Da studenti, sindacati, docenti e opposizione
parole di disapprovazione per il provvedimento: le sue norme non cambiano nulla
perché rimangono in piedi i tagli, rimandati di un anno, la trasformazione
delle università in Fondazioni ed i concorsi, per i quali il modello del
sorteggio parziale non dà garanzie
Tecnica della scuola: Università, il decreto
d’urgenza non placa la protesta
08-11-2008
di Alessandro Giuliani |
Da studenti, sindacati, docenti e opposizione
parole di disapprovazione per il provvedimento: le sue norme non cambiano
nulla perché rimangono in piedi i tagli, rimandati di un anno, la
trasformazione delle università in Fondazioni ed i concorsi, per i quali il
modello del sorteggio parziale non dà garanzie. Riprendono così ancora più
insistenti le manifestazioni studentesche e rimane confermato lo sciopero del
14 novembre. |
La parziale apertura del Governo
con il decreto
d’urgenza sull’Università del 6 novembre, che premia gli atenei più
virtuosi, introduce delle commissioni di concorso più super partes e
l’emanazione di borse di studio e di fondi dell’edilizia, non sembra aver dato
alcun frutto sul fronte del dialogo con i contestatori: da studenti, sindacati,
docenti e opposizione politica giungono parole di
disapprovazione per il provvedimento.Se si escludono le borse di studio,
finanziate con 135 milioni di euro ad hoc, gli
studenti si sentono delusi per un provvedimento che non sanerebbe affatto la
situazione: "grazie alle nostre proteste è stata aperta una braccia – ha
detto Federica Musetta, coordinatrice nazionale Udu - che porterà nuove borse e
residenze agli universitari. Ma con il decreto non si vanno a togliere i
problemi più grossi, per cui la protesta in atto non
si sospende". La rappresentante dell'Udu sottolinea
come la condizione indispensabile per fermare la mobilitazione in atto rimane
quella di "eliminare i tagli; che invece rimangono sostanzialmente
uguali”, mentre su applicano provvedimenti "populisti e mediatici: se si
fosse voluto veramente cambiare ad esempio il sistema di valutazione degli
atenei - sostiene la rappresentante degli studenti - si sarebbe finalmente
dovuto adottate un organo nazionale, come poteva essere l'Anvur,
e non il Civr che è legato al ministero. Serviva una parte `terza', come servirebbe coinvolgere in questo organo gli studenti che
rappresentano un elemento importante nel giudizio della didattica. Invece continuiamo ad essere ignorati".Il giorno dopo
la presentazione del decreto gli studenti hanno
ricevuto delle parole di comprensione dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano,
che ha detto di comprendere la “preoccupazione che percorre Paese”. La
contestazione studentesca si è confermata ed in certi casi si è fatta ancora
più forte. Decine di migliaia di studenti sono scesi
in piazza, in tutta Italia, da Nord a Sud, sempre per protestare contro il
Governo ed il ministro Gelmini. L’’onda anomala', come amano definirsi gli
stessi studenti, è tornata a 'travolgere' strade e piazze molte città: in
particolare Roma e Milano, ed in entrembi i casi vi sono stati dei leggeri
incidenti con le forze dell’ordine. A Roma, vicino la stazione Ostiense, è
stato ferito lievemente uno studenti assieme ad alcuni
agenti contusi.
Perentorio anche il messaggio, unitario, che giunge dai
sindacati Confederali, i quali attraverso il decreto “non si vede in alcun modo
all’orizzonte la volontà della correzione radicale di rotta che si rende
necessaria. E’ del tutto evidente – spiegano Flc-Cgil, Cisl e Uil - che
le grandi mobilitazioni in corso stanno preoccupando il Governo in modo
crescente, e che è in corso un tentativo di allungare i tempi, sperando in un
calo di tensione, e di produrre qualche modifica da spendere come soluzione dei
problemi. Resta invece la Legge 133, con tutti i suoi tagli e vincoli
distruttivi, restano il decreto ammazza-precari e le norme Brunetta, resta una
Finanziaria da strangolamento. Resta il silenzio perdurante del Ministero
rispetto al dialogo con le parti sociali”. “Non è con questi piatti di
lenticchie – sottolinea Mimmo Pantaleo, segretario
della Flc-Cgil - che si può fermare una protesta che cresce nella coscienza del
Paese: l 14 novembre l’Università, la Ricerca, l’Afam saranno in piazza a
manifestare per cancellare la legge 133 e le sue devastanti conseguenze”.Dello
stesso avviso sono risultate le associazioni dei
docenti: Nunzio Miraglia, leader dell'Andu, Associazione nazionale docenti
universitari, sostiene che le norme introdotte il 6 novembre "non cambiano
nulla perché rimangono in piedi i tagli, solo rimandati di un anno, la
possibilità di trasformare le Università in Fondazioni, a cui Gelmini non ha
fatto alcun riferimento, ed i concorsi, per i quali il modello del sorteggio
parziale ha già mostrato di essere fallimentare". A proposito dei
concorsi, si sofferma sull'introduzione di quattro membri esterni alla
commissione dei concorsi per docente e di due per quella di ricercatore. Per il
sindacalista il dl non rappresenta il forte cambio di
rotta richiesto da tutti, ma "significa, piuttosto, che ancora una volta i
`baroni' hanno vinto. Per vincere parentopoli e corporativismi – ha detto il
rappresentante dell'Andu - si sarebbe invece dovuto
eliminare del tutto la presenza di membri interni, che sono la `madre' di tutti
i nepotismi universitari, introducendo finalmente un sorteggio `puro' di soli
membri esterni tutti sorteggiati".
Secondo Miraglia questo decreto non è la risposta che voleva il mondo
universitario in mobilitazione: è piuttosto "un bruttissimo segnale per il
futuro perché - sostiene - questi concorsi così formulati per il futuro
rappresentano un segnale di inamovibilità". Giudizio negativo anche per la
differenzazione di fondi e di turn over che il governo intende attuare in base
ai parametri meritocratici di ogni singolo ateneo:
"qualsiasi tipo di correzione - sottolinea Miraglia - avrebbe dovuto
essere preceduta da un aggiustamento con preavviso in corso d'opera: il modello
prospettato produrrà invece lo `spappolamento' del sistema nazionale e di
salvaguardia di comune interesse".
Dure critiche sono piovute sul decreto d’urgenza sull’Università anche
dall’opposizione politica. Emblematiche le parole di
Antonio Di Pietro, leader dell'Idv, secondo il quale ormai "questo Governo
lavora soltanto sui sondaggi e sulla propria immagine. Si e'
accorto di aver fatto la pipì fuori dal vaso. E cosi ha
ritirato un provvedimento che, è un autentico cesso". Per Di Pietro ormai
il piano del Governo è chiaro: “la Gelmini guarda solo
a togliere fondi, colpendo i più virtuosi. Una riforma cosi non può essere fatta dal Ministero delle finanze puramente su
freddi calcoli. No è una cosa fatta male e del tutto
inaccettabile".