Viaggio senza meta

 

 

Si vuole definire il viaggio senza meta, un viaggio intrapreso per soddisfare un bisogno di movimento, infatti le due fasi più importanti sono il partire e il transitare. La "meta" e il "quando" non vengono definiti, vengono piuttosto decisi al momento, poiché non sono fattori importanti. L'unico elemento che conta in questo tipo di viaggio è la motivazione.

Questo viaggio ha trovato molta fortuna nell'età moderna; infatti gli antichi avrebbero considerato un non senso viaggiare senza meta: infatti gli eroi del mito (Eracle, Ulisse, Giasone, Enea...) tutti intraprendono viaggi spesso perigliosi, sollecitati da "volontà" esterne ( una divinità, il fato, un uomo di potere).

Tale situazione di individuo errante è perfettamente resa dal poeta inglese Wordsworth in "The Preludes" :

 

"In quale direzione andrò,
per la strada o un lungo sentiero, o un campo senza piste segnate
in salita o in discesa, oppure qualcosa che galleggia,
mi indicherà il cammino?"

Fiume5.jpg (29133 byte)

Vi sono quattro caratteri fondamentali che identificano il viaggio senza meta: La motivazione interiore La libertà di mobilità Il piacere di viaggiare liberati dalle necessità Il significato di esperienza autonoma che avvalori l'identità del viaggiatore

Tale tipo di viaggio si può ulteriormente suddividere in due sottogruppi: VIAGGIO DI PROVA E VIAGGIO DI FUGA.

 


Viaggio di prova

 

LA SFIDA PERSONALE è l'unico motivo per cui è intrapreso questo viaggio che assume diverse sfumature a seconda del soggetto e della sua condizione. Si intraprende:

Questo prototipo di viaggiatore è perfettamente incarnato in Leopold Bloom, il protagonista del romanzo "Ulisse" di James Joyce. Egli infatti è un novello Ulisse che nella squallida Dublino dell'inizio del '900 ripercorre le tappe del mitico eroe di Omero, caricandolo di significati allusivi e di innumerevoli implicazioni psicologiche e culturali.

"...How many roads must a man walk down before you can call him a man..." (Bob Dylan)

Infatti è un paradigma di esistenza, un esperimento morale per determinare quali aspetti dell' Io possano essere lasciati alle spalle e quali invece costituiscano i caratteri fondamentali dell'individuo.

"...Giorno dopo giorno, forse settimana dopo settimana, e mese dopo mese, hai il piede nella staffa. Sentire l'alito freddo dell'alba. Guidare o seguire la tua radiosa cavalcata fino al tramonto, attraverso le foreste e i valichi montani, valli e pianure desolate, tutto ciò diventa il tuo modo di vita (....) Se non sei saggio, non vedrai il periodo di tempo più lungo che viene così occupato dal movimento vero e proprio semplicemente come un vuoto che ti separa dalla fine del viaggio, ma piuttosto come una di quelle stagioni rare e plastiche della tua vita, sulla base delle quali forse in futuro ti piacerà datare la formazione del tuo carattere, cioè dalla tua stessa identità. Prova questo una volta e presto ti sentirai felice e soddisfatto della sella che ti fa da casa..." (Kinglake)

Anche Voltaire nel "Candido" interpreta il viaggio come il modo per raggiungere la consapevolezza di ciò che conta nella vita, indirizzando le peregrinazioni del protagonista verso propositi filosofici e didattici.

"...C'era nei dintorni un dervì famosissimo, reputato il miglior filosofo di Turchia: andarono a consultarlo. Pangloss prese la parola e disse :- Maestro, veniamo a pregarti di dirci perché un animale strano come l'uomo è stato creato -.

-Di che t'impicci?- disse il dervì- Forse che ti riguarda?-

-Ma, reverendo padre ,- disse Candido- è orribile il male che c'è al mondo.-

-Cos' importa- disse il dervì- che ci sia male o bene? Quando Sua Altezza spedisce un vascello in Egitto, forse che si inquieta se i topi che sono sul vascello stanno bene o male?-

-Cosa bisogna fare, allora?- disse Pangloss.

-Tacere- disse il dervì.

-Speravo- disse Pangloss- di ragionare un poco con te degli effetti e delle cause, del migliore dei modi possibili, dell'origine del male, della natura dell'anima e dell'armonia prestabilita.-

A quelle parole il dervì gli sbattè la porta in faccia..."

"...non c'è piacere nel viaggiare e io lo vedo come un'occasione per affrontare una prova spirituale... Il piacere ci allontana da noi stessi come la distrazione nel senso pascaliano ci allontana da Dio. Il viaggio è come una scienza più grande e grave, ci riporta a noi stessi..." (Camus)

Il grande Boh

E' anche un completarsi, arrivando alla perfezione dell'animo.

"...Per conoscere veramente qualcosa bisogna sapere cosa c'è dall'altra parte, è come se la conoscenza fosse un fatto di equilibri tra cose opposte. Non si può avere idea di cos'è una grande città senza aver dormito da soli nel deserto, e forse chi vive nel deserto non sa molto di sé fino a che non conosce una grande città..." (Il grande Boh, Jovanotti )

"Disse il Signore a Caino: che hai fatto tu? La voce del sangue del tuo fratello grida a me dalla terra. Sarai perciò d'ora in poi maledetto sulla terra, che ha aperto la bocca per ricevere il sangue del tuo fratello versato dalla tua mano. Anche se la lavorerai, non ti darà frutti; sarai ramingo e fuggiasco per il mondo.

Disse Caino al Signore: è troppo grande la mia iniquità perché io meriti perdono. Ecco Tu mi scacci oggi sulla terra; sfuggirò la Tua faccia, e sarò ramingo e fuggiasco nel mondo. Perciò chiunque mi troverà mi ucciderà…"

"...Chi non sa nulla di queste cose vi dirà che avere un nuovo panorama tutto per se non da alcun piacere aggiuntivo, ma questo non è vero. E' un piacere esclusivo irragionevole e reale..." (Stark)

Ciò compare anche nel road-movie "Easy Rider" ambientato nell'America della fine degli anni 60'.

"...Oh! Più felice, quanto più cammino
mi era dinnanzi; quanto più cimenti,
quanto più dubbi, quanto più destino!..."
(Alexandros, Pascoli)

 


Viaggio di fuga

 

LA VOGLIA DI FUGGIRE è l'unico motivo per cui è intrapreso questo viaggio che assume diverse sfumature a seconda del soggetto e della sua condizione.

Si realizza:

"…allora mi accorsi quanto i miei sogni immaturi fossero lantani dall'arte vera e genuina, bruciai poesie e novelle, e nel mio triste risveglio, col malessere e con la bocca amara, mi guardai in giro nel mondo" ( Peter Camezind, H. Hesse )

Anche come passaggio da una condizione ad un'altra

"…davanti a un mio occhio interiore improvvisamente aperto scorsi, condensato in un solo secondo, tutto ciò che fin da piccolo avevo pensato, desiderato e ardentemente sperato.(…) Imparare, fare, guardare, viaggiare: tutta la dovizia della vita splendente in un fuggevole lampo d'argento davanti al mio occhio: e ancora una volta come quando ero bambino, qualcosa mi tremò dentro, anelando alla immensa vastità del mondo. (Peter Camezind, H.Hesse)

"...ricordo la storia della Francia, figlia primogenita della Chiesa. Becero, avrei fatto il viaggio in Terra Santa: ho in mente certe strade sulle pianure di Svevia, certe vedute di Bisanzio, i bastioni di Solima, il culto di Maria, l'intenerimento sul crocifisso si destano, in me fra mille fantasmagorie profane. -Me ne sto seduto lebbroso, sui vasi rotti e le ortiche, ai piedi d'un muro sgretolato dal sole. -Più tardi, raitro, avrei bivaccato nelle notti germaniche. (...)Eccomi sul lido armoricano. Si accendano le città nella sera. La mia giornata è finita. Abbandono l'Europa. L'aria marina mi brucerà i polmoni; i climi sperduti mi abbronzeranno. Nuotare, pestare l'erba, andare a caccia, fumare soprattutto; bere liquori forti come un metallo bollente - come facevano quei cari antenati intorno ai fuochi." (Una stagione in inferno, Rimbaud)

 

"...noi vaghiamo in un vasto mare sospinti da un estremo all'altro, sempre incerti e fluttuanti. Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci, vacilla e ci lascia...

Nulla si ferma per noi. E' questo lo stato che ci è naturale e che tuttavia è più contrario alle nostre inclinazioni..." (Pascal)

 

 

Multas per gentes et multa per aequora vectus Per genti molte, per molti mari passando,
Advenio has miseras, frater, ad inferias, Arrivo a queste misere esequie tue,
Ut te postremo donarem monere mortis Ch’io ti renda, o fratello, gli estremi doni di morte

(Catullo, carmen 101)

 

Questo vagare è pienamente reso dal romanzo epistolare  "Le ultime lettere di Iacopo Ortis" di Ugo Foscolo che si immedesima nel protagonista e dice all'amico Lorenzo:

6 Febbraio 1799

"Dirigi le tue lettere a Nizza di Provenza perch'io domani parto verso Francia; e chi sa? Forse assai più lontano: certo che in Francia non mi starò lungamente. Non rammaricarti, o Lorenzo, di ciò, e consola quanto tu puoi la povera madre mia.. Tu dirai forse ch'io dovrei fuggire prima me stesso, e che se non v'ha luogo dove io trovi stanza, sarebbe ormai tempo ch'io m'acquetassi. E' vero non trovo stanza, ma poi peggio che altrove la stagione, la nebbia perpetua, quest'aria morta, certe fisionomie e poi forse m'inganno, ma parmi di trovar poco cuore [...] insomma domani. E mi si è fitta in fantasia tale necessità di partire, che queste ore di indugio mi parvono anni di carcere..."

Anche Giacomo Leopardi vede la fuga come l'allontanamento da una realtà oppressiva e lo dimostra pienamente in "Dialogo della Natura e di un Islandese":

" ISLANDESE: (…)Per tanto mi posi a cangiar luoghi e climi, per vedere se in alcuna parte della terra potessi non offendendo non essere offeso e non godendo non patire. (…)Quasi tutto il mondo ho cercato, e fatta esperienza di quasi tutti i paesi; sempre osservando il mio proposito, di non dar molestia alle altre creature, se non il meno che io potessi, e di procurare la sola tranquillità della vita. (...)"

SU

(Cecilia Trevisani, Federica Pignatti, 4^S2)

Pagina precedente