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La cetra di Achille

 

Classici della letteratura italiana

 

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La cetra di Achille

 

La cetra d’Achille è il terzo dei Poemi conviviali (1904-1905, così intitolati perché successivamente pubblicati sulla rivista “Il Convito”); traggono ispirazione da episodi e figure del mito, che Pascoli rivisita: omerica è la figura di Achille, non la sua sofferta interiorità.
Il componimento si apre con la descrizione di un notturno: gli Achei, ancora sotto le mura di Ilio rivestiti delle loro corazze, sono domati dal molle sonno. Solo Achille veglia: questa è la sua ultima notte, ciascuno lo presagisce. L’eroe suona la cetra, bottino di guerra della città di Tebe. Le note dello strumento gli impediscono di percepire gli avvertimenti di morte che tante voci amiche gli rivolgono.

I

1

I re, le genti degli Achei vestiti
di bronzo, tutti, sì, dormian domati
dal molle sonno […]dormivan i custodi
anche de’fuochi […]nella notte ch’era
l’ultima notte del Pelide Achille;

15

e in cuore ognuno lo sapea, nel cielo
e nella terra, e tutti ora sbuffando
dalle narici il rauco sonno, in sogno
lo vedean fare un grande arco cadendo,
e sollevare un vortice di fumo;

20

ma in sogno senza altro fragor cadeva,
simile ad ombra; e senza suono, a un tratto,
i cavalli e gli eroi misero un ringhio
acuto, i carri scosser via gli aurighi,
mentre laggiù, sotto Ilio, alta e feroce

25

la bronzea voce si frangea, d’Achille.

II

 

Dormian, sì, tutti; e tra il lor muto sonno
giungeva un vasto singhiozzar dal mare.
Piangean le figlie del verace Mare,
nel nero Ponto, l’ancor vivo Achille,

30

lontane, ch’egli non ne udisse il pianto.[…]

 

Ma non le udiva, benché desto, Achille,
desto sol esso; ch’egli empiva intanto
a sé l’orecchio con la cetra arguta,
dedalea cetra, scelta dalle prede

40

di Thebe sacra ch’egli avea distrutta.

 

Or, pieno il cuore di quei chiari squilli,
non udiva su lui piangere il mare,
e non udiva il suo vocale Xantho
parlar com’uomo all’inclito fratello,

45

Folgore, che gli rispondea nitrendo.
L’eroe cantava i morti eroi, cantava
sé, su la cetra già da lui predata.
Avea la spoglia, su le membra ignude,
d’un lion rosso già da lui raggiunto

50

irsuta, lunga sino ai piè veloci.

 III

 

[…]Avanti gli stette uno, canuto,

55

simile in vista a vecchio dio ramingo

E gli fu presso e gli baciò le mani
terribili. Sbalzò attonito Achille
su, dal suo seggio, e il morto lion rosso
gli raspò con le curve unghie i garretti.

60

E gli volgeva le parole alate:
“ Vecchio, chi sei? Donde venuto? Sembri,
sì, nell’aspetto Priamo re, ma regio
non è il mantello che ti para dal vento.”[...]

66

E gli parlava rispondendo il vecchio:
“No, non ti sono io re, splendido Achille;
un dio felice non mi fu l’auriga:
io da me venni.

IV

76

Lo guardò scuro e gli rispose Achille;
“Tu non m’hai detto il caro nome, e donde
vieni e perché.[…]

 

E gli parlava rispondendo il vecchio:
“Io sono aedo, o pieveloce Achille,
caro ai guerrieri, non guerriero io stesso.
Io nacqui sotto la selvosa Placo,

85

in Thebe sacra, già da te distrutta.
Da te non vengo a liberarmi un figlio[…].

 

Non a me copia, non a te n’è d’uopo;
chè tu sei già del tuo destino, e tutti
lo sanno, il cielo, l’infinito mare,
la nera terra, e lo sai tu ch’hai dato

95

ai cari amici le tue prede e i doni
splendidi; […]

 

E reso Ettore al padre
e la tua vita al suo dovere… Oh! Rendi

100

dunque all’aedo la sua cetra, Achille!”

             V

 

Disse, e sporgea la mano alla sua cetra
bella, dedalea, ma l’argento giogo
era dai peli del lion coperto.
E il cuor d’Achille mareggiava, come

105

il mare in dubbio di spezzar la nave,
piccola curva. E poi parlava, e disse:
TE’; riporgendo al pio cantor la cetra;
non sì che, urtando nel pulito seggio,
non mettesse, tremando, ella uno squillo.

110

Poi tacque, in mano dell’aedo, anch’ella.
Allora, stando, il pari a un dio Pelide
udì ringhiare i suoi grandi cavalli,
intese Xantho favellar com’uomo,

115

e parlar della sua morte al fratello
Folgore, che gli rispondea nitrendo.
 Allora udì su lui piangere il mare,
pianger le figlie del verace Mare,
lui, così bello, lui così nel fiore;
e molte con un improvviso scroscio

120

venir per trarlo via con sé; ma in vano.
E vide nella sacra notte il fato
suo, che aspettava alle Sinistre Porte,
come l’auriga asceso già sul carro,
la sferza in pugno, che all’eroe si volge,

125

sopraggiungente nel fulgor dell’armi.

VI

 

E il vecchio disse le parole alate:
“Lascia ch’io vada senz’indugio, e porti
meco la cetra, che non forse il cuore
nero t’inviti a piangere, su questa

130

cetra di glorie, l’ancor vivo Achille.
Lascia che pianga e mare e terra e cielo;
tu no.[…]

150

Disse e disparve nell’ambrosia notte.

VII

 

E stette Achille ad ascoltare i ringhi
de’ suoi cavalli, e più lontano il pianto
delle Nereidi, e dentro i lor singhiozzi
sentì più trista, sì ma più sommessa

155

a voce della sua cerulea madre.[…]
Né gli restava, oltre i cavalli e il carro
da guerra e le stellanti armi, più nulla,
se non montare sopra i due cavalli,
fulgido, in armi, come Sole, andando

170

al suo tramonto. Quando udì vicino
un singulto: Briseide su la soglia
stava, e piangeva, la sua dolce schiava.
Ed egli allora si corcò tenendo
lei tra le braccia, con su lor pelle

175 del lion rosso; ed aspettò l’aurora

Il vecchio aedo, che torna a reclamare la propria cetra, è un’ulteriore conferma della morte ormai vicina dell’eroe. Questi appare assorto, dubbioso e, infine, decide di restituire lo strumento, come già ha dato agli amici le prede e i dono splendidi. Il cantore ribadisce che i poeti, con la loro arte, renderanno eterna la grandezza del Pelide. Questi, grazie al temporaneo silenzio della cetra può finalmente percepire le voci umane dei suoi cavalli, il pianto del mare e della madre…

La figura dell’Achille omerico è lontana: resta un individuo dalla sensibilità ‘moderna’, solo, inquieto di fronte al mistero della morte imminente.

Il linguaggio è raffinato e si avvicina alla solennità dell’epica anche con l’uso di epiteti classici: Pelide Achille, Achille pieveloce, Placo selvosa, navi ricurve, parole alate, Achei chiomanti…

(Marta Milazzo VS2)