“Lo zingaro e il comunista”, un libro di Pietro Mita pubblicato dalle
Edizioni Punto Rosso ricorda la figura del politico scomparso nel giugno
del 2005 e che attraversò più di una stagione di movimenti,
dal Sessantotto a Seattle.
Pietro Alò, una vita sognando la libertà
Non tanto una biografia, ma un racconto quello scritto su Pietro Alò.
Del racconto ha l’espressione di sentimenti colti con cenni o con una semplice
frase, la costruzione di personaggi nella cui individualità ci si
può proiettare, la narrazione di storie in cui si possono conoscere
esistenze spesso dure ma vissute con dignità, ricche anche di sorrisi
e affetti. Pietro Mita ha scritto un libro, in pochi mesi, che attraverso
la figura di Pietro Alò narra di una generazione di donne e uomini
impegnate/i a cambiare le intollerabili condizioni di vita, le relazioni
tra persone segnate dal dominio, dall’arbitrio e dallo sfruttamento, non
inseguendo il potere ma sforzandosi di tessere le reti umane per dare nuovi
significati all’esistenza, a quella propria e a quella degli/delle altri/e.
Che non sia una biografia tradizionale risulta già dal fatto
che non si trovano indicati né il luogo né la data di nascita
di Pietro. Lo troviamo ancora bimbo messo “a mastro”, a imparare un mestiere
(quello piuttosto nobile di maniscalco e fabbroferraio), scampando così
a quello di pastore che teneva lontano da casa e dalla famiglia e che esponeva
bambini a paure e rischi continui. Pietro Mita non indulge, forte della
propria esperienza, in quadri melensi della vita contadina e proletaria,
anche di quella vissuta in famiglie magari socialiste: esistenze dure,
dai rigidi ruoli gerarchici, dove l’asprezza del tirare a campare toglie
sorrisi e affetti. Per questo, la lotta per sopravvivere ha preso sempre
il senso dell’emancipazione sociale e culturale, schiudendo orizzonti umani
altrimenti segnati dalla crudezza. A volte la via di scampo era il seminario,
sì quello dei preti o di qualche ordine monacale che consentiva
a qualcuno di sfuggire al destino di semianalfabeta: quinta elementare
e poi al lavoro. Oppure si poteva incappare in qualche maestro che si accorgeva
delle potenzialità e dell’intelligenza, pur compresse dal cattivo
italiano e dalla povertà delle forme espressive, e premeva sui genitori
perché almeno si facesse seguire un corso di studio in qualche istituto
tecnico. Nel racconto della vita di Alò si rispecchiano tante storie
di meridionali, di esperienze di bimbi, di adolescenti che nella giovinezza
hanno cercato le vie di fughe e di disobbedienza, di ribellione a ingiustizie
direttamente provate.
In questo quadro, l’attività politica è stata la via
dell’emancipazione da situazioni di privazione e di vera e propria oppressione.
In questo campo non si potrà mai dimenticare o cancellare l’importanza
del movimento operaio, bracciantile, contadino e delle loro organizzazioni.
Dalla lega contadina al Comune, dalle lotte alle istituzioni per torcerle
agli interessi, ai bisogni, ai diritti degli oppressi e degli esclusi.
Questa funzione di emancipazione, di integrazione non subalterna nella
società è un lascito del movimento operaio del Novecento,
che avrà pur commesso errori, causato tragedie, coltivato illusioni:
attraverso questa via di “lacrime e sangue” milioni di persone hanno trovato
il proprio riscatto da una condizione di minorità e di subalternità.
Leghe, sindacati, partiti sono stati il mondo “altro” da quello dei potenti,
dei ricchi, dei padroni; sono stati una società nella società
dove chiamarsi compagni stava a istituire uguaglianza e solidarietà,
in un mondo che le negavano momento dopo momento. Questa via Alò
l’ha percorsa tutta; anzi, il suo itinerario dal ’68 al movimento antiliberista
di Seattle e Genova è dentro questa vicenda di emancipazione, e
di autoemancipazione: fece parte del Circolo Lenin (l’unico ad occuparsi
di lotte bracciantili), dell’Mls, del Pdup, confluì nel Pci, dopo
la Bolognina partecipò alla costruzione di Rifondazione comunista.
Straordinarie le sue imprese: nel Comune in cui nacque, dove da assessore
organizza le prime vacanze a Rimini e a Venezia di anziani/e che mai si
erano mossi; nel movimento cooperativo per dare prospettive a contadini
associati per sottrarsi alle regole del mercato capitalistico; nella lotta
per contrastare il caporalato, che è stata una costante delle sue
battaglie; al Senato dove si occupò di questioni energetiche, essendo
stato anche operaio magazziniere all’Enel, di inchiesta sul caporalato,
di Pietro Venezia per sottrarlo all’estradizione verso gli Usa.
Dopo l’esperienza al Senato, elettovi da operaio, Alò non trovò
accoglienza in Rifondazione. Non si diede per vinto e si presentò
una sera del novembre 1999 al Rialtoccupato a Roma alla prima riunione
della Camera del lavoro e del nonlavoro, declinò le sue generalità
(anche politiche) e da allora fu uno degli animatori delle lotte contro
la deregolamentazione del mercato del lavoro, conclusasi nel referendum
sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. In questa funzione partecipò
al movimento dei Social forum, sempre presente come appassionato tessitore
di assemblee, convegni e lotte.
Davanti all’Atesia a Roma fummo tra i primi a tentare di organizzare
il nuovo precariato urbano dei call center, e dopo poco tempo lì
si sarebbero sviluppate le prime vertenze su salario, turni, continuità
del lavoro, previdenza. Pietro incontrò giuristi, magistrati, sindacalisti,
li strinse un legame politico e organizzativo, si avvicinò a Sinistra
europea e con Alleva, Ferrero, Guglielmi, Cannella, Castronovi e molti
altri formò il Centro Diritti del lavoro, che oggi porta il suo
nome.
L’emancipazione: questo è per me il filo della vita di Pietro
Alò. A cinquant’anni si iscrive all’Università e si laurea
in Sociologia con una tesi su “Il caporalato nella tarda modernità”,
la questione che ha sempre tenuto viva perché lì si manifestano
le forme più violente dello sfruttamento e dell’arbitrio padronali.
Forse seguendo don Milani, era ben consapevole che bisognasse apprendere
più parole del padrone, perché la lingua, il discorso, il
sapere non sono un modo per distinguersi ma per poter conoscere il mondo
e cambiare l’esistenza. Il titolo del racconto della vita di Pietro Alò
è Lo zingaro e il comunista, Edizioni Punto Rosso, (pp. 160, euro
10,00) a dire che da giovane girava la Puglia per soddisfare la sua curiosità
e il suo amore per la musica dato che le bande concertistiche sono un’antica
tradizione meridionale, da adulto si è mosso in Italia e nel mondo
per girarlo e per fare politica.