Gualtiero Pontoni, professore di scenografia all’Accademia di Belle Arti, grande disegnatore e architetto, immagina il ‘suo’ edificio dapprima come un vero e proprio immeuble parisien in stile Art Nouveau con la zona angolare curva, conclusa, alla sommità, da un ampio belvedere finestrato. A mano a mano che il dibattito ferve, il linguaggio scelto dal professore muta, attestandosi nel progetto finale su di un eclettismo ove la tradizione riprende il sopravvento e il vocabolario classico, seppure liberamente interpretato, ritrova predominanza. L’elemento che tuttavia dà carattere all’edificio e determina il salto di qualità è il portico, con una sequenza ritmica alternata di grandi arconi che la Commissione edilizia aveva giudicato, in un primo momento, azzardati. Le cornici sembrano colonne doriche scanalate e curvate, di cui però, all’origine, verso terra, vengano riproposti solo i basamenti (e non i capitelli) in uno spiazzante gioco paradossale.
Le sculture di figure maschili alate sono dell’artista, Arturo Colombarini, collega di Pontoni in Accademia. Nelle sale degli spettacoli erano presenti decorazioni opera di Roberto Franzoni, pittore che ha fatto del Liberty la sua marca distintiva.
Il restauro interpretativo della sala attuale si deve invece allo scenografo Giancarlo Basili. I locali di intrattenimento e la pensilina di accesso al cinema interrato posta in Piazza Re Enzo sono di Mario Nanni.
Fonti
M.B.Bettazzi, Antimoderno e moderno, anzi “modernissimo” a Bologna, in Monumentalia. Monumenti tra Identità e Celebrazione, numero monografico della rivista “Bollettino della Società di Studi Fiorentini”, numero 28-29, anni 2019-2020, a cura di F. Canali e V. Galati, Firenze, Emmebi Edizioni, 2021, pp. 154-165.
Foto: Giorgio Bianchi