Joan Subirats, Assessore alla Cultura del Comune di Barcellona, è intervenuto nella giornata di lunedì 11 giugno in occasione del primo incontro del Laboratorio Spazi, percorso partecipato promosso e organizzato dalla Fondazione Innovazione Urbana di Bologna, per il quale egli svolge il compito di garante, non solo in qualità di amministratore, ma anche in quanto accademico. Il suo intervento ha toccato alcuni punti di particolare spessore che, di seguito, proveremo a riassumere.
In primo luogo Subirats ha sottolineato l’importanza del nascente legame tra Bologna e Barcellona, enfatizzato anche e soprattutto dalla presenza di Ada Colau, Sindaca della città catalana, in occasione della presentazione della Fondazione Innovazione Urbana, mercoledì 20 giugno (a questo link è disponibile la diretta dell’assemblea pubblica con Ada Colau).
L’esperienza catalana di cui parla Joan è quella della lista Barcelona en Comù. Già dal nome emerge un aspetto interessante, il riferimento all’idea dei Commons, dei Beni Comuni. Da qui ne emerge l’idea di uno spazio di gestione che non può soltanto scegliere tra, come le definisce il nostro, un’attività statale e un’attività mercantile. Elinor Ostrom che, ricorda l’Assessore catalano, ha vinto il premio nobel in economia nel 2009, ha dimostrato, nei suoi scritti, non soltanto che è possibile governare in modo non mercantile e non statale, ma anche che ciò è più efficace dal punto di vista della sostenibilità delle risorse e della resilienza. L’esempio di Wikipedia, sostiene Subirats, è calzante: si tratta di un bene comune, è costruita da un punto di vista collettivo, non è statale, non è mercantile ed è altresì in grado di far chiudere l’enciclopedia britannica, non in grado di reggere la concorrenza.
Quando si parla di Commons, nel senso espresso da Subirats, Barcellona è certamente una città degna di nota. Conta 1.600.000 abitanti e vanta: 40 biblioteche pubbliche, 50 centri civici, 32 Case di Quartiere, 17 atenei popolari, 10 case della festa, che fanno più che altro eventi legati alla cultura popolare e tradizionale. Un 20% di queste altre strutture di carattere culturale civico, escluse le biblioteche, sono esclusivamente in mano ai cittadini, movimenti sociali o associazioni. L’idea centrale della lista Barcelona en comù è quindi proprio questa: dare forma a tutta questa realtà, in un concetto. Si è allora parlato di patrimonio cittadino: questo è il nome che si sta usando a Barcellona come ombrello di tutta questa realtà. In questo momento si sta quindi organizzando uno statuto speciale di patrimonio cittadino, con elementi pian piano da strutturare, al fine di creare le condizioni per dare una forma collettiva a questa idea dei beni comuni urbani con dei criteri e con degli elementi di governance di questi aspetti. I criteri, enumerati dall’Assessore, ai quali il capoluogo catalano sta lavorando per creare questo regolamento del patrimonio cittadino sono fondamentalmente quattro:
- Avere le radici nel territorio. Ovvero avere una presenza chiara sul territorio, che significa essere nelle persone, nelle strutture, nelle iniziative con un particolare orientamento alla dimensione dei Quartieri e con la capacità di lavorare in rete.
- Impatto e ritorno sociale. Questo vuol dire principalmente fomentare e creare le condizioni per arricchire le strutture sociali, quel capitale sociale di cui tanto si parla, l’empowerment dei cittadini, la capacità della gente di agire, di cercare e di proporre soluzioni ai problemi collettivi. Ma ciò significa anche lavorare all’idea di creare della co-responsabilità nella gestione dei beni comuni, anche in questo criterio di ritorno sociale, creando degli strumenti di economia sociale e solidale.
- Democrazia e Partecipazione. Ciò significa che devono esserci delle iniziative democratiche nella loro forma di agire, con degli spazi di decisione che siano conosciuti, chiari e trasparenti, con informazioni chiare e la capacità di essere responsabile e di fare la resa dei conti, etc. e con una volontà di autogestione.
- Prendersi la responsabilità sui temi che stanno a cuore alle persone. Questo anche se i temi possono sembrare periferici, che facciano riferimento ad elementi sostantivi dal punto di vista delle persone e della cura delle stesse. Per esempio la prospettiva femminista è per noi un elemento molto importante, il nostro governo parla sempre del femminismo come di un elemento caratteristico. L’idea di coesione sociale, di dignità nei diritti dei lavoratori, l’idea di sostenibilità collettiva e l’idea di sostenibilità sociale.
Questo concetto di co-produzione delle politiche pubbliche, afferma Subirats, va un po’ al di là del solo concetto di partecipazione perché parte dall’idea che non bisogna soltanto partecipare al processo delle politiche pubbliche ma anche alla diagnosi dei problemi. Questo perché la definizione dei problemi stessi deve già essere partecipativa; solo così si apre davvero il processo partecipativo.
Il tema che vuole sottolineare qui Subirats è quello della governance della struttura che si viene a creare, di questo sistema complesso e delle strutture secondarie che devono nascere per governare collettivamente questo insieme, sia dal punto di vista esterno, la cittadinanza, sia da quello interno all’organizzazione, quindi legate a come si fa a costituire un riferimento unitario, un ufficio tecnico che coordini e colleghi le strutture amministrative del Comune in modo che lavorino su temi diversi. A Barcellona, attualmente, si sta lavorando proprio per ottenere tutto questo, con la speranza di poterlo ottenere prima della fine di quest’anno.
Articolo tratto dall’intervento di Joan Subirats presso la Fondazione Innovazione Urbana
Bologna, 11/06/2018