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Palazzo Salina Amorini Bolognini

Le prime mosse per l’edificazione dell’edificio partono sul finire del Quattrocento. Fra il 1513 e il 1525 prende forma la porzione di palazzo verso sinistra secondo il progetto di Andrea Marchesi da Formigine, mentre i capitelli sono scolpiti, parrebbe, da Properzia de’ Rossi e Giacomo della Nave.
Ma ciò che più di tutto attrae di questo prospetto sono i volti in terracotta che sporgono dalle numerose aperture circolari poste sulla facciata: non ce n’è uno uguale all’altro. Sono opera, a quanto sembra, di Alfonso Lombardi e Niccolò da Volterra e richiamano il tema tipico della testa umana a guardia della casa. Non si sa molto invece dei 13 visi con ali di pipistrello sopra le finestre del primo piano così come delle 133 testine incastonate sotto al cornicione e quasi invisibili da terra.
@giorgio bianchi

Gli ampliamenti successivi

Un’altra tappa fondamentale nella costruzione si conclude nel 1551 quando sono edificati cortile, scala e corpo posteriore

Nel 1602 viene completata anche la parte del palazzo verso la Mercanzia che verrà armonizzata con il primo corpo solo durante i restauri ottocenteschi. Progettati dall’architetto Angelo Venturoli nel 1809 ma compiutamente perfezionati nel 1884, tali restauri prevedono l’inserimento di una sequenza di aperture quadrate per dare luce al secondo piano e un ridisegno delle finestre del primo livello che vengono allungate. Il risultato vede la modificazione sostanziale dello schema della facciata, che mantiene l’apparato decorativo delle caratteristiche protomi, pur innalzando la posizione di quelle del secondo ordine. 
Negli interni, si segnala il cortile porticato su tre lati da cui parte lo scalone restaurato nel XIX secolo.

Come fa notare Roberto Scannavini nel volume a cura di G. Roversi, l’intervento di Venturoli è decisivo nell’alterare la percezione della facciata

Nella versione cinquecentesca l’impaginazione presenta infatti un respiro maggiore nella disposizione dei pieni e dei vuoti, in assenza dell’ultimo piano e con le finestre del piano nobile di dimensione minore. 

Con l’attuazione del progetto ottocentesco, se i singoli elementi risultano comunque ‘credibili’, l’inserimento del secondo livello satura gli spazi creando una certa disarmonia. Interessante è la motivazione dell’ingrandimento delle finestre, come risulta dai documenti d’epoca, ovvero: “la necessità ... di guardare fuori in modo immediato e diretto e anche di essere visti dall’esterno mostrandosi”. Infatti, prima dei lavori, per guardare fuori bisognava salire diversi gradini senza comunque ottenere un affaccio soddisfacente.


Fonti

F. Ceccarelli, D. Pascale Guidotti Magnani, Il portico bolognese. Storia, architettura, città, Bologna, Bononia University Press, 2021, p. 116.

Il Palazzo Salina Amorini Bolognini. Storia e restauro, a cura di G. Roversi, Bologna, Grafis Edizioni, 1994


https://www.storiaememoriadibologna.it/palazzo-salina-amorini-bolognini-1333-luogo

Foto: Giorgio Bianchi

The heads of Palazzo Salina Amorini Bolognini

@Silvia Galli
@Silvia Galli
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