1. Che cos'è un classico? È uno scrittore che ha parlato per noi, afferma il latinista Alfonso Trama. Tante sono le letture di ciascuno, ma solo i grandi hanno arricchito la nostra conoscenza dell’uomo, ossia di noi stessi [...]. Seneca e Pascoli mi hanno aiutato a capirmi e quindi a capirli. Osserva Italo Calvino: Si dicono classici quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati, ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli. |
2. A cosa servono i classici? I classici —
diciamo ancora con I. Calvino — servono a capire chi siamo e dove siamo
arrivati e perciò gli italiani sono indispensabili proprio per confrontarli con
gli stranieri, e gli stranieri sono indispensabili per confrontarli agli
italiani. Anche lo studioso Edoardo Sanguineti sostiene che i classici servono, perché aprono ad un possibile futuro, un quanto sono lì a dichiararci, di fatto, che si può cambiare la vita e moc4ficare il mondo. [ ] Ci dicono splendidamente che c’è un’arieté di Achille ed una di Socrate, che la virtus di Tommaso non è quella di Machiavelli. E questo ci viene certificato sperimentalmente in parole, in immagini, in suoni, in forme. |
3. C'è una ragione per continuare a studiare le lingue classiche all'interno della scuola? Rispondiamo
con le parole del filosofo Massimo Cacciari: Chi abbia letto una sola
tragedia greca, una sola “invettiva dantesca”, un solo verso della Ginestra
saprà ascoltare, saprà riconoscere i propri limiti ed il valore altrui, ma
passivamente obbedire mai. |
4. A cosa serve lo studio del greco e del latino? Studiando queste lingue si prende consapevolezza della sintassi, si fa attenzione alle forme (attraverso l’etimologia), alle regole, al contesto. Bisogna aggiungere —osservano Jacqueline De Romilly e Jean-Pierre Vernant —che lo studio delle lingue vive ne beneficia molto, dato che quasi tutte le lingue europee sono state in momenti diversi penetrate dal latino e dal greco. Lo studio sistematico di una lingua morta — osservano ancora i due studiosi — contribuisce all’organizzazione del discorso e del pensiero. Molti scienziati sono d’accordo che, in un ‘epoca in cui la nozione di complessità domina così spesso le scienze e le tecniche, per un ‘apertura su questo aspetto delle cose c'‘è poco di meglio di una buona cultura umanistica. [...] Imparare il latino e il greco significa moltiplicare fin dalla giovane età le occasioni per riflettere sul senso della vita collettiva, sulla democrazia, compresi i suoi limiti, o sulle sue imperfezioni, sulla giustizia sociale, sulla tolleranza. |
5. La logica non la si può affinare anche con lo studio di altre discipline? È certamente vero, ma — osservano ancora i due studiosi francesi — il vero beneficio dello studio del latino e del greco è il contatto coi testi: i testi di Omero, di Sofocle, di Euripide, di Platone, di Demostene, di Cicerone, d ‘Orazio, d‘Ovidio hanno nutrito tutte le letterature de/i ‘Europa. Se ne trova l’eco nelle opere letterarie, musicali, nelle opere di pittura o di scultura di tutte le epoche e ancora oggi nel teatro e nei film più moderni. |
6. Dobbiamo diventare topi di biblioteca per accostarci alla cultura classica? Il contatto con i testi è indispensabile, ma è anche il naturale completamento delle immagini, monumenti, iscrizioni che sono presenti dappertutto, testimonianze storiche della cultura che ha creato i ‘Europa. Questo contatto prolungato coi testi — osservano ancora De Romilly e Vernant — porta all‘appropriazione effettiva di una cultura che crea identità culturale e collettiva. Questa cultura diventa allora fattore d’integrazione sociale in quanto permette la conoscenza delle origini della cultura europea e mediterranea, una riflessione critica sulla storia culturale e i sistemi della vita collettiva. [...] Questa cultura porta a una formazione civica e morale, un tirocinio di cittadinanza alla scuola degli inventori della democrazia. |
7. E giusto sacrificare il nostro passato per un futuro caratterizzato da "Inglese-Internet-Impresa"? Secondo Paolo Mieli la modernità non deve, né di fatto può essere, negazione in toto dei passato [...]. È ridicolo pensare ad internet come a un orizzonte alternativo rispetto ai/a cultura classica. Lo scrittore francese Marc Fumaroli aggiunge: Adesso occorre porre il problema di un insegnamento capace di sostenere l’autonomia, la vitalità, la fecondità dello stile europeo e di ciascuna delle sue lingue. In Europa, tutte lingue di civiltà hanno contribuito a fondare il cuore della nostra identità. |
Abbiamo quindi cercato una risposta alle domande, che più di frequente ci poniamo o ci vengono poste, su questo argomento, utilizzando le riflessioni di intellettuali e studiosi.
C’é una ragione per continuare a studiare le lingue classiche all’interno della scuola?
A cosa serve lo studio del greco e del latino?
La logica non la si può affinare anche con lo studio di altre discipline?
Dobbiamo diventare topi di biblioteca per accostarci alla cultura classica?
E’ giusto sacrificare il nostro passato a favore di un futuro caratterizzato da “Inglese-Internet-Impresa”?
Gli alunni Edoardo D’Alfonso, Alessandro Di Renzo, Arianna Dall’Occa Dell’Orso, Margherita Michelacci classe VS2