da "Il Carlone" dicembre 1989
E' difficile prendere la parola in questo momento ed il desiderio sarebbe
quello di consumare nel silenzio il dolore e l'amarezza. Ma parlare è
un modo per esserti ancora vicino, ed ho accettato, con riconoscenza, quando
i compagni mi hanno chiesto di rivolgerti l'ultimo saluto.
Ci hai lasciati troppo presto, Marco, e la tua assenza peserà
con un rimpianto incolmabile nell'affetto di tua moglie, di tuo figlio
e ti quanti ti hanno voluto bene, in tante nostre lotte che dovranno ancora
essere fatte, in tante discussioni politiche quando cercheremo invano la
tua analisi acuta e risolutiva, nei tanti momenti sereni di consolidata
amicizia. Per me e per tutti i compagni eri, da tanto tempo, una presenza
sicura. Le tue scelte infatti ci hanno sempre accompagnato ed aiutato quando
bisognava schierarsi e decidere da che parte stare e con chi lottare.
A faenza, ai primi anni del tuo liceo, quando cominciavano le prime
avvisaglie di quello che fu poi il nostro sessantotto ti imponesti subito
come un leader riconosciuto e seguito, la tua estrazione sociale, il tuo
stile di vita, le analisi che iniziavi a fare ti collocavano in questo
ruolo. In un inverno, mentre noi, cedendo ad una tendenza che sarebbe poi
diventata smodata, scegliemmo un periodo di vacanza sulla neve tu, da solo,
ti mettesti lo zaino in spalla ed andasti fra gli alluvionati e ci scrivesti
poi una lunga lettera dove, con calma e determinazione, spiegavi la tua
scelta per i poveri e per chi allora aveva più bisogno. Poi venne
il Vietnam, maturò il dissenso, iniziarono le lotte studentesche,
si cominciò ad andare davanti ai cancelli delle fabbriche per discutere,
capire e farsi capire, trovare compagni per una lotta comune. Voleva dire
entrare con determinazione nella politica, confrontarsi con le ingiustizie
che i padroni compivano, individuare nell'imperialismo l'avversario dei
processi di liberazione che maturavano in varie parti del mondo, scegliere
i compagni e i nemici della lotta di classe alla quale occorreva partecipare.
Certo non noi della generazione che aveva lottato contro il fascismo e
fatta la Resistenza, ma ti volevi ricollegare con coerenza e continuità
a quei valori e a quegli schieramenti. Lavorare in una piccola città
e creare collegamenti in tutta Italia per allargare un movimento che doveva
rinnovare la politica ed aprire un processo rivoluzionario in tutto il
paese.
Poi l'arrivo a Bologna per far crescere la presenza di Avanguardia
Operaia prima e di Democrazia Proletaria poi e la difficoltà a muoversi
in una realtà, nella quale la tranquilla sicurezza per la propria
collocazione di sinistra spesso razionalizza le tensioni sociali, rende
abitudinario il confronto politico, svuota il contenuto della scelta rivoluzionaria.
Le lunghe, estenuanti, a volte sterili vicende per far maturare una nuova
sinistra ti hanno visto caparbio protagonista, con la tua intransigenza
radicale, a volte anche dura, mai incline ai facili accomodamenti. Nei
cortei, nelle assemblee, negli scioperi davanti alle fabbriche, negli scontri
con la polizia, nei processi c'eri sempre, con la tua inconfondibile presenza.
In questi giorni la frase leniniana "pensare alla rivoluzione ventiquattro
ore su ventiquattro" è certamente ora fuori moda e desueta, eppure
tu, marco, l'hai vissuto con coerenza quotidiana e a me sembra che esprima
bene il senso profondo e autentico della tua esistenza. Vennero poi gli
anni bui del terrorismo, quando da tante parti si manovrò perché
fosse stroncata una crescita politica che stava rinnovando l'Italia e fu
sperperato un patrimonio di lotte, di ideali, di speranze. Fin dall'inizio
quando scegliesti la militanza proletaria scopo della vita, la scelta comunista
conviveva in te col rifiuto delle esperienze del socialismo reale ed anzi
il confronto critico con esse era indispensabile per precisare un'identità
nuova della prospettiva rivoluzionaria.
I grandi sconvolgimenti di questi giorni aprono certamente originali
possibilità, ma vengono letti quasi sempre in una prospettiva che
vuole annullare l'ipotesi e la progettualità comunista. Tu ci lasci
proprio oggi quando la tua presenza, il tuo senso politico, la tua voglia
di comunismo sarebbero quanto mai necessari. Te ne vai e porti con te anche
una parte della nostra storia e della nostra vita, quella più bella,
quella che ha saputo lottare, che ha voluto progettare un mondo totalmente
diverso da quello nel quale viviamo, quella che voleva conciliare un'esigenza
radicale di cambiamento anche col gusto semplice di una vita fatta di amicizie
e di franchi sentimenti solidali. Mi sembra che Ho chi Min dicesse che
quello vietnamita era un grande partito ed aveva compiuto una impresa immane
perché era fatto di uomini semplici e comuni. Il comunismo come
meta di una umanità senza eroi.
Aiutaci Marco, ad avere ancora fiducia in questo progetto. Tu continui
a vivere nel desiderio di lotta di tanti compagni, nella rabbia e nella
sofferenza di chi è sfruttato, nella speranza di chi ha fame e sete
di giustizia. Aiutaci tutti a continuare ad avere voglia di comunismo.
Dacci ancora una mano a lottare.