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Il
2 giugno 1973, ventinove anni dopo le fucilazioni di Sabbiuno
e, significativamente, nel ventisettesimo anniversario della proclamazione
della Repubblica nata dalla Resistenza, si inaugura il monumento
ai caduti di Sabbiuno, realizzato dagli architetti del Gruppo Città
Nuova: Letizia Gelli Mazzucato, Umberto Maccaferri, Giampaolo
Mazzucato (fig. 1 ). Lopera è uno tra i
più importanti insiemi monumentali della Resistenza bolognese,
e segna il prevalere di uno spazio celebrativo e anche partecipativo
sul monumento inteso in senso tradizionale. Sabbiuno è
divenuto così un suggestivo luogo della memoria.
Scrive Bruno Zevi, descrivendo
il monumento:
(gli autori) hanno cadenzato il percorso
dal casolare al punto dell'eccidio con cinquantatré massi
(figg. 2- 4), su ognuno dei quali è inciso il nome di un
trucidato, più un cinquantaquattresimo per ricordare i quarantasette
caduti ignoti (fig. 3). Poi, un muro curvo di cemento a vista, alto
come una spalla, che rappresenta lo schieramento dei soldati tedeschi:
dentro le feritoie, ancorate con supporti cromati, mitragliatrici
fuse, ricalcate da un modello del tempo, con fari puntiformi innestati
dalla parte dello sparo. Il precipitare dei corpi nel calanco è
riprodotto da rulli di filo spinato rosso che scendono fino a valle,
dove è posata una croce bianca. Null'altro.
Come confermano le note di presentazione redatte per linaugurazione,
è intenzione degli autori realizzare unopera
collettiva non chiusa e non finita nel tempo, un monumento
che non è più un monumento, ossia che non
cè più. E che si dilata, nel tempo e nello
spazio, al di là delle stragi di partigiani che in quei luoghi
si sono realmente consumate (fig. 5).
In questa prospettiva, il numero dei 100 morti ai quali il
monumento è dedicato non può che assumere un valore
puramente simbolico.
Così come fortemente simbolico è il legame,
che in questo luogo esplicitamente viene richiamato, tra la memoria
delle vittime della Resistenza e la costruzione del tessuto morale
e civile che dovrebbe essere alla base della storia repubblicana,
come sancito dalla Costituzione.
Come scriveva Piero Calamandrei
solo dieci anni dopo la fine della guerra,
La Costituzione italiana potrà
riprendere la sua strada verso una democrazia sempre più
piena e diventare una realtà politica, se le nuove generazioni
sentiranno il dovere di andare in pellegrinaggio col loro pensiero
riconoscente in tutti i luoghi di lotta e di dolore dove i fratelli
sono caduti per restituire a tutti i cittadini italiani dignità
e libertà. Nelle montagne della guerra partigiana, nelle
carceri dove furono torturati, nei campi di concentramento dove
furono impiccati, nei deserti e nelle steppe dove caddero combattendo,
ovunque un italiano ha sofferto e versato il suo sangue per colpa
del fascismo, ivi è nata la nostra Costituzione. (
),
essa può diventare per le nuove generazioni, che saranno
il ceto dirigente di domani, il testamento spirituale di centomila
morti, che indicano ai vivi i doveri dellavvenire.
( P.Calamandrei, Questa
nostra Costituzione, Bompiani 1995) |
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