Adriano Ducati, giovane studente di fisica, nel 1924, con un apparecchio a onde corte di sua costruzione, stupì la comunità scientifica collegandosi con gli Stati Uniti d’America.
L’anno successivo diede vita con i fratelli Bruno e Marcello ad una società di fatto prima in Via Collegio di Spagna e poi in Via Guidotti, realizzando i primi condensatori Manens, quindi fondando l’anno successivo la Società Scientifica Radiobrevetti Ducati, presieduta dal padre Antonio, apprezzato ingegnere in campo idraulico e ferroviario. La produzione si allargò in breve tempo dai condensatori alle apparecchiature radio, elettriche e meccaniche di precisione, estremamente sofisticate per l’epoca.
A partire dal 1935 si iniziò la costruzione di un moderno stabilimento a Borgo Panigale, progettato da Bruno Ducati, il più grande insediamento industriale della città con oltre 5.000 maestranze.
Durante la guerra, in azienda si sperimentarono prodotti di alta tecnologia come il Raselet, primo rasoio elettrico italiano su brevetto americano, la Duconta, la prima macchina addizionatrice elettrica e, nel 1941, la Microcamera Fotografica, vero gioiello di precisione meccanica e ottica.
I danneggiamenti bellici e le difficoltà della ricostruzione non scoraggiarono i Ducati, che con lungimiranza avevano acquisito nel 1945 il brevetto di un motore ausiliario per biciclette, il Cucciolo, primo loro prodotto in ambito motociclistico.
Negli anni Cinquanta, dopo una lunga serie di crisi e l’estromissione dei fratelli Ducati, l’azienda venne smembrata in due settori: l’elettrotecnico e il meccanico-motociclistico.
In quest’ultimo campo, col lavoro di eccellenti tecnici, come l’ingegner Fabio Taglioni, la Ducati si assicurerà grandi successi commerciali e sportivi. È oggi uno dei marchi più prestigiosi nel panorama motociclistico mondiale.
Bibliografia
B. Cavalieri Ducati, Storia della Ducati, Bologna, 1991
E. Martera, M. Montemaggi, P. Pietrogrande (a cura di), Ducati: storia museo modelli competizioni dalle origini ai trionfi in MotoGP e Superbike, Bologna, 2008
A. Campigotto, M. Grandi, E. Ruffini, Moto bolognesi del Dopoguerra, Vimodrone, 2008
Ultimo aggiornamento: mercoledì 25 maggio 2011