(GB/1979) di Franc Roddam (120')
I remember when punk was young. Quadrophenia esce nel 1979; porta sullo schermo l'opera musicale firmata Who e datata 1973; e torna indietro al 1965, negli anni in cui gli scontri tra le bande dei Rockers e dei Mods è senza quartiere. Rabbie giovani, musica e droga, moda e sballi, british graffiti più acidi che malinconici. Sting appare nel ruolo di un bistrattato fattorino che di sera diventa un principino Mod. Un piccolo film inglese indipendente, ma "uno dei più efficaci film punk di tutti i tempi, giustamente diventato un cult" (il Mereghetti) e "uno dei più strazianti ritratti d'angoscia adolescente" (The Village Voice). (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/2018) di Valeria Golino (115')
A cinque anni dall'esordio con Miele, Valeria Golino torna dietro la macchina da presa per raccontare la storia di due fratelli agli antipodi (Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea) costretti ad affrontare la malattia di uno dei due. Un tema che evoca quello del suo primo film e che conferma le qualità di regista di una delle interpreti più sensibili del cinema italiano, capace di trasformare una materia difficile e potenzialmente scivolosa "in qualcosa di inedito e sorprendente: grazie a una sincerità che non nasconde la crudezza, per forza d'invenzione, per la scelta di raccontare i ‘mali' di Matteo più della malattia di Ettore. Fino a un finale che poteva sembrare ‘in tono minore' e che invece diventa l'unico possibile e necessario" (Paolo Mereghetti).
precede
VALPARAISO (Italia/2016) di Carlo Sironi (20')
Rinchiusa nel centro d'identificazione ed espulsione di Roma, Rocio scopre di essere incinta. Per la legge italiana deve essere rimessa in libertà. Ma dovrà affrontare una gravidanza non voluta. Premiato come Miglior film a Visioni Italiane 2018.
In collaborazione con Forno Brisa
(GB/2015) di Asif Kapadia (128')
Il film che racconta la tormentata storia di Amy Winehouse, talentuosa e carismatica star della musica, jazz singer dalla voce inimitabile, scomparsa nel 2011 a soli ventisette anni. Attraverso immagini e filmati d'archivio inediti e le parole delle sue canzoni, Kapadia ricostruisce il profilo più intimo di un'artista con un dono unico, a cui per dirla con Tony Bennet, "la vita avrebbe insegnato a vivere se solo il suo fisico gliene avesse lasciato il tempo".
Lingua originale con sottotitoli
Pierfrancesco Dilberto, in arte Pif, approda al suo primo romanzo ...che Dio perdona tutti (Feltrinelli 2018), storia di un agente immobiliare trentacinquenne con una smodata passione per i dolci che s'innamora perdutamente di una ragazza molto cattolica. Un libro che non solo è molto divertente ma che riflette sui rapporti umani e sul senso profondo delle parole solidarietà, uguaglianza e verità.
Incontro con Pif. Moderano Gian Luca Farinelli ed Emanuela Giampaoli
In collaborazione con Librerie.Coop e Giangiacomo Feltrinelli Editore
Ingresso libero
(USA/2011) di Jonathan Demme (87')
Nell'ultimo atto della trilogia dedicata a Neil Young (dopo Neil Young: Heart of Gold del 2006 e Neil Young Trunk Show del 2009), Demme racconta il ritorno del cantante sessantacinquenne nella sua Toronto in occasione di due concerti alla Massy Hall. Le immagini e le note provenienti dal palcoscenico si fondono con alcune sequenze on the road in cui Young a bordo della sua Ford Corwn Victoria del 1956 attraversa l'Ontario ricordando gli anni della formazione. "Tutto è cambiato... è tutto nella mia testa" dice guardando un bulldozer all'opera.
Lingua originale con sottotitoli
(The Kindergarten Teacher, USA/2018) di Sara Colangelo (96')
Secondo film (dopo Little Accidents) della giovane regista italoamericana premiata all'ultimo Sundance Film Festival. Abitato con densità enigmatica da Maggie Gyllenhaal, Lontano da qui è una storia sospesa tra suspense psicologico e senso acuto dell'interdetto sociale. Un'insegnante newyorkese, con vita familiare senza scintille e qualche frustrata ambizione letteraria, crede di scoprire un mirabolante talento poetico in uno dei bambini della sua classe. L'eccitazione per la scoperta si trasforma in ossessione e il rapporto con il piccolo si fa via via più intimo e pressante, fino a far apparire le ombre del possibile abuso. Dato ormai non insolito nella produzione fiction contemporanea, alla base c'è un acclamato precedente israeliano, firmato da Nadav Lapid. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(USA-Francia/2015) di Laurie Anderson (75')
La voce di Laurie Anderson ci consegna un suo intimo libro dei morti, mentre davanti ai nostri occhi un flusso di immagini stinge nel successivo (home movies, treni, nevicate). Il punto di partenza è la morte del suo rat terrier Lolabelle, che chiama a raccolta le perdite d'una vita. "In nessun punto Anderson parla della perdita che più ci aspetteremmo venisse citata, quella del marito Lou Reed, scomparso mentre il film veniva girato. Ma non ce n'è bisogno. L'assenza di Reed struttura il film: nell'uso frequente e casuale del pronome ‘noi', nel frammento d'un filmato sulla spiaggia, nella canzone Turning Time Around che accompagna i titoli di coda" (Nick Pinkerton, Sight and Sound).
Lingua originale con sottotitoli
(I'm Not There, USA/2007) di Todd Haynes (135')
Uno, nessuno, centomila Bob Dylan, ovvero il biopic secondo Todd Haynes. Non il racconto di una vita ma l'astrazione lirica di una personalità e di una poetica. Sei personaggi apparentemente lontani dal cantautore americano incarnano, tra realtà e finzione, schegge della sua biografia e della sua carriera - dal poeta Rimbaud al bandito Billy the Kid passando per un giovane Woody Guthrie afroamericano. Un prisma narrativo dalla complessa architettura temporale e dallo stile multiforme capace di restituire nella sua irriducibile complessità il genio dell'artista. Nell'ottimo cast, Christian Bale, Heath Ledger, Richard Gere e una sorprendente Cate Blanchett nel ruolo più dylaniano. (aa)
(Zimna wojna, Polonia/2018) di Paweł Pawlikowski (85')
Dopo l'Oscar ottenuto con Ida, Paweł Pawlikowski, polacco d'origine ma inglese d'adozione, ha ricevuto il premio per la miglior regia a Cannes 2018 con questo film ispirato e dedicato alla memoria dei suoi genitori. La storia d'amore tempestosa e sofferta tra due musicisti, una relazione ostacolata dalle scelte opposte e dai rovesci del destino. Sullo sfondo, la Polonia e l'Europa negli anni della Guerra fredda, riprese in 4/3 in un bianco e nero cristallino. "Una miniatura affascinante che evoca l'eponimo gelo geopolitico con tutta la complessa, delicata decadenza dell'autore polacco. Ma la guerra fredda al centro di questo film inquieto e pieno d'elissi è quello tra i cuori, non tra i territori" (Variety).
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/2018) di Alessio Cremonini (100')
Non era facile portare sullo schermo la tragica vicenda di Stefano Cucchi mentre la verità giudiziaria deve ancora essere stabilita. Ci è riuscito il regista Alessio Cremonini ripercorrendo con precisione e senza retorica i sette giorni d'agonia del giovane romano deceduto nel 2009 durante la custodia cautelare (uno dei 176 morti nelle carceri italiane di quell'anno, come ci ricorda il film). Una ricostruzione implacabile che lascia emergere, senza enfasi drammatica, l'insostenibile sequela di errori, negligenze e colpe dei rappresentati dello Stato. Merito anche di Alessandro Borghi, che esprime il dolore e la solitudine di Cucchi attraverso un corpo che lentamente si consuma.
precede
MAGIC ALPS (Italia/2018) di Andrea Brusa e Marco Scotuzzi (15')
Basato su una storia vera, la complicata vicenda di un pastore afgano arrivato in Italia per cercare asilo insieme alla sua capra, primo caso di animale ‘rifugiato' in Italia. Menzione speciale a Visioni Italiane 2018.
Prima della proiezione, specialty coffee e pasticceria del Forno Brisa per tutti gli spettatori
In collaborazione con Forno Brisa
(USA/1980) di John Landis (130')
Quando il gioco si fa duro... Questione di stile. Che cosa ha fatto di una farsa slapstick, concepita da John Landis e Dan Aykroyd come "un incrocio tra Singin' in the Rain e Ben Hur", un cult inossidabile, un fenomeno di costume, uno degli ultimi titoli della (post)modernità a suscitare un'autentica vampata cinefila? Sagome nere ben disegnate, cappelli e cravattine, occhiali Wayfarer, le taciturne camminate di Aykroyd e Belushi, orfani ribelli con una buona causa: segni che Landis tiene sempre a fuoco nell'apoteosi di musica blues e di macchine sfasciate. (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Kona fer í stríð, Francia-Islanda-Ucraina/2018) di Benedikt Erlingsson (101')
Una maestra del coro si arma di arco e frecce per abbattere i piloni elettrici con cui l'industria pesante sfigura il paesaggio e compromette l'ambiente della campagna islandese. "Tematicamente, La donna elettrica sembra fin troppo facile: una causa buona e giusta, un senso di solidarietà verso le cose che contano, la confortante sensazione di stare dalla parte di una donna sola contro le potenti forze dell'industria. Il genio di Erlingsson risiede nel mettere tutto insieme con spirito vivace, nell'organizzare episodi picareschi quanto splendidamente girati intorno a una protagonista capace di vivere gli ideali degli eroi che tiene appesi alle pareti di casa, il Mahatma Gandhi e Nelson Mandela" (Jay Weissberg).
Introduce Barbara Forni (Parlamento Europeo)
Il Premio Lux sostiene il cinema europeo come efficace veicolo per animare il dibattito e la riflessione sull'Europa. Ultimo dei tre titoli in competizione (Styx di Wolfgang Fischer e L'altro lato di ogni cosa di Mila Turajlic sono stati proiettati a novembre), è il vincitore di questa edizione. Promosso da Parlamento Europeo - Ufficio di Milano in collaborazione con i servizi Europe Direct della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna e Teodora Film
Lingua originale con sottotitoli
Ingresso libero su prenotazione fino ad esaurimento dei posti disponibili: francesca.tesi@cineteca.bologna.it
(The Shining, GB/1980) di Stanley Kubrick (119')
"Jack Nicholson, Shelley Duvall e il figlio scelgono di passare l'inverno all'Overlook Hotel, costruito su un cimitero indiano. Pessima idea. Il figlio pedala solo soletto sul suo triciclo, e a furia di girare in tondo confonde ieri, oggi e domani. L'albergo è infestato di fantasmi dei roaring Twenties; la famiglia americana, già dissestata di suo, se la divorano a mezzanotte, obbligando padre e figlio a un remake gore di Bip-bip e il coyote. Ma a ridere resta solo Jack: in una fotografia scattata al ballo della festa dell'Indipendenza, il 4 luglio 1921". (Altiero Scicchitano)
Lingua originale con sottotitoli
(Italia/1976) di Pupi Avati (110')
"Un lato fantastico e fiabesco è presente anche nella provincia padana, e Avati ammette l'influenza diretta delle storie di campagna. Si sa, infatti, come ogni luogo a contatto con la natura possieda una spiccata tendenza a mettersi in contatto con l'irrazionale e a perpetuare leggende folkloriche. Ebbene, La casa dalle finestre che ridono ottiene di esibire le radici un po' nordiche del terrore padano attraverso l'articolazione di codici desunti dal mondo angloamericano. La villa di campagna viene trattata visivamente alla stessa stregua di un castello infestato, il paesino vicino al Po come un villaggio scozzese pieno di brume da pittura olandese, le strade dal centro alla campagna un dedalo di ombre e paura". (Roy Menarini)
(USA/2016) di Andrew Dominik (112')
Un film-performance in cui Nick Cave & The Bad Seeds interpretano le canzoni di Skeleton Tree, il loro album del 2016, il primo dopo il drammatico lutto che ha colpito l'artista l'anno precedente. Lo stile fotografico del film riflette l'intimità e l'austerità dell'album, testimonianza cruda e fragile di un artista che tenta di trovare la sua strada attraverso l'oscurità. Performance live delle canzoni si intrecciano a interviste e riflessioni estemporanee di Cave che creano un'esperienza coinvolgente, intensa ed elegante.
In collaborazione con Disco d'oro
Lingua originale con sottotitoli
(Francia-Belgio-Svizzera/2017) di Emmanuel Finkiel (127')
Siamo nella Francia del 1944, un intellettuale resistente è stato arrestato dalla Gestapo e forse deportato, la giovane moglie piomba nell'agonia dell'attesa, dell'assenza, dell'ambiguità. Che cosa saresti disposta a fare, per riaverlo? Anche intrecciare con un collaborazionista una relazione sessuale fatta di disprezzo, che forse non è solo disprezzo? La giovane moglie è Marguerite Duras e Il dolore è un romanzo autobiografico (nel senso distante e modernista, indulgente e scorticante che la parola assume in Duras); Emmanuel Finkiel lo porta finalmente sullo schermo dopo esserne stato folgorato da ragazzo; Parigi e Melanie Thierry hanno una bellezza sensuale, enigmatica, di pietra. (pcris)
Incontro con Emmanuel Finkiel
In collaborazione con Wanted
Lingua originale con sottotitoli
(Don't Look Now, GB-Italia/1973) di Nicolas Roeg (110')
Non è solo triste Venezia, è arcana e feroce in questo magnifico film di Nicolas Roeg, labirinto di paura che disintegra la bellezza dei luoghi per far posto a una pervasiva ossessione di morte. Una coppia inglese, tra canali e calli deserte, crede di ricevere messaggi occulti dalla figlioletta annegata. Tutto è volatile, ingannevole, subliminale, il tempo presente si frantuma tra memoria e anticipazione, il montaggio affilato è di per sé un brivido. Altri brividi producono i corpi nudi e intrecciati di Julie Christie e Donald Sutherland, che Roeg alterna ai lampi d'un languido post-coitum in cui i due si rivestono per andare a cena fuori - il contrappunto compone una delle scene più sensuali della storia del cinema. Pauline Kael: "Partendo da un romanzo di Daphne du Maurier, Roeg riesce a portare Borges sullo schermo meglio di chiunque ci abbia provato direttamente". (pcris)
Lingua originale con sottotitoli
(Shoplifters, Giappone/2018) di Koreeda Hirokazu (121')
Come il titolo italiano esplicita (l'originale Shoplifters significa ‘ladri'), al centro del film c'è ancora una volta la famiglia, per quanto poco tradizionale, punto d'osservazione privilegiato sulle contraddizioni della società. Koreeda si riconferma uno degli autori contemporanei di maggior finezza e profondità, capace di costruire un racconto toccante e coinvolgente con un linguaggio essenziale e lineare ma sorprendente per i percorsi narrativi inattesi.
Lingua originale con sottotitoli
(Night of the Living Dead, USA/1968) di George A. Romero (96')
"La storia degli uomini assediati dagli zombi è un'allegoria di altri assedi (il razzismo alle porte, come il celeberrimo finale suggerisce con una nuova metafora; o forse il neo-capitalismo famelico), con la differenza che - rispetto ad altre storie simboliche - qui si resta cocciutamente ancorati alla carne e alla paura. Anche l'aspetto da film quasi studentesco che La notte dei morti viventi possiede, specie nella prima parte, risponde a esigenze di alternativa iconografica tipica della fine degli anni Sessanta. Siamo ben fuori dalla nascente New Hollywood: la lacerazione prodotta da Romero assume i toni di una ribellione all'ipocrisia degli Studios (e forse anche dei presunti indipendenti). In questo dobbiamo rinvenire il combinato di spericolatezza narrativa e ribalderia figurativa del film rispetto al suo tempo". (Roy Menarini)
Lingua originale con sottotitoli
(The Exorcist, USA/1973) di William Friedkin (132')
Uno dei film più terrificanti dell'intera storia del cinema. Nonostante gli effetti speciali d'antan mantiene intatto il proprio cuore di tenebra. "Il gioco funziona poiché si suggerisce la similitudine tra possessione e malattia - in fondo per tutta la durata degli avvenimenti, Regan resta a letto nella sua camera come se fosse vittima di un'influenza - e si minaccia la presenza viva e quotidiana del Maligno. Proprio l'idea di trattare la possessione demoniaca come qualcosa che dapprima assume le forme di un disordine clinico rappresenta, sul piano simbolico, la vera ragione per la quale è in grado di colpire così a fondo l'immaginario degli spettatori" (Roy Menarini).
Lingua originale con sottotitoli