Agli interconnessi (3) |
Di nuovo ci è capitato, anche se, a dire il vero, in poche e circoscritte occasioni, di sentirci dare degli "accademici" da alcuni che stanno fuori dell'Università e degli "antiaccademici" da alcuni che stanno dentro. Ora noi crediamo che la ricerca, anche in campo umanistico, insieme a quanto sta avvenendo per tutte le scienze, stia assumendo forme che trascendono singole istituzioni o tipi di istituzioni, e debba fondarsi sul concorso di comunità più differenziate e complesse. Da ciò può risultare come quelle categorie appaiano per lo meno inadeguate, se non prive di senso. Siamo per il recupero dell'"Università" nel suo senso antico, di negazione di ogni "localismo" programmatico. I luoghi sono semmai le porte d'entrata di un'università di problemi e di progetti collettivi. Il nostro interesse non estemporaneo per l'elettronica e per la comunicazione in rete si muove tranquillamente in questa direzione, con conseguenze che riguardano anche, e in primo luogo, l'italianistica.
Su di essa negli scorsi mesi ha avuto luogo un dibattito che noi vorremmo contribuire, nel nostro piccolo, a fomentare, accogliendo interventi anche sul Bollettino. Intanto, più che rassegnarsi a un'epoca "tiraboschiana", come è stato detto in uno degli interventi più stimolanti, si tratterebbe di compiere un salto di qualità nei grandi progetti di ricerca. Non si tratta di tornare a un'idea forte di storiografia, ma di lavorare a progetti scientifici forti. La qualità della letteratura secondaria è inficiata soprattutto dall'assenza di coordinazione e di prospettive generali. Ci pare che, se non si costruisce questo livello, questa "scienza normale" della letteratura, come l'ha chiamata qualcuno, difficilmente si darà all'italianistica una prospettiva e una crescita, o tantomeno la capacità di elaborare proposte innovative. Un singolo ricercatore, per quanto geniale, non potrà più produrre qualcosa che sia davvero "comunitariamente" utile se, da un lato, rinuncia a porsi, a partire dalle proprie competenze, il punto di vista della letteratura mondiale, e se dall'altro, con tutta umiltà, non si investe dei maggiori problemi. Proprio per far ciò, per la mole e la complessità del compito, occorrerebbe un impianto collettivo, un colloquio pianificato con le altre discipline, una capacità di progettare e di correggere la rotta strada facendo. Allestire insomma dei laboratori di ricerca intorno a ipotesi di lavoro di ampia portata. Ciò avrebbe conseguenze positive anche per altre esigenze. Probabilmente gli "umanisti", intendendo per tali tutti gli scienziati disposti a sollevare lo sguardo, saranno impegnati nei prossimi anni nella trascrizione di testi, cioè in un'operazione di progettazione della memoria, e, aggiungiamo, di ridefinizione della scrittura, del suo uso e del suo significato nel mondo attuale. Ora l'italianistica, non solo perché si occupa di una delle letterature moderne più antiche e più ricche, ma per una sua familiarità filosofica con i rapporti tra la scrittura e il mondo, non può non essere chiamata a contribuire con il pensiero e con la tecnica a tale lavoro.
In questo numero continua l'indagine sui generi letterari contemporanei con l'intervento di Alberto Bertoni sui taccuini e quaderni, corredato di un lacerto inedito dai taccuini di Marinetti, e con quello di Ernesto Livorni sulla traduzione italiana dell'Ulisse di Joyce. Il nostro impegno su questi temi, su generi forse non più considerati marginali, ma del tutto carenti di studi organici come gli appunti, le note, le recensioni, i diari, le lettere, fino a quei veri e propri "generi collettivi" che sono gli epistolari e le riviste, continuerà con costanza e parsimonia anche nei prossimi numeri, fino a giungere forse a un numero monografico. In questa sezione delle discussioni ospitiamo un intervento di Remo Ceserani sulla recente polemica tra i dipartimenti romani perché, se il Bollettino mira ad essere in primo luogo organo di informazione e circolazione delle iniziative, esso vuole anche favorire una sorta di autoriflessione della critica letteraria, che può passare anche per la schietta polemica. Nella II sezione, oltre ai consueti progetti di lavoro e ai saggi già ricordati, appaiono la seconda puntata della trilogia di Francesco Giardinazzo e una parte dedicata a Pasolini: Pasolini e il teatro, Pasolini e la parola, Pasolini e il cinema. La sezione delle segnalazioni riguarda in buona parte opere di «narrativa» uscite in Italia in tempi recenti, mentre nel prossimo numero, che sarà dedicato nel suo complesso ai rapporti tra poesia e musica, alla canzone e alla multimedialità, verranno schedate opere recenti di "poesia".
Federico Pellizzi