Salta al contenuto principale Skip to footer content

Portici a occhi chiusi

L'attrice Marinella Manicardi racconta i suoi portici in occasione del disvelamento della prima targa UNESCO e durante il Bologna Portici Festival. Le abbiamo rivolto alcune domande

 

 

I portici a occhi chiusi

di Marinella Manicardi per UNESCO 18.05.2024

 

Non sono una storica o un’urbanista

sono un’attrice. Ecco.

Allora pensavo: se, da attrice, dovessi interpretare il Portico

- Tu fai il Portico.

Cioè?

- Il Portico: guarda, studia, informati, prova: il Portico …

Ora, non è tanto essere oggetto invece che persona,

non è questo il problema, in teatro siamo fluidi da sempre

e si può rappresentare tutto…

E’ che non c’è il Portico, ce ne sono tanti, tutti diversi, come voi…

 

Ah, questa è un’idea! Vi piacerebbe interpretare i portici?

Volete provare? Vi aiuto io!

Come colonna dovreste essere maschili, ben dritti, colonna alta o bassa,

tonda o quadrata, di legno, marmo, cemento,

con capitello o senza cappello, quello lo vedremo…

comunque maschili.

Ma come portico dovreste essere spazio vuoto, concavo,

spazio femminile che si apre, che accoglie chi arriva.

 

Quindi per interpretare il Portico, i Portici

sarete maschile e femminile insieme.

D’altra parte a Bologna anche il Comune è detto la C’mona,

la Comune, la Comunità

Bologna è città fluida, tutto torna, è facile.

 

E com’è il personaggio Portico? anzi come sono i Portici?

Per rappresentarli bisogna conoscerli

Per aiutarvi, da attrice, vi propongo un gioco:

lasciatevi bendare, fidatevi, e in mia compagnia

passeggeremo, di notte, sotto i portici.

Di notte, così non verremo presi per matti,

di notte perché è di notte che i portici si fanno conoscere

in tutta la loro bellezza e varietà, come non li avete mai visti..

- Ma se siamo bendati! direte…

Appunto! E’ questo il gioco!

- Eh, ma come si fa?…

Con la voce per esempio, basta qualche parola

e a seconda dell’eco capirete se il portico è alto o basso,

se dà su una piazza, come via Farini che si apre su piazza Cavour

o se siamo in un luogo deserto come un cimitero, la Certosa per esempio…

 

Perché il portico, oltre che maschile e femminile,

è una cassa armonica, un amplificatore di suoni:

non so se avete mai dormito in una stanza

con finestra sotto il portico…

A me è capitato: una notte mi sveglio di colpo,

due uomini sono entrati nella mia stanza

e stanno discutendo attaccati al mio letto.

Accendo la luce terrorizzata: non c’è nessuno,

poi capisco che loro sono fuori, sotto il portico

mi affaccio e li prego di fare più piano, Per favore…

e loro - Ehh Bimba bella! non siamo mica noi, è il portico che rimbomba…

Va beh… Torno a dormire…

 

Sempre bendati, potrete usare le mani:

scivolare sulle vetrine dei negozi

misurare l’ampiezza dei portoni, capire dalle pulsantiere

se in quella casa abitano in tanti o uno solo…

se la casa è ricca o meno… occhio a non suonare… che di notte…

 

Potreste anche riconoscere i portici accarezzandone le colonne

mai accarezzate le colonne? Fatelo, è bellissimo…

Se sono fredde sono più esposte…

Se calde sono più riparate…

Magari dopo vi lavate le mani… i portici sono un po’ impataccati

- impataccati - poi traduciamo per gli stranieri…

 

Ma se volete davvero conoscere e riconoscere i Portici

dovete annusarne l’odore, non solo quello di oggi

anche quello del passato…

Ci si riesce.

Se, in certe sere d’estate, vi arriva l’odore del mare

siete sotto gli ultimi archi di Strada Maggiore, là in fondo c’è Rimini…


Se sentite odore di pane tutt’intorno, è facile!

E’ il portico del Mambo, era il forno per tutta la città!


I portici di via Zamboni fino a qualche anno fa, odoravano di carta:

libri quaderni giornali vocabolari dispense

ciclostili e carta carbone, le prime fotocopie,

le ciano con il tipico odore di urea.

Adesso gli odori di via Zamboni sono altri…

 

Il portico del Pavaglione, tra Santa Maria della Vita

e il portico della Buona morte,

sì, è così: tra vita e morte!

ecco lì senti ancora gli odori del passato che arrivano dal Mercato vecchio:

quello aspro delle cipolle e quello dolce di meloni e mele

l’odore sanguinolento della carne, l’acido delle concerie

- Guarda Marinella che non è proprio così, i conciatori di pelli

erano più in là…- questa che interviene è una storica! …

Lo so! ma io sono un’attrice e voi siete bendati

possiamo immaginare quello che ci pare!

Di sicuro a quel tempo c’era un problema di igiene se il Comune, la C’mona

si raccomandava di raccattare uova marce, teste di pesci - Senti che puzza!

poi arrivano i topi! Era anche vietato lasciare neonati abbandonati

sotto il portico…

che poi arrivano i maiali a mangiarseli…

Altri tempi, altri odori.

Oggi al massimo sotto i portici di notte possiamo sentire

l’odore di materassi dei barboni, che preferiscono il riparo degli archi

alla promiscuità dei dormitori, che pure ci sono a Bologna.

 

Se invece ci spostiamo sotto il treno della Barca, cioè

sotto il portico che corre sotto il treno della Barca

- per gli stranieri poi lo spieghiamo -

quello è un portico moderno, è del 1962, lì c’è poca storia, ma ci sono

gli odori dei nuovi abitanti di Bologna:

magrebini, pakistani, ucraini, cinesi, senegalesi...

lì il portico è lungo e tutto uguale, ma la varietà di odori e profumi…

è un gran viaggio.

 

C’è un altro gioco che possiamo fare ma questo senza benda:

è il gioco della luce. Per un attore è importante dialogare con la luce.

Sedetevi sotto il portico, osservate e prendete appunti:

in certi pomeriggi d’estate la relazione amorosa tra Portico e luce

è violenta: l’ombra della colonne

è così nera, così netta, a terra e sul muro

che non distingui più pietra da ombra, portico vero da portico raddoppiato.

 

Ma può essere anche una relazione morbidissima, sfumata

come tra gli oggetti di Morandi che non capisci dove finisca

l’ombra e dove cominci la bottiglia o la brocca

“Noi non siamo prospettici, noi amiamo l’ombra” - scriveva Morandi.


Mi piace molto il nuovo progetto del Comune

di illuminazione morbida dei portici

sono favorevole alle relazioni amorose morbide…

 

Ultimo gioco

Piazza Santo Stefano: se ci arrivi da piazza della Mercanzia

il triangolo di strisce bianche a terra,

ti spinge verso la Chiesa,

e allora devi solo proseguire e perderti dentro a quell’incanto.

Ma se esci dalla chiesa e vai verso le 2 torri

allora vedrai tante teste di terracotta

con o senza cappello, sporgersi sopra i portici.

E questo è il gioco: vedere i portici da fuori

spostandoti dall’altro lato della strada.

 

- Ma infatti! da sotto il portico non vedi mai il cielo… - dice qualcuno.

Deve essere per questo che ogni tanto sotto i portici incontri una Madonna dipinta sul muro o come statua messa li a ricordartelo, il cielo.

La cosa buffa è che uno dei portici UNESCO,

quello bellissimo che sale a San Luca, è come piantonato

no piantonato! protetto, da due Madonne: la Madonna grassa,

solo a Bologna poteva esserci una madonna grassa,

e quella di San Luca, che è nera…

 

Tra Madonna grassa e Madonna nera ci sono 666 archi:

i giallisti ci ricordano che quello

è il numero del diavolo, che poi lassù in cima

il diavolo, verrà schiacciato sotto i piedi, nudi, dalla Madonna Nera…

E qui i generi letterari religioso/erotico, dark/mistico si mescolano

che è un piacere!

I portici inventano storie… e poeti, cantanti

pittrici e attrici sono lì a raccontarcelo.

 

Ho letto la motivazione UNESCO.

Felice per questo riconoscimento.

Così, tante persone sapranno che Bologna ha quasi 38 km di portico in città e 62 km con la periferia: San Luca, la Barca, il Pilastro…

62 km di portici sopra e 30 km di canali sotto.

 

A voi dico: voglio vedervi a interpretare il canale di Navile, il Cavaticcio…

 All’UNESCO dico che tornerà a Bologna per tutelare anche i suoi canali

 

Quindi il nostro è solo un

Arrivederci!


 

(Il testo è tutelato dalla SIAE)

 

'I portici ad occhi chiusi'  è stato presentato il 18 maggio 2024 in occasione del disvelamento della prima targa Unesco sotto il portico di Palazzo d'Accursio e replicato in piazza Rossini il 6 giugno in occasione del Bologna Portici Festival.

Abbiamo rivolto alcune domande a Marilena Manicardi che gentilmente si è prestata a rispondere. La ringraziamo molto per questo.

Nel suo componimento , subito all'inizio c’è un riferimento al maschile e femminile in architettura. Mi domando se se n'è già occupata, perché fra architetti, antropologi e storici c'è un dibattito su questo e Lei ne sembra al corrente

Sono un’attrice curiosa perché credo che il teatro debba nutrirsi di tutto il pensiero che ci circonda, quindi anche dello sguardo di architetti e urbanisti. Inoltre in questi anni associazioni femminili come Orlando a Bologna, per esempio, hanno ripensato la città dal punto di vista delle donne. Strade piazze edifici pubblici e privati attraversati e abitati con un corpo e uno sguardo anche femminile: luoghi accoglienti in cui sentirsi sicure o zone poco illuminate, pericolose, se si è sole. I portici possono essere l’uno e l’altro, a seconda. Poi una sensazione fisica, da attrice: posso fotografare un gesto, non una pausa. Posso fotografare le colonne, più difficile fotografare il vuoto che delimitano. Pieni e vuoti, gesti asseverativi o presenze silenziose, maschile e femminile, si dice per semplificare. Nulla di nuovo per attori e attrici da sempre abituati a un genere mutevole, oggi si dice fluido. 

Percezione dello spazio attraverso i sensi negati (bendati) o esaltati (gli odori, i suoni, il tatto): anche questo ci sembra molto interessante e inedito

Grazie per darmi conferma che è un punto di vista inedito! Ho pensato che per UNESCO i portici saranno stati disegnati, fotografati, descritti sempre attraverso documenti cartacei, o fotografici e filmici. Ma a una foto, o a un quadro, manca l’odore, manca il tatto, persino il gusto - non mi sono spinta fino ad assaggiare i portici! Nei racconti è sempre difficile descrivere odori, sapori, sensazioni tattili, si ricorre a metafore. Invece nella realtà riconosciamo subito l’odore di pane o la carezza di una persona cara. Ecco: conoscere una città, i suoi portici, è riconoscerne odori e pietre.

Bologna e Morandi: i portici sono comunque presenti nella sua pittura benché non ne abbia mai ritratto nemmeno uno, cosa ne pensa?

Amo Morandi, a cui ho dedicato uno spettacolo scritto con Luigi Gozzi. Morandi non ha mai dipinto portici, ma la ripetizione e variazione dei suoi oggetti non ha a che fare con l'infinita ripetizione e variazione dei portici bolognesi? Con la variazione della luce che si incontra passeggiando nelle varie stagioni? E l’ombra, così importante nelle sue composizioni, non si nutre delle ombre che modificano pavimenti e pareti se proiettate all’interno del portico? E ancora: a seconda del portico che percorriamo non cambia il nostro rapporto con gli altri, come tra gli oggetti grandi e piccoli di Morandi?

Condividiamo il discepolato da un grande maestro, Ezio Raimondi di cui quest'anno si celebrano i 100 anni dalla nascita. In quel preziosissimo volumetto che è un dialogo a due voci con Angelo Varni ("Dialogo sulla cittadinanza", 2002) Raimondi individua nei portici la matrice scenografica di tanta arte bolognese e non solo figurativa.

Che bello condividere un maestro come Ezio Raimondi! Mi intimidiva con i suoi quaranta libri citati a ogni lezione, libri che avrei dovuto conoscere o almeno leggere! E pensi che ho seguito sia le lezioni di Letteratura italiana che quelle di Storia del teatro! Una quantità di libri da non bastare una vita intera per leggerli. Poi l’incontro con Luigi Gozzi e il teatro mi hanno offerto un’altra strada e un altro sguardo, quello dalla scena. Un condensato di libri, a volte. Però mi cercherò “Dialogo sulla cittadinanza” di Raimondi, non lo conosco, grazie!

Altra matrice insita nei bolognesi è 'la cultura del fare' che Lei tratteggia molto piacevolmente nel Suo "La Maria dei dadi da brodo": ci sono anche qui relazioni coi portici…

"La Maria dei dadi da brodo" è il racconto attraverso personaggi veri o inventati della storia economica di Bologna. Anche questo credo sia un punto di vista inedito. Raccontare il lavoro come scommessa, come invenzione singola o collettiva, come sbuzzo e rischio, come senso di comunità. Di solito il lavoro a teatro viene raccontato in negativo: sfruttamenti, scioperi, morti: tutto vero. Però così si nega tutta la parte di orgoglio, di studio, di cultura teorica e manuale che c’è dietro a ogni tipo di economia. E di collettività.
Nello spettacolo racconto anche la follia del portico di San Luca che si arrampica su per la collina come una biscia riparata da sole e pioggia…
 

Infine, le chiedo cosa le piacerebbe leggere in un sito come il nostro, ha qualche suggerimento? 
Cosa vorrei trovare nel sito dei Portici? Storie: ti racconto il mio portico, quello della mia infanzia, quello bombardato poi rifatto, quello dove c’era quel negozio con i panini buonissimi che adesso…


 

L'attrice Marinella Manicardi mentre recita per i Portici
L'attrice durante la sua performance
Ultimo aggiornamento: