Capitolo 38° - Conclusione

 

Le ultime righe vengono definite il “sugo della storia” e propongono una conclusione assai lontana dal “lieto fine” del romanzo tradizionale: dall’esperienza del dolore nasce la capacità di dare alla vita la sua giusta dimensione, se si ha fiducia nella Provvidenza.

“Dopo un lungo dibattere e cercare insieme, conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta e più innocente non basta a tenerli lontani; e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore. Questa conclusione, benché trovata da povera gente, c’è parsa così giusta, che abbiam pensato di metterla qui, come il sugo di tutta la storia. La quale, se non v’è dispiaciuta  affatto, vogliatene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta!”.

Renzo e Lucia, dopo aver fatto entrambi l’esperienza del dolore e della peste, ma anche quella rassicurante del perdono, riflettono sulla loro vicenda e giungono insieme alla conclusione sopra riportata.Come osserva E. Raimondi: “Renzo deve ammettere, da povero contadino, che il dolore del mondo non si spiega da solo e che “la fiducia in Dio” rimane l’unico conforto per il viaggio misterioso dell’uomo sulla terra. Ma proprio in questo consiste poi la giustizia per cui l’uomo può soffrire e sentirsi fratello di tutti gli oppressi, anche se la paura gli è nota più del coraggio. Mentre si crede di aver toccato un epilogo pacifico, obbediente alla rinunzia o alla rassegnazione, il discorso segreto di tutto il romanzo si rimette in moto e si porta dietro l’angoscia della storia. […] Dove finisce la ricerca di Renzo, comincia forse quella del lettore”.

Ana Venturi 5ª S2