, Giulia Trivero, Massimo Vazzana
assistente alla regia Luca D’Arrigo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

nell’ambito del progetto Elias Canetti. Il secolo preso alla gola

Lino Guanciale approda per la prima volta alla regia, portando in scena per Emilia Romagna Teatro Fondazione il primo testo teatrale di Elias Canetti che, dietro al grottesco e apocalittico narrare degli odi e delle basse bramosie da condominio, prefigura la folle catastrofe dell’Europa nera dei nazionalismi tra le due guerre mondiali.

Il giovane Canetti, non ancora trentenne ma già capace di comporre Auto da fé, uno dei romanzi più significativi a cavallo fra le due guerre mondiali, osserva in Le nozze il paesaggio di rovine materiali e morali della civiltà europea alla vigilia della notte autocratica nazifascista. Novello Tristano di leopardiana memoria, Canetti punta il dito sul bassissimo orizzonte ideale delle magnifiche e progressive sorti e aspettative del mondo borghese, una realtà involuta la cui ossessione per il possesso come rifugio identitario condanna donne e uomini a un regresso valoriale irreversibile, il cui unico approdo sicuro è la catastrofe. Una grande lezione sulle conseguenze tragiche dell’estremismo conservatore, generatore di clausure mentali oltre che fisiche.
I personaggi coinvolti nella macabra danza de Le nozze, prigionieri dei loro ruoli sociali e della noia, schiavi dei propri istinti più bassi, mai illuminati da slanci intellettuali o etici, vivono esistenze vuote e asfittiche […] La sconfitta della civiltà occidentale, tanto raffinata quanto incapace di vincere la morte intesa come abbrutimento, contrazione e immiserimento della facoltà  umana di crescere, conoscere e amare.
Obiettivo della regia sarà  rispettare sia tale spietatezza che il registro della scrittura insieme tetra e lieve di Canetti, qui abilissimo nel non tradire mai il proprio furore giovanile, cercando una forma di traduzione scenica efficace di quella grande lucidità di sguardo à la maniere di Grosz o Otto Dix con cui egli giudica il proprio mondo indecentemente al tramonto.
Tutto questo in ossequio a quel principio, davvero prezioso ai giorni nostri, di responsabilizzazione del lettore, o mutatis mutandis dello spettatore, che ovunque campeggia nell’opera di Canetti…

Lino Guanciale

Quando la vita ti viene a trovare

Ven, 07/26/2019 - 09:29

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Quando la vita ti viene a trovare

Dialogo tra Lucrezio e Seneca

di Ivano Dionigi
interpretazione e regia Enzo Vetrano, Stefano Randisi
musiche originali Alessandro Cipriani
scene e costumi Mela Dell’Erba
video e luci Antonio Rinaldi
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con Cooperativa Le tre corde-Compagnia Vetrano/Randisi, Ravenna Festival

un affettuoso ringraziamento a Giorgia Iolanda Barsotti, Enrico Battarra, Brigida Cesareo, Gabriele Ferrara, Marica Nicolai, Giulia Trivero

Tratto dall’omonimo libro edito da Laterza, Enzo Vetrano e Stefano Randisi portano in scena per Emilia Romagna Teatro Fondazione il dialogo immaginato dal latinista Ivano Dionigi: uno scontro filosofico tra due maestri del pensiero classico per guardare a due diverse anime che abitano la cultura occidentale da secoli.

Lucrezio e Seneca: autori necessari non solo perché hanno segnato la storia del pensiero europeo, ma soprattutto perché sono simboli di due concezioni rivali del mondo. Antagonisti su tutto: scegliere la politica o l’antipolitica? Rimanere soli a riva a osservare le tempeste della vita, oppure salire a bordo senza curarsi dei compagni di viaggio? Adottare le leggi del cosmo o le leggi dell’io? Di fronte a Dio e alla morte, credere o capire? Non importa quali risposte abbiano dato, importa invece la loro allergia al pensiero unico. Per rispettare e rispecchiare la loro “diversità”, “drammaticità” e “permanenza”, al latinista Ivano Dionigi è sembrato naturale farli incontrare nella forma ravvicinata e viva del dia-logo, dove la parola e la ragione (logos) dell’uno incrociano e attraversano (dia-) la parola e la ragione dell’altro. Ogni volta che ti schieri per l’uno ti assale il dubbio che la ragione stia con l’altro: perché entrambi hanno scritto di noi e per noi. Icone della bigamia del nostro pensiero e della nostra anima. I classici nascono postumi.

F. Perdere le cose

Ven, 07/26/2019 - 09:21

Arena del Sole | Stagione 2019/20

F. Perdere le cose

scritto da Kepler-452 (Paola Aiello, Enrico Baraldi, Nicola Borghesi)
regia Nicola Borghesi
dramaturg Enrico Baraldi
in scena Nicola Borghesi, Tamara Balducci e, da qualche parte, F.
luci  Vincent Longuemare
spazio  Vincent Longuemare e Letizia Calori
costumi  Letizia Calori
video  Chiara Caliò
suoni  Bebo Guidetti
tecnico audio e video Alberto Irrera
capo elettricista Tiziano Ruggia
coordinamento  Michela Buscema
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

F. non può entrare in scena con noi, ma è il protagonista dello spettacolo, il centro del dramma. F. lo abbiamo conosciuto un giorno che ci ha avvicinato e ci ha detto: io sono io. Da quel giorno abbiamo cominciato a provare insieme uno spettacolo che parlasse di lui, della sua storia, di chi è, del perché lui è lui. Insieme abbiamo ricordato, siamo incappati in buchi neri, pezzi rimossi, strappati, aperture vertiginose sull’abisso. Da quel giorno i confini dello spazio teatrale non sono stati più gli stessi.
Ci sono delle leggi per le quali F. è tenuto lontano dal palcoscenico e noi non possiamo farci niente. Tutto ciò che possiamo fare è trascorrere del tempo con lui, ascoltare, costruire, lasciarci andare all’incontro e tentare poi di raccontare che cosa significhi per noi la sua assenza. Proprio perché non è da nessuna parte F. è ovunque. Siamo quindi di fronte ad un’assenza enormemente ingombrante, che non potevamo non portare in scena.
Abbiamo quindi cominciato a domandarci: come si porta in scena un assente? Perché F. ci è tenuto lontano? Cosa dobbiamo temere da lui? È pericoloso? Come può entrare in scena senza salire sul palco? Che cosa, di lui, ci riguarda?
F. è uno spettacolo che parla della ostinata volontà di incontrare qualcuno che è difficilissimo incontrare, di un enorme smarrimento, del confine tra palco e platea, tra ciò che è legale e ciò che non lo è.
F. è, dopo “Il giardino dei ciliegi – Trent’anni di felicità in comodato d’uso”, una seconda foto sfocata scattata lungo la Via Emilia.
F. è la domanda difficilissima: cosa è giusto fare in questo momento?
F. è soprattutto F.

Hillbrowfication

Ven, 07/26/2019 - 09:14

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Hillbrowfication

A part of Space Tales, future cities

regia Constanza Macras
coreografia Constanza Macras e Lisi Estarás
drammaturgia Tamara Saphi
di e con Miki Shoji, Emil Bordás, John Sithole, Zibusiso Dube, Bigboy Ndlovu, Nompilo Hadebe, Rendani Dlamini, Karabo Kgatle, Tshepang Lembelo, Brandon Magengele, Jackson Magotlane, Bongani Mangena, Tisetso Masilo, Vusimuzi Magoro, Amahle Mene, Sandile Mtembo, Thato Ndlovu, Simiso Msimango, Blessing Opoku, Pearl Segwagwa, Ukho Somadlaka, Sakhile Mlalazi, Lwadle Lwandile Thabede
produzione Constanza Macras | Dorkypark
in coproduzione con Outreach Foundation, Hillbrow Theatre Project e Maxim Gorki Theater Berlin
con il supporto di Goethe-Institut
e il finanziamento di TURN Fonds of the Kulturstiftung des Bundes
spettacolo presentato in Italia con il Patrocino del Goethe Institut Mailand

Hillbrowfication è un progetto performativo che coinvolge bambini e giovani (tra i 5 e i 22 anni) provenienti dalla zona di Hillbrow di Johannesburg: un approccio futuristico alla vita di un quartiere dove la situazione dei migranti, la violenza e la xenofobia costituiscono aspetti durissimi della quotidianità. Attraverso una serie di laboratori, i bambini e i giovani partecipanti dell’Hillbrow Theatre Project (Outreach Foundation) hanno lavorato con la coreografa Constanza Macras alla creazione di un linguaggio comune per dar voce voce alle loro percezioni ed esperienze di xenofobia e violenza nella città che abitano. A partire dai materiali prodotti durante i laboratori, i partecipanti sviluppano una performance, immaginando la “Hillbrow del futuro”: utopie e distopie della ghettizzazione e della gentrificazione. Lo spettacolo è parte di Space Tales, Future Cities, progetto di interscambio tra artisti tedeschi e sud africani.

Date esclusive per l’Italia
Spettacolo in inglese sovratitolato in italiano

Lorca sogna Shakespeare in una notte di mezz'estate

Ven, 07/26/2019 - 09:05

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Lorca sogna Shakespeare in una notte di mezz'estate

da “Il pubblico” e “Commedia senza titolo” di Federico García Lorca
di Davide Carnevali
da Federico García Lorca, Pedro Calderón de la Barca e William Shakespeare
con Michele Dell’Utri, Simone Francia e...
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, CSS Teatro stabile di innovazione del FVG

Davide Carnevali, drammaturgo e regista residente presso Emilia Romagna Teatro Fondazione, inventa un dispositivo che, combinando la drammaturgia più aperta di Federico García Lorca a Shakespeare e Calderon de la Barca, coinvolge il pubblico in un gioco metateatrale capace, oltre la sua superficie ludica, di interrogare lo spettatore intorno alla responsabilità individuale dentro la nostra contemporaneità storica.

[…] Al margine dei suoi successi più conosciuti, esiste una produzione tarda che si interroga sulle funzioni del teatro e la comunicazione tra scena e spettatori. In questo senso, fra i testi della Trilogia del teatro imposible, soprattutto El público e l’inconcluso Comedia sin título non hanno mai smesso di offrire spunti che trovano facilmente una risonanza con l’attualità. Ancora di più, se pensiamo che Lorca scrive in un momento in cui i fascismi stanno rapidamente prendendo piede in Europa; mettere lo spettatore nelle condizioni di cercare la verità dietro le apparenze diviene ora un’urgenza non solo artistica, ma anche e soprattutto politica.
Qui, di Lorca, ci interessa innanzitutto la messa in crisi del concetto di rappresentazione: El público mette l’accento sul problema del rapporto tra persona e personaggio e mostra l’insufficienza di quest’ultimo come dispositivo rappresentativo del primo; in Comedia sin título questa tematica si sposta sul piano del metateatro, per aprire a tutta una serie di questioni estremamente attuali, che hanno a che vedere con la ricerca di un modello di teatralità capace di stabilire un rapporto sincero, utile e interessante con la società.
Il teatro pubblico ha una responsabilità verso i suoi cittadini, quella di offrirsi a loro come uno strumento di riflessione sul mondo che ci circonda […]
La partecipazione del pubblico diviene qui l’asse intorno cui si sviluppa il progetto e i due testi di Lorca si offrono come un magnifico materiale drammaturgico di supporto […] Conservando sempre l’aspetto comico, base di un intrattenimento che sappia portare al pubblico contenuti poetici, formativi, urgentemente politici.

Davide Carnevali

La valle dell'Eden

Ven, 07/26/2019 - 08:51

Arena del Sole | Stagione 2019/20

La valle dell'Eden

di John Steinbeck
traduzione Maria Baiocchi e Anna Tagliavini
adattamento Linda Dalisi e Antonio Latella
regia Antonio Latella
con Michele Di Mauro, Christian La Rosa, Emiliano Masala, Candida Nieri, Annibale Pavone, Massimiliano Speziani, Elisabetta Valgoi

musiche e suono Franco Visioli
costumi Simona D’Amico
scenografia Giuseppe Stellato
luci Simone De Angelis
assistente alla regia Brunella Giolivo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Fondazione Teatro Metastasio di Prato, Teatro Stabile dell’Umbria

Antonio Latella torna al mondo americano, dirigendo per Emilia Romagna Teatro Fondazione uno dei capolavori della narrativa d’oltreoceano, in una messinscena evento composta di due parti. Un confronto serrato tra letteratura e teatro, uno spettacolo monstrum con al centro la parola, scritta e data in voce, tra creazione e responsabilità.

Esiste l’Eden? È mai esistito? Esisteva l’Eden prima che l’uomo avesse il dono di dare il nome alle cose? In quell’Eden dove il giorno e la notte erano sipario di un atto creativo fuori da ogni comprensione umana, un Dio creò il Tutto, da solo lo creò. Oggi mi chiedo: “perché lo creò?”. Questa domanda è forza motrice non solo per me ma, credo, per tutti quelli che non trovano pace davanti a tanta perfezione. Eppure il Dio che tutto sa, nell’immensa perfezione dell’Eden abitata dagli innocenti, decise di creare l’imperfezione: dalla terra madre diede forma all’uomo e alla donna e solo a loro diede il dono della parola, perché questa potesse dare nome al tutto […] John Steinbeck con La valle dell’Eden segna il suo capolavoro letterario, forse perché si scontra con il solo libo capolavoro esistente, la Bibbia. Ogni pagina ci parla di creazione e di sconfitta eterna. […] Registicamente ho sentito il bisogno di un confronto serio e profondo con la letteratura, per capire dove è il limite tra letteratura e prosa, o meglio se esiste un ostacolo tra la perfezione di un romanzo capolavoro, come La valle dell’Eden, e l’imperfezione della creazione per il palcoscenico, dove tutto nasce per essere immediatamente dimenticato e non restare come testimonianza dell’uomo e quindi del suo Dio creatore.
Steinbeck dice: “chi scrive ha il dovere di incoraggiare, illuminare e dare sollievo alla gente”. Se si può dire che la parola scritta in qualche modo sia servita allo sviluppo della specie, lo possiamo dire anche del teatro? E un regista ha lo stesso dovere di uno scrittore?
Bisogna dare il nome alle cose prima di poterne prendere nota, e bisogna che qualcuno ne prenda nota prima che le parole possano essere lette, dette, recitate, interpretate, prima che qualcuno possa farle risorgere… Antonio Latella


Lo spettacolo è composto da due atti che andranno in scena in serate diverse:
6, 7, 8 e 10 novembre: primo atto
13, 14, 15 e 17 novembre: secondo atto
Sabato 9 e sabato 16 sarà possibile vedere lo spettacolo completo in un unico giorno (ore 16 primo atto e ore 20 secondo atto).

Arizona

Ven, 07/26/2019 - 08:38

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Arizona
Una tragedia musicale americana

di Juan Carlos Rubio
regia Fabrizio Falco
con Laura Marinoni e Fabrizio Falco
musiche Angelo Vitaliano, con la collaborazione di Laura Marinoni

aiuto regia Maurizio Spicuzza
scene e costumi Eleonora Rossi
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione

Fabrizio Falco dirige e interpreta, con Laura Marinoni, un testo del prolifico drammaturgo, sceneggiatore e regista, di teatro e cinema, spagnolo Juan Carlo Rubio. Una storia più che mai attuale, nel suo racconto dei conflitti al confine USA-Messico, sulla violenza dilagante nel mondo occidentale.

George e Margaret sono una stramba coppia americana, lei con il mito di Julie Andrews, lui calato nel suo rassicurante machismo. I due arrivano nel deserto dell’Arizona perché fanno parte del progetto “Minute Man”, una milizia civile, selezionata dal governo, che ha il compito di difendere i confini dai pericolosi vicini del Sud. Non possono abbassare la guardia. Il sole implacabile del deserto che asciuga tutto è onnipresente, simbolo di aridità e infertilità, metafora della sterile relazione tra i personaggi e l’immaginario mondo dell’altro da sé. Un umorismo surreale serpeggia in tutto il testo, in cui la lingua, detentrice di collegamenti e identità, è il principale fattore scatenante di incomprensioni e di abuso di potere.
In questo universo di costante sospetto, il linguaggio produce distanza e isolamento, “le parole belle possono essere male interpretate” riusciranno a metterli pericolosamente contro.
Il mondo esterno si presenta attraverso una radio, dove melodie di commedie musicali americane e notizie inquietanti scivolano addosso ai personaggi, resoconto di una totale indifferenza alle miserie degli esseri umani, lacerati tra fondamentalismi di diversa natura, propiziatori di intolleranza e bigottismo.
Un mondo apparentemente rassicurante, quasi da commedia musicale a colori, fino a quando i confini cominceranno ad aprire abissi attraverso cui i personaggi precipitano. Quando Margaret inizia a porsi troppe domande, la commedia musicale che sembra essere la colonna sonora della loro esistenza si trasformerà in una tragedia cruenta.
Il testo di Juan Carlos Rubio, scritto nel 2005 sembra essere stato profetico. Dodici anni dopo, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso di costruire un muro che separa il suo paese dal Messico. In Europa e nel mondo il rigurgito di intolleranza per le differenze e la tragedia dei migranti rendono Arizona di sconcertante attualità, ma con il merito di non sfociare mai nella cronaca, passando con grande equilibrio dal realismo sociale alla finzione distopica. Un testo che ci invita a riflettere sul nostro conformismo, le nostre responsabilità, le nostre paure, le nostre miserie.

Canto per Europa

Ven, 07/26/2019 - 08:31

Arena del Sole | Stagione 2019/20

Canto per Europa
Viaggio in musica e parole alle origini dell'Occidente

ideazione Igor Coretti Kuret e Paolo Rumiz
con European Spirit of Youth Orchestra-ESYO, diretta dal M° Igor Coretti Kuret
voce narrante Paolo Rumiz

Uno spettacolo che intreccia musica e parole. La European Spirit of Youth Orchestra – ESYO, ensemble giovanile internazionale diretto dal M° Igor Coretti Kuret, accompagna una voce narrante, quella del giornalista e scrittore Paolo Rumiz, in una rilettura del mito fondativo del nostro continente, che vede la principessa fenicia Europa rapita da Giove – trasformato in placido toro bianco – su una spiaggia dell’attuale Libano.
Lo spettacolo è un viaggio sulla scia del mito, verso le terre del tramonto, sulla rotta della grande capostipite della nostra stirpe. Europa è la prima donna che attraversa con paura il Mare Nostro in tempesta, per approdare al vecchio continente.
Il racconto, in prosa e versi endecasillabi, sarà scandito dalle musiche di Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov, Maurice Ravel e Ludwig van Beethoven, eseguite dalla ESYO Orchestra.
I brani inediti che Rumiz reciterà durante i concerti saranno tratti dal suo libro Canto per Europa, testo che uscirà contemporaneamente in più lingue europee a partire da inizio 2020.

Queenmania Rhapsody

Gio, 07/25/2019 - 17:38

Il Celebrazioni | Stagione 2019/20

Una favola, quella di Freddie e dei Queen, fatta rivivere in questo spettacolo dalla voce di Sonny Ensabella, frontman dei Queenmania. Uno spettacolo nello spettacolo dove le proiezioni video, la musica e l'atmosfera magica si intrecciano in un crescendo di emozioni: dagli esordi a A Night at the Opera, al Live Aid e a Wembley. I Queenmania (Sonny Ensabella, Fabrizio Palermo, Tiziano Giampieri e Simone Fortuna), diretti da Daniele Sala, faranno rivivere sul palco la leggenda di una band che ha scritto la storia del rock e non solo. Nello show vi è un contributo straordinario di Katia Ricciarelli.


QUEENMANIA RHAPSODY


14 DICEMBRE
ore 21,00

Il Grigio

Gio, 07/25/2019 - 17:30

Il Celebrazioni | Stagione 2019/20

Il Grigio è la storia di un uomo che, afflitto più da problemi personali che sociali, a un certo punto della sua vita sente il bisogno di allontanarsi da tutto e da tutti. Si ritira così in campagna per stare tranquillo e concentrarsi meglio su di sé e sui propri problemi. La sua ambita solitudine viene però disturbata da un fantomatico topo, "il grigio", che scatenerà nell'uomo incubi e un inesorabile e ironico flusso di coscienza. Falliti i tentativi di catturare il ratto con i metodi tradizionali, il protagonista intraprenderà un lungo duello con l'invisibile nemico che lo porterà a riflettere sulle scelte affettive e morali prese nel tempo. Il topo è forse un fantasma o soltanto una proiezione utile all'uomo nel suo percorso verso l'accettazione di ciò che da lui si differenzia; la battaglia sarà come un rito di accoglienza della propria parte oscura.

IL GRIGIO
Elio

Una produzione Teatro Nazionale di Genova
di Giorgio Gaber e Sandro Luporini
arrangiamenti musicali Paolo Silvestri
scene e costumi Guido Fiorato
luci Aldo Mantovani
rielaborazione drammaturgica e regia Giorgio Gallione


dal 06 al 07 DICEMBRE
venerdì e sabato ore 21,00

Il borghese gentiluomo

Gio, 07/25/2019 - 17:21

Il Celebrazioni | Stagione 2019/20

Nella Francia di Molière la società è composta da popolo e nobiltà, due fronti rigidamente separati. Nella seconda metà del 1600 inizia però a crescere e a prosperare una nuova classe sociale, quella della borghesia. In questa commedia satirica ad essere messa sotto osservazione è proprio la figura del borghese, ovvero il commerciante arricchito che pieno di comica ambizione aspira all'irraggiungibile nobiltà. Scrivendo quest'opera Molière non intende criticare la sua epoca, piuttosto desidera raccontarla con coinvolgente ironia. Monsieur Jourdain, il protagonista, viene sfruttato e ridicolizzato da una schiera di improbabili professionisti che approfittano della sua ingenuità. Dopo più di tre secoli Il borghese gentiluomo non ha perso nulla della sua vis comica.

IL BORGHESE GENTILUOMO
Vito

Una produzione NoveTeatro
da Molière
con Matteo Alì, Tamara Balducci, Filippo Beltrami, Leonardo Bianconi, Elisa Lolli, Giulio De Santi e Chiara Sarcona
scenografia Donatello Galloni
drammaturgia e regia Gabriele Tesauri


dal 29 NOVEMBRE al 01 DICEMBRE
Feriali ore 21,00
Domenica ore 18,00

Da vivo. Angelo Duro

Gio, 07/25/2019 - 17:14

Il Celebrazioni | Stagione 2019/20

Dopo il successo di pubblico e di critica dell'ultima tournée teatrale che ha registrato tantissimi sold out, la comicità dissacrante di Angelo Duro torna a calcare il palcoscenico con il nuovo live show Da vivo. Si annuncia esilarante il one man show del comico da quasi due milioni di followers, seguitissimo dal pubblico per la sua ironia cinica e imprevedibile che fa ridere e insieme riflettere. È lui stesso ad affermare: "Chi vi dice che parlerò? Posso starmene pure quaranta minuti in silenzio. Chi me lo vieta?". Bisognerà quindi attendere novembre per scoprire cosa racconterà stavolta.

Angelo Duro è un trentaseienne scappato dal lavoro che il padre voleva lasciargli in eredità. Un'azienda con mille problemi da risolvere. Lui ha scelto di essere libero e ha accettato la proposta di un impresario di raccontare la sua vita nei teatri: "Solo se pagato a nero". Adesso è cresciuto. Ha ottenuto il primo successo e se lo vuole godere.


DA VIVO
ANGELO DURO

 

27 NOVEMBRE
ore 21,00

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