La tragedia di Euripide e
la piéce di Weiss sono opere permeate della drammaticità delle vittime della
guerra. Personaggi apparentemente diversi per epoca e condizione suscitano la
medesima pietà attraverso i dialoghi da loro stessi pronunciati. Euripide fa
rivivere le donne troiane che dopo la caduta della loro città, sono rese
schiave dai principi achei. Quanto più la loro condizione era prima agita (un
esempio per tutte quella della regina Ecuba) tanto minore è il rispetto che ora
viene portato loro.
Sono invece i sopravvissuti
alla prigionia nei campi di concentramento nazisti a manifestare lo stesso
orrore, legato alla medesima condizione, durante le battute del processo di
Norimberga. Ed è proprio l’umiliazione, l’annientamento totale della
persona il tema comune attorno al quale ruotano le due opere.
Tutti
i personaggi sembrano essere privati della loro identità, non sono più
persone, ma sudditi dei vincitori o, come nei lager, numeri.
Anche
nel finale si intuisce una qualche somiglianza: è il fuoco l’elemento che
sopraggiunge a distruggere ogni cosa senza possibilità di scampo, è nel fuoco
che perisce la città di Troia, è nel fuoco che bruciano i cadaveri di uomini,
donne, bambini.
Ancora
una volta dalla lettura un monito alle coscienze, nella speranza che ancora ci
sia chi è capace di ascoltare, di interrogarsi e di fare memoria.
(Francesca
Scandurra Luca Maggiolini Cacciamani, V S2)