da "Il Carlone" aprile 1989
Un tempo, quando i contadini si recavano in città molto raramente,
la visione dei grandi palazzi, della folla, delle incredibili modernità
e agi di cui godevano i cittadini rispetto al loro rustico tenore di vita,
li rendeva stupefatti e si aggiravano smarriti, con la bocca aperta per
strade e negozi.
Fa parte della letteratura l'ansia degli intellettuali di provincia
per le grandi città. Migliaia di professorini, di letterati mancati,
di pseudo artisti (e di artisti veri) hanno sognato la città, anelato
ad andarvi, sospirato per la vita culturale e non, che si svolgeva (o pensavano
si svolgesse) nelle capitali a differenza delle loro sonnolente cittadine.
Sono nati così i miti di Parigi, Vienna e Berlino. E come sottoprodotto
l'ansia buzzurra della piccola borghesia che riproduceva in provincia mode
e stili di vita delle grandi città, sempre con un certo ritardo.
Fortunatamente la facilità di viaggiare, i grandi mezzi di comunicazione
hanno fatto scomparire questi fenomeni e addirittura hanno rivalutato la
provincia che gode ormai degli stessi servizi della città senza
tutti i disagi tipici delle metropoli.
Ma evidentemente la "sindrome" del provinciale in città non
è scomparsa del tutto. Ne è stato colpito a livello virulento
Achille Occhetto nel suo recente viaggio negli Usa.
L'essere finalmente ammesso nel cuore dell'impero lo ha mandato in
tilt e da buon provinciale ha cominciato a delirare entusiasmandosi fino
al parossismo trovando bello e simpatico perfino il Bronx.
Da tempo il Pci (in particolare Napolitano e i miglioristi ma non solo)
cerca disperatamente di essere legittimato dagli Usa, di ottenere finalmente
dal governo americano una sorta di "certificato di buona condotta".
Per ottenere questa legittimazione i comunisti non si sono risparmiati
le umiliazioni.
Hanno chiesto (e quasi mai ottenuto) colloqui con chiunque contasse
qualcosa negli Usa, hanno dichiarato ai quattro venti di chiamarsi sì
ancora comunisti, ma così per scherzo e per tradizione, ma di essere
tutt'altro che tali, di essere buoni, rispettosi della proprietà,
entusiasti del "mercato" e della collocazione dell'Italia nel sistema imperiale
Usa.
Hanno sostenuto o sostengono che l'Italia deve restare nella Nato,
e che la loro scelta occidentale è irreversibile.
Finora questi sforzi non sono serviti a molto, anche perché
se il Pci non va al governo non è perché gli americani non
vogliono (che anzi meno li temono e meno gli serve rapportarsi con loro)
ma perché non li vogliono Dc e Psi.
Occhetto, nella sua politica di ricostruire una immagine moderna e
"liberal" del Pci ha deciso di andare di persona negli States. L'ambasciata
ha concesso il visto e, accompagnato dalla moglie (negli Usa usa così)
è partito per New York, la Grande Mela.
Come tutti i provinciali al primo impatto con la metropoli, le luci
di Broadway e le vetrine della Fifth avenue lo hanno abbagliato e ha cominciato
a delirare.
"Gli Usa sono meravigliosi", "Gli Usa sono il paese dove meglio è
coniugata la libertà con l'eguaglianza", dimenticando che se c'è
un paese al mondo dove esistono spaventose diseguaglianze sociali tra strati
di popolazione ricchissimi e altri assolutamente miserabili, questo è
l'America e gli americani stessi lo riconoscono e lo teorizzano.
E' arrivato perfino a parlare bene delle città americane, di
Harlem e del Bronx, vere e proprie giungle di droga, criminalità
e razzismo.
Ma peggio ancora sono stati i gesti fatti per dimostrare di essere
un bravo ragazzo: visita ed elogi sulla tomba di John Kennedy, "grande
figura di democratico e uomo di pace".
Si è dimenticato evidentemente che Kennedy è quello che
a) ha iniziato la guerra del Vietnam, inviando le prime truppe, b) ha tentato
l'invasione di Cuba organizzando il famoso sbarco alla "Baia dei Porci",
c) ha trascinato, nella sua vertenza con l'Urss sui missili, il mondo sull'orlo
della III guerra mondiale, evitata per un soffio solo dal senso di responsabilità
di Kruscev, d) che sotto di lui, ad eccezione del Cile, si sono consolidate
le peggiori dittature sudamericane.
Ma, nei luoghi comuni, Kennedy era bello e progressista e Occhetto,
rinnegata la rivoluzione d'ottobre, rinnegata la fase "socialista" della
rivoluzione francese, rinnegata la fondazione del Pci nel '21, è
a Kennedy che rende omaggio.
Non contento, ha reso omaggio, visto che c'era, al cimitero di Arlington,
anche al "muro delle memorie": l'enorme monumento in pietra eretto in onore
dei soldati caduti nella sporca guerra del Vietnam.
Certo non era colpa loro se glieli avevano mandati, ma questo omaggio
sarebbe come in Germania recarsi a visitare un cimitero di SS (anche loro
li avevano mandati). Molto peggio sono andati gli incontri. Qualunue cosa
dicano i giornali e il Pci, Occhetto non ha incontrato nessuno che contasse
qualcosa. Nessun uomo del governo, nessun sottosegretario, nessun capo
di partito. Solo qualche parlamentare sia repubblicano che democratico,
indifferentemente, qualche presidente di commissione parlamentare, qualche
giornalista. A tutti questi la solita tiritera: "noi siamo buoni", "in
fondo non siamo comunisti", "l'America è meravigliosa", ammetteteci,
per favore, nel "salotto buono".
I comunisti sono stati poco edificanti. Il notista del New York Times,
che l'ha incontrato, l'ha definito "un ravanello: rosso di fuori e bianco
dentro", quello del Washington Post dopo averlo accolto con un "allora
esiste!" ha detto "questo non fa più paura a nessuno" e così
via.
Occhetto, sempre per non dare adito a fraintendimenti, non ha voluto
incontrarsi invece con i giornalisti della sinistra, anche quelli grossi.
Niente di estremista, badate bene, si tratta di giornali paragonabili a
un "Paese sera" o a un "Manifesto" molto meno marxista.
L'unico incontro "di massa" (una conferenza alla Columbia University
di New York) l'ha visto pesantemente contestato e criticato da sinistra
con accuse di filo imperialismo e di totale abbandono di ogni identità
socialista. Un viaggio fallimentare però che a tutt'oggi ha provocato
ad Occhetto solo l'invito al party per al visita di Bush.
I suoi eccessi filoamericani gli sono stati rimproverati addirittura
da esponenti dell'establishment. Ad esempio un brindisi in onore di George
Bush, considerato esagerato da esponenti del partito democratico.
Ma i provinciali eccedono sempre e soprattutto spesso rendono onori
non richiesti.