PADRE CRISTOFORO

Fra Cristoforo, insieme al Cardinal Borromeo, rappresentano nel Romanzo la Chiesa “buona” e il potere spirituale vero, fedeli al Vangelo e, per questo, a servizio del prossimo; in particolare il frate ha il ruolo fondamentale di difensore degli oppressi. La sua complessa storia è narrata in un flash-back, che occupa quasi tutto il capitolo IV. Figlio di un mercante, Lodovico era cresciuto fra gli agi. Rifiutato dai nobili per la sua nascita borghese, aveva cominciato a contrastarli, facendosi protettore dei deboli, per sincera avversione all’ingiustizia. Un giorno Lodovico ingaggia un duello con un nobile, per una questione di precedenza. Il suo servo, Cristoforo, è colpito a morte dal nobile; questi viene a sua volta trapassato dalla spada di Lodovico. La folla, che ha assistito allo scontro, trascina Lodovico in una chiesa di cappuccini. Durante la permanenza nel convento, il giovane matura la decisione di farsi frate e assume il nome del servitore che è morto per lui.

Toccante è la scena in cui fra Cristoforo incontra il fratello dell’ucciso, per invocarne il perdono: il suo atteggiamento umile e le sue parole sincere gli conquistano l’animo di tutti i presenti.

Il volto e il contegno di fra Cristoforo dissero chiaro agli astanti, che non s’era fatto frate, né veniva a quell’umiliazione per timore umano. […] Quando vide l’offeso gli si pose in ginocchioni ai piedi, incrociò le mani sul petto, e, chinando la testa rasa, disse queste parole: “Io sono l’omicida di suo fratello. Sa Iddio se vorrei restituirglielo a costo del mio sangue; ma, non potendo altro che farle inefficaci e tarde scuse, la supplico d’accettarle per timor di Dio.

Le due anime del personaggio, una fiera e focosa, e l’altra animata da grande ardore di carità, emergono con forza anche nel cap. VI, in cui padre Cristoforo affronta don Rodrigo, per convincerlo a lasciare in pace Lucia. Il cappuccino è un uomo coraggioso: lo dimostra la scelta di affrontare il nemico nel suo palazzo, dove egli si sente più forte e sicuro. Il nobile ostenta tutta la sua aggressività e vuole sottolineare il suo prestigio sociale. Il frate, invece, si impegna per controllare la propria impulsività  Con guardinga umiltà [… ] con un tono sommesso vengo […] a pregarla d’una carità, fino a quando la volgare insinuazione del nobile: “Ci dev’essere qualche fanciulla che le preme molto, suscita tutto il suo sdegno. L’indegnazione del frate, rattenuta a stento fino allora, traboccò. L’uomo vecchio si trovò d’accordo col nuovo, ovvero le due anime, si ricongiungono nello sdegno di fronte all’arroganza.

Nel seguito del romanzo, fra Cristoforo viene costretto a lasciare il convento di Pescarenico e a partire per Rimini, dopo le pressioni del Conte Zio sul Padre Provinciale (cap. XIX).

Infine compare al termine della vicenda dei due giovani (cap. XXVI) quando a Milano, nel lazzaretto, incontra Lucia e scioglie il voto che la giovane ha fatto alla Madonna.

Maria Laura Calzolari, VS2