Recensione di Attilio Mangano pubblicata su http://ciaomondoyeswecan.myblog.it/archive/2011/05/13/attilio-mangano-immaginazione-senza-potere-di-antonio-benci.html
Anche se può sembrare vanaglorioso autocitarsi credo che in questo caso sia giusto. Qualche anno fa nel corso di una intervista condotta da Antonio Benci mi capitò di spiegare l'intera vicenda del maggio francese 1968 come la proiezione di un film sulla rivoluzione in cui manca in qualche modo il finale stesso ( la classica presa del palazzo d'Inverno) ma per il resto c'è proprio tutto, una dinamica del processo, dalla fase iniziale alla sua accelerazione e pertanto ci si trova di fronte alla tipica sensazione del deja-vu, al mix di scoperta e ricordo , del" ma io questo l'ho già visto" che può capitare quando ci si ritrova davanti a una pellicola particolare. Siamo di fronte insomma a quel che si chiama L' IMMAGINARIO e si riapre subito il problema di fondare una distinzione tra l'immaginario e il REALE, " come se" il primo aspetto fosse quello non vero e perfino ingannevole e solo misurarsi con la realtà aiuta a riconoscere la differenza, salvo scoprire subito dopo che i due poli fan parte di un unico intreccio, cioè che non esiste un immaginario che vive nell'iperuranio e appartiene al mondo dei sogni ma semmai esso è, nella forma della rappresentazione stessa, una interpretazione e rappresentazione del reale, che è inseparabile da esso. Non so se sia il caso di farla lunga e di ricordare a questo proposito il classico lavoro di Cornelius Castoriadis sul tema e come il processo costituente di un IMMAGINARIO SOCIALE si rivela appunto nel suo mettere in crisi una precedente rappresentazione e offrirsi come nuova immagine. Di questo intreccio fra antropologia culturale e sociologia delle istituzione la grande lezione di Castoriadis si nutre ricordando ad esempio con Marx il problema della permanenza di lungo periodo di alcuni immaginari, primo fra tutti quello della " democrazia" ateniese. Ma adesso per tornare al 68 e al lavoro di Benci io credo che il merito notevole del suo lavoro sia proprio quello di avere studiato e descritto " il lungo viaggio" del Maggio francese nel tempo e nello spazio coniugando appunto memoria e interpretazione, raccontando insomma da storico quelli che siam soliti chiamare " i fatti" ma lavorando con un gioco di specchi, di rimandi, in cui il vissuto e il simbolico crescono insieme e accompagnano i protagonisti ed essi non sono più o solo i manifestanti di allora ma il CORO d'insieme: non a caso i diversi capitoli che compongono il lavoro si intitolano " Percezioni", ( le ore)," Interpretazioni" ( i giorni), " Trasposizioni" ( i mesi) e " Memorie" ( gli anni) , con la consapevolezza che questa storia non poteva solo essere raccontata e descritta o analizzata nelle sue cause e studiata nel suo processo ma era destinata a crescere su se stessa, a essere solo l'inizio, a dilatarsi e a costruire la sua stessa risonanza simbolica. Certo si può discutere se non sia così in fondo per ogni vicenda storica e si può , in parte almeno, convenire, ma quando il fatto si conclude e le sue conseguenze socio politiche si sono manifestate di solito lo studio storico si conclude e occuparsi della sua risonanza nella memoria e del percorso che si viene aprendo nelle soggettività è quasi un altro compito: ci sono ottimi studi sulla rivoluzione francese e altri sulla sua lezione di fondo come mito e cultura politica, altrettanto per la rivoluzione americana e perfino per la nostra storia dell'unità nazionale ma a questo punto si passa all'esame dei miti e dei simboli, delle culture politiche, delle correnti e dei processi sociali e chi volesse misurarsi con tutto questo intreccio per raccontare e interpretare il " lungo viaggio" sa bene di dover far ricorso a una molteplicità di strumenti e di solito finisce con lo scegliere o privilegiare un lato o un aspetto in funzione di un discorso interpretativo. Antonio Benci ha provato a fare tutto questo e a lavorare con una molteplicità di strumenti, intervistando protagonisti e interpreti, descrivendo il percorso di una IMMAGINAZIONE SENZA POTERE. Forse l'operazione è stata resa possibile dal tema stesso e dal rimando dell'immaginario al reale e di questo all'immaginario, un movimento particolare che riguarda appunto il Maggio francese e non ogni avvenimento storico ( basti ricordare la distinzione fra 68 immediato e 68 prolungato che è invalsa per spiegare il percorso di un'onda). Per questo pur sapendo che ormai la letteratura storica sull'argomento è ben vasta e lo stesso studio di documenti e memorie, lotte e culture, è cresciuto su se stesso, si tratta di un lavoro originalissimo che non si collega alla letteratura nostalgica dei sessantottini protagonisti ( alla Mario Capanna, tanto per non fare nomi) e al filone apologetico del come eravamo bravi ma gioca appunto di sponda, offre a chi vuol capire e criticare tutti i materiali che consentono un approccio critico e in questo senso credo che sarebbe sbagliato e riduttivo relegare questo lavoro fra gli studi recenti e minori di una letteratura ormai vasta senza invece riconoscere che la lezione di metodo che ne emerge va al di là della storia di un viaggio e che il nostro si rivela storico di razza, scaltrito e aggiornato. Sono sicuro che i futuri lavori del giovane Antonio Benci confermeranno che la strada intrapresa è quella giusta.