Bollettino '900's Starting Points  Agli interconnessi (2)            PrecedenteSuccessivo


Il numero zero del bollettino ha suscitato notevole interesse, con richieste e commenti da tutto il mondo. Sembra che l'italianistica, sulle cui sorti peraltro si va svolgendo in questi ultimi tempi un accorato dibattito, possa destare anche fuori dei luoghi preposti un certo interesse, e che la letteratura in generale cominci a mostrare, anche attraverso una specie di fermento anonimo, qualche segno di ripresa.

In parte per ragioni di carattere, per così dire, estrinseco. Da qualche tempo la letteratura ha riacquistato una sua dignità epistemologica, anche per certi versi «centrale», nell'autoriflessione delle scienze umane. Dalla filosofia all'antropologia, dalla psicologia all'economia, la letteratura non è più oggetto estemporaneo o strumento complementare, ma sembra interessare costitutivamente queste discipline nel loro rivolgersi al mondo, nel loro pensare.

In parte, tuttavia, ciò è dovuto forse a ragioni più interne, alle quali si accennava anche nel numero scorso. Si intravede un riassestamento di ruolo del letterario, una sua importanza, diremmo, obbligatoria: un suo antagonismo fattuale nei confronti della spettacolarizzazione del linguaggio che ha contraddistinto gli ultimi decenni. Una spettacolarizzazione (cioè un esser-già-parlato delle parole che per esempio Bachtin non aveva previsto nella sua fenomenologia della parola altrui) che fa della conversazione espropriata (della chiacchiera televisiva) il modello dell'essere-in-comune.

Ora che il gonfio rappresentarsi dei discorsi appare quanto mai in buona salute, la letteratura si profila ancor più, almeno per certi tratti, come uno dei luoghi dell'imperfezione, della distanza: dove il commercio è effettivo, cioè dove si misurano mancanze, e si vedono, nell'altro, problemi. In questione non è più tanto se esista un punto di vista letterario sulle cose, ma l'essere-in-comune stesso. E dunque ogni visione della funzione - stabilizzante, critica, adattativa, sintomatica, coadiuvante, terapeutica, libidica o quant'altro - del letterario come sfera più o meno autonoma e unitaria risulta estremamente limitativa, se solo si tenti di recuperare una nozione fenomenologica di scrittura, che ne comprenda in primo luogo la natura di negoziazione, appunto, intorno all'essere-in-comune medesimo.

A questa prospettiva sembrano corrispondere anche socioluoghi adatti. Qualcosa si delinea di diverso da un Caffè e da un Mercato, che pure ha un po' di entrambi. Di radicalmente nuovo c'è la vastità; di simile, il riconoscimento (l'appartenenza), e l'apparente disponibilità dei «prodotti». Si constata, anche senza cadere in prospettive salvifiche, che le nuove tecnologie possono favorire forme di relazione comunitaria nel momento stesso in cui permettono una sorta di insight tubicolare, dove riacquista peso una dimensione privata del pubblico. La socialità comincia a circolare dentro le persone.

Noi stessi ci siamo trovati di fatto in uno spazio nuovo, a cavallo di molte «situazioni», per usare il concetto di Goffman e Joshua Meyrowitz, in cui la ricerca deve continuamente fare i conti con la comunicazione, intesa in un senso che va oltre l'accezione puramente sociologica del termine. Si tratta di chiedersi continuamente della «verità» di quello che si sta scrivendo. Cioè, una consapevolezza di rispondere, o corrispondere, a più punti di vista, a più possibilità di lettura.

Il che del resto nasce già dalla nostra dislocazione costitutiva, dentro e fuori dell'Università, dentro e fuori dell'Italia, e dalle versioni diverse del Bollettino, che richiedono forme differenziate del porgere e dell'accogliere, e vari tipi di contatti e di rapporti. Il Bollettino come è noto è diffuso via e-mail per abbonamento, è ottenibile con Procedura di Trasferimento File (FTP), ed è consultabile in formato ipertestuale (e prelevabile) all'URL http://www2.comune.bologna.it/bologna/boll900/ della Rete Civica del Comune di Bologna. Infine, è distribuito anche in una versione stampata (disponibile presso la Libreria delle Moline, Via delle Moline 3, 40126 Bologna). Tutto questo comporta molte escursioni, molte corrispondenze, molte «traduzioni», e anche molti cul de sac comunicativi, nonché una gran quantità di lavoro «paraletterario». Proprio per questo, per la necessità di ritrovare i ritmi della nostra ricerca e per poter organizzare i momenti pubblici che l'accompagnano, abbiamo deciso di modificare le uscite del Bollettino, che dal prossimo numero diventerà di fatto quadrimestrale.

Sparse nelle missive e nei commenti abbiamo ricevuto anche alcune critiche, che speriamo di veder presto solidificate in discussioni e interventi.

Ha suscitato perplessità la nozione di ipermodernità, che esprime solo un «esser dopo» senza velleità agonistiche con la modernità, e non coincide con una scelta di canone o di ideologia. Il termine, che tra l'altro è già stato usato, indipendentemente e con significati in parte differenti, dal filosofo Giacomo Marramao, ha innanzitutto una valenza metodologica. Se ne può intanto tentare una connotazione generica poiché si tratta di work in progress, di un orizzonte di lavoro del tutto non univoco anche all'interno del gruppo redazionale. Sua caratteristica è cercare di prendere in eredità tutta la complessità e contraddittorietà del Moderno, senza «ridurlo» o codificarlo, rinunciando a ogni fenomenismo delle essenze epocali. Ciò comporta scegliere delle strade più che decidere o credere di interpretare gli scenari, far agire sui testi dei problemi, dimenticare (per poi magari ritrovare con nuovo stupore) ciò che non ci serve. Un elemento al quale ci sembra di poter rinunciare, con tutti i rischi che comporta tale enunciazione abbreviata, è la nostalgia, sia nella sua versione di «perdita immanente» tipica di certo postmodernismo, sia nelle sue codificazioni «moderne» da Leopardi a Benjamin e ad Adorno. Vuol dire questo rinunciare alla poesia? La discussione è aperta, e torneremo su tutto ciò.

In questo numero prende il via una sezione di testi letterari, di scritture possibili. Quel che ci interessa, pur senza alcuna preclusione, sarebbe, oltre alla brevità non frammentaria, coordinata, dei testi, l'attenzione al disegno, alla descrizione, alla composizione. In questo numero pubblichiamo un arabesco polifonico, una polifonia della materia: un esempio di scrittura priva di esseri umani (con una musicalità per così dire oggettiva, scandita da punti, che accompagna l'epico cangiare di un tutto) che sembra porsi ai confini della tradizione occidentale, pur nella sua salda, non perduta natura autoriflessiva. Nella seconda sezione compaiono, oltre ai saggi, alcuni progetti di lavoro, che, come dice la parola, non vorrebbero essere registrazioni di ciò che si fa, ma, nello spirito dell'intero Bollettino, aperture a ciò che è da farsi, servizio di informazione e di collegamento con altri studiosi nel mondo che lavorano su argomenti affini o collegabili. Nei prossimi numeri compariranno rassegne sulla letteratura contemporanea di altri paesi, poiché occuparsi di letteratura vuol sempre dire confrontare, anche senza adottare necessariamente un punto di vista comparatistico, contesti linguistici e culturali anche distanti.

Federico Pellizzi


n° uno, agosto 1995


Ritorna a:


Bollettino '900 - Electronic Newsletter of '900 Italian Literature - © 1995-2002