Recensione di Mirco Dondi pubblicata su
http://www.storicamente.org/03_biblioteca/schede/benciDondi.htm
Titolo che icasticamente riassume il senso del ’68, rovesciandone lo
slogan più noto: «l’immaginazione al potere». Dentro
a questo ribaltamento, da qualunque parte la si voglia vedere, l’immagine
resta al centro di ogni snodo. Nel testo fungono da struttura portante
i concetti di percezione, interpretazione, introiezione poi impiegati nel
più generale ambito della memoria. Questi elementi seguono, a uno
a uno, lo sviluppo dei capitoli che paiono scritti con quel surplus di
sensibilità che la scuola francese ha di fronte alla storia delle
mentalità.
L’oggetto del libro è la ricezione (il transfert) del maggio
francese in Italia. Ovviamente, l’a. parte dalla descrizione degli intensi
giorni parigini condividendo una precedente annotazione di Marcello Flores,
convinto che senza quel maggio non ci sarebbe stato il ’68. Benci mostra
che questa considerazione non ha solo un riscontro nell’incedere degli
eventi. Indubbiamente c’è una fitta successione di episodi rilevanti
– che mettono in crisi l’ordine politico esistente – che non si trova né
prima né dopo il maggio francese e rappresentano una novità
nella vita politica di una democrazia occidentale negli anni della guerra
fredda.
C’è però anche altro. Siamo di fronte a un movimento
capace di enfatizzare l’immagine dei suoi istanti cruciali irradiandola
nello spazio e nel tempo. È una rappresentazione che si compone
di fotografie e manifesti, ma lascia una eco negli slogan, nelle forme
di lotta, nelle nuove rivendicazioni. Il ’68 «si è nutrito
ed ha alimentato immagini» (p. 187). Una delle rappresentazioni più
conosciute, senz’altro l’icona più diffusa, è diventata la
fotografia della Marianna del ‘68, la ragazza bionda a cavalcioni di un
amico che innalza la bandiera del Fnl vietnamita. L’a. ne ripercorre la
biografia che meglio di altre incarna un’adesione più istintiva
che ideologica alle istanze del movimento.
Quanto ai manifesti, nella sezione iconografica emerge la riproposizione
in diverse occasioni degli stessi disegni francesi, riversati però
nelle lotte operaie del ‘69 italiano. Il debito di riconoscenza si estende
agli slogan per quanto, a giudizio dell’a., i motti dei manifesti francesi
siano più efficaci a confronto delle più «farraginose»
riproposizioni italiane.
Le ondate del maggio francese sono due, fino al 13 la spinta è
quella degli studenti, dopo questo giorno il moto sociale passa nelle mani
degli operai, capaci di mettere in ginocchio il flusso produttivo, fino
ad imporre i razionamenti dei carburanti e le code nei negozi alimentari.
Separate sono anche le trattative fra governo e studenti, governo e sindacati
dove l’asse di chi protesta non arriva a convergere da un lato per l’abilità
mediatrice del primo ministro gollista Georges Pompidou e dall’altro per
l’incapacità a comprendere il movimento studentesco da parte del
Partito comunista francese, motore della spinta operaia. L’Italia l’anno
successivo va a riprendere più i modelli di lotta operaia che quelli
di lotta studentesca. Non tutte le trasposizioni hanno dunque la stessa
fortuna e la stessa duttilità di impiego, aspetto che poteva essere
sottolineato con maggior forza.
All’Italia che guarda serve la lezione di quei fatti. Si infittiscono
i dibattiti, si rileva la fragilità politica del movimento, ma la
soluzione adottata nella penisola è teoricamente debole, frammentata
nella stessa esplosione di particelle gauchiste, chiuse e settarie.
Quello che arriva dopo nel nostro paese è un diverso spirito
di lotta, che si evidenzia in nuovi motivi di protesta, come le manifestazioni
che attraversano il ’68 europeo contro i mezzi di informazione. È
una linea che anche l’Italia percorre nel biennio ’68-69.
Il medium privilegiato nell’eredità italiana finisce per essere
il giornale (quello francese la radio) con il successo di «Lotta
continua» (slogan francese) movimento e giornale di riferimento importante
negli anni successivi, caratterizzato da efficaci parole d’ordine e da
un contorno lessicale che deve molto al linguaggio orale. Benci riassume,
con un’utile focalizzazione anche quantitativa, l’atteggiamento della stampa
quotidiana («Corriere della Sera», «La Stampa»,
«Il Giorno», «Il Tempo», «Paese sera»,
«L’Unità») nei confronti del maggio francese.
Il lavoro è una sintesi interpretativa di piacevole alla lettura.
Il metatesto è un continuo dialogo interno fra interpretazioni
storiografiche e testimonianze.