Recensione di Sergio Dalmasso, pubblicata sulla rivista "Su la testa.
Materiali per la rifondazione comunista", N. 20, aprile 2011 e sul sito
http://www.ilmegafonoquotidiano.it/news/piccolo-partito-dalle-grandi-ragioni
Progressivamente, studi ed analisi sulle principali formazioni politiche
della nuova sinistra dei decenni ’60, ’70 e ’80 vanno a coprire un vuoto
durato troppo tempo.
Al testo “storico” di Luigi Bobbio su Lotta continua, certamente la
formazione più significativa, nel positivo e nel negativo delle
spinte studentesche, giovanili ed operaie, si sono aggiunti, negli ultimi
anni i lavori di Cazzullo, Petricola, Voli. La storia di Potere operaio
è stata tratteggiata da Aldo Grandi.
Datati i lavori sulle formazioni marxiste- leniniste (tra gli altri
uno del giornalista Walter Tobagi), forse per la rapida caduta delle ipotesi
rivoluzionarie di matrice maoista, molto interesse ha ultimamente suscitato
il filone operaista, oggetto di molti studi, spesso tesi a dimostrare l’attualità
delle sue analisi, per gli autori la voce più originale del marxismo
italiano.
Stupisce il quasi nullo peso del Manifesto, formazione politica, nel
corposo studio di Lucio Magri Il sarto di Ulm, quasi a sottovalutare un’esperienza
sconfitta, ma di grande valore non solamente culturale, mentre non organici,
spesso all’interno di studi complessivi, sono i riferimenti (testimonianze)
su Avanguardia operaia che meriterebbe una maggiore attenzione, soprattutto,
ma non solamente, per la costruzione dal basso, per la formazione del quadro
operaio e di istituti quali i CUB.
Democrazia Proletaria è stata oggetto di un bel testo del 1996,
Camminare eretti (ed. Punto rosso, Milano), attenta cronologia e raccolta
di saggi di alcuni dei protagonisti, tutti centrati sulle culture politiche
della sinistra (storica e nuova) e su nodi critici (partito, democrazia,
partecipazione). Camminare eretti è testo da rileggere alla luce
anche dei nuovi libri usciti sul tema negli ultimi mesi: Democrazia Proletaria.
La nuova sinistra tra piazze e palazzi (ancora ed. Punto rosso) di William
Gambetta e Gli ultimi mohicani. Una storia di Democrazia Proletaria di
Matteo Pucciarelli, giornalista dell’”Espresso”.
Se il primo (qui recensito l’aprile scorso) è basato su un taglio
storico, documenti, scritti e comprende solamente i primi anni di DP, terminando
nel 1979, dopo la sconfitta elettorale di Nuova sinistra unita e la svolta
immediatamente successiva, il secondo ha un taglio più discorsivo
e - in meno di 200 pagine - ripercorre tutti i quindici anni circa in cui
ha operato il piccolo partito dalle grandi ragioni.
Le prime pagine tratteggiano il quadro degli anni ’60, dalla migrazione
all’avvento dell’operaio massa, dai “Quaderni rossi” alla scissione del
PSIUP, dal dibattito nel PCI al nuovo protagonismo della FIM- CISL, dalle
trasformazione nel costume al quadro internazionale, dal movimento degli
studenti a quello che esplode nelle fabbriche.
Sintetica la panoramica sull’arcipelago dei gruppi, sulle loro strutture
e posizioni, su differenze interne (teorie, pratiche) oggi difficilmente
comprensibili da chi non le ha vissute. La sconfitta elettorale, alle politiche
del 1972, spinge all’unificazione (anche se si rivelerà fragile)
le sinistre del PSIUP, del MPL, movimento della sinistra cristiana, e il
Manifesto, tre anni prima radiato dal PCI. Dall’incontro tra queste, nasce
la breve stagione del PdUP per il comunismo che si esaurisce dopo il modesto
risultato alle politiche del 1976 e davanti a divergenze su presenza nel
sindacato, rapporti con il PCI, presenza nelle istituzioni, concetto di
partito…
Proprio nelle elezioni del giugno 1976 si usa, per la prima volta,
la sigla Democrazia Proletaria (simbolo: falce e martello intrecciati e
pugno sul mondo) che poi, nelle divisioni e ricomposizioni successive,
viene assunta dalla componente di sinistra che tenterà di ricomporre
un partito nel difficile quadro del 1977, in una profonda difficoltà
organizzativa, davanti a sollecitazioni teoriche spesso antitetiche. Pucciarelli
passa in rassegna sinteticamente i primi congressi, la nuova sconfitta
elettorale nel 1979, la chiusura del “Quotidiano dei lavoratori”, l’uscita
di Vittorio Foa e della componente sindacale, le scelte per la “centralità
operaia ”, ma anche le suggestioni e l’impegno ambientalista, pacifista,
garantista.
La segreteria di Mario Capanna riesce a sintetizzare le differenze
interne, dando a DP una immagine esterna sconosciuta a tutta la nuova sinistra,
ma a fine anni ’80 la crescita della tematica ambientalista e delle Liste
verdi porta a nuove spaccature in una diaspora che pare insanabile, sino
al nuovo quadro aperto dallo scioglimento del PCI e al processo costituente
di Rifondazione, in cui, con un dibattito sofferto e mai semplice, DP confluirà
nel giugno 1991.
La scelta delle edizioni Alegre è stata quella di offrire su
DP un quadro sintetico, ma mai semplicistico, attento ai documenti ma soprattutto
alle testimonianze, completo nella narrazione dei fatti e non esente da
alcune sintesi interpretative. Un libro che, con gli altri citati, offre
un quadro interessante su una stagione e su tematiche, che non solamente
per motivi di età, penso possano dare insegnamenti nelle contingenze
dell’oggi.