Festival Danza Urbana 2019
Tradizione e ricerca si abbracciano in Save the last dance for me e girano vorticosamente. In questo nuovo lavoro di Alessandro Sciarroni, i danzatori Gianmaria Borzillo e Giovanfrancesco Giannini si cimentano sui passi di un ballo bolognese chiamato Polka Chinata, danza di corteggiamento eseguita in origine da soli uomini e risalente ai primi del Novecento: fisicamente impegnativo, quasi acrobatico, prevede che i danzatori abbracciati l’un l’altro, girino piegati sulle ginocchia quasi fino a terra.
Il lavoro nasce in collaborazione con Giancarlo Stagni, maestro di balli Filuzziani che ha ridato vita a questa tradizione grazie alla riscoperta e allo studio di alcuni video risalenti agli anni ’60. Sciarroni scopre questa danza nel 2018 quando era “una danza in via d’estinzione”.
REPLICHE SPETTACOLO:
- mercoledì 4 settembre ore 19.30 + ore 21.30
- giovedì 5 settembre ore 19.00 + ore 21.00
Al termine della replica delle ore 21:00 di giovedì 5 settembre, presso la Pinacoteca Nazionale/Sala degli incamminati si svolgerà un incontro pubblico con gli artisti della compagnia (ingresso libero anche per chi non ha assistito alla replica dello spettacolo), coordinato da Patrizia Cirino, demoetnoantropologa responsabile dei servizi educativi del Polo Museale dell'Emilia Romagna.
Costo biglietto: intero 6 euro; operatori 1 euro
Posti limitati
I biglietti sono acquistabili direttamente nel luogo dello spettacolo, a partire da un’ora prima dell’inizio.
Festival Danza Urbana 2019
Dance Mob Lab è un laboratorio di ricerca che indaga i rapporti tra la percezione corporea, le dinamiche spaziali, l’improvvisazione espressiva e la musica elettronica che ne scaturisce durante la captazione sonora, nonché le possibili derive verso un context of urban dances come momento socializzante. Le vibrazioni che si creano all’interno del sistema empatico umano in risonanza alle sonorità prodotte dal campionamento on field, creano un continuo rimpallo esperienziale ad alto livello creativo. La meta da raggiungere a livello performativo assume i connotati delle sommatorie espressive dei partecipanti e porta sempre a nuove strade di esperienza collettiva. Il nostro rigoroso compito è quello di condurre i partecipanti ad attuare sinergie di ascolto verso se stessi, lo spazio e gli altri, attraverso energie emerse dal gruppo stesso. Verranno consegnate poche e semplici regole per acquisire un codice di ricerca coreografica che deve necessariamente rimanere il più aperto e ludico possibile.
Ore 20.00
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
E' un progetto di co-creazione in cui quattro giovani coreografi - Bassam Abou Diab, Yeinner Chicas, Olimpia Fortuni, Leonardo Maietto - fanno del proprio incontro il punto di partenza per la costruzione di una performance che ruota attorno alla tematica dell’Antropocene. Linguaggi, corpi, universi si confrontano dando vita a una nuova comunità: la trasmissione delle diversità personali di ognuno dei suoi componenti, da fatto accessorio, strumentale, propedeutico alla messa in scena, diviene centrale, rendendo il percorso creativo collettivo un laboratorio paradigmatico delle possibili azioni simboliche di fronte alle epocali incertezze cui è sottoposto l’uomo nella rinegoziazione del proprio ruolo nell’ecosistema.
In scena prende forma un territorio immaginario del Mediterraneo, che porta con sé le architetture e le tradizioni del Libano, dell’Italia e della Spagna. In questa terra di incontro l’unica merce di scambio è il dialogo tra i corpi, impegnati nella creazione di un vocabolario danzato, suonato, fatto di gesti e azioni, incastri e conflitti per rispondere alla domanda “Who cares? / A chi importa?”.
Ore 19.00
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
Da alcuni anni Francesca Penzo cerca di mettere il suo gesto e i suoi disegni coreografici al servizio dell’incontro con culture diverse. Questo primo studio con il duetto Melt è parte del progetto Fattoria Indaco che punta proprio a formare una compagnia a Bologna, promotrice di percorsi formativi di danza e inclusione sul territorio cittadino e regionale, capace di porre l’accento sull’accessibilità. Il progetto è stato rivolto a giovani semiprofessionisti con una attenzione particolare a seconde e terze generazioni, richiedenti asilo e italiani sensibili a tematiche legate al multiculturalismo. Il duo è un incontro tra culture e provenienze diverse, una ricerca artistica sviluppata attorno al tema dell'interculturalità e della diversità come fonte di ricchezza e ispirazione.
Ore 18.30
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
"Cerco. Corro. Salto. Mi nascondo. La natura è in costante lotta per la sopravvivenza. Ci sono variazioni nelle caratteristiche se l'ambiente non ammette tutti i membri di una popolazione in crescita. Quindi quei membri della popolazione con caratteristiche meno adattate moriranno con maggiore probabilità. Le specie subiscono molti cambiamenti ma solo quelli che sono efficaci per l'ambiente in cui vivono daranno origine alla nascita di nuove specie. La capacità di adattarsi al nostro ambiente è ciò che ci tiene in vita".
Lo spettacolo di Ivan Benito prende come punto di partenza la teoria dell'evoluzione e dell'origine della specie, trasferendo agli spettatori domande sulla selezione naturale, sul nostro adattamento all'ambiente e sulla sopravvivenza del più adatto.
Ore 18.30
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
Come esseri umani siamo in grado di muoverci in diversi modi: camminare, correre, stare in equilibrio su una gamba, nuotare, saltare, appoggiarci su una mano e gattonare. Il nostro corpo ha possibilità nascoste di varie forme di vita. Ispirandosi alle teorie evoluzioniste e al rapporto che l’essere umano ha con la propria fisicità, il coreografo Hisashi Watanabe esplora la possibilità di andare dalla cima dell’albero dell’evoluzione alle sue radici. Inverted Tree, qui in versione urbana con alcune parti improvvisate, è un albero a testa in giù. Con una forte fisicità animale, l’artista giapponese dà prova di una plasticità corporea che si evince nella contorsione, nella confidenza che esprime nell’utilizzo delle mani come fossero piedi, per una trasformazione del corpo di grande suggestione.
Ore 18.00
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
In uno spazio delimitato e geometrico danzano quattro danzatori. Fin qui sarebbe tutto regolare. Se non fosse che a decidere cosa essi debbano fare, i movimenti e la ritmica dell’incedere, sono gli spettatori.
Con un semplice eppure raffinato gioco di carte, il pubblico sceglie cosa proporre ai performer in scena; un campanello scandisce i tempi dei quadri che si vanno a creare sotto gli occhi stupiti dei partecipanti alla performance. Ogni singolo quadro generato dalla selezione delle tessere – metafora scenica della casualità con cui si compone un reale corredo cromosomico, da qui il genoma del titolo dello spettacolo ideato dal coreografo Nicola Galli – verrà agito istantaneamente dai danzatori, come esito artistico, unico e irripetibile delle circostanze e dell’ambiente sociale.
Ore 19.00
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
La coreografia di Stellario Di Blasi per Danilo Smedile lavora sulla figura di Caronte immaginandolo giovane e non ancora feroce, sradicato dal proprio habitat e destinato a un orrendo compito di nocchiero dell’Ade.
L’assolo vede il danzatore relazionarsi con lo spazio e con un bastone che diventa ora remo ora arma, dando vita a una danza libera che nella scelta di ormeggiare vede la sua evoluzione: un naufragio metaforico, un viaggio che ci traghetta fuori dal tempo in un momento confidenziale misto di consapevolezza, rassegnazione, simbolismo e vuoto interiore.
Ore 18.30
Ingresso libero
Festival Danza Urbana 2019
La creazione, di natura coreografica/performativa e installativa, nasce da una indagine e riflessione sui temi della marginalità sociale, sulla figura dell’homeless e sulla sua regale solitudine nella società contemporanea.
Il lavoro, sviluppatosi attraverso studi precedenti, è realizzato in collaborazione con associazioni di persone senza fissa dimora, richiedenti asilo, donne vittima di tratta, un mondo sotterraneo, abitato da figure borderline che scelgono o si trovano a vivere drammaticamente ai bordi della società odierna.
La loro esperienza di vita rappresenta il fulcro drammaturgico del lavoro, ispirato dall’opera di Joseph Beuys. Una sfilata visionaria, video ritratti di persone nei loro luoghi di vita, diventano un tableau vivant, un unico piano sequenza che prende le sembianze di un racconto fiabesco immerso in un’inquietudine sospesa e rarefatta.
In questo modo, la sensibilità contemporanea “sporca” l’aurea intoccabile del Principe-homeless, attraverso uno sguardo allo stesso tempo estetico e sociopolitico, realizzando una coreografia politica, scevra da comune retorica.
Ore 21.30
Costo biglietto: intero 6 euro; operatori 1 euro
Posti limitati
I biglietti sono acquistabili direttamente nel luogo dello spettacolo, a partire da un’ora prima dell’inizio.
Arena del Sole | Stagione 2019/20
SPETTACOLI SOSPESI FINO AL 3 APRILE 2020
Eternapoli
per attore, attrice, coro misto e grande orchestra
musica di Fabio Vacchi
testo di Giuseppe Montesano
voce recitante Toni Servillo
altra voce recitante Imma Villa
con Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
maestro del coro Alberto Malazzi
direttore Claire Gibault
produzione Teatri Uniti
in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Comunale di Bologna
le repliche del 27 e del 28 sono a cura del Teatro Comunale di Bologna
Un melologo che Toni Servillo ha proposto per la prima volta al Teatro San Carlo di Napoli nel 2018, con la musica di Fabio Vacchi sul libretto di Giuseppe Montesano: Di questa vita menzognera.
Edito da Feltrinelli nel 2003, Giuseppe Montesano racconta la storia di un personaggio, il Calebbano, ambiguo e senza scrupoli, compromesso con la criminalità organizzata. Provvisto di grande liquidità finanziaria, il Calebbano decide di investirla in un esperimento agghiacciante: trasformare Napoli in Eternapoli, un grande parco di divertimenti che ripercorra le fasi storiche salienti della città, dalla fuga da Pompei dopo l’eruzione del Vesuvio, passando per la rivoluzione di Masaniello, fino alle vicende contemporanee legate ai tragici fatti di camorra.
«La fusione espressiva di musica e testo – spiega Toni Servillo – diventa il veicolo più consono a raccontare il terrificante progetto del Calebbano. È uno scenario che, se pur fantastico, non mi sembra così lontano dalla realtà di altre città del nostro Paese ma non solo, luoghi che posseggono una straordinaria storia e un patrimonio artistico monumentale immenso e subiscono per questo una quotidiana invasione».
Durata: 80 minuti
Arena del Sole | Stagione 2019/20
SPETTACOLI SOSPESI FINO AL 3 APRILE 2020
Romeo and Juliet
Melo – Drama
da William Shakespeare
regia e drammaturgia Teodoro Bonci del Bene
consulenza sulle drammaturgie storiche Gerardo Guccini
con Carolina Cangini, Jacopo Trebbi, Teodoro Bonci del Bene
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
in collaborazione con L' Arboreto - Teatro Dimora di Mondaino
Dopo aver diretto Gioia e dolori nella vita delle giraffe di Tiago Rodrigues, Teodoro Bonci del Bene reinventa per Emilia Romagna Teatro Fondazione la favola nera di Romeo e Giulietta, attingendo al vasto mondo della musica, per lo più leggera, cercando di vestire e spoliare a un tempo gli elementi caratterizzanti il testo shakespeariano e la sua capacità di raccontare la dinamica di rapporto tra l’età adolescenziale e quella adulta.
Romeo è Giulietta è una tragedia dell’adolescenza.
Questa volta Romeo e Giulietta non sono due ragazzini belli e impavidi in un mondo di cieca e disumana inflessibilità. Non hanno le guance rosee e la pelle vellutata. Sono due ragazzi che puzzano di fumo, con qualche tatuaggio, vestiti alla moda ma mai eleganti. Non sono educati, non sono coraggiosi. Insomma non corrispondono a quell’immagine posata e rassicurante che ci aiuta a volergli bene: quel misto di nobile coraggio e innocenza che ci fa essere dalla loro parte. Personalmente, se mi schiero contro Montecchi e Capuleti, non è perché Romeo e Giulietta sono più belli e freschi dei loro genitori, ma perché questi adulti non vogliono prendersi le proprie responsabilità. Romeo e Giulietta sono autodistruttivi, liberi. Mettersi in pericolo e prendere decisioni affrettate fa parte del ruolo che l’autore gli ha assegnato. Certo, sarebbe più facile fare il tifo per la coppia di amanti se corrispondessero all’immagine di amor cortese che si studia a scuola, e diventa più difficile identificarsi in loro se assomigliano a delle persone in carne e ossa. Siamo abituati ad immaginarceli belli e delicati, in quanto li concepiamo come vittime. Se gli cambiamo i vestiti, saranno ancora i nostri beniamini? Se i protagonisti vengono spogliati di quegli abiti eleganti che neppure Baz Luhrmann ha eliminato quando ambientava il dramma shakespeariano nella Los Angeles degli anni ’90, il nostro giudizio sui fatti narrati da Shakespeare cambierà? Siamo sicuri che non siano i colori che indossiamo, la musica che ascoltiamo, i luoghi che frequentiamo, a garantirci il consenso della società? Gli adulti che nel dramma detengono il potere, non sono disposti a scendere a patti: la protezione che devono offrire ai due ragazzi è garantita solo se essi rispettano le regole. Fuori dalle regole la vita non è tutelata.
La musica è un elemento fondamentale per il Romeo e Giulietta che ho in mente. Romeo e Giulietta è la storia d’amore per eccellenza. Stiamo parlando della coppia di amanti più famosa della storia, e la storia della musica (sopratutto quella leggera) ruota principalmente attorno agli amori; soprattutto quelli infelici. La musica è però anche un polo di aggregazione. La musica influenza profondamente lo stile in cui si vestono persone con gli stessi gusti musicali. La musica rispecchia l’appartenenza sociale e/o etnica di specifiche comunità. La musica viene suonata in luoghi che rappresentano e identificano le persone che li frequentano. Questi luoghi, questi stili, queste frequentazioni, sono elementi fortemente influenzati da precisi generi musicali, che a loro volta nascono da precisi contesti sociali. La colonna sonora di questo dramma adolescenziale è quindi sia brani da ascoltare, che abiti da indossare. Parla di una o più generazioni, di luoghi in cui i ragazzi si incontrano, dei modelli a cui si ispirano. Un melodramma del XXI secolo non è uno spettacolo in cui i protagonisti cantano in calzamaglia, ma un dramma che ruota intorno ad un evento musicale. Teodoro Bonci del Bene
Arena del Sole | Stagione 2019/20
SPETTACOLI SOSPESI FINO AL 3 APRILE 2020
Misericordia
scritto e diretto da Emma Dante
con Italia Carroccio, Manuela Lo Sicco, Leonarda Saffi, Simone Zambelli
produzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, Teatro Biondo di Palermo, Atto Unico-Compagnia Sud Costa Occidentale
Tre prostitute e un ragazzo menomato vivono dentro un tugurio. ‘U picciutteddu ritardato si muove frenetico nella stanza, non sta mai fermo, ogni tanto si siede davanti alla finestra e parla con lo spigolo del palazzo di fronte. Anna, Nuzza e Bettina l’hanno ereditato da Lucia, ancora in fasce.
Lucia partorisce Arturo e poi muore. Anna, Nuzza e Bettina se lo crescono come se fosse figlio loro, in un monovano lercio e miserevole.
Ma a un certo punto della storia non se lo possono più tenere. Gli preparano la valigia e lo lasciano andare. Prima, però, gli raccontano la verità; Lucia era zoppa. Teneva i bigodini ‘ncapo perché voleva assomigliare a Marilin Monroy e aveva una radiolina scassata da dove ascoltava la musica e abballava pi tutti! A 38 anni viene uccisa a calci e pugni dal padre di Arturo.
Misericordia racconta una realtà squallida, intrisa di povertà, analfabetismo e provincialismo, esplora l’inferno di un degrado terribile, sempre di più ignorato dalla società. Racconta la fragilità delle donne, la loro disperata e sconfinata solitudine.
Durata: 80 minuti
audiodescritto per non vedenti e ipovedenti
Arena del Sole | Stagione 2019/20
SPETTACOLI SOSPESI FINO AL 3 APRILE 2020
Bahamuth
di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza
e con Ivan Bellavista
e Neilson Bispo Dos Santos
liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica” di J.L. Borges e M. Guerrero
(mai) scritto da Antonio Rezza
produzione RezzaMastrella / TSI La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello
Una personale dedicata ad Antonio Rezza e Flavia Mastrella, un combinato artistico inimitabile nel panorama teatrale contemporaneo, Leoni d’Oro alla carriera per il Teatro 2018, porta in scena a Bologna Bahamuth, nome che identifica un misterioso pesce legato alla mitologia babilonese. Attore camaleontico, dotato di un’esplosività unica Antonio Rezza incarna nello spettacolo l’universo sterminato di oggetti a cui dà vita concreta Flavia Mastrella con le sue creazioni.
Scrive Antonio Rezza: “Un uomo steso fa le veci del tiranno. E cede il passo all’atleta di Dio che volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione. E poi un nano, più basso delle sue ambizioni, che usa lo scuro per fare, e la luce per dire. Frattanto qualcuno cade dall’alto e si infila i piedi nella gola.
E quindi la realtà figurata delle vittime del povero consumo, connotate da assenza di astrazione, con il padrone unto dall’autorità del denaro. Ma la corsa al vestire il corpo nudo e verme non dà tregua all’uomo pellegrino, mentre le braccia del padrone, camuffate da proletariato, saltano al ritmo di una danza di classe”.
Arena del Sole | Stagione 2019/20
ANNULLATO
Io, mai niente con nessuno avevo fatto
drammaturgia e regia Joele Anastasi
con Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano
produzione Fondazione Teatro di Napoli - Teatro Bellini
co-produzione Vuccirìa Teatro
Un paesino della Sicilia, fine anni ‘80. Due cugini crescono come fratello e sorella e giocano per cancellare la solitudine ancestrale di una famiglia senza padri. Sono prede troppo vulnerabili senza nessuno che dia loro consapevolezze o difese: dietro le persiane è nascosto un paese che spia, giudica e non vive. I protagonisti tentano di combattere il loro destino sognando, lei di lasciare quell’isola che li culla e li affoga, lui di amare liberamente un uomo. Come in una tragedia antica va espiata la colpa di chi si ribella e così il giovane puro è sporcato dallo spettro dell’Hiv.
Lui che ‘mai niente con nessuno aveva fatto’ s’infetta d’amore. Mentre tutti piangono già la sua morte, il suo istinto alla vita esplode candido e redime il paese.
Al di là della malattia e al di là del male, l’universo in cui gravitano i tre personaggi di questa pièce è un universo popolare, uno scenario pieno di brutalità e d’istinto, dove nulla è comandato dalla mente ma solo dall’impulso del corpo.
Arena del Sole | Stagione 2019/20
I promessi sposi alla prova
di Giovanni Testori
adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
con Luca Lazzareschi, Laura Marinoni, Filippo Lai, Nina Pons, Laura Pasetti, Sebastiano Spada
e la partecipazione di Carlina Torta
produzione Teatro Franco Parenti, Fondazione Teatro della Toscana
con il sostegno di Associazione Giovanni Testori
Uno dei testi più noti di Giovanni Testori, una rilettura de I promessi sposi, caposaldo della letteratura italiana, per quanto lontano da noi e dallo spirito del nostro tempo, un classico capace di risvegliare dubbi ed emozioni proprie di tutti gli esseri umani, in qualsiasi epoca. Testori ha accolto, tradito o tradotto le parole di Manzoni in una nuova forma che rende contemporanee e facilmente comunicabili verità antiche di cui abbiamo nuovamente bisogno.
«Con questo spettacolo – afferma la regista Andrée Ruth Shammah – non solo si vuole restituire al pubblico uno dei capisaldi della letteratura italiana e far conoscere e amare la riscrittura di Testori, ma si intende esortare a camminare con una nuova consapevolezza nel nostro tempo e a riscoprire i fondamenti del Teatro, come lo intendo io ancora e sempre di più. Testori e Manzoni hanno tanto da dare, in termini di poetica e di bellezza. Ci sono dei testi che diventano molto importanti da riproporre in certi momenti storici sia per il pubblico che li vedrà e sia per i giovani che li percorreranno sulla scena. I Promessi sposi alla prova è sicuramente uno di questi».
concerto
Black Flag and Total Choas arrivano in Italia. Saranno in concerto all'Estragon martedì 15 ottobre.
Black Flag, la storica band hardcore punk statunitense formata nel 1976 a Hermosa Beach, in California, dal chitarrista, cantautore e unico membro originario Greg Ginn, avrà come supporter i Total Chaos.
Apertura porte: ore 19.30
Inizio evento: ore 20.30
Arena del Sole | Vie Festival
Architecture
testo, ideazione, installazione e regia Pascal Rambert
con Emmanuelle Béart, Audrey Bonnet, Anna Brochet, Marie-Sophie Ferdane, Arthur Nauzyciel, Stanislas Nordey, Denis Podalydès/Pascal Rénéric, Laurent Poitrenaux, Jacques Weber
luci Yves Godin
costumi Anaïs Romand
musica Alexandre Meyer
collaborazione artistica Pauline Roussille
consulenza arredi di scena Harold Mollet
coreografo associato Thierry Thieû Niang
maestra di canto Francine Acolas
coreografi preparatori Clémence Delille, Aliénor Durand
direzione di scena Alessandra Calabi
capo elettricista Thierry Morin
fonica Chloé Levoy
direzione di palcoscenico Antoine Giraud
sarta Marion Regnier
direzione di produzione Pauline Roussille
amministrazione di produzione Juliette Malot
coordinamento, logistica Sabine Aznar
produzione structure production
in coproduzione con Festival d’Avignon, TNS-Théâtre National de Strasbourg, TNB-Théâtre National de Bretagne à Rennes, Théâtre des Bouffes du Nord, Bonlieu-Scène Nationale d’Annecy, Les Gémeaux-Scène Nationale, La Comédie de Clermont-Ferrand-scène nationale, Le Phénix-Scène Nationale de Valenciennes Pôle Européen de création, Les Célestins Théâtre de Lyon, Emilia Romagna Teatro Fondazione
Pascal Rambert torna a dirigere un suo lavoro per Emilia Romagna Teatro Fondazione, dopo il successo di Clôture de l’amour e Répétition. Lo fa con un grande racconto dell’Europa, splendida e terribile, nei trenta foschi anni tra le due guerre mondiali.
Scrivo Architecture per Audrey Bonnet, Emmanuelle Béart, Anne Brochet, Marie-Sophie Ferdane, nonché per Jacques Weber, Stanislas Nordey, Laurent Poitrenaux, Arthur Nauzyciel, Denis Podalydès e Pascal Rénéric.
Dopo Clôture de l’amour che ho scritto per Audrey Bonnet e Stanislas Nordey. Dopo Avignon à vie, scritto per Denis Podalydes. Dopo Répétition, scritto per Audrey Bonnet, Stanislas Nordey, Denis Podalydès e Emmanuelle Béart. Dopo Argument scritto per Marie-Sophie Ferdane e Laurent Poitrenaux. Dopo De mes propres mains e Art du Théâtre con Arthur Nauzyciel. Dopo Une vie, scritto per Denis Podalydès. Dopo Actrice con Marina Hands e Audrey Bonnet. E dopo 25 anni di attesa – il tempo è meraviglioso (questo aggiungersi, susseguirsi e richiamarsi a vicenda dei nomi degli attori) -; dopo 25 anni di attesa, dico a Jacques Weber voglio scrivere per te e che tutti questi nomi, compreso il tuo, convergano in Architecture, e anche per voi, Anne Brochet et Pascal Rénéric.
Architecture è una brutale storia familiare.
Un naufragio. Tra l’inizio della modernità, la prima guerra mondiale e l’Anschluss. Un periodo di 30 anni. Denso di speranze. Sgozzato in un bagno di sangue. In cui il linguaggio stesso perde ogni significato. In cui il linguaggio muore.
Una famiglia brillante, ma soggiogata da un padre folle e violento. Tutti sono individui assolutamente realizzati: figli, figlie, nipoti. Sono compositori, architetti, filosofi, scrittori, scienziati, filosofe, scrittrici, attrici, pittrici. Tutte e tutti sono pensatori. Tutti hanno dato la vita per il pensiero. Tutti hanno dato la vita per la bellezza.
Tutti, uno dopo l’altro – senza pietà, moriranno di morte violenta, chi in guerra, chi gettandosi dalla finestra, per mano del loro stesso padre, di follia, di fame, di dolore, pugnalati a bordo di un treno o in mezzo ai campi.
Tutti avranno combattuto in nome dell’intelligenza, del sapere, dell’ordine del mondo, della giustizia.
Tutti periranno. Tutti, nessuno escluso. Incapaci, malgrado la conoscenza del mondo, del linguaggio, della filosofia, della letteratura, dell’immagine e della scienza, di evitare l’orrore. E di impedire che il suo mantello di sangue e vergogna ricopra l’Europa.
Architecture mostra come anche le strutture più belle affondano, finendo per ingoiare i loro figli più promettenti. Architecture è un memento mori per pensare il nostro tempo. Se nemmeno i più bravi hanno saputo impedire che il sangue fosse sparso, come potremo riuscirci noi, se il sangue dovesse ripresentarsi in tempi così poco armati a questo scopo?
Pascal Rambert
Prima nazionale
Spettacolo in francese sovratitolato in italiano
Arena del Sole | Stagione 2019/20
La Monaca di Monza
di Giovanni Testori
adattamento per tre voci e regia Valter Malosti
con Federica Fracassi
e e Vincenzo Giordano, Giulia Mazzarino
produzione Teatro Franco Parenti / TPE Teatro Piemonte Europa / CTB Centro Teatrale Bresciano / Teatro di Dioniso
con il sostegno di Associazione Giovanni Testori
Valter Malosti e Federica Fracassi tornano a lavorare insieme portando in scena la feroce confessione di Marianna De Leyva, la Monaca di Monza. Nella versione di Testori, uno dei più importanti drammaturghi italiani del Novecento, come in soggettiva cinematografica la protagonista, ormai morta, rivive la vicenda della sua vita fin dal suo concepimento, avvenuto con un atto brutale del padre su una delicata figura di madre, per poi passare a rievocare il disperato amore per Gian Paolo Osio, vero e proprio eroe nero e sanguinario, che finisce i suoi giorni barbaramente trucidato. Una performance violentemente poetica, amplificata dalle voci dei giovani attori che accompagnano in scena Federica Fracassi.
Arena del Sole | Stagione 2019/20
Commedia con schianto
Struttura di un fallimento tragico
testo e regia Liv Ferracchiati
con Caroline Baglioni, Michele Balducci, Elisa Gabrielli, Silvio Impegnoso, Ludovico Röhl, Alice Torriani
voce Aristofane Giorgio Crisafi
dramaturg Greta Cappelletti
produzione Teatro Stabile dell’Umbria
in collaborazione con compagnia The Baby Walk
assistente alla regia Anna Zanetti
costumi Laura Dondi
scene Lucia Menegazzo
luci Emiliano Austeri
suono Giacomo Agnifili
Liv Ferracchiati, giovane drammaturgo tra i più interessanti del panorama contemporaneo italiano, mette in scena una satira sul sistema teatrale, sugli artisti e sulle debolezze dell’essere umano, ma anche un grido di disperazione da parte di una generazione che prova a lasciare un segno.
Un giovane autore incontra un’attrice a un meeting di drammaturgia contemporanea europea e le chiede: “Non è che sarai tu a salvarmi?”
Ma da cosa? Forse dal nuovo spettacolo che dovrebbe ideare e del quale non sa ancora nulla? Forse dai continui dubbi sul proprio talento? Lui è spezzato, senza più un motore, compie azioni a caso, è incapace di trovare una direzione per sé e per il nuovo testo.
Non c’è via di scampo: la paura di bruciarsi, i critici, la pressione dei produttori, l’alcol, i testi di drammaturgia contemporanea, l’amore che rade al suolo tutto come un’atomica, la vita da cui prendere per scrivere e la scrittura che va a condizionare la vita.
durata 1.15 min
Arena del Sole | Stagione 2019/20
Due vecchiette vanno a nord
di Pierre Notte
traduzione Anna D’Elia
con Angela Malfitano, Francesca Mazza
produzione Associazione Culturale “Tra un atto e l’altro”
In Due vecchiette vanno al Nord – una sorta di road movie con due “attempate” Thelma e Louise – le attrici Angela Malfitano e Francesca Mazza affrontano il tema della morte attraverso l’ironica scrittura del drammaturgo francese Pierre Notte. Sono sorelle, e anziane, un po’ represse, forsee arrotondate dal tempo. Alla morte della madre, Annette e Bernadette si rendono conto di non aver mai visto la tomba del padre, sepolto venticinque anni prima, a Nord di Parigi, nella regione di Amiens. Decidono quindi di lanciarsi nell’avventura, per abbracciare papà e dirgli che la mamma è morta. Inizia così un viaggio rocambolesco, insieme reale e metaforico, carico di memorie e conti da chiudere. Un mix di humour corrosivo e di tenerezza. Annette e Bernadette sembrano affermare la loro diversità solo per nutrire l’eterno conflitto che anima il loro quotidiano: in realtà sono molto più simili di quanto sembri nel continuo scambio di prepotenza e di fragilità, di spavalderia e d’ingenuità.