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Museo di Mineralogia e l'apertura di via Irnerio

Già il primo piano urbanistico, che nel 1889 doveva dare a Bologna un volto moderno, aveva previsto l’apertura di un nuovo asse viario, in parallelo al tracciato urbano della via Emilia, necessario per tagliare la città più a nord. Una decina di anni dopo, tale asse viene effettivamente costruito e corrisponde all’attuale via Irnerio che nel punto in cui si connette con la parte terminale di via Zamboni, si apre in una piccola piazza dalla conformazione irregolare.
E’ proprio in questo punto nodale, il lotto trapezoidale disegnato dalle due strade, che sorge l’edificio per Mineralogia. L’area, sfida urbanistica oltre che architettonica per via della forma anomala, diventa punto d’orgoglio per Flavio Bastiani, l’ingegnere incaricato del progetto di questo nuovo comparto della città destinato all’edilizia universitaria. Si trova, infatti, alle prese con una distribuzione planimetrica complessa e con la necessità di rispettare precise richieste della committenza. Al Museo viene, fin dal principio, destinata la parte principale dell’edificio: il grande salone al primo piano, a cui si accede attraverso uno scalone in marmo di Verona, definito dal suo autore “abbastanza grandioso”. Il piano terra, leggermente rialzato dal livello della strada e reso buio dal portico ritenuto di “civica necessità”, è invece destinato all’attività didattica.
Sintomatica è la scelta dell’aspetto dell’esterno, che si configura come un guscio, un rivestimento senza relazioni con il corpo della costruzione. Vengono infatti apprestati due progetti, uno in stile gotico e uno in stile classico (in qualche documento citato anche come ‘palladiano’), quest’ultimo prescelto poi dal direttore del Museo, Luigi Bombicci, anche se più costoso. Le decorazioni architettoniche, in terracotta, prevedono un possente portico retto da robusti pilastri e una corona di ampie finestre a serliana ad illuminare il museo, destinate a diventare l’elemento caratteristico dell’edificio.
vista frontale del museo di mineralogia

Le origini dell’edificio e delle collezioni


In origine le collezioni e l’istituto di Mineralogia erano ospitati all’interno del grande edificio di Palazzo Poggi in condizioni tali che Luigi Bombicci, scienziato rinomato e direttore della struttura fin dal suo arrivo a Bologna nel 1860, sente di doversi rivolgere direttamente  al Sindaco pur di ottenere finalmente l’attenzione che gli spetta. Nella lettera aperta, datata 1890, allega addirittura una planimetria illustrativa chiedendo un edificio nuovo. Si tratta di un progetto semplice, un blocco a U, in cui massimo spazio è riservato alle collezioni, mentre, per il resto, la superficie è occupata da una grande aula, sede della “Scuola pratica”, un laboratorio e lo studio del direttore. 
Bombicci precisa anche, comprensibilmente, la necessità di una contiguità con il Museo di Geologia (il Museo geologico Giovanni Capellini), contiguità tematica oltre che spaziale lungo via Zamboni, la “Sacra via delle Scienze”. 
La questione rimane sospesa fino al 1894 quando si comincia a parlare di una nuova sede sul lato nord di Piazza Minghetti, ma anche questa ipotesi non trova seguito e, nel 1897, l’edificio per Mineralogia, insieme a quelli non lontani di Anatomia e Fisica, è fra le priorità contemplate dalla cosiddetta Prima Convenzione, ratificata nel 1899. Nell’occasione viene costituita una sezione speciale del Genio Civile, guidata dall’ingegnere Flavio Bastiani, autore anche dei progetti architettonici. 
Dopo la costruzione del complesso e il suo iniziale sviluppo, presto i locali si rivelano insufficienti. Nel 1936 si rende libera, in via Zamboni, una proprietà adiacente che verrà demolita per favorire l’ampliamento. Anche la guerra ci mette del suo danneggiando diversi ambienti. Nel 1951 le riparazioni ai coperti e alle murature sono concluse e bisognerà attendere il 1954 per vedere integrata, in stile, la quinta stradale della parte a sud grazie ad un nuovo corpo di fabbrica eseguito a cura del Genio Civile.
Nel 1966, il complesso si ingrandisce fino a saturare tutte le aree ancora libere dalla parte di via Irnerio, con un intervento, questa volta, dichiaratamente non mimetico.

Fonti

Università di Bologna. Palazzi e luoghi del sapere, a cura di Andrea Bacchi e Marta Forlai, Bologna, BUP, 2019.
I nuovi Istituti Scientifici dell’Ateneo Bolognese, Memoria di Flavio Bastiani, Roma, Stabilimento Tipo-litografico del Genio Civile, 1907.
Ghigi, A., Lo sviluppo edilizio dell'università di Bologna, Roma, Fratelli Palombi, 1941.

Foto: 1Cinquantesimo

dettaglio della finestra serliana del museo di mineralogia