di PAOLO
MOSANGHINI
UDINE. Non vogliono la regionalizzazione della
scuola. I sindacati della scuola di Cgil, Cisl e Uil hanno scritto al premier, Romano Prodi, e al ministro della Pubblica
Istruzione, Giuseppe Fioroni, per manifestargli «profonda preoccupazione». Il
motivo è la decisione «assunta dal Governo di sottoscrivere, il 21 dicembre
2007, un secondo Protocollo d’Intesa con la Regione Autonoma Friuli Venezia
Giulia con il quale vengono assunti impegni congiunti
sulla modifica delle competenze in materia d’istruzione».
E se per
l’assessore regionale all’istruzione Roberto Antonaz
non c’è alcun pericolo di questo tipo, i segretari generali Enrico Panini,
Francesco Scrima e Massimo Di Menna invece sostengono
vi sia «la possibilità di trasferire gradualmente le funzioni in materia
d’istruzione dallo Stato alla Regione». «L’ipotesi convenuta, a nostro parere,
rappresenta comunque una forzatura delle norme
previste in materia di trasferimento delle competenze dello Stato alla Regione
e lo smantellamento dell’unicità del sistema nazionale d’istruzione», dicono.
Ora i sindacati chiedono «un atto chiaro del Governo che ristabilisca le
prerogative dello Stato nell’ambito del sistema nazionale d’istruzione, in
questo caso, come per altri già avvenuti». Cgil, Cisl e Uil quindi ribadiscono «il più profondo dissenso sull’attuazione delle
ipotesi contenute nell’Atto aggiuntivo» e sollecitano «una presa di posizione
che smentisca le possibili interpretazioni del Protocollo aggiuntivo in merito
alla regionalizzazione del sistema scolastico del
Friuli Venezia Giulia».
Continua intanto la polemica contro la legge sul friulano a scuola. Circa 80
istituti (in regione ce ne sono 207), che fanno parte
dell’Associazione scuole autonome Fvg, hanno bocciato
la nuova riforma. «Il direttivo - illustra il coordinatore regionale Asa Fvg Stefano Stefanel - ritiene negativa la nuova legge in quanto di ardua applicazione e oggettivamente invasiva
dell’autonomia scolastica». Per questo auspica un intervento del ministero
dell’Istruzione e annuncia che intende anche avviare «passi formali». Ma nel mirino degli istituti c’è pure la legge regionale per
l’istruzione e la formazione professionale. L’associazione, in
attesa di essere convocata per un’audizione in consiglio, anticipa che
indicherà tre punti critici della legge. Secondo l’associazione, la legge
istituisce «un eccessivo numero di commissioni e non precisa in che modo gli uffici scolastici saranno regionalizzati».
Il secondo punto riguarda la formazione professionale, il cui accredito dovrebbe essere «aperto senza alcuna
certificazione almeno alle scuole secondarie di secondo grado e il biennio
dell’obbligo deve comunque garantire i livelli previsti dalle norme
sull’obbligo scolastico». Infine, Stefanel -
spiegando che la legge è comunque necessaria perchè
copre un vuoto legislativo e dichiarando la disponibilità a collaborare -
ricorda che «le norme sul friulano transitate dalla legge specifica alla legge
regionale in discussione vanno riviste perchè lesive dell’autonomia scolastica».
Accuse arrivano anche dall’Udc. «Le
perplessità che il ministero della Pubblica istruzione e quello delle Regioni
stanno sollevando nei confronti dell’insegnamento del friulano a scuola sono le
stesse che l’Udc aveva sollevato
in Aula durante la discussione del provvedimento regionale e sono di
legittimità costituzionale, oltre che di buon senso», afferma il capogruppo
centrista Roberto Molinaro.