Esiste un testo, imprescindibile per chi si occupa di architettura bolognese, utile per comprendere gli aspetti più 'materiali' dell'Arte muraria. Questo è infatti il titolo del volume di Leonardo Marinelli e Paolo Scarpellini, a lungo funzionari della Soprintendenza bolognese.
A proposito dei colori, trasferiamo qui alcuni paragrafi che illuminano sulle tradizioni cromatiche dell'architettura storica che solo semplicisticamente identificano Bologna col rosso. Leggiamo infatti che il rosso - da solo - connotava l'edilizia sotto le due torri nel tardo Medioevo: in quest'epoca infatti il mattone imperversa spesso lasciato a vista o trattato con la tipica 'sagramatura'. Termine derivato dal dialetto, indica una particolare levigatura della cortina di mattoni eseguita tramite sfregamento con un altro mattone subito dopo la conclusione dell'opera muraria. In questo modo, infatti, la calce ancora fresca che fuoriesce dai giunti si impasta con la polvere del cotto generata dallo sfregamento, andando a formare uno strato protettivo contro le infiltrazioni e le aggressioni degli agenti atmosferici; ma il risultato ha anche una speciale rilevanza estetica poiché rende omogenee le superfici lasciando comunque vedere in trasparenza l'apparecchiatura dei mattoni.
Dalla fine del Quattrocento, al rosso del laterizio comincia ad aggiungersi il giallino dell'arenaria, locale pietra friabile che fa la sua comparsa sull'onda del gusto rinascimentale che nello stesso periodo fiorisce nella vicina Firenze. L'arenaria è l'unica pietra facilmente disponibile nella zona bolognese e solo in rari casi di committenze molto ricche si importano da fuori marmi o altre pietre da taglio costose. Ben presto, quindi, l'assetto tipico delle costruzioni locali prevede membrature architettoniche (bugnati, cornici, pilastri, colonne o lesene) in arenaria e cortine in mattoni. A dire il vero, col passare del tempo, a causa del progressivo declino economico della città, spesso anche le parti originariamente in arenaria vengono eseguite in mattone e poi rivestite di intonaco giallo a grana grossa.
Confrontando i dati stilistici e storiografici, vien fatto di attribuire il diffondersi della bicromia alla volontà di emulare, prima, e simulare poi, le raffinate architetture delle residenze signorili cinquecentesche cittadine, le quali, a loro volta, avevano individuato nell'uso della cortina laterizia e dell'arenaria scolpita una adeguata risposta del cantiere bolognese alle istanze dei nuovi gusti estetici di derivazione dapprima lombardo-veneta (decorativismo tardo-medievale), poi toscana (repertorio classicheggiante), infine romana (intelaiatura spaziale manierista).
Fonti
Leonardo Marinelli e Paolo Scarpellini, L'arte muraria in Bologna nell'età pontificia, Bologna Nuova Alfa editoriale, 1992, pp. 147 e ss.
Foto di A.M. Ghilardi per Bologna Welcome