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Parte
dei rastrellati di Amola e di Anzola viene rilasciata dopo i primi
controlli. Per gli altri iniziano gli interrogatori, allo scopo
di accertare la loro effettiva partecipazione alla Resistenza, e
le sofferenze.
Da Anzola alcuni vanno subito a San Giovanni in Monte (figg.
1 - 2) , il carcere di Bologna, luogo di detenzione e di tortura,
mentre altri vengono portati per qualche giorno nelle carceri di
San Giovanni in Persiceto.
Tra i rastrellati di Amola, quelli riconosciuti come partigiani,
e contrassegnati con una croce bianca tracciata col gesso sulla
schiena, vengono portati per linterrogatorio al comando delle
SS di via Santa Chiara, a quello di Via delle Rose, o direttamente
alla casa circondariale bolognese.
Nei due o tre giorni in cui gli arrestati erano rimasti a
SantAgata o nelle carceri di San Giovanni in Persiceto, ai
familiari era stato concesso di vederli, di portare loro qualcosa
da mangiare, o qualche indumento pesante; dal momento in cui vengono
trasferiti a Bologna, attorno all8 dicembre 1944, anche questa
possibilità viene meno.
Nelle memorie dei sopravvissuti, le rapide immagini sulla
vita del carcere in quei giorni sono fatte di incontri fuggevoli,
di percezioni visive e auditive spesso violente, di comunicazioni
fortunose. Ai vecchi vengono per lo più risparmiate le violenze
negli interrogatori, ma proprio per questo ricordano bene che i
giovani venivano picchiati a sangue.
Il sovraffollamento, il disagio fisico e psicologico sono,
in quei mesi, la cornice quotidiana delle violenze e delle torture
sui detenuti, finalizzate ad ottenere confessioni e delazioni. Molti
partigiani non sono stati identificati, perché hanno con
sé documenti contraffatti, e i nomi con i quali vengono registrati
sono falsi.
Ma la spia, linformatore può essere chiunque, tra coloro
che dormono affiancati, sulla paglia del camerone: si
costituisce quindi una gerarchia informale tra i prigionieri, capace
di assumere decisioni e di farle eseguire, con lo stesso obiettivo
che avevano, allesterno, i corpi di polizia partigiana: eliminare
le spie.
Insomma, San Giovanni in Monte in quei giorni di dicembre
è un girone oscuro, il penultimo atto nella vicenda di alcune
decine di partigiani, teatro di una storia collettiva, tutta giocata
fra sofferenze e forza di volontà, paura e lucidità,
coscienza di militanti e istinto di conservazione, solidarietà
e diffidenza, illusione e disperazione.
Qual è il destino che attende i prigionieri?
Alcuni vengono liberati dopo qualche interrogatorio, e vengono
rilasciati tra l8 ed il 13 dicembre. Tra coloro che invece
vengono identificati come partigiani, un primo gruppo di prigionieri
parte, dopo una settimana di carcere, per una destinazione sconosciuta.
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