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Portici

portico della morte verso la libreria

Portico della Morte

Un primo portico è attestato nel XV secolo a protezione dell’ingresso della chiesa di Santa Maria della Morte quasi all’angolo con l’attuale via del Pavaglione.
Nel 1565, Antonio Morandi detto il Terribilia, nell’ambito delle trasformazioni che informano tutto l’isolato, interviene anche sul portico i cui sostegni diventano di macigno.
Dopo l’Unità d’Italia, su progetto di Coriolano Monti, il portico rientra nelle attività di ammodernamento legate alle trasformazioni degli edifici a luoghi per la cultura. Infine, negli anni 1925-1932, la parte terminale viene interessata dall’intervento di Giulio Ulisse Arata che ricostruisce l’isolato verso est in stile neo-medievale.
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vista del portico del baraccano da sotto

Portico del Baraccano

E’ uno degli esempi più caratteristici della stagione dei Bentivoglio. La parte più antica del portico (i primi sette archi dal Voltone alla Porta) viene edificata entro il 1500 per dare riparo a chi entra in città ma anche per servire l’Ospedale per i pellegrini che qui viene costruito a partire dal 1491.
La peculiarità di questo tratto di portico è la presenza del toro, ovvero la cornice ad anello che taglia a metà il fusto della colonna. Tale elemento è in verità già presente in alcuni esempi medievali, come il Portico dei Servi e sembra venga applicato come elemento di irrobustimento per coprire il punto di connessura fra due porzioni del fusto.
Interessante è il repertorio decorativo dei capitelli che mostra un ampio campionario di figure intercalate a insegne araldiche bentivolesche.
Dall’ottava colonna in poi la costruzione del portico risale ad epoche successive e si segnala per l’unica occorrenza bolognese di un portico a due navate, utile dispositivo di riparo per i fedeli della chiesa di San Giuliano.
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vista del portico del baraccano all'innesto col voltone

Voltone del Baraccano

Artificio architettonico di notevole impatto scenografico il ‘voltone’ del Baraccano è un passaggio profondo e sghembo che consente un contatto visivo e un collegamento viario fra il portico sulla via Santo Stefano e il Santuario di Santa Maria del Baraccano, chiesa voluta da Giovanni I Bentivoglio. Si tratta di una delle numerose cappelle costruite a ridosso delle mura cittadine, in questo caso per mettere al riparo un’immagine che si considerava miracolosa.
La struttura del collegamento è costituita da una volta a lunette edificata fra il 1497 e il 1524 che presenta verso via Santo Stefano una facciata, più volte rifatta, opera infine di Giuseppe Jarmorini (1779). Riparo ampio e confortevole, nel Cinquecento e nel Seicento, diventa un luogo privilegiato dagli artisti per l’esposizione delle opere al pubblico.
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vista dell'arco bonaccorsi da porta saragozza foto 1cinquantesimo

Arco Bonaccorsi

La costruzione in forma di arco onorario aperta su tutti i lati enfatizza l’avvio del tratto di pianura extraurbano del portico di San Luca. L'arco è edificato in uno stile sobrio che rinuncia alle decorazioni architettoniche sovrabbondanti e tipiche del periodo barocco in cui nasce, volgendosi piuttosto, come tanta architettura bolognese, ai fasti di un pacato neocinquecentismo.
E’ opera di Gian Giacomo Monti, architetto a cui si deve anche il disegno del tracciato del portico che, in un primo momento, invece, era stato previsto sull’altro lato della strada e con le aperture verso nord.
L'edificazione dell'arco risale al 1675.

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veduta del tratto collinare del portico di san luca di scorcio con Bologna sullo sfondo

Portico di San Luca

Il portico di San Luca è unico al mondo.
Collega la città di Bologna al santuario della Beata Vergine di San Luca con un percorso che alcuni contano in 666 arcate, ma il numero in verità è leggermente inferiore (dipende da come si contano).
Nasce per rendere possibili le processioni devozionali in occasione della discesa della sacra immagine della Madonna di San Luca in città. L’inizio della costruzione del tratto di pianura risale al 1674 per concludersi un secolo dopo, con le ultime opere relative al Santuario, posto in posizione strategica sul Monte della Guardia.
Il percorso porticato nel suo insieme si snoda per circa 3600 metri. La prima parte è in piano e dall’Arco Bonaccorsi segue via Saragozza per circa un chilometro e mezzo. All’altezza della centosettantesima arcata di portico, in una nicchia è collocata la statua che, per le forme generose, dai bolognesi è soprannominata Madonna Grassa, opera dello scultore Andrea Ferreri (1706ca.).
All’altezza di piazza della Pace, poi, il portico attraversa la strada con un sovrappasso, ardito per i tempi e molto scenografico, l’Arco del Meloncello (1718).
Da lì il tragitto si fa arduo, in salita o a gradini, per più di 2 chilometri, fino ad arrivare alla parte terminale, una sorta di abbraccio porticato che dà il benvenuto ai pellegrini e accompagna all’ingresso del Santuario. Dedicato alla Madonna di San Luca, conserva l’icona della Beata Vergine che si dice sia stata dipinta dal Santo evangelista e portata fino a Bologna da un pellegrino proveniente da Costantinopoli.
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scorcio de meloncello da sotto insù

Arco del Meloncello

L’arco, quasi un fondale scenografico che collega i due tratti del portico, quello di pianura e quello di collina, è davvero frutto della cultura bolognese intrisa di teatralità e dominata dalla famiglia Bibiena a cui forse si deve l’ispirazione nel disegno degli alzati. Bibienesca, infatti, sembra l’orchestrazione degli elementi decorativi, mentre lo sviluppo in pianta, sinuoso e curvo, è da ascriversi a Carlo Francesco Dotti (1718), autore anche del Santuario della Beata Vergine al termine del tratto in salita.
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vista del portico della certosa dall'interno

Il Portico della Certosa

Il Cimitero della Certosa che, anticipando l’editto di Saint-Cloud del 1804, viene aperto a Bologna fuori dalle mura urbane nel 1801, va necessariamente collegato alla città attraverso un passaggio coperto che consenta ai fedeli di potervisi recare in modo confortevole.
Un primo progetto tenta di istituire un collegamento fra il complesso cimiteriale e Porta Sant’Isaia, ma distanze e costi fanno rinunciare all’impresa.
Più interessante si dimostra invece la proposta dell’architetto Ercole Gasparini, già impegnato in lavori all’interno del Cimitero, di collegare questo al portico di San Luca, subito prima del Meloncello. Tale progetto, datato 1811, si impone per la ragionevolezza nella scelta del percorso che sfrutta il portico di San Luca già in essere, ma anche per un’estetica di assoluta rarefazione degna del neoclassicismo più puro. Nel progetto fra l’altro Gasparini ipotizza che sotto agli archi del suo portico possano trovare spazio anche memorie funebri di lapidi e cappelle: se realizzato, tale esempio sarebbe stato un unicum nel panorama dei cimiteri in formazione. La realtà del cantiere e la difficoltà a reperire i fondi però rallentano la realizzazione del portico.
Nel 1818 viene costruito l’Arco Guidi (oggi non più esistente) per attraversare la strada proveniente da porta Sant’Isaia, ma nel 1829 Gasparini muore e il progetto viene realizzato con variazioni a cura di Luigi Marchesini, ingegnere capo del Comune. Anche il tratto finale del portico verso la Certosa, con il superamento del canale di Reno, viene eseguito in modo difforme dal progetto che prevedeva un arco monumentale, sostituito invece con un segmento porticato più sobrio decorato da colonne ioniche.
Nel 1926, con un’interruzione dei portici ottocenteschi, viene eretta la Torre di Maratona, ingresso monumentale al Littoriale. Complesso sportivo all’avanguardia voluto dal podestà Leandro Arpinati, è costituito da uno stadio, campi sportivi e da due piscine, opera dell’ingegnere Umberto Costanzini che viene affiancato per la torre dall’architetto Giulio Ulisse Arata.

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vista di un monumento funebre

Cimitero monumentale della Certosa

È il cimitero storico monumentale di Bologna, fondato nel 1801 riutilizzando le grandiose strutture del convento certosino edificato nel 1334.
Del complesso monastico si è conservata integralmente la chiesa di San Girolamo, scrigno della pittura bolognese del '600. La complessa articolazione architettonica ricrea l'idea di città e nei portici, loggiati e sale è conservato il più vasto repertorio di scultura neoclassica in Italia che include anche le tombe dipinte, un unicum europeo. Nell'arco di due secoli più di 200 artisti (architetti, pittori, scultori) hanno operato nel cimitero cittadino, contribuendo a dargli quel fascino unico decantato da tutti i visitatori stranieri, tra cui Byron e Dickens.



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vista del portico del santuario da sotto

Portico e Santuario degli Alemanni

Il portico degli Alemanni è un altro importante esempio, dopo quello eccezionale di San Luca, di portico devozionale extraurbano.
Deve il suo nome all’ordine cavalleresco Teutonico, ordine monastico militare nato all’epoca delle crociate e che in questa posizione fonda nel ‘200 un oratorio.
Tra il 1619 e il 1631 viene costruito il portico per collegare la chiesa, posta 700 metri fuori porta Maggiore e nel frattempo affidata ai carmelitani scalzi, alle mura della città, in modo da consentire ai fedeli di recarsi in pellegrinaggio protetti dalle intemperie. Per il progetto si fa il nome di Floriano Ambrosini.
Il Santuario, costruito per ricoverare un’immagine miracolosa, viene ripensato in forme barocche nel Seicento e ospita una una cappella dedicata alla Sacra Famiglia opera di Ferdinando Bibiena.
L’edificio subisce ulteriori trasformazioni nell’Ottocento.

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Vista del quadriportico dei servi

Portico dei Servi

Nel 1392 il Comune di Bologna cede ai Servi di Maria, che già insistevano su questo tratto di Strada Maggiore da inizio secolo, una porzione di spazio pubblico per costruirvi il portico. In cambio, sembra che i frati abbiano deciso di impiegare materiali che restituissero i colori simbolo della città, il rosso e il bianco, come il marmo di Verona e la pietra d’Istria che caratterizzano il manufatto.
Si tratta di uno fra i primissimi portici in muratura. Gli autori del progetto potrebbero essere stati gli stessi Antonio di Vincenzo e Andrea Manfredi da Faenza che erano al lavoro nel cantiere della contigua chiesa, il primo, autore anche del progetto per San Petronio, il secondo, committente partecipe.
Da rilevare è anche la larghezza del portico, la più rilevante di Bologna, con i suoi quasi 6 metri.
Studi approfonditi hanno riconosciuto nel dimensionamento di questi spazi il ricorso alla sezione aurea che genera l’inconfondibile sensazione di equilibrio e proporzione.
Nasce con questo portico la caratteristica conformazione della colonna interrotta al centro da un anello modanato: la motivazione risiede nella necessità di collegare e rafforzare il giunto fra due segmenti di piedritto. Ritroveremo lo stilema in numerosi altri portici cittadini.
Il segmento costruito viene poi proseguito in tempi successivi conformemente allo stile originario.
Il quadriportico di fronte alla facciata è il frutto dell’abbattimento di una chiesa che lambiva l’attuale via Guerrazzi, San Tommaso. Giuseppe Modonesi e Enrico Brunetti Rodati ne sono gli autori fra il 1852 e il 1857.
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vista della lunga e curva  facciata dell'edificio

Treno della Barca

L’alta qualità della composizione e l’attenzione per il dettaglio, anche in un contesto ‘popolare’, hanno indotto l’amministrazione ad inserire questo lungo edificio fuori dal centro cittadino nella lista dei portici inseriti nella Lista del Patrimonio Mondiale.
Il quartiere Barca è stato progettato da un gruppo di professionisti coordinato da Giuseppe Vaccaro, architetto di origine bolognese, già autore dell’edificio della Facoltà di Ingegneria e diversi altri interventi in città. La costruzione di quello che si configura probabilmente come il più ampio insediamento nel territorio comunale, inizia nel 1957 e si protrae per più fasi, dal 1962 fino a metà degli anni Ottanta. Vaccaro è responsabile anche della progettazione del “Treno", curvo fabbricato in linea, lungo 553 m, con portico a piano terra e due piani a destinazione residenziale. Il “Treno”, che prende il nome dalla sua tipica conformazione, è stato pensato per essere l’elemento portante e centrale del quartiere; su di esso sono stati proiettati significati identitari forti, legati all’essenza del genius loci bolognese ed esplicitati in gran parte nella realizzazione del portico alla base dell’edificio.
La particolare conformazione di tale portico prevede blocchi posti a distanze regolari in cui vengono inseriti i locali commerciali e gli accessi agli appartamenti ai due piani superiori. La volontà di movimentare un fronte che, data l’estensione, sarebbe altrimenti apparso eccessivamente uniforme, si concretizza nel forte aggetto della copertura, mentre il corpo intermedio presenta una fitta trama di aperture ingentilite da persiane scorrevoli.
L’edificio è stato recentemente oggetto di una accurata opera di riqualificazione energetica che non ha alterato le proporzioni e le caratteristiche originarie.


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