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Concerti, spettacoli, cinema, mostre, teatro, laboratori per bambini, visite guidate: una panoramica completa degli eventi culturali organizzati a Bologna.
Aggiornato: 53 min 1 sec fa

Finalisti concorso GD4PHOTOART

Mer, 07/29/2015 - 13:34

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie dei finalisti del concorso promosso dalla Fondazione MAST

Fotografie di

Marc Roig Blesa, Olanda/Spagna
Raphaël Dallaporta, Francia
Madhuban Mitra e Manas Bhattacharya, India
Óscar Monzón, Spagna

FOTO/INDUSTRIA 2015 

Luci e luminarie, Parigi, 1925. Société Française De Photographie

Mer, 07/29/2015 - 13:14

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Léon Gimpel, Parigi, Francia

Scrivere con la luce: fotografie notturne di Léon Gimpel Parigi, dicembre 1921. È la vigilia di Natale, un elefante aspira l'acqua da una cascata e innaffia un gruppo di scimmie nascoste tra le palme. La scena si svolge a Parigi, in rue de Rivoli. È un trionfo di neon colorati, opera dell’ingegnere fiorentino Jacopozzi. L'uomo che contribuì a trasformare la Parigi degli anni venti nella Ville Lumière si era fatto conoscere per il suo progetto di illuminazione della “finta Parigi”, commissionato dallo stato maggiore francese durante la prima guerra mondiale. Le esperienze luminose di questo “mago della luce” seducono il fotografo francese Léon Gimpel.
Appassionato di luminarie, Gimpel utilizza l’autocromia, ossia il primo procedimento di fotografia a colori brevettato e commercializzato dai fratelli Lumière. La sua tecnica consiste nel sovrapporre due scatti diversi, uno effettuato al crepuscolo e l'altro in piena notte allo scopo di restituire l'atmosfera e l'illuminazione notturna in tutta la loro potenza.
Dall’insegna colorata alla pubblicità decorativa, l’industria dei giochi di luce prende le mosse dalle ricerche del chimico francese Georges Claude, inventore nel 1910 del tubo luminescente ad alto voltaggio (néon). Léon Gimpel illustra anche l’imponente operazione di marketing pubblicitario condotta da Jacopozzi. Con l'aiuto dell'industriale Citroën, Jacopozzi trasforma la Tour Eiffel, «piatto e inerte pinnacolo scuro» in un «teatro della più straordinaria magia elettrica che sia mai stata creata al mondo». A questa incomparabile installazione si aggiungono via via le illuminazioni dei grandi magazzini di Parigi come Les Grands Magasins du Louvre, le Galeries Lafayette, la Samaritaine, il Bazar dell’Hôtel de Ville e il Bon Marché, e poi ancora la copia del tempio di Angkor per l’esposizione coloniale della Porte Dorée, tutte magie che partecipano della nuova scrittura luminosa della Parigi by night. Une exposition proposée par la Société française de photographie Commissaire Luce Lebart

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODOTTI

Nuova oggettività e industria. Collection Regard

Mer, 07/29/2015 - 13:08

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Hein Gorny, Berlino, Germania

Prodotti industriali e progettazione d’immagine negli anni 1920-1930 in germania

Hein Gorny è stato un fotografo industriale e commerciale molto apprezzato in Germania. Numerosi tra i suoi committenti in ambito industriale, come Pelikan (fondata nel 1839 per la produzione di oggetti di cartoleria), Bahlsen (azienda di biscotteria creata nel 1889) e Rogo (fabbricante di nylon, nato nel 1886) attribuivano grande valore alla modernità, all’estetica e al design, non solo in riferimento all’architettura delle strutture produttive e al design dei prodotti, ma anche in relazione alla loro rappresentazione visiva e fotografica.
L'universo di immagini di Gorny attinse a quelle tendenze propagatesi in campo fotografico in relazione alle teorie del Bauhaus e del Deutscher Werkbund. Da un lato il movimento Nuova Visione esplorava i limiti estremi del visibile con un approccio sperimentale alla luce e ai materiali, dall'altro i fotografi della Nuova Oggettività consideravano le innate, specifiche qualità della fotografia essenziali per una rappresentazione del mondo che fosse obiettiva. Gorny riuscì a conciliare gli interessi economici dei suoi clienti con le caratteristiche di questi due approcci alla fotografia, attenuando le prospettive estreme e il ricorso a composizioni astratte e da qui sviluppando un suo stile commerciale. Ciò che queste nuove tendenze in fotografia avevano favorito - un nuovo modo di guardare e descrivere il mondo dell'industria - è testimoniato con molta chiarezza da un gran numero di lavori sperimentali che Gorny produsse per se stesso e anche, seppur più raramente, su commissione.
Le macrofotografie e le riproduzioni seriali ponevano in risalto la forma degli oggetti ritratti e, insieme, la perizia tecnica del fotografo e via via nascevano composizioni che sconfinavano nell'astratto. L'applicazione di questi principi di elaborazione dell'immagine è particolarmente evidente nella fotografia dei prodotti industriali. In queste composizioni Gorny inserisce di proposito forti elementi di dinamicità, senza però venir meno all'obiettivo primario che consiste nella leggibilità e immediatezza dell'immagine. In definitiva, la rappresentazione di forme standardizzate mirava a sottolinearne l'oggettività e a permettere all'osservatore di cogliere di primo acchito la funzione e la qualità degli articoli raffigurati.
Altrettanto importante era la rappresentazione del processo produttivo in sé. Immagini di questo tipo mettevano l'accento sulle condizioni di lavoro nella cornice dell'architettura moderna e in ultima analisi assolvevano la funzione di illustrare l'orientamento progressista e socialmente responsabile delle aziende. Pubblicate regolarmente sulle riviste aziendali o in occasione di pubblicazioni speciali particolarmente curate nella veste grafica, queste immagini erano l'elemento chiave delle strategie comunicative dentro e fuori l'azienda, ed erano inoltre la prova di quanto ormai la fotografia giocasse un ruolo sempre maggiore nella realizzazione di opere a stampa.
​Nella sua composizione dell'immagine senza tempo, Gorny fece confluire oggettività e spinta verso il progresso, strumenti che le aziende misero in campo per rispondere alle richieste della nuova epoca. Egli riuscì a coniugare il vocabolario formale e lo spirito sperimentale della Nuova Fotografia in una pratica quotidiana, divenendo in tal modo un maestro nell'uso di questo stile.

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODOTTI

Biografia del cancro

Mer, 07/29/2015 - 12:34

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Jason Sangik Noh, Seoul, Corea del Sud

Jason Sangik Noh è un chirurgo specializzato in oncologia, lavora principalmente a Seoul ma presta la sua opera anche all'estero, in particolare in Vietnam.
Il presente lavoro comprende referti scritti a mano, risultati di analisi, grafici e fotografie, e coniuga l'approccio scientifico al paziente con una considerazione per l'aspetto umano attraverso uno sguardo attento alla sua vita quotidiana e alle sue passioni. L’insieme prende forma in composizioni visive di un genere assolutamente inedito, un autentico diario medico in cui la freddezza e il rigore scientifico si mescolano all'empatia e alla sensibilità nei confronti del malato.
La violenza della malattia non è in alcun modo attenuata, ma accanto ad essa si percepisce acutamente la vicinanza affettiva e la solidarietà verso l'essere umano del medico che si occupa del caso.

«Nel 2008 circa otto milioni di persone sono morte di cancro in tutto il mondo. Partendo dalla riflessione su questi numeri mi sono dedicato al lavoro Biography of Cancer [Biografia del cancro] che tratta di una delle più complesse malattie con cui l'uomo si sia mai trovato a dover convivere. Parla dell'incontro con il cancro, di cure e trattamenti drammatici, successi euforici, tragici fallimenti, di morti, e della battaglia incessante combattuta da medici, ricercatori, pazienti e da chi sta loro accanto. È anche una meditazione sulla malattia, sull'etica della scienza medica, e sulle vite complesse, e tra loro intrecciate, delle persone coinvolte. Nel dare ordine alla struttura di questo lavoro, ho scelto di seguire il metodo di un articolo medico scientifico. Il risultato finale è un lavoro che si compone di cinque parti, Introduzione/Materiali e Metodi/Risultati/Conclusioni/Discussione».

Benché non abbia fatto della fotografia la sua professione, Jason Sangik Noh si rivela anche un ottimo fotografo parallelamente alla sua pratica di medico. Questo progetto che viene presentato in Europa per la prima volta è stato recentemente premiato in Corea dalla Ilwoo Foundation e presto sarà oggetto di pubblicazione di un libro a cura di Hatje Kantz.

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PAUSA

Office Romance

Mer, 07/29/2015 - 12:30

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Kathy Ryan, New York, USA

«Tutto è cominciato un pomeriggio quando ho visto una saetta di luce lungo le scale del New York Times Magazine. Allora, ho preso il mio iPhone e ho scattato una foto. E poi ho cominciato a vedere immagini di continuo, il mio ufficio era pieno di incredibile bellezza e poesia. (…) La mia postazione è orientata verso est e di primo mattino è inondata di luce, una luce particolare e intensa. (…) In realtà non vi avevo fatto molto caso all'inizio quando ci siamo trasferiti nella nuova sede progettata da Renzo Piano. Sono una creatura abitudinaria e amavo il vecchio e scabro palazzo del Times, e tutta quella confusione. (…) Il nuovo edificio mi sembrava troppo nuovo, troppo pulito ed essenziale. Ma da quando mi sono messa a fotografarlo, me ne sono innamorata perdutamente».

Kathy Ryan non è una fotografa, piuttosto una benefattrice della categoria. Da circa trent'anni porta avanti una delle più intelligenti politiche di committenza fotografica sulle pagine del New York Times Magazine di cui è a capo del servizio fotografico. Dai ritratti hollywoodiani ai terremoti, dallo sport ai fenomeni sociali, il suo raggio d'azione copre potenzialmente tutta l'attualità, ma con la distanza propria della rivista settimanale. Ricorre ai migliori reporter, ai più grandi fotografi concettuali e ai ritrattisti più famosi. Nel suo modo di realizzare le foto non vi è traccia di presunzione, solo il divertimento di postarle su Instagram. I tantissimi “I like” che le tornano indietro la incoraggiano e, in una giornata già frenetica passata da una riunione all'altra per far fronte alle continue variazioni del sommario del giornale o delle impostazioni da dare agli articoli, riesce a inventarsi questi momenti di pausa immagine. Il risultato, fatto di moquette, di ritratti furtivi di colleghi, di ombre proiettate, di post-it e di mazzi di fiori, è di una tale poesia, serenità, e sorprendente varietà, da rappresentare un emozionante viaggio nella vita d'ufficio.

Renzo Piano dice: «La prima cosa che faccio quando visito un posto per la prima volta è capire dove sta il nord, dove sorge il sole e dove tramonta. (…) La luce è per un architetto come il suono per un compositore. (…) Sono contento che Kathy Ryan abbia colto tutto questo nelle sue fotografie». 

Se quello di Kathy Ryan è un occhio esperto, suo malgrado, la stessa suggestione sarebbe potuta essere declinata in qualunque azienda di servizi, come una banca, una compagnia di assicurazioni, uno studio di ingegneria… Una sorta di bloc-notes fotografico, uno dei primi fenomeni realmente interessanti della diffusione dei dispositivi fotografici nei cellulari, che promette molte sorprese per il futuro, adesso che ormai siamo tutti fotografi.

La mostra sarà corredata di stampe, proiezioni e una grande striscia digitale sulla falsariga di quella del New York Times a Times Square, che indicherà l'orario frenetico di una giornata lavorativa di Kathy Ryan.

Libro: Office Romance, Aperture

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PAUSA

L'uomo, il lavoro, la macchina

Mer, 07/29/2015 - 12:21

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Gianni Berengo Gardin, Milano, Italia

L’uomo, il lavoro, la macchina. Esattamente in quest’ordine. Incurante di possibili assonanze con indagini analoghe firmate, anni fa, da Henri Cartier-Bresson (*). Perché è solo con questa precisa sequenza di sostantivi che Berengo definisce la sua lunga frequentazione con fabbriche, aziende, laboratori, che dalla fine degli anni Sessanta a oggi sono uno dei suoi terreni di indagine d’elezione. Perché Gianni Berengo Gardin in tutta la sua lunga carriera ha sempre dedicato la sua attenzione agli esseri umani, alle loro attività, ai loro sentimenti, agli eventi dei quali sono protagonisti. La fabbrica e il lavoro sono lo scenario e la ragione per i quali molti attori delle sue immagini agiscono. Nella sua “fotografia industriale” nessuna eco della fascinazione per meccanica e tecnologia della quale erano vittime consapevoli autori come Albert Renger-Patzsch o Lazlo Moholy-Nagy. Per Berengo le macchine sono strumenti di lavoro, elementi grafici che fanno da sfondo o interagiscono con la fatica degli operai, con i gesti ripetitivi, con il desiderio che il turno finisca, ma anche con l’orgoglio di un lavoro ben fatto, con il piacere della manualità, con la consapevolezza sociale di vivere un destino comune. Con identica empatia il racconto del lavoro di Berengo passa dall’Olivetti di Ivrea all’Ansaldo di Genova, dalle acciaierie di Dalmine alle fabbriche di tessuti del mantovano. Sono in prevalenza immagini che rispondono a incarichi professionali, realizzate tuttavia in totale libertà narrativa nelle quali Berengo riesce sempre a coniugare il suo sguardo poetico con le necessità dell’informazione. Rileggere il suo vasto archivio nel quale gli uomini e il lavoro sono tanto presenti è come affrontare un viaggio nel tempo, nel costume, nell’estetica della rappresentazione del mondo della produzione ma soprattutto consente, ancora una volta, di apprezzare la straordinaria forza narrativa che anima tutto il lavoro di Berengo. Giovanna Calvenzi, Curatrice della mostra

(*) Henri Cartier-Bresson, “L’uomo e la macchina”, IBM France, 1969

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUTTORI

Ritratti di gruppo

Mer, 07/29/2015 - 12:17

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Neal Slavin, New York, USA

La fotografia di gruppo è un genere ampiamente praticato negli Stati Uniti da fotografi di quartiere che immortalano ogni genere di associazione umana, ma è anche molto convenzionale, poiché spesso si basa soltanto sul numero dei soggetti da ritrarre e sulla loro posizione all'interno del gruppo, come tante pedine inserite in un paesaggio spettacolare.
Negli anni Ottanta Neal Slavin ha conosciuto un grande successo rivoluzionando il genere. Il suo registro visivo del tutto originale è stato messo al servizio di rappresentazioni reali legate all'esercizio di professioni e mestieri, con una particolare attenzione per i personaggi, dando loro una presenza e un'identità, e non soltanto una collocazione.
La realizzazione di queste foto è degna a volte di una produzione cinematografica, professione che da allora si è molto sviluppata, ma che era ben poco diffusa quando Neal Slavin inventava il suo stile. In particolare, le sue composizioni sono piene di ironia e i colori sprigionano forza e allegria. 
​Il grande successo riscosso presso la stampa - ha lavorato tra l'altro per il New York Times Magazine, il London Sunday Times Magazine, Esquire, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Rolling Stone - seguito dalla pubblicazione del suo libro sugli inglesi Britons, lo ha portato a esporre e a essere presente con la sua opera nelle collezioni dei maggiori musei e gallerie. Per un lungo periodo questo successo ha distolto Neal Slavin dalla fotografia a vantaggio della produzione di video pubblicitari.

La selezione per FOTO/INDUSTRIA comprende una cinquantina delle sue migliori fotografie nel contesto di mestieri molto diversi tra loro, quali ferrovieri, bibliotecari, danzatori, becchini…

Neal Slavin è rappresentato dalla galleria Ricco Maresca di New York.

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUTTORI

Avrei potuto essere io

Mar, 07/28/2015 - 14:42

monumento di Sonia Lenzi in memoria delle vittime della strage del 2 agosto 1980

Nell'ambito delle iniziative organizzate per ricordare il XXXV anniversario della strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna, nella Stazione Alta Velocità di Bologna, ingresso Via de' Carracci, il 31 luglio ore 17.30 si inaugura il monumento creato dall'artista Sonia Lenzi in memoria delle vittime, dal titolo Avrei potuto essere io, che sarà visibile fino al 10 agosto.
Questo progetto di arte pubblica ha avuto una fase performativa svoltasi tra dicembre 2013 e gennaio 2014 nel luogo della strage e una successiva fase di creazione dell'opera da installare in stazione. L'artista ha inoltre prodotto un monumento portatile in edizione limitata di 85 copie numerate e firmate.

Avrei potuto essere io viene presentato domenica 2 agosto al MAMbo, alle ore 17.30 in Sala Conferenze.
Partecipano:
Sonia Lenzi - artista che ha realizzato l'opera Avrei potuto essere io
Laura Carlini Fanfogna - direttrice MAMbo | Istituzione Bologna Musei
Paolo Bolognesi - presidente Associazione tra i familiari delle vittime della strage alla Stazione di Bologna del 2 agosto 1980
Eugenio Riccomini - storico dell'arte
Gino Gianuizzi - curatore

Ingresso libero.
Avrei potuto essere io è sostenuto dall’Associazione tra i familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980 e ha il patrocinio dell'Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna. Con il contributo di Grandi Stazioni, Coop Adriatica, Federazione Italiana Lavoratori Trasporti CGIL.

(Altri) lavoratori

Mar, 07/28/2015 - 14:28

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Pierre Gonnord, Madrid, Spagna 

«Cammino alla ricerca di incontri e di altre esperienze di vita. Il ritratto nasce da un'intimità fragile e silenziosa che tenta di lottare contro l’oblio. È la "cannibalizzazione" dell'altro, della sua differenza e della nostra parte comune di umanità. La fusione, l’appropriazione, la trasfigurazione di bellezza, grazia, dignità, che ci rende un po' più simili. E anche un po' più eterni. Prestami il tuo viso, lasciati contemplare, ammirare, possedere, lascia che prenda la tua anima per potervi accogliere tutti noi, come gli indiani d’America che credevano di abbandonare per sempre l'intimità profonda del loro essere rubata dall'obiettivo di Edward Curtis. Ciò che è cominciato qualche anno fa, timidamente e per caso, è oggi un vero e proprio modo di vivere. Dal mio laboratorio di Madrid, verso le case della periferia urbana e poi in questo studio ambulante sul ciglio delle strade e dei sentieri secondari. Ho scelto l’individuo solo e anonimo, membro però di un clan sociale ben definito, profondamente radicato in una cultura ancestrale. L’individuo consapevole della propria identità proprio quando la nostra si fa sempre più evanescente. Personaggi che vengono da tribù lontane dall'epicentro e dal benessere materiale, dal rumore uniforme della nostra società urbana. Visi che brillano di una luce diversa e di una straordinaria energia. Vorrei rompere il silenzio creato intorno a loro, ma preservarne il mistero. Esplorare quei margini (o meglio quegli “altrove”), è il mio modo di riconoscere l’importanza del silenzio costruito socialmente, ma soprattutto di rendere omaggio a quegli “Altri Noi” testimoni di un'esistenza che è loro propria e quanto mai unica. Detentori di una straordinaria forza vitale». Ritratti fotografici e video degli ultimi minatori di carbone delle Asturie, regione nel nord della Spagna. Ultimi sussulti di una saga di lavoratori, eredità del XIX secolo che ha forgiato la storia industriale del paese in una strenua lotta per i diritti sociali contro le infauste condizioni di lavoro nelle miniere. Questa comunità di immigrati dell'Europa centrale e del Portogallo è destinata a scomparire nel 2018, secondo la direttiva del Ministero dell'industria spagnolo e la fine del "Piano Carbone" della Comunità Europea. Ritratti di lavoratori giornalieri impiegati nelle grandi coltivazioni di olive, viti e alberi da frutto del latifondismo iberico (Estremadura, Andalusia e Rioja), nel solco dei grandi possedimenti agricoli romani. Questi lavoratori, gitani e nomadi provenienti in gran parte dalle due rive del fiume Guadiana, la cui principale attività ancestrale è l'allevamento dei cavalli, si spostano in transumanza durante i periodi della potatura e del raccolto. Donne, bambini, adolescenti e vecchi assicurano con i loro bivacchi montati ai margini delle fattorie e in compagnia dei loro animali, la sopravvivenza e l'organizzazione del clan familiare. Sono gli ultimi guardiani di un modo di vivere antichissimo che sopravvive nella precarietà del lavoro stagionale. Visi segnati dall'esperienza di una vita tanto dura quanto dignitosa.

Pierre Gonnord

Pierre Gonnord è rappresentato dalla Galerìa Juana de Aizpuru, Madrid

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUTTORI

La poesia dei giganti

Mar, 07/28/2015 - 14:09

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Luca Campigotto, Milano, Italia 

I dettagli sono enormi nella fotografia di Luca Campigotto. La prua di una barca occupa due terzi
di un’immagine, il braccio di una gru taglia una foto in più segmenti, un cumulo di cavi è
un’allusione a una nave di dimensioni gigantesche, i riflessi dei transatlantici in attesa dei loro
passeggeri o le luci di un negozio, fanno intuire le rispettive attività.
L’orizzonte, distantissimo da questi primi piani incombenti, completa le informazioni sulla scena
della fotografia.
Questa doppia scala è il primo marchio di fabbrica delle foto industriali selezionate per
FOTO/INDUSTRIA, e scelte in gran parte nelle raccolte dell’autore sul porto di Genova e sui dock
di New York.
Un’altra fondamentale caratteristica del lavoro di Campigotto sono gli scatti notturni. Illuminate
esclusivamente dalle luci artificiali presenti sul posto, le fotografie di soggetti così realistici
trasmettono un senso più evocativo che realistico. É il risultato paradossale di un lavoro
estremamente curato dal punto di vista del ritocco dell’immagine, che fa appello ai nostri sensi
più che alla visione iperrealista di cui è frutto.
Le fotografie di Luca Campigotto si allontanano da un tempo definito per divenire evocazione di
un’attività industriale, in questo caso connessa principalmente ai trasporti, canale di
comunicazione indispensabile per la globalizzazione della produzione e ci mostrano a quali
dimensioni sia ormai giunto il flusso delle merci e degli uomini. 

I vecchi dock di New York, costruzioni certamente imponenti per l’epoca in cui furono edificati per
provvedere alle attività mercantili, qui ci offrono un contrappunto intimo e poetico di fronte al
mondo dei container che li ha spodestati dalla loro stessa ragione di esistere.
A partire dal singolo dettaglio, Luca Campigotto ci trasmette una marea di sensazioni e di
informazioni attraverso fotografie forti e originali stampate in grande formato. 

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUZIONE

Norfolk And Western Railways

Mar, 07/28/2015 - 14:06

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di O. Winston Link, New York, USA

La passione per le locomotive a vapore è al centro del lavoro più conosciuto di Winston Link, ingegnere divenuto poi fotografo del mondo della comunicazione d’impresa.
Dal 1955 al 1959 Link raccoglierà un corpus d’immagini uniche, fotografando in notturna una delle ultime grandi linee ferroviarie di treni a vapore degli Stati Uniti, la Norfolk and Western Railway, poco prima dell'avvento delle locomotive a diesel. Per questo lavoro, realizzato per conto proprio e a sue spese, mentre continuava a collaborare regolarmente con diverse aziende, ricorre ad attrezzature tecniche imponenti, in particolare nel campo dell'illuminazione. Link amava vedere le locomotive irrompere nel paesaggio, facendo da sfondo a scene di vita familiare, a drive-in, a cene all'aperto; per i suoi scatti ha adoperato potenti flash che illuminavano la scena come in un set cinematografico.
Non sapendo naturalmente in quale momento la locomotiva sarebbe stata fissata sulla pellicola, ha scattato ben 2400 immagini di grande formato utilizzando fino a quaranta fonti di luce, mettendo così a punto nuove tecniche. Per spiegare la sua scelta di fotografare di notte, diceva: «Non posso governare il sole, che non è mai al posto giusto, e ancor meno posso spostare i binari, ho dovuto quindi costruire io stesso il paesaggio e scolpirlo con la luce».
​Si recherà venti volte in cinque anni nello stato della Virginia per portare a compimento questo suo lavoro, ormai divenuto un punto di riferimento nella storia della fotografia, sia per l'originalità sia per la qualità tecnica dei documenti.

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUZIONE

Paesaggi industrializzato

Mar, 07/28/2015 - 13:50

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Edward Burtynsky, Toronto, Canada

Nato nei grandi spazi canadesi Edward Burtynsky ha rapidamente preso coscienza della necessità di guardare in modo diverso all’impatto dello sviluppo industriale sull’ambiente.
La sua fotografia abbraccia sistematicamente i grandi spazi anche quando si ferma a riprendere l'interno di una fabbrica cinese. Lui stesso descrive questi spazi come belli ma anche respingenti. Belli per le nuove geometrie ricavate dall'uomo, per la tensione grafica tra la brutalità delle macchine moderne e i paesaggi che per secoli sono stati disegnati da un'agricoltura povera di strumenti e quindi di segno leggero. Respingenti per quel che evocano di irreversibile, squilibrato, esaurito e inquinato. I bianchi, rossi e verdi contribuiscono al forte impatto estetico dell’immagine e al contempo ci suggeriscono anche un senso di aggressività nel loro potere di evocare la devastazione in corso.
La lotta di Edward Burtynsky non è in funzione anti-capitalista, anti-industriale, o magari semplicemente nostalgica di un'epoca passata, bensì è una necessaria presa di coscienza che chiede il rispetto degli equilibri imprescindibili, in altri termini è una lotta per lo sviluppo sostenibile.
Lo stile fotografico scelto è grandioso, frontale e predilige quei punti di vista che permettono di abbracciare spazi la cui immensità, profondità, ricomposizione, violenza fanno riflettere.
Spesso si tratta di prospettive aeree, o di accessi alle fabbriche concordati negoziando con le imprese, che ci consentono di vedere aspetti che altrimenti potremmo soltanto immaginare passandovi accanto, senza entrare. Edward Burtynsky ci cattura con le sue fotografie di grande impatto. Immagini uniche, che non necessitano di alcun racconto, che ci accompagnano a lungo in una riflessione profonda su quella che sarà la prossima tappa dello sviluppo industriale del pianeta.
​La sua opera è presente nelle più grandi collezioni e ha ricevuto numerosi premi tra cui il TED awards e il Outreach award dei Rencontres d’Arles.

Per FOTO/INDUSTRIA: una selezione di fotografie di siti industriali pensate in formato molto grande per restituire lo spirito del lavoro. 

FOTO/INDUSTRIA 2015 / PRODUZIONE

Le mie cose / Fondi

Mar, 07/28/2015 - 13:45

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di Hong Hao, Pechino, Cina

Serie My Things

My things, un progetto che ho iniziato nel 2001, è una serie di fotografie realizzate scansionando oggetti. Ho lavorato a questo progetto per dodici anni. Dodici anni, nel pensiero tradizionale cinese, rappresentano il periodo di trasmigrazione in cicli di fati e destini diversi. Il processo di produzione delle opere di questa serie è un lavoro associato alle tracce della vita di un individuo. Giorno dopo giorno, ho inserito gli oggetti consumati quotidianamente nello scanner, un pezzo dopo l’altro, come se tenessi un diario visivo. Dopo aver scansionato gli oggetti originali, li ho salvati in formati digitali e ho classificato questi file in diverse cartelle sul mio computer, per poter successivamente creare un collage. Questo compito, come la pratica quotidiana di uno yogi, è diventato un’abitudine nella mia vita, nonché uno strumento per osservare la condizione umana nella moderna società consumista. Lo stesso atto della scansione, attraverso il quale si stabilisce una relazione intima fra oggetti ed esseri umani, esprime un’accurata oggettività, una riducibilità e un elemento di concretezza. Attraverso questa pratica, ho raccolto dati fondamentali della vita contemporanea e ho creato un inventario della fondamentale essenza sociale tramite l’esperienza personale in modo da generare un atto di volontà retrospettivo e di auto-analisi. Il consumismo contemporaneo esprime un concetto di ideologia e una strategia di collusione politica ed economica. Questi valori sono stati in qualche modo resi estremamente legittimi e logici, come se il consumismo fosse stato utilizzato come la forza traente dietro lo sviluppo e la stabilità sociali. Gran parte della nostra domanda come consumatori è il risultato di bisogni sociali; ci permette di agire in modo appropriato alla nostra epoca. La realtà continua a ispirare i nostri desideri; noi, come esseri umani abbiamo già istituito una relazione interdipendente con le sostanze, una relazione talmente forte, che la sua formazione è pressoché inevitabile. Ciononostante, è su questa base che la nostra civiltà è stata costruita.

Scan

A partire dal 2001, ho cominciato a scansionare oggetti per creare opere fotografiche. Ho notato che la tecnica di scansione elettronica è completamente diversa da quella della macchina fotografica. Per utilizzare la prima tecnica, l’artista deve accumulare e selezionare oggetti e poi annullare la distanza fra essere umano e oggetto, nonché fra oggetto e macchina, cosa assai diversa dallo spazio necessario fra una macchina fotografica e i suoi oggetti. La lente della macchina fotografica serve come un surrogato della vista umana, mentre la scansione dà la sensazione di incollare gli oggetti. La lente di uno scanner rivela il rovescio di ciò che vediamo; inoltre, appiattisce visivamente gli oggetti, come se fossero sottoposti a frizione. Per di più, la scansione è il sistema più rigido per rivelare le reali dimensioni degli oggetti. Di conseguenza, possiede oggettivamente interezza ed evidenza schiacciante. Tento di infondere nei miei lavori investigazioni estetiche. Hong Hao Hong Hao è rappresentato da Pace Beijing Gallery

FOTO/INDUSTRIA 2015 / POST-PRODUZIONE

Land scape

Lun, 07/27/2015 - 14:27

FOTO/INDUSTRIA 2015 | fotografie di David LaChapelle, New York, USA

Noto a livello internazionale per le sue potenti immagini provocatorie, LaChapelle, nella sua ultima serie, LAND SCAPE, utilizza modelli in scala realizzati a mano per esplorare le infrastrutture della produzione e distribuzione del petrolio, illustrando l’impatto che hanno sulla società moderna. Fotografate negli ampi deserti e lungo le coste della California, le strabilianti Refineries sono santuari del prodotto e dello stile di vita che esso rende possibile. Il lato nascosto di questi affascinanti scenari – costituiti da sottoprodotti riciclati inondati da una luce eterea – offre una visione delle conseguenze tutt’altro che magiche del sistema dipendente dal petrolio. Nella serie Gas Station, le stazioni di rifornimento sono nascoste dalla lussureggiante vegetazione di Maui (Hawaii). La foresta pluviale funge da forza organica generativa e distruttiva al contempo; fonte di combustibili fossili, ha anche il potere di divorare di nuovo queste creazioni artificiali. La luce e la composizione irreali di queste immagini suggerisce influenze di artisti che vanno da Edward Hopper a Ed Ruscha. David LaChapelle combina riferimenti popolari e storia dell’arte, cultura di strada e metafisica, per proiettare un’affascinante allegoria della cultura del ventunesimo secolo. Nel corso della sua più che trentennale carriera, è stato uno dei fotografi più pubblicati. Negli ultimi anni, i suoi lavori sono stati presentati in numerose esposizioni individuali in tutto il mondo. Le sue opere sono presenti in molte collezioni internazionali di istituzioni d’arte fra cui il Los Angeles County Museum of Art, la National Portrait Gallery di Londra e la National Portrait Gallery di Washington DC.

È rappresentato dalla Galerie Daniel Templon, Parigi.

FOTO/INDUSTRIA 2015 / POST-PRODUZIONE

kW gARTen e La Gabbia del Leone

Lun, 07/27/2015 - 14:05

Inaugurazione di nuovi spazi a Kilowatt Summer

Aprono nuovi spazi a Le Serre dei Giardini Margherita: “kW gARTen” e “La Gabbia del Leone”!

Queste aree conterranno un’importante opera di land art a cura di ANDRECO, un percorso sensoriale nella zona orto e le pillole sui giardini a cura di Home Movies - Archivio Nazionale del Film di Famiglia nella gabbia del leone.

Intervengono:
Gaspare Caliri (Kilowatt)
Cheti Corsini (Responsabile Teatri e Produzioni Culturali | Area Cultura e Rapporti con l'Università del Comune di Bologna)
Claudio Musso (critico d’arte, co-curatore Frontier - La linea dello stile)

Venerdì 31 luglio alle ore 21.30, a Le Serre dei Giardini Margherita, saranno inaugurati kW gARTen e La Gabbia del Leone, nuove aree per la città realizzate grazie ad un lungo lavoro collettivo di tanti partner del territorio: B Scape che ha seguito la progettazione dell’area ad orto, Andreco che ha progettato un’opera site specific, illuminazionegiardini che insieme a Giordana Arcesilai per Antonangeli ha curato il percorso luminoso nell’area ortiva, Home Movies – Archivio Nazionale dei film di famiglia e il suo lavoro di memoria sullo spazio dei giardini, Avantgarde per aver portato alle serre il primo diffusore audio-luminoso senza limiti di distanza dalla sorgente e senza alimentazione.

Spicca l’elemento principale dell’installazione di #ANDRECO nella zona ortiva, un scultura simbolo per l'ambiente e il territorio. Una forma che ricorda la geologia e le forme naturali come le rocce ed i minerali, progettata per essere “invasa” e attraversata da piante rampicanti in sinergia con le altre piante presenti nell'orto. Un simbolo che vuole contribuire all'identità del progetto che coinvolge le Serre dei Giardini Margherita. 

FOTO/INDUSTRIA 2015

Lun, 07/27/2015 - 13:59

Quattordici esposizioni in 12 luoghi simbolo della cultura in città OPENING: 3 ottobre 2015 Sedi Centro Storico e MAST dal 3 ottobre al 1° novembre 2015

Ingresso alle mostre gratuito

Il mondo del lavoro in tutte le sue forme e in particolare la produzione industriale dalla creazione
al riciclaggio è al centro della seconda edizione della biennale FOTO/INDUSTRIA 2015 di
Bologna.
La rassegna promossa dalla Fondazione MAST in collaborazione con il Comune di Bologna e la
Direzione Artistica di François Hébel, si articola in 14 esposizioni che si svolgeranno nel mese di
ottobre in undici sedi storiche e presso il MAST.
Una manifestazione di straordinaria importanza a livello nazionale e internazionale che conferma
sia la volontà della Fondazione MAST di offrire iniziative culturali di qualità ad un pubblico sempre
più variegato e motivato, sia la vocazione del Comune di Bologna di promuovere attività artistiche
legate alla tradizione e alla storia concreta dell'industria.

Bologna Design Week

Lun, 07/27/2015 - 13:27

un hub per fare incontrare creatività e produzione

Un appuntamento che vede per la prima volta riunite le eccellenze culturali, produttive e creative del territorio in un sistema integrato di comunicazione. Con questa iniziativa Bologna diverrà un ulteriore polo attrattivo nel sistema del design italiano, grazie a una ricca articolazione di proposte che prevede mostre, workshop, talk e business meeting organizzati all’interno di otto percorsi tematici.

Bologna Design Week è un evento culturale che nasce e si sviluppa nell’intento di mappare la creatività diffusa sul territorio attraverso un approccio collaborativo tra istituzioni, imprese, progettisti, Università, enti di ricerca, associazioni e privati.

Operazione strategica per un territorio che vede la presenza di eccellenze produttive in molteplici settori - dal packaging al ceramico, dall’industria automobilistica al tessile, dall’educational all’alimentare e al wellness – e che si esprime non solo attraverso il design di prodotti, ma anche e soprattutto nel mondo B2B, con la creazione di prodotti industriali, tecnologie, servizi, processi di progettazione e piani di comunicazione.

Un ampio programma di workshop, happening, talk e incontri con enti, istituzioni, aziende e personaggi di riferimento del mondo del design. Otto i percorsi tematici, con allestimenti curati da grandi brand come Flos, Molteni & C Dada, Kartell, Fritz Hansen e Vitra e quattro le sedi principali – Galleria Cavour, Campogrande Concept, Corte Isolani e Atelier Corradi.

Con il patrocinio di EXPO Milano 2015, Comune di Bologna, Regione Emilia Romagna e CERSAIE.

Samba

Lun, 07/27/2015 - 12:50

(Francia/2014) di Eric Toledano e Olivier Nakache (118')

con Omar Sy, Charlotte Gainsbourg, Tahar Rahim, Izïa Higelin

Il senegalese Samba vive in Francia da 10 anni; ha il cuore d'oro e si mantiene con lavori saltuari; Alice è un alto dirigente affetta dalla sindrome da "burnout" e sull'orlo dell'esaurimento. Il destino di Samba, che cerca disperatamente di avere i documenti necessari a ottenere il permesso di soggiorno, si incrocerà con quello di Alice, che invece sta cercando di rimettersi in sesto collaborando con un'associazione di volontariato...

'Samba', è ultimo prodotto della premiatissima ditta Eric Toledano e Olivier Nakache, ispirato al romanzo di Delphine Coulin (...) La storia si sviluppa intorno al problema cardine delle società occidentali contemporanee: «Tutte le nazioni d'Europa devono gestire la questione dell'immigrazione, imparando a convivere con gente obbligata a scappare dai propri Paesi e a vivere da noi, quasi sempre in condizioni molto misere. Il nostro non è un film politico, non dà spiegazioni nè risposte, ci interessava offrire una storia e una personalità a figure come Samba, che incontriamo tutti i giorni nelle strade delle nostre città». Il segreto, anche stavolta, è nel contrasto. Da una parte il protagonista, gigante buono ma non troppo, dall'altra Charlotte Gainsbourg, manager in fase di riabilitazione dopo aver dato i numeri, causa stress, durante una riunione di lavoro. Due mondi a confronto che, sulla carta, non hanno niente in comune: «Nel libro la figura di Alice non c'era, ma noi volevamo mettere insieme persone totalmente diverse e vedere che cosa sarebbe successo. Perciò abbiamo evitato che i due attori si vedessero troppo prima delle riprese, se l'impatto fosse stato genuino sicuramente avrebbe funzionato di più». Intorno a loro, la vita difficile dei clandestini a Parigi, di Wilson (Tahar Rahim) che si finge brasiliano per essere meglio accettato ma in realtà è arabo, dello zio di Samba che vive sognando di tornare nel suo Senegal, e dei volontari che prestano servizio nei centri di assistenza per immigrati. (...) Proprio in quelle scene c'è la parte migliore del film, l'obiettivo di raccontare una situazione drammatica con i colori della commedia è perfettamente raggiunto. La solidarietà è bella, ma fa anche ridere, i «sans papier» hanno bisogno d'aiuto, ma sono anche cocciuti e soprattutto incomprensibili. (...) Il tema della xenofobia è diventato ormai un filone cinematografico, ma il tocco degli autori di 'Quasi amici' ha qualcosa in più. Il lieto fine, anche stavolta, non è completamente lieto: «Scriviamo sempre pensando al pubblico, tutti i nostri film parlano della riconciliazione, ma sappiamo che il mondo non può essere EuroDisney».

Fulvia Caprara, 'La Stampa' 

Storie Pazzesche

Lun, 07/27/2015 - 12:50

(Argentina-Spagna/2014) di Damián Szifrón (122')


 

con Ricardo Darín, Oscar Martínez, Leonardo Sbaraglia

Un ingegnere specializzato in demolizioni; la cameriera e la cuoca di una tavola calda frequentata da camionisti; un uomo che si trova a vivere una storia enigmatica a bordo di un aereo; una sposa sconvolta, in un matrimonio che sfiora il dramma; un miliardario che conduce trattative clandestine per evitare una tragedia familiare; un uomo che all'improvviso si ritrova intrappolato in un insolito thriller stradale. Tutti loro si scopriranno vulnerabili di fronte a una realtà che improvvisamente può cambiare e diventare imprevedibile, trovandosi ad attraversare la sottile linea che divide la civiltà dalla barbarie. Una storia di inganni amorosi, ritorni dal passato, tragedie e violenze quotidiane, che spingeranno tutti loro a perdere il controllo...

"Cosa succede quando i freni inibitori si allentano e Freud si dà per vinto? Sono 'Storie pazzesche' prodotte da Almodóvar e dirette dall'argentino Damián Szifrón che sceglie sei fattacci di disagio psicosociale dall'humour freddo al trucido tarantiniano, per coprire l'arco costituzionale del piacere liberatorio di perdere il controllo. Racconti neri dove il grottesco regna sovrano e ci restituisce tutti alla vendetta barbara nascosta dalla glassa delle sovrastrutture e dal buonismo. Episodi che condividono, oltre a stress e depressione, un mezzo di locomozione, cioè l'auto, fonte primaria di patologie urbane (...). Il film parte con l'irresistibile epifania di un gruppo di passeggeri in aereo, prosegue con una vendetta gastronomica all'orientale e finisce nella festa di nozze contorta di panna e sangue. È il trionfo dell'inverosimile credibile con l'affiatamento di attori espertissimi in urla, isteria e affini: riconosciamo il grande Ricardo Darín, ma sono tutti perfetti, di scuola almodovariana ma zero sesso. La bravura del regista sta nel mixare il curioso, il tragico e il divertente per eccesso-difetto: tutto ciò che è reale è irrazionale, altro che Hegel. Così, sotto l'albero, queste sei candeline di vendetta (anche se prive di vero cinismo) risplendono con un loro inedito, originale sarcasmo, spacchettando il vendicativo inconscio dalla carta argentata."

Maurizio Porro, 'Corriere della Sera'

Per Cortometraggi che passione! precede COME UN CASTELLO di Flavia Montini

Il giovane favoloso

Lun, 07/27/2015 - 12:50

(Italia/2014) di Mario Martone (145')

con Elio Germano, Michele Riondino, Isabella Ragonese

Dopo la felice accoglienza veneziana, arriva nelle sale italiane il biopic che Mario Martone ha dedicato all'avventura umana e intellettuale di Giacomo Leopardi, interpretato da un più che convincente Elio Germano. Orchestrato in tre atti, il film parte dall'infanzia recanatese del bambino prodigio che cresce 'tra le sudate carte' della biblioteca-prigione sotto lo sguardo implacabile del padre, passa alla giovinezza 'ribelle' spesa in una Firenze che lo celebra e lo critica e infine lo emargina; e si conclude nella Napoli dell'amico e confidente Ranieri, che è un colpo al cuore e un colpo di fulmine. Martone sceglie di esaltare soprattutto il lato ribelle e ironico di "un uomo nato alla fine del Settecento quasi per caso poiché il suo pensiero era un pensiero mobile, che non apparteneva al suo tempo; un poeta che parla a chiunque senta l'urgenza di rompere le gabbie che dall'adolescenza in avanti tutti noi percepiamo intorno: la famiglia, la scuola, la politica, la società, la cultura".

14 candidature ai David di Donatello 2015
Premio Pasinetti speciale per il miglior attore protagonista 

La proiezione fa parte di Accadde domani, rassegna promossa da Fice Emilia-Romagna

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