IL MOVIMENTO STUDENTESCO
PERCHE' OGGI E' NECESSARIO INTENSIFICARE LA LOTTA?
Gli studenti dell'ateneo bolognese hanno espresso con le loro lotte un deciso rifiuto di qualsiasi proposta cogestionale. I vari Cdf invece nel tentativo di riportare indietro le lotte a forme di partecipazione e collaborazione subordinata, e tutto intero il corpo accademico, rifiutando qualsiasi confronto di massa con gli studenti, hanno abdicato alla loro funzione istituzionale. Tutto ciò ha reso chiaro che l'università non è una grande famiglia in cui gli interessi di tutti siano conciliabili intorno a un tavolo, in una trattativa anche lunga e laboriosa, ma che gli interessi erano e sono antagonistici, e in questo senso fuoriescono dall'ambiente universitario. D'altra parte le occupazioni non si rivelano lo strumento decisivo e più forte in mano agli studenti. La situazione di stallo testimoniava che i Cdf avevano ben pochi interessi diretti nei diversi istituti universitari, ed erano invece solo un apparato burocratico di gestione amministrativa. L'occupazione non era inutile ma era un primo e fondamentale momento di autorganizzazione, di presa di coscienza e di chiarimento politico degli studenti.
SIGNIFICATO DELL'OCCUPAZIONE DEL RETTORATO
A questo punto l'occupazione del Rettorato rappresentava il primo momento di unificazione delle lotte a livello di ateneo. Unificazione che non avveniva su basi solidaristiche, ma sulla piena chiarificazione degli obbiettivi, del loro significato comune e della necessità di attaccare i veri centri di potere. Di fronte a questo atto le forze politiche della città e del paese prendevano per la prima volta posizione ufficiale in riferimento ai problemi suscitati dagli studenti. Interrogazioni parlamentari, contatti diplomatici, intervento della magistratura, ecc. testimoniano che tutte le forze della società civile erano state toccate e coinvolte. Il potere che si era andati a colpire non era solo il potere universitario, ma era un potere più generale, cioè potere politico e istituzionale. Quindi l'occupazione era rottura di equilibri istituzionali generali e legalitari e apriva lo spazio concreto per al repressione attraverso l'intervento della magistratura, l'interpellanza parlamentare del senatore veronesi, la diffamatoria campagna di stampa del "Resto del Carlino"-
RIFORMA SULLO
Questa riforma rappresenta il tentativo governativo di ingabbiare in istituti cogestionali tutte le frange di dissenso che un anno di lotte studentesche hanno evidenziato. E' chiaro quindi come questo piano possa passare solo e unicamente col consenso degli studenti e quindi in una situazione di "pace sociale". In questo senso il piano Sullo prevede la ricostituzione dei Consigli di Facoltà - da organi di tetra conservazione ad organi di illuminata e paternalistica apertura. Ma nel momento in cui gli studenti chiedono concreti cambiamenti delle loro condizioni materiali questi stessi consigli perdono qualsiasi funzione. In questa logica si spiega il fatto che da una parte si siano dati latitanti e dall'altra parte abbiano potuto semplicemente proporre un ritorno alla situazione iniziale.
IL CONFRONTO POLITICO DI MASSA HA VERIFICATO LA VALIDITA' DI QUESTO DISCORSO E HA CONFERMATO LA DISPONIBILITA' ALLA LOTTA DI TUTTI GLI STUDENTI. DA QUI BISOGNA PARTIRE PER ANDARE AVANTI E COLPIRE AL MOMENTO GIUSTO E NEL PUNTO GIUSTO.
L'OBBIETTIVO COMUNE DI LOTTA SONO ALLORA I CENTRI DI RICERCA COME CENTRI
DI POTERE CONOMICO E POLITICO DI QUELLE FORZE CHE NELLA SOCIETA' PERPETUANO
IL DOMINIO DI CLASSE.
CONTRO QUESTE FORZE BISOGNA COMBATTERE PER ARRIVARE ALLA VITTORIA
HASTA LA VICTORIA SIEMPRE!
Movimento Studentesco
Bologna 11 febbraio 1969
RELAZIONE DEL COLLETTIVO DI LETTERE E FILOSOFIA ALL'ASSEMBLEA GENERALE
La Facoltà di Lettere e Filosofia è stata occupata dal Movimento studentesco il 27 gennaio 1969 sulla base di questa mozione approvata a stragrande maggioranza dall'Assemblea generale degli studenti della Facoltà:
"L'Assemblea degli studenti di Lettere e Filosofia, riunita il 27 gennaio
1969, individuando nella prova scritta e nei preesami di Italiano una forma
di selezione tendente ad appurare una formazione professionale tale che
perpetui e consolidi l'attuale assetto socio-economico fondato sull'oppressione
delle classi sfruttate, preso atto del rifiuto posto dal prof. Spongano
alla proposta di abolire la prova scritta ed i preesami di Italiano e di
considerare come prive di ogni valore discriminatorio le prove scritte
già sostenute nella presente sessione, decide l'occupazione della
Facoltà a tempo indeterminato:
I) Al fine di esercitare sul Consiglio di Facoltà una pressione
tendente alla abolizione di tutti i suddetti preesami in quanto discriminatori.
II) Al fine di aprire una fase di discussione fra tutti gli studenti
sui problemi della selezione e della destinazione professionale.
III) Al fine di permettere un dibattito ed una presa di posizione sul
piano di riforma Sullo."
La decisione di occupare la Facoltà costituiva lo sviluppo conseguente
del lavoro politico svolto in precedenza all'interno della facoltà
e che si era articolato in interventi alle lezioni e agli appelli delle
prove preliminari e tendeva a porre in evidenza il contenuto ideologico
e la dinamica selettiva dell'insegnamento universitario in generale e di
alcune delle sue infrastrutture didattiche in modo particolarmente manifesto.
All'interno della Facoltà occupata il lavoro si sviluppava nelle
seguenti direzioni:
1) Significato politico del piano Sullo nel quadro generale dello sviluppo
della lotta di classe nel paese.
2) Analisi della funzione professionale del laureato in Lettere e Filosofia
e collegamento pratico con tutte le forze in lotta all'interno della scuola
(studenti medi, insegnanti medi, docenti universitari subalterni).
3) Collegamento e partecipazione alle lotte operaie.
La risposta del consiglio di Facoltà giunta a conoscenza degli
studenti attraverso gli organi della stampa cittadina era così articolata:
"Il Consiglio della facoltà di Lettere e Filosofia nell'esercizio
delle sue responsabilità verso tutti gli studenti, posto di fronte
ad un'occupazione che interrompe la vita della Facoltà e che non
solo impone di fatto l'interruzione degli esami di profitto e di laurea
mettendo in rischio l'appello invernale, ma rende anche impossibile il
proseguimento della sperimentazione didattica, già avviata con gli
esami mensili e i seminari, fa presente agli studenti impegnati nel rinnovamento
dell'università che la pressione dell'occupazione in atto impedisce
ogni discussione sulle modalità della prova scritta di Italiano
come di qualsiasi altro esame, e riafferma il proprio convincimento circa
l'indispensabilità della suddetta prova scritta, la quale non è
in alcun modo discriminatoria. La Facoltà ricorda ancora una volta
che la sede istituzionale per la discussione di ogni problema che concerne
i suoi ordinamenti interni è costituita dal Consiglio di Facoltà
allargato, al quale la componente studentesca è stata ripetutamente
e vanamente invitata a partecipare con proprie qualificate rappresentanza."
Ci troviamo ora di fronte con questo documento ad una chiara testimonianza
di un atteggiamento preciso della classe accademica che viene sempre più
nettamente a definirsi e a manifestarsi: oggi gli accademici non si presentano
più nei panni degli arcaici baroni puntigliosi difensori del privilegio
personale, ma come controparte politica coerente, compatta e consapevole.
Per comprendere in tutto il suo significato politico la risposta del
CdF - così come l'atteggiamento del CdF di Ingegneria nei confronti
della lotta dei compagni di quella Facoltà - è necessario
considerarla all'interno di un contesto politico generale.
La situazione attuale è caratterizzata dal fatto che il potere
politico (espressione di un equilibrio, precario, fra le varie forze interne
al capitale) si muove su due direzioni fondamentali: da una parte avanza
proposte riformistiche che tentano di occultare le contraddizioni più
immediate ed evidenti, dall'altra attua una repressione sempre più
violenta nel tentativo di intimidire e di distruggere, anche fisicamente,
le avanguardie di massa nate nel corso delle lotte passate, di separarle
e contrapporle alle masse, di imporre alla masse stesse le riforme.
In questo senso il piano Sullo si caratterizza come riforma repressiva,
in quanto esprime il tentativo di isolare il Movimento studentesco dal
contesto generale della lotta di classe: infatti, proponendo in forma mistificata
l'attuazione di alcune delle richieste avanzate dal Movimento l'anno passato,
mira ad imporre ad esso la cogestione pacificante in una università
divenuta un tranquillo "ghetto d'oro" separato dalle contraddizioni che
si sviluppano nella società capitalistica. Nulla di più dunque
che l'ipotesi di una università riformata che occulti temporaneamente
le proprie contraddizioni specifiche.
La comprensione di quest'analisi richiede una autocritica profonda
da parte del movimento studentesco rispetto ad alcuni punti del discorso
politico proposto lo scorso anno. In particolare ciò significa rifiutare
come risolutivo e funzionale al momento attuale della lotta l'obiettivo
della ristrutturazione didattica, che aveva costituito l'asse portante
dell'intervento politico dell'anno passato.
A questa presa di posizione del CdF, l'Assemblea Generale degli studenti
ha risposto con questa mozione approvata a larghissima maggioranza:
"L'Assemblea della facoltà di Lettere e Filosofia riunitasi
il 31/1/69, avendo preso coscienza del fatto che l'atteggiamento duramente
repressivo ed intimidatorio del CdF copre in realtà il tentativo
di isolare e separare l'avanguardia dalle masse studentesche, per fare
poi passare la cogestione al potere autoritario e la riforma Sullo tendente
al controllo sugli studenti ed alla subordinazione sempre più stretta,
ritiene che solo intensificando la lotta e generalizzandola a livello d'Ateneo,
si possa battere la repressione in atto e la volontà riformistica
che dietro a tale repressione si nasconde.
L'Assemblea decide pertanto l'occupazione degli istituti della Facoltà
e delle Biblioteche a tempo indeterminato.
Coordiniamo la lotta delle singole Facoltà.
Proponiamo la convocazione di un'Assemblea d'Ateneo."
L'intensificazione della lotta a livello di Facoltà ha trovato
una puntuale verifica nella convergenza con la necessità di allargamento
dello scontro riscontrata dal Movimento in tutte le altre Facoltà
occupate, con la necessità cioè di rispondere adeguatamente
al disegno generale del corpo accademico che tenta, compatto, di imporre
al cogestione, sulla linea della riforma Sullo.
Sulla base di queste esigenze politiche il Movimento ha trovato un
importante momento di unificazione che si è attuato praticamente
nell'occupazione del Rettorato. Questa occupazione rappresenta un momento
concreto di radicalizzazione del conflitto a livello di ateneo volto ad
impedire mediazioni di qualsiasi tipo che possano creare le premesse per
il passaggio della cogestione e della riforma Sullo.
Con queste motivazioni il Collettivo di Lettere e Filosofia ha discusso
e approvato la seguente mozione:
"L'Assemblea degli occupanti di Fisica, Lettere, scienze Biologiche,
senza sovrapporsi all'esigenza montante di forme più radicali di
lotta, decide di occupare il rettorato dell'università bolognese
come risposta ad un'operazione politica mistificatoria tesa a presentare
il senato accademico e la sua sede come terreno neutro di arbitrato tra
gli studenti e i CdF. Questa operazione tende a ripresentare e a ricostruire
una forza politica "super partes" come terreno di risoluzione pacifica
degli eventuali dissidi che si presentano all'interno dell'università.
Questa neutralità dell'organismo universitario non esiste ed è
stata svelata e sconfitta da un anno di lotte studentesche, e non sarà
permesso ad alcuno di ricostruirsi una verginità di neutro gestore
della istituzione universitaria. A partire da questa occupazione le assemblee
si impegnano a convocare le assemblee generali di facoltà per discutere
il significato politico di questa occupazione del Rettorato e la prospettiva
di una ulteriore intensificazione della lotta. Per questo si propone una
giornata di lotta a livello di ateneo, che si concretizzi in una assemblea
generale di tutte le facoltà in lotta e che, partendo dalle esperienze
pratiche delle singole situazioni, sia in grado di attuare una sintesi
politica e di individuare obbiettivi unificanti nella direzione della intensificazione
della lotta al piano Sullo. Questa assemblea dovrà tenersi mercoledì
5 febbraio 1969."
MOVIMENTO STUDENTESCO E PIANO SULLO
PREMESSA
Il "piano Sullo", come tutti i piani precedenti (vedi Gui-Codignola
e Scaglia-Leone), si presenta come (a) un tentativo di "aggiustare" una
università che fa acqua da tutte le parti, e come (b) una risposta
alle lotte che gli studenti vanno conducendo contro le strutture della
scuola e della società.
Ci interessa prendere soprattutto in esame il punto (b) per vedere
quale tipo di scelte politiche sta alla base del piano stesso.
1. UNIVERSITA' E SOCIETA'
Su questo problema fondamentale l'analisi del Movimento studentesco
è stata chiarissima: l'università -e la scuola in generale-
si presenta oggi in Italia come un'istituzione strettamente legata alle
esigenze di chi detiene il potere politico ed economico, cioè dei
grossi capitalisti. Università di massa significa proprio questo:
che l'istruzione universitaria mira soltanto a creare dei "tecnici", senza
alcuna capacità critica, da utilizzare direttamente nel processo
produttivo con mansioni puramente esecutive. ALL'UNIVERSITA' NON SI ELABORA
E NON SI COSTRUISCE LA "CULTURA", MA SI SUBISCE UN INDOTTRINAMENTO IDEOLOGICO
IN FUNZIONE DEL MANTENIMENTO E DELLA RIPRODUZIONE DEL SISTEMA SOCIALE ESISTENTE.
Lottando contro questa situazione oppressiva che vede lo sfruttamento del
lavoro intellettuale in funzione degli interessi capitalistici, il movimento
studentesco impone il rovesciamento di questa logica usando l'università
contro il sistema degli interessi costituiti.
Invece il piano Sullo, mentre nell'articolo 1 tenta di mistificare
la realtà di fatto parlando di "autonomia" dell'università,
negli articoli 2 e 9 prevede dei rapporti strettissimi sia con le strutture
economiche del sistema (confronta il decentramento e l'istituzione di nuove
facoltà dove lo sviluppo capitalistico necessita di forza-lavoro
specializzata), sia con le strutture politiche esistenti (vedi la struttura
degli "organi di governo", con al vertice il consiglio Nazionale Universitario;
vedi, inoltre, i rappresentanti della Regione, della Provincia, del Comune
e della camera di Commercio che dovrebbero far parte dei Consigli di Ateneo
e della Giunta).
2. POTERE E PARTECIPAZIONE
La prima parola d'ordine del M.S. durante le lotte dello scorso anno
era stata "POTERE STUDENTESCO". Gli studenti, intellettualmente espropriati
in modo sistematico, richiedevano di poter fare finalmente in prima persona
tutte quelle scelte politiche e culturali che sono sempre state (e sono
ancora) fatte sulla loro pelle da un ristretto numero di accademici. Ma
il discorso del M.S. non si limitò al piano delle rivendicazioni
più o meno sindacali che riconobbe subito come obbiettivi facilmente
integrabili: si presentò fin dall'inizio come un discorso politico
generale nel momento stesso in cui riconosceva nell'antiautoritarismo accademico
un'espressione dell'autoritarismo esistente a tutti i livelli della nostra
società classista e violenta.
Oggi le risposte alla nostra lotta politica non sono diverse da quelle
paternalistico-autoritarie che ci vennero fatte l'anno scorso dai professori
più o meno progressisti della nostra facoltà.
Ancora una volta ci viene proposta una "partecipazione" completamente
priva di potere alla gestione dell'università. (Detto per inciso,
già l'anno scorso si disse che l'unica proposta ragionevole che
poteva essere fatta per ristabilire realmente i rapporti di parità
fra le varie componenti universitarie era quella di trasformare i vari
organismi universitari, come i consigli di facoltà, i consigli di
corso ecc., in assemblee generali nelle quali insieme a tutti i professori
di ruolo fossero presenti anche tutti gli assistenti e incaricati e tutti
gli studenti). Ancora una volta, ciò che è più grave
si tenta di soffocare la spinta eversiva del movimento studentesco nelle
acque stagnanti della burocrazia rappresentativa. (Quanto poi all'alternativa
che viene lasciata alle decisioni degli studenti circa l'istituzionalizzazione
o la non-istituzionalizzazione delle rappresentanze studentesche negli
organismi universitari, non si fatica a comprendere che si tratta di una
falsa alternativa: E' FINT ROPPO FACILE NON ISTITUZIONALIZZARE IL NOSTRO
NON-POTERE.
3. LA DIDATTICA
Anche dal punto di vista della didattica la situazione rimane sostanzialmente
immutata e non si tiene alcun conto della critica rivolta dagli studenti
nei confronti di esami, piani di studio, ecc. Ogni possibile cambiamento
viene demandato ad organismi nei quali gli studenti o non sono presenti
(vedi CNU) o sono presenti in minoranza predeterminata.
Ancora una volta una prova concreta che se gli studenti vogliono ottenere
dei mutamenti anche parziali devono condurre la loro lotta al di fuori
di ogni schema istituzionale.
CONCLUSIONE
Chiunque abbia un minimo di esperienza di lotte studentesche comprende
bene come, in ultima analisi, anche questo "piano di riforma" rientri nel
più vasto disegno dello stato borghese di rimettere ordine laddove
si è aperta una contraddizione mediante la tradizionale politica
del bastone della carota. Così, mentre da un lato esso con i manganelli
e con i mitra interviene a reprimere le lotte degli operaie degli
studenti, dall'altro tenta con una riforma quanto mai generica e superficiale
di rimettere in sesto una situazione universitaria ormai putrescente. Ma
tutti i tentativi (destinati sicuramente a fallire, non fosse altro per
la loro ingenuità) di rendere l'università ancora più
funzionale all'economia neocapitalistica troveranno sempre gli studenti
pronti a respingere ogni mistificazione e ad attuare -nella pratica- un
uso anticapitalistico dell'università. Vale a dire adoperare l'istituzione
alla quale sono legate in misura sempre crescente le sorti del tardo capitalismo
come il luogo in cui si svolge il primo atto di una lotta che condurrà
al rovesciamento totale del capitalismo stesso.
Documento di lavoro della Facoltà di Magistero, da Che Fare,
N. 5/1969
SCIENZA, TECNICA, INDUSTRIA
Nell'attuale periodo di sviluppo della società capitalistica,
o meglio del capitale, esiste una catena integrata e continua a livello
di utilizzo della fase produttiva e della divisione del lavoro tra la scienza,
la tecnica e l'industria. Esaminando questo tipo di problema emerge come
fatto sostanziale appunto la divisione del lavoro.
Infatti alla scienza viene chiesto di scoprire nuove realtà
fattuali, intendendo qui come realtà fattuali sia la possibile estensione
dell'universo tecnologico attraverso nuove selezioni fra le componenti
dell'universo tecnologico preesistente (ad esempio i transistors), sia
il "successivo" utilizzo di nuove realtà fisiche (ad esempio le
onde hertziane, la radioattività, ecc.). Il ruolo che gioca questo
ampliamento dell'universo tecnologico è, nell'attuale momento di
sviluppo della fase produttiva, evidente: si tratta di creare nuovi canali
di consumo e nuove tecnologie, al fine di rimandare o addirittura evitare
le crisi altrimenti implicite nel sistema.
Alla tecnica viene invece demandato un compito diverso. Si tratta di
agire su questo ampliamento della realtà fattuale specificando concretamente
dalla larga generalità dei fatti fisici le utilizzazioni congruenti
e/o necessarie alla preesistente struttura economico-produttiva. E' opportuno
a questo proposito notare l'uso del termine "utilizzazione congruente":
non è infatti meccanico il passaggio dalla fase della scoperta di
nuove realtà fattuali alla fase più propriamente tecnologica
(ad esempio i problemi dei monopoli). Inoltre la tecnica deve occuparsi
di fissare le procedure o i "protocolli" con cui costruire concretamente
l'oggetto tecnologico.
Infine all'industria, in realtà la classe operaia, viene chiesto
di utilizzare concretamente questi protocolli per costruire gli oggetti.
I tre diversi momenti sopraddetti si distinguono quindi per salti qualitativi
all'interno della stessa catena. Mentre infatti l'operaio agisce sulla
realtà fattuale solo attraverso protocolli fissati di comportamento,
il tecnico agisce nel senso invece di dare una specificazione alla realtà
fattuale; il ricercatore deve infine ampliare questa realtà fattuale.
Non si deve tuttavia concludere che questi tre momenti, ben distinti
a livello teorico, lo siano altrettanto nella prassi, ovvero che alla divisione
logica corrisponda una rigida divisione dei compiti produttivi. E' questa
per esempio la problematica dei tecnici intermedi, della ricerca applicata,
ecc. Inoltre tende a scomparire anche al divisione logica tra i diversi
momenti, perché ormai al specificazione della realtà fattuale,
cioè il momento tecnico, viene effettuata mutando metodi e protocolli
dal momento produttivo, mentre a sua volta la ricerca assume e utilizza
gli strumenti e le procedure fino ad allora utilizzati nella tecnica. Avviene
pertanto la nascita del lavoro di gruppo con correlata divisione del lavoro
ed utilizzazione dei metodi di produzione industriali alla ricerca, anche
a quella cosiddetta "pura", e la scomparsa della figura del libero professionista,
ecc.
Per esprimere in breve questo processo basta dire che si sta assistendo
alla proletarizzazione del lavoro intellettuale, che, come abbiamo
visto, avviene su due piani: uno in cui si distrugge la distinzione logica
e metodologica tra i vari momenti, e l'altro, anche più concreto,
in cui l'appropriazione del risultato del lavoro sui diversi momenti viene
ad essere effettuata nella stessa maniera.
Ora questo tipo di esame è evidentemente viziato dal fatto che
è ad un puro livello descrittivo, fenomenologico, quindi limitato.
Esso va integrato con un'analisi a livello più profondo: in pratica,
cioè, bisogna esprimere su questa tendenza anche un giudizio ed
una scelta politica. Occorre vedere qual è a livello di lotta di
classe il riflesso del precedente esame.
I punti principali sono due:
a) Avviene e si svolge una solidarietà reale tra coloro che
sono impegnati nei vari momenti produttivi;
b) viene creata, allo scopo di evitare questa solidarietà,
una falsa coscienza di classe.
Quindi proprio nel momento in cui dallo sviluppo delle forze produttive
si verifica, a livello sociale, la divisione del lavoro, si tende a creare
una falsa coscienza di massa, per eliminare il pericolo che il nuovo proletariato
prenda coscienza di sè.
Risulta ovvia quale sia la prospettiva di intervento politico: dare
coscienza reale al nuovo proletariato. Naturalmente si suppone che esista
già, nel vecchio proletariato, una coscienza di classe, con cui
confrontarsi, e una lotta politica condotta dal proletariato stesso, a
cui unirsi. Qualora questa coscienza e questa lotta manchino, non è
che il processo di gestione di un nuovo proletariato non provochi tensioni
e difficoltà, come le agitazioni studentesche negli Usa; ma queste
vengono riunite a livello di falsa coscienza e quindi non possono sfuggire
al destino di una rigida integrazione al sistema.
Ora, per quello che riguarda il problema universitario, si deve notare
che una lotta a tale livello si manifesta, per quanto concerne il tipo
di intervento precedentemente accennato, come singolarmente attiva e critica.
E' infatti anche e soprattutto nell'Università che si dà
una falsa coscienza; è qui proprio che si costruisce il nuovo tecnico.
Ciò avviene sia attraverso l'insieme dei mezzi operativi di cui
il futuro tecnico viene fornito, sia con i limiti culturali e sociali di
cui questa formazione viene avvolta.
Occorre quindi:
1) demistificare fino in fondo il mito della divisione culturale e
della chiusa aristocrazia delle culture specifiche e proporre una cultura
critica e rivoluzionaria, nel senso di potere essere in grado di meditare
su sé stessa e sull'utilizzo che ne viene fatto; è necessario
cioè un momento totalizzante di costruzione ed uso di questa cultura
(è in questo senso che prendono ragione i controcorsi e le altre
iniziative analoghe);
2) lottare contro la produzione di tecnici immediatamente omogenei
al processo produttivo, perché questa lotta tende a garantire il
futuro tecnico dallo sfruttamento, con una generale forma di difesa ed
offesa del proletariato.
Il punto essenziale è il collegamento con le forze proletarie;
esso, a livello universitario, può avvenire qualora le lotte stesse
si intendano come un modo per cominciare a dare alla nuova classe coscienza
di sé, con l'appoggio esplicito del proletariato, e, a volte, con
subordinazione alle lotte più generalmente condotte dal movimento
operaio.
R. Bergamini, B. Giorgini, A. Cristallini
Nell'occupazione dell'Istituto di Fisica di Bologna, 15 dicembre
1967
ISTITUZIONI DI DIRITTO ROMANO
STUDIO DOGMATICO INUTILE SELETTIVO
E' assurdo pretendere di fornire un'immagine attendibile della realtà normativa del Mondo Classico senza il possesso di strumenti esegetico-critici che presupporrebbero una specifica preparazione storico-filologica.
L'eredità romanistica nel diritto moderno ha subito tanti e tali viluppi (elementi di origine corporativa, diritto comune, elementi di derivazione canonistica, legislazione di ispirazione giusnaturalistica, istituti tratti dalla nuova realtà dei traffici, dalla forma giuridica di organizzazione del capitalismo industriale) da apparirci ormai logora ed inutile come propedeutica formativa per la comprensione degli istituti giuridici vigenti.
L'insegnamento del Diritto Romano si basa sulla conoscenza della lingua latina e si pone al vertice di una gerarchia selettiva che tende ad escludere dalla facoltà la maggioranza dei giovani che escono dalle scuole medie superiori.
IL MOVIMENTO STUDENTESCO per questi motivi, ed oltre ad essi per espandere
il tempo di lavoro sociale e di autoeducazione politica degli studenti
CHIEDE L'ABOLIZIONE DELL'INSEGNAMENTO DELLE DISCIPLINE ROMANISTICHE ISTITUZIONALI;
IL MOVIMENTO STUDENTESCO non è disponibile sull'argomento per
alcuna contrattazione nè presenta progetti alternativi come formulazione
di piani di studio, perché RIFIUTA LA CATTURA COGESTIONALE;
IL MOVIMENTO STUDENTESCO SI IMPEGNA AD ATTUARE FORME DI LOTTA CHE RENDANO
IMPOSSIBILE, da parte degli accademici, L'ELUSIONE DEL GRAVE PROBLEMA DIETRO
IL PARAVENTO BUROCRATICO DELLA ECCEZIONE DI INCOMPETENZA
Volantino del Movimento studentesco di Giurisprudenza, s.d.
STUDENTI
L'assemblea generale degli studenti di Lettere e Filosofia, riunitasi
il 24/1/69, ha proceduto all'analisi dei fatti accaduti il 22/1/69 durante
lo svolgimento del preliminare scritto d'Italiano. Alla richiesta di uno
studente di porre in discussione il significato della prova stessa, il
professor Spongano, come unica risposta, sospendeva la prova e si allontanava.
Veniva poi comunicato che essa si sarebbe svolta il giorno 30. L'Assemblea,
senza prendere in considerazione l'atteggiamento autoritario del professor
Spongano, e senza soffermarsi sull'inutilità evidente dell'intera
prova nel suo complesso (quest'esame infatti si propone come ripetizione
delle procedure didattiche della scuola secondaria e del preliminare di
Letteratura), ravvisa questo episodio come un esempio estremamente chiaro
della contradditorietà del criterio selettivo che contraddistingue
la pratica burocratica dell'esame come tale. Infatti esso, in qualsiasi
forma si presenti, rivela il carattere autoritario e repressivo della struttura
universitaria che rispecchia precisi obbiettivi di elezione falsamente
meritocratica, fondati in ultima analisi su una concezione classista dello
Stato e della società. Tale concezione tende non solo a dividere
gli studenti col falso giudizio del merito, tra una élite ristretta
che avrà la capacità e il potere di produrre cultura e ideologia
(creando ad esempio per essa seminari, collegamenti editoriali, ecc.) e
una massa subalterna e dequalificata che porterà nelle scuole nozioni
e cultura basate su questa divisione fra chi comanda e sa e chi non comanda
e non sa. Riprodurre cioè fra gli allievi i medesimi metodi e strumenti
autoritari e discriminatori nei confronti soprattutto dei figli dei contadini
e operai e ceti subalterni, riproducendo e confermando la divisione in
classi.
L'ASSEMBLEA quindi
1) Chiede l'immediata abolizione della prova scritta come delle altre
prove preliminari.
2) Propone inoltre come obbiettivo, nel quadro della contestazione
dell'esame, la abolizione delle altre prove immediatamente discriminatorie.
3) Esige all'interno della Facoltà lo svolgimento di un ampio
dibattito sull'esame e sulla qualificazione e destinazione professionale
del laureato di Lettere e Filosofia.
Volantino del Movimento Studentesco di Lettere e Filosofia, s.d.
SCHEMA DI LAVORO DEL CENTRO STAMPA
Il centro stampa è un'attività politica ed un momento
immediatamente organizzativo del Movimento studentesco.
La proposta di lavoro del centro stampa si svolge e si sviluppa come
partecipazione al lavoro di produzione e riproduzione del centro tesso.
L'organizzazione dei mezzi di produzione del centro stampa è attuata
nella sede dell'Università.
Attività del Centro Stampa:
a) controinformazione
b) informazione
La controinformazione:
1) Controstampa
2) Organizzazione di assemblee-dibattito sui fatti che siano stati
utilizzati dal monopolio dei mezzi di comunicazione, in mano al capitale,
come strumenti di manipolazione delle masse.
Problema dell'ideologia della comunicazione e sua funzione di dominio
nell'ambito della lotta di classe.
Informazione:
1) Informazione sulla situazione complessiva della lotta studentesca:
Bollettino (Pavè)
2) Documentazione:
a) Teoria rivoluzionaria;
b) Documenti elaborati dal Movimento Studentesco;
c) Raccolta e distribuzione di documenti della lotta operaia e studentesca
sul piano nazionale e internazionale.
Problema della rete di informazione e controinformazione
3) Agitazione politica e comunicazione dei contenuti politici del Movimento
studentesco. Interruzione del circuito chiuso del discorso politico: agitazione
politica per mezzo di manifesti e volantini nelle fabbriche, scuole, città
e campagna in forma specifica tale che il comunicato politico sia immediatamente
una rottura istituzionale.
Problema dello viluppo in forma scientifica dei mezzi di agitazione
dalla forma stampata fino a mezzi tecnici come cinema e radio.
Dell'organizzazione dei mezzi di produzione del centro stampa e dell'agitazione politica.
Il problema tecnico è la base materiale dell'organizzazione politica.
Corrisponde a fattori di necessità dal cui controllo dipende l'efficacia
dell'attività politica.
L'organizzazione tecnica dei mezzi di produzione del centro stampa
come i mezzi di lavoro dello tesso si basano sulla divisione del lavoro.
Alla divisione del lavoro si oppone l'unità dell'azione politica.
L'unità dell'azione politica si manifesta e si realizza nell'agitazione
politica. L'agitazione politica è il mezzo ambientale necessario
per lo viluppo di uno specifico lavoro politico.
Il lavoro del centro stampa come pratica unitaria è diretto
a creare e mantenere nella scuola, nelle fabbriche, nelle campagne e nelle
città la tensione politica generale che permette una migliore chiarezza
e realizzazione del lavoro politico specifico.
Il contenuto politico del centro stampa, che è immediatamente
la lotta del movimento studentesco determina il carattere nettamente "strumentale"
del centro stampa. Cioè il centro stampa si nutre della lotta del
movimento e si pone nei confronti di questa come moltiplicatore della sua
attività politica. Il senso strumentale del centro stampa come strumento
tecnico si realizza nell'elaborazione dei prodotti del Movimento studentesco.
Il senso strumentale come strumento dia autocoscienza della lotta studentesca
nell'ambito della lotta di classe si realizza nella creazione di forme
di lotta dirette a creare l'agitazione politica.
Documento del Movimento Studentesco bolognese, s.d.
IL MOVIMENTO DEGLI STUDENTI MEDI
L'ANNO DEI MEDI
Si parla dell'anno degli studenti medi, dei giovani che partendo dalle
più disparate posizioni politiche, scendono in lotta e nel corso
della lotta individuano le ragioni politiche del loro disagio nella scuola
e nella società, diventando così coscienti della necessità
di cambiare la struttura di questa società; vedono nelle classi
dominanti, nei padroni, i loro veri nemici. E' un modo nuovo di entrare
nella contestazione politica, di far politica, non pedagogica ma di lotta
diretta che da un'esperienza porta ad una coscienza direttamente anticapitalistica.
Con la rivendicazione più elementare, quella del diritto di
assemblea, gli studenti medi si sono scontrati violentemente con il potere
costituito, con la repressione. Questo accade in una società profondamente
in crisi, dove le contraddizioni del sistema si fanno sempre più
profonde; dove la scuola è diventata la "gara dei cavalli da corsa"
con premio la disoccupazione giovanile (basta pensare ai tecnici diplomati).
Una scuola costretta a diventare ogni giorno sempre più repressiva
perché sempre più in contraddizione con la spinta rinnovatrice
in atto nel paese. Una scuola classista, dove è tramontato per sempre
il mito dello studente privilegiato.
Nelle scuole medie la contraddizione diventa ogni giorno più
insanabile: gli studenti si scontrano innanzitutto con i presidi da caserma
che definiscono mascalzoni i cosiddetti contestatari e si considerano i
soli padroni dell'istituto.
Il democristiano Elkan ha definito in parlamento la lotta antiautoritaria
degli studenti medi "porcherie che avvengono nella scuola" (cito testualmente).
Per le autorità scolastiche bisogna imparare, obbedire, rispettare
e non discutere.
Al liceo Mamiani di Roma sono stati sospesi degli studenti con la seguente
motivazione: "Per offesa al decoro personale, alla religione e alle istituzioni".
Questo clima da caserma si è improvvisamente rivolto contro i custodi
dell'ordine borghese: l'orario fisso, la disciplina di ferro che regna
nelle scuole medie si è trasformata in un potenziale omogeneo di
lotta degli studenti medi, che a migliaia, compatti, sono sfilati per le
vie della nostra città, hanno occupato le scuole, hanno ottenuto
libere assemblee, hanno in poche parole conquistato un'autonomia di lotta
come potente movimento di massa.
A nessuno sfugge la manovra della classe dirigente, e della stampa
padronale che la rappresenta ("Resto del Carlino"): seminare spaccature
interne tra operai e studenti; tra studenti medi e universitari, tra la
cittadinanza e le masse in lotta, tra i genitori e i figli ecc.
Una didascalia del "Resto del Carlino" parla chiaro: "Gli studenti
aggrediscono per le vie del centro alcuni automobilisti", oppure "Gli studenti
medi sfilavano ordinati, mentre gli universitari seminavano disordini".
Ma ormai un fatto è evidente: nemmeno la stampa reazionaria si può
permettere di attaccare direttamente questi grandi movimenti di massa:
hanno paura. Hanno paura, e mandano i fascisti, che sono un'avanguardia
repressiva al servizio dei padroni e del potere accademico, e sono
una copertura politica, da destra, alle forze politiche governative, mentre
Rumor alla tv invita, con angelico volto, gli studenti ad una contestazione
costruttiva e ad emarginare le cosiddette frange estremiste. Polizia e
fascisti mostrano il vero volto della classe dominante.
Le squadracce fasciste non sono perciò frutto di un capitalismo
vecchio. Nostalgici del passato si collocano in un preciso disegno politico
di chi sta al potere, al fine di creare tra le forze rivoluzionarie spaccature
e falsi obiettivi.
Non a caso questi attacchi sono concentrati su Bologna, protagonista
in questi ultimi tempi di grandi manifestazioni di piazza (studenti, operai)
e contemporaneamente amministrata dalle forze di sinistra. La licenza per
reprimere viene dal vertice.
In questi ultimi giorni avete assistito alle imponenti manifestazioni
degli studenti medi, agli scioperi, alle occupazioni, agli attacchi polizieschi
particolarmente violenti a Imola, all'Itis e all'Albini dove la polizia
ha attaccato i giovani perfino con catene; avete assistito a sfilate di
celerini e baschi neri pari a imponenti manovre militari.
Otto giorni fa abbiamo assistito ad una grande vittoria: migliaia di
studenti medi, uniti in un solo blocco, hanno costretto la polizia, camion
e camionette in gran numero, a sgombrare da via Saragozza, dove era arrivata
per ripetere all'Itis la brutale repressione effettuata ore prima all'Albini
e in altre scuole: in quel momento l'autoritarismo è stato battuto,
ma non la logica militar-fascista, che ha spinto i poliziotti a riintervenire
durante la notte contro gli studenti occupanti. Si giunge perfino, nei
giorni seguenti, a ordinare la serrata di un istituto tecnico per due giorni
e a schedare gli studenti occupanti; tutto questo era stato previsto dal
"Carlino" sei ore prima. L'ordine del quotidiano bolognese veniva rispettato
dalla Questura.
Nelle scuole occupate si respirava intanto aria di libertà:
la caserma cominciava a prendere somiglianze di una scuola: libere assemblee,
controcorsi.
Il clima psicologico dell'autoritarismo era infranto: la linea dell'obbedienza,
del nozionismo, del rispetto, che collega la scuola alla società
attuale e particolarmente gli istituti tecnici alle fabbriche. Quegli stessi
istituti tecnici a cui provveditore dice: "O vi rimettere calmi e obbedienti
oppure sarò costretto a chiudervi l'istituto a tempo indeterminato
oltre che a denunciarvi alla Procura delal Repubblica". O capitolate o
vi distruggeremo come studenti. Ogni dubbio viene meno davanti a questa
logica.
L'altra faccia della medaglia, oserei dire la più pericolosa,
è il paternalismo delle autorità scolastiche, che va dal
professore "buono" al preside "comprensivo" o impotente a seconda dei casi.
Penso che la grande forza che hanno dimostrato in questi giorni gli
studenti medi stia nell'unità che hanno saputo conquistare: la prima
mossa delle autorità scolastiche sarà tesa a infrangere questa
unità, a creare false divisioni tra gli studenti, a isolare, come
è già stato fatto in altre parti d'Italia, gli studenti più
attivi dai loro compagni.
A questo punto i professori, mediatori ed esecutori diretti dell'autoritarismo
scolastico come figura professionale, devono fare una scelta: o rompono
con l'autoritarismo in maniera violenta, come hanno rotto gli studenti
che occupano le loro scuole e si schierano esplicitamente dalla parte del
movimento studentesco, oppure resteranno strumenti, sia pure all'ultimo
livello, della classe dominante: non esiste una posizione intermedia, una
posizione più comoda.
In una carta rivendicativa delle scuole medie fiorentine è scritto:
"Mentre il capitale pianifica e realizza sempre più il suo
sviluppo, si continuano a vedere figure polverose e squallide, portatrici
di un retorico raggio di speranza in un futuro migliore".
Vi è, a nostro avviso, un solo obiettivo valido, per gli studenti
medi, oggi: trasformare questa loro forza sempre più crescente in
continue conquiste di potere all'interno della scuola. Minare dalle radici
l'autoritarismo scolastico, è questo un modo concreto per contribuire
alla trasformazione di questa società, per collegarsi alla lotta
della classe operaia e degli altri movimenti. Una decina di giorni fa due
cortei si sono incontrati per le vie cittadine: studenti e operai; per
vie diverse, ma verso lo stesso obiettivo: minare il potere borghese dove
si trova. Occorre organizzare la lotta: conquistare un potere per garantire
la continuità della lotta, la sua crescita.
a cura del Movimento studentesco dell'Itis
da: Quindici, N. 14, Dicembre 1968
STUDENTI DEL FERMI!
Il primo e più importante obiettivo da raggiungere è riottenere il diritto, precedentemente toltoci, di riunirci liberamente in assemblea. Questo perché solo nell'assemblea di tutti gli studenti, attraverso il lavoro unitario e di comunità, è possibile stabilire e portare avanti una linea dia azione conforme ai nostri interessi e alle nostre esigenze. Questo diritto ci è ancora una volta negato dalla autorità scolastica che cerca di sopprimere qualsiasi tentativo da parte degli studenti atto ad affrontare e risolvere i problemi della scuola. Seguendo una linea concorde con gli studenti delle altre scuole bolognesi, al Fermi
MARTEDI' 21 DURANTE L'INTERVALLO SI TERRA' UNA ASSEMBLEA NELL'ATRIO DELLA SCUOLA
per discutere quale azione intraprendere al fine di ottenere LA DISPONIBILITA' DEI LOCALI DELLA SCUOLA OGNI QUAL VOLTA CIO' A NOSTRO GIUDIZIO SI RENDA NECESSARIO. Inoltre per rivendicare il nostro diritto nelle assemblee e nella vita scolastica di potersi esprimere liberamente, per ottenere quella famosa LIBERTA' DI PAROLA che, sebbene sancita dalla costituzione come un preciso diritto dell'individuo si è rivelata in pratica condizionata all'umore e alla ideologia dei nostri sinceri ed onesti dirigenti.
LOTTARE PER UNA IDEOLOGIA E' UNA SCELTA
LOTTARE PER UN DIRITTO E' UN DOVERE
Volantino del Movimento Studentesco del Liceo Scientifico "E. Fermi"
Studenti, operai,
i padroni ci raccontano che studiare è il mezzo più sicuro
per avere poi un posto di lavoro migliore ed un salario più alto.
Ma la realtà è ben diversa: la scuola è ormai un fenomeno
di massa, una fabbrica che deve produrre la nuova forza-lavoro; in essa
i padroni investono ingenti capitali, perché ne ricaveranno grossi
profitti; non solo, ma il costo maggiore della nostra preparazione allo
sfruttamento dobbiamo pagarcelo noi con il salario dei nostri genitori:
e questo furto sul salario operaio tende a costringere gli operai stessi
a lavorare di più, facendo cottimo, straordinari, ecc., se vogliono
mantenere i figli a scuola.
La scuola ha come funzione quella di manipolarci ideologicamente, insegnandoci
che partecipare al miglioramento delle condizioni economico-sociali del
paese vuol dire cooperare al benessere di tutti:
QUESTO E' FALSO: operai e studenti sanno che sviluppo della produzione
significa rafforzamento dello sfruttamento, aumento del profitto dei padroni,
non certo del reddito operaio. Per questo in fabbrica si lotta oggi contro
tutti quegli strumenti che i padroni hanno inventato per costringere gli
operai a lavorare sempre più e per controllarli politicamente (qualifiche,
cottimi, straordinari, ecc.).
La lotta operaia contro la divisione in categorie è l'unica garanzia
che gli studenti hanno affinché la loro lotta alla selezione politica,
che nella scuola si attua attraverso il voto, gli esami, ecc., non venga
vanificata al momento del loro inserimento nel processo produttivo.
E dalle lotte operaie dobbiamo imparare che il reddito, divisi, non
lo si ottiene, perché:
IL REDDITO NON LO SI OTTIENE STUDIANDO
MA SI CONQUISTA CON LA LOTTA
Gli interessi degli studenti coincidono oggi interamente con quelli della classe operaia, proprio perché gli studenti di oggi saranno i tecnici di domani, ed essere tecnici non significa essere meno fruttati degli operai, ma al contrario essere sfruttati al pari degli operai stessi: i tecnici, così detti intermedi, sono oggi in Italia 2.300.000 ed i padroni sono di fatto costretti ad usare contro di loro gli stessi strumenti di divisione e di controllo politico che usano contro gli operai. Le lotte di autunno lo hanno dimostrato e le lotte dei settori petroliferi lo dimostrano oggi: i tecnici sono scesi in lotta al fianco della classe operaia accettando le parole d'ordine operaie (lotte della Snam Progetti, dei tecnici dell'Eni, della Sit-Simens).
Dobbiamo perciò già da oggi lottare per i nostri interessi
immediati e futuri, che coincidono di fatto con quelli egli operai:
il nostro interesse, al di là di qualsiasi moralismo, è
quello di stare meno a scuola ad imparare come meglio farci sfruttare;
il nostro interesse è quello di far pagare ai padroni la loro
scuola;
il nostro interesse è quello di avere il voto unico per tutti,
perché:
1) non è con il nostro diploma che si ottengono i soldi e la
tranquillità;
2) il voto è fatto per fregare i più ingenui e per dividere
gli uni dagli altri;
3) il voto, l'esame, ecc., sono strumenti di controllo politico sugli
studenti: con i 3 ed i 4 si fa presto a calmare la gente, e se uno prende
7 vuol dire che studia come un retino e non fa i suoi interessi di classe,
nel senso che non svolge altre attività che non siano quelle che
i padroni vuole che svolga.
Studenti, operai,
dobbiamo lottare uniti sugli stessi obiettivi, contro gli tessi padroni
e quindi organizziamoci, massificando la lotta
CONTRO LE QUALIFICHE E IL VOTO
PER LA RIDUZIONE DELL'ORARIO DI LAVORO E DI STUDIO
PER I SERVIZI GRATIS: SCUOLA, TRASPORTI, AFFITTI
Massificare le parole d'ordine tutti uniti per togliere ai padroni
la possibilità di batterci isolandoci gli uni dagli altri, colleghiamoci
oggi alle lotte già in piedi a Ferrara e Modena:
CONTRO IL COSTO DEI TRASPORTI
studenti e operai di Modena e Ferrara si sono mobilitati e occupano
ogni mattina le corriere e glia autobus, rifiutandosi di pagare il biglietto.
ORGANIZZIAMOCI, nelle scuole e nelle fabbriche, per rifiutare questo
furto legalizzato sui alari.
OGGI ore 15 via Zamboni 33
ASSEMBLEA GENERALE DI TUTTI I PENDOLARI
Movimento studentesco medio
21/4/1970
I DOCENTI
Consideriamo un nostro preciso dovere di docenti universitari sottolineare
una serie di fatti che, nella loro apparente eterogeneità, fanno
pensare all'esistenza di un articolato piano repressivo, e in ogni caso
testimoniano il diffondersi di un clima assolutamente incompatibile con
i principi democratici sanciti dalla nostra carta costituzionale: l'intervento
della polizia in numerose scuole e atenei italiani; il continuato presidiamento
di alcuni di essi; le sospensioni punitive comminate nei confronti di studenti
medi; gli arresti e i mandati di comparizione spiccati a carico di studenti
universitari e medi.
Tutti questi fatti, al di là delle singole intenzioni e giustificazioni,
coincidono in un unico risultato oggettivo, la mortificazione del Movimento
studentesco, la forza che al di là di ogni singola riserva, rappresenta
storicamente il momento più alto di presa di coscienza della crisi
che dalla società si riflette sull'intera struttura della scuola
italiana. E questo avviene in una situazione in cui la lotta per una autentica
e incisiva riforma ha raggiunto il suo apice, in una drammatica contrapposizione
fra le esigenze e le forze reali di rinnovamento e l'impotenza della classe
dirigente, come testimoniano le stesse dichiarazioni dell'ex ministro Sullo.
In tale contesto generale, non possiamo non considerare con profonda
preoccupazione gli arresti eseguiti a Bologna nei confronti di sei studenti
universitari e di un'operaia (componente, quest'ultima, di commissione
interna), e i mandati di comparizione inviati a sette studenti medi.
Mentre ci associamo all'unanime richiesta di una rapida scarcerazione
degli arrestati, riconfermiamo il nostro preciso impegno a difesa della
più ampia e piena possibilità di espressione del dissenso,
individuale ed organizzato, come condizione indispensabile del libero sviluppo
della società civile e della dialettica politica.
Appello sottoscritto da 236 docenti dell'Università di Bologna
Aprile 1969
Mozione approvata dall'assemblea dell'Associazione Docenti Universitari Subalterni il 25 febbraio 1969
L'assemblea dell'Associazione Docenti Universitari Subalterni (ADUS),
sezione bolognese dell'Associazione Nazionale Docenti Subalterni (Ands),
riunita in assemblea martedì 25 febbraio 1969,
presa visione del testo del progetto di disegno di legge governativo
relativo alla riforma globale dell'università,
effettuato un ampio dibattito sui suoi punti qualificanti,
riconosce in esso, con fortissima indignazione, il tentativo esplicito,
ancora una volta ripetuto,
a) di rifiutare, in linea di principio mediante l'idea che lo studio
sia servizio sociale reso allo studente e non lavoro produttivo reso dallo
studente, e nei fatti mediante l'istituzionalizzazione della figura dello
studente lavoratore, l'inderogabile attuazione del diritto allo studio;
b) di rifiutare il riconoscimento del diritto degli studenti a uno
spazio politico autonomo, col riproporre la cogestione da essi rifiutata,
col concedere, svuotandolo però d'ogni incidenza politica, il diritto
d'assemblea, e coll'imporre, mediante il ricatto del mancato rinnovo dell'assegno
di studio, le assurde forme di lavoro estivo e di dovere di "coerente condotta";
c) di confermare razionalizzandoli, i principi della stratificazione
gerarchica all'interno del corpo docente, della concentrazione del potere
accademico ai suoi vertici, e della mistificazione della gestione democratica
mediante la cogestione tra diseguali;
d) di confermare, colle deroghe al principio del tempo pieno, con la
possibilità di utilizzare, ai fini di lucro privato, le attrezzature
universitarie, e con la creazione dell'assurda figura del professore associato
a vita, la riduzione dell'università a strumento di potere personale,
politico ed economico, della ristretta oligarchia dei professori ordinari;
e) di prefigurare la risoluzione delle contraddizioni strutturali dell'università
italiana, da una parte mediante la creazione di una doppia università:
l'una di èlite, efficiente e in grado di compiere ricerca scientifica (col
dottorato di ricerca e gli studenti a tempo pieno), l'altra di massa e
squalificata, perché capace solo di conferire preparazione acritica
e immediatamente specialistica (con gli studenti lavoratori e i corsi serali
e per corrispondenza); e da un'altra, mediante l'esplicita subordinazione
ell'espansione universitaria alle immediate esigenze dello sviluppo economico
dell'industria nazionale e internazionale, sviluppo assunto come criterio
univoco, condizionante e per nulla contestabile.
L'assemblea dell'Adus, sezione bolognese dell'Ands, confermando che
nell'insieme ora analizzato hanno valore di mera razionalizzazione efficientistica,
funzionale al rafforzamento del potere accademico dei professori ordinari
e alla strumentalizzazione dell'università, sia le accresciute competenze
attribuite al Cnu rispetto ai centri di potere politico-burocratico ministeriali,
sia le accresciute competenze dei dipartimenti rispetto alle facoltà,
che tuttavia rimangono indistrutte;
giudicando del tutto inemendabile il progetto in questione, e rifiutandolo
perciò radicalmente, delibera
a) di denunciare e di combattere a fondo qualsiasi manifestazione repressiva
che fosse intrapresa nei confronti del Movimento studentesco;
b) di associarsi allo sciopero di una settimana, a partire dal giorno
27 febbraio, proclamato in sede nazionale, dall'Ands;
c) di partecipare alla manifestazione di protesta indetta nell'aula
magna dell'università di Bologna, per mercoledì 26 febbraio
1969;
d) di proporre i contenuti politici della presente mozione come base
comune di lotta dei docenti subalterni dell'università di Bologna;
e) di promuovere sulla base del contenuto della mozione stessa, l'occupazione
della sede centrale dell'università da parte dei docenti subalterni,
auspicabilmente con gli studenti, della stessa università di Bologna;
f) di impegnare i suoi aderenti a svolgere gli esami della sessione
straordinaria di febbraio anche nelle facoltà occupate;
g) di dare la massima diffusione alla presente mozione.
COSTITUZIONE DEL MOVIMENTO INSEGNANTI-BOLOGNA
A. Il Movimento politico studentesco ha fatto emergere questa realtà:
che i soggetti sociali autentici e primari della scuola sono gli studenti
e gli insegnanti.
Gli studenti non scelgono né i metodi né i contenuti
della propria formazione.
Gli studenti sono sottoposti a una selezione sociale forzata che determina
la loro destinazione professionale e che appare loro come potenza ostile
ed estranea.
Gli insegnanti non decidono dei metodi e dei contenuti dell'insegnamento.
Gli insegnanti sono costretti da un contratto di lavoro alla produzione
di attitudini e capacità omogenee ai valori e alle necessità
di un sistema che li asservisce.
Questo stato di contraddizione insolubile si istituzionalizza negli
organi di potere interni ed estranei all'ordinamento scolastico ed ha il
suo risvolto specifico sia per gli studenti che per gli insegnanti:
a) per gli studenti, nel regolamento scolastico e disciplinare:
b) per gli insegnanti:
-nella subordinazione totale alla triade preside-provveditorato-minsitero
attraverso la gerarchizzazione che dà al lavoro del docente una
funzione puramente esecutiva, oltre che attraverso la pratica poliziesca
e spionistica delle note informative riservate al preside;
-nella precarietà della funzione sia per l'uso e l'abuso giuridico
del contratto a termine, sia per l'assenza di una definizione del loro
stato giuridico. In questa situazione gli insegnanti e gli studenti vengono
a costituire una unica forza antagonista nei confronti degli organi burocratici
del potere costituito.
B. Il Movimento reale che percorre la scuola mostra che la soluzione
delle contraddizioni insite nelle condizioni degli studenti e degli insegnanti
non può essere ricercata secondo i modi tradizionali di delega alle
istituzioni. In questi giorni gli studenti mostrano dia vere rivendicato
a sé direttamente senza mediazioni di sorta la soluzione di queste
contraddizioni. Essi sono giunti ad affrontare lo scontro diretto con il
preside e con la polizia in modo da dimostrarsi consapevoli:
1) che l'opposizione all'apparato autoritario del potere è possibile
solo attraverso una pratica sociale diretta e non attraverso una contrattazione
a livello delegato;
2) che una pratica sociale e diretta è possibile solo se la
struttura del movimento respinge le forze di organizzazione tradizionali
nelle quali finisce per riproporsi un rapporto irrevocabile fra dirigenti
e diretti con conseguente subordinazione della massa e soffocamento di
qualsiasi spinta autonoma della base sociale.
In questo senso appare chiaro che il movimento politico della scuola,
sebbene limitato nella sua estensione, si pone come una visione globale
nei confronti della società e chiaramente antagonista e alternativa
alle sue istituzioni, sia nella forma statuale che nella forma del potere
sociale (partiti e sindacati).
C. Venti anni di pratiche corporative non hanno impedito l'affermarsi
di processi di dequalificazione e proletarizzazione degli insegnanti ai
quali i partiti e i sindacati non possono offrire nessuna possibilità
di mutare la propria condizione di lavoratori subordinati.
Gli insegnanti oggi debbono negare in modo radicale la propria condizione
e ciò è possibile (si abbia come riferimento il movimento
studentesco) solo se saranno in grado di organizzarsi in movimento di massa.
Compito della parte più attiva degli insegnanti è quello
di promuovere la formazione di tale movimento.
A questo proposito proponiamo che:
a) si dia luogo all'interno degli istituti alla pratica dell'assemblea
degli insegnanti autoconvocata e aperta (obiettivo a lungo termine);
b) che si creino immediatamente delle commissioni di studio e documentazione
intorno alla condizione sociale dell'insegnante e specificatamente su questi
problemi:
1) determinazioni della violenza repressiva;
2) collocazione dell'insegnante all'interno delle strutture attuali
della produzione.
3) Queste commissioni devono, a nostro parere, assolvere i seguenti
compiti fondamentali:
a) produrre il materiale per il lavoro continuo di propaganda, volantinaggio,
agitazione;
b) assicurare il collegamento con il lavoro degli studenti medi e universitari
ricorrendo alal forma di commissioni aperte o ad altre iniziative.
Gruppo insegnanti-medi
Bologna, Novembre 1968, da: Che fare?, N. 5/1969
LA SOLIDARIETA' INTERNAZIONALISTA ED ANTIMPERIALISTA
DICHIARAZIONE DEGLI STUDENTI AMERICANI
Noi studenti della Università Americana di Bologna, condanniamo
l'invasione americana in Cambogia.
E' chiaro che questa invasione è allo stesso tempo un'espansione
dell'imperialismo americano nel Vietnam e della repressione delle lotte
di liberazione nazionale nel Sud Est asiatico.
Un atto così aggressivo è una prova vivente delle menzogne
politiche del governo di Nixon. Questa è la continuazione logica del piano
di inganno che ha caratterizzato gli affari di politica estera dei precedenti
governi americani nel mondo intero e, in particolare, nell'Asia del Sud
Est.
Mentre il conflitto si trasforma in una vera guerra indocinese, l'opposizione
contro il governo americano sta aumentando negli Stati Uniti stessi: quattro
studenti sono già stati uccisi. La risposta di Nixon a questa resistenza
interna sempre più forte, è di organizzare la repressione di qualunque
dissenso attivo. I suoi metodi ed i suoi appelli allo sciovinismo stanno
conducendo l'America sull'orlo del fascismo.
Sappiamo che magari ogni tipo di protesta ha degli effetti limitati
nel tempo. Sappiamo anche che le protesta americane contro la guerra possono
portare disillusione.
Però non possiamo tare ad accettare che il governo americano
faccia una politica criminale in Asia.
Ci opponiamo quindi con molta fermezza alla politica estera del governo
di Nixon ed esprimiamo la nostra solidarietà coi popoli dell'Asia
del Sud Est nella loro lotta di liberazione nazionale.
OPPONIAMOCI ALLA GUERRA CRIMINALE
Gli Studenti Americani della Università John Hopkins
A proposito di un gruppo di giovani che vanno in Africa
La realtà materiale e spirituale del terzo mondo è il prodotto dell'incontro storico fra l'Europa e i continenti asiatici,a africani e americani; realtà che possiamo definire come soggiogamento della maggior parte della popolazione del mondo allo sfruttamento imperialista. Per arrivare a questo gli strumenti primari dell'azione "civilizzatrice" furono cannoni e missionari, duplice violenza distruttiva sui popoli esercitata dalla potenza materiale del capitale e dalla religione quale strumento ideologico destinato a defraudare i popoli della loro identità culturale. L'espansione territoriale dell'imperialismo ha sempre comportato il massacro e l'impoverimento dei popoli con i quali è venuto a contatto; nei superstiti, ridotti al ruolo di merce, ha tentato di imporre la cultura dello sfruttatore con lo scopo preciso di sopprimere ogni possibilità di rivincita.
Il messaggio "spirituale" della Chiesa si riduce ad una effettiva paralisi dello spirito, cioè ad impedire nei popoli oppressi la consapevolezza della necessità di una lotta violenta contro l'oppressore. La Chiesa è una gente dell'imperialismo giacché essa esiste per imporre la superiorità morale dello sfruttatore sulla inferiorità spirituale dello fruttato. L'imperialismo, organizzazione internazionale dello sfruttamento, è affiancato dalla organizzazione "spirituale" internazionale dello sfruttatore. Questa "pratica di convincimento" della gloria di essere poveri è portata avanti dalle avanguardie missionarie, che gestiscono in Africa, Asia e America Latina non solo la povertà in nome di Dio ma anche scuole, ospedali e partiti politici con il preciso scopo di continuare l'opera di Dio come opera del Dio Capitale.
all'interno di questo disegno internazionale di dominio, non contano la buona fede o i sentimenti di abnegazione di coloro che si prestano ad essere parte delle organizzazioni missionarie e di aiuto umanitario nei confronti del terzo mondo. Al di là di ogni loro intenzione soggettiva, esiste una sola realtà oggettiva: l'imperialismo, il quale va combattuto, non rafforzato attraverso la perpetuazione della penetrazione ideologica e materiale della cultura occidentale. Portare la cultura occidentale o anche aiuti materiali nel quadro della struttura oppressiva dell'imperialismo significa rendersi colpevoli di un gravissimo delitto nei confronti del terzo mondo.
Perché la verità è questa: la cultura non esiste senza le istituzioni della cultura stessa e le istituzioni capitalistiche (chiese scuole ospedali) sono gli strumenti del dominio e dello sfruttamento. Noi contestiamo la validità di ogni aiuto fatto nei confronti del terzo mondo se non è un aiuto politico diretto in primo luogo a distruggere l'imperialismo insieme a tutte le sue appendici culturali e religiose. Quindi il migliore aiuto che i giovani dell'occidente capitalista possono dare è di lottare nelle proprie condizioni oggettive per la rivoluzione socialista.
COMITATO ANTIMPERIALISTA
(Studenti stranieri residenti a Bologna)
LE LOTTE OPERAIE
OPERAI !
Nuove forme di lotta si sono imposte in questi giorni alla SASIB. Al
"crumiro" non è permesso andare a lavorare, il padrone e il crumiro
dicono questo limita la nostra "libertà", questo è "antidemocratico".
ma cos'é la democrazia?
LA DEMOCRAZIA DEL PADRONE CONSISTE IN:
-libertà di fruttare,
-libertà di licenziare chi si ribella allo sfruttamento,
-libertà di reprimere i movimenti di lotta,
-libertà di impedire con la violenza (poliziotti oc crumiri
con bastoni) l'auto organizzazione operaia.
Cosa vuol dire democrazia operaia?
Che la classe operaia discute e decide nell'assemblea - il crumiro
da solo non può decidere di entrare: questa è la libertà
del padrone.
Rafforzare i picchetti e partecipare in massa all'assemblea.
L'assemblea è il momento di organizzazione autonoma e di partecipazione
della base operaia, in cui si manifesta la volontà di decidere dei
contenuti delle forme di lotta.
Proponiamo alla discussione la GENERALIZZAZIONE effettiva della lotta
SASIB, e la costituzione di comitati unitari di base studenti-operai in
ogni fabbrica, da usare come:
-STRUMENTI DI ORGANIZZAZIONE DELLA BASE OPERAIA
-DI GENERALIZZAZIONE DELLA LOTTA
-DI UNIFICAZIONE POLITICA DELLA CLASSE IN UN UNICO DISEGNO ANTICAPITALISTICO
MERCOLEDI' 8 GENNAIO ORE 21
AL CIRCOLO PAVESE, VIA DEL PRATELLO 53
COMITATO UNITARIO DI BASE DELLA SASIB
CHE COS'E' IL COMITATO DI BASE
Gli operai Ducati hanno dimostrato la loro combattività imponendo
al padrone un cedimento che ora dobbiamo far concretizzare al più
presto nella firma dell'accordo. Ma il clima di combattività in
fabbrica non si è affatto spento con la conclusione dell'accordo:
lo dimostra lo sciopero improvviso che ha impedito i licenziamenti. Con
questo sciopero si è dimostrato che durante la vertenza abbiamo
fatto un decisivo balzo in avanti: si è potenziata l'unità
di base ed abbiamo conquistato la capacità di sferrare la lotta
ogni volta che ci è necessaria. Ma nonostante questi passi in avanti
lo sfruttamento in fabbrica c'é ancora. Questo perché la
forza operaia è ancora inferiore a quella del padrone; questa inferiorità
ci costringe a contrattare e a scendere a compromessi e ci toglie la possibilità
di prenderci ciò di cui abbiamo bisogno. Il problema dunque è
di capovolgere i rapporti di forza.
L'unica strada da seguire per capovolgere i rapporti di forza è
la organizzazione di base che cresce attraverso la discussione, la mobilitazione
e la lotta gestita direttamente dagli operai nei luoghi stessi in cui il
padrone attua lo sfruttamento.
Il Comitato di Base che esiste alla Ducati per opera di operai e studenti
vuole arrivare ad essere lo strumento di unità e di organizzazione
di base per abbattere lo sfruttamento con l'imposizione del potere operaio.
Un primo importante obiettivo che il comitato di base si pone è
che gli operai Ducati, attraverso la discussione continua, la mobilitazione
permanente di ogni singolo operaio, arrivino preparati allo scontro diretto
col padrone al rinnovo dei contratti.
da: Foglio di discussione, scritto dal Comitato di base della Ducati
Elettrotecnica, 2 Giugno 1969
A proposito di comitati di base
Da parecchi mesi ormai, a scadenze regolari vengono distribuiti davanti
ai cancelli volantini ciclostilati firmati da un Comitato di Base Studenti
e Operai della Sasib.
Ora non è che la cosa di per sé ci interessi molto (rispettiamo
la libertà e l'opinione politica) ne ce ne saremmo mai occupati
se questi volantini non avessero creato taluni equivoci. Molti operai infatti
scambiando questo Comitato di Base per il disciolto comitato di agitazione
della Sasib sciolto al termine della lotta, ma comunque sempre pronto a
ricostituirsi all'occorrenza. Vogliamo dire inoltre che come Sindacato
non possiamo accettare la politica che svolgono questi Comitati di Base
così come non accettiamo il discorso di altri gruppi estremistici
il cui solo scopo sembra essere quello di attaccare le Organizzazioni Operaie,
e questa è una politica che può far piacere solo ai padroni.
Certamente noi accettiamo, anzi, chiediamo la collaborazione di tutte quelle
forze che possono aiutarci a risolvere i nostri problemi, così come
siamo disposti ad accettare le critiche quando però queste siano
fatte in funzione costruttiva e vadano verso il rafforzamento dell'unità
dei lavoratori, ma respingiamo fermamente tutte quelle manovre che siano
volte a portare la divisione tra i lavoratori.
da: lo Smeriglio, periodico della sezione sindacale Fiom Sasib, 22
luglio 1969 p 5
GLI STUDENTI E LE LOTTE OPERAIE
OPERAI DELLA REDE-LONGO
Il padrone trasferisce e riorganizza la fabbrica e non si preoccupa
nell'organizzare la produzione della vostra salute.
Per il padrone voi tutti siete soggetti da sfruttare con l'affaticamento
ed il logorio fisico.
IL PADRONE DICE CHE VOI NON AVETE IL DIRITTO DI CONOSCERE GLI EFFETTI
NOCIVI DEGLI GENTI CHIMICI CHE USATE.
Il padrone pretende di essere l'unico autorizzato a valutare i rischi
che glia genti nocivi vi fanno incontrare.
OPERAI VOI AVETE L'INTERESSE E IL DIRITTO DI CONOSCERE DIRETTAMENTE
CIO' CHE DANNEGGIA LA VOSTRA SALUTE.
Assumete subito l'iniziativa di difendere le vostre condizioni di lavoro (AMBIENTE, NOCIVITA', AFFATICAMENTO), aprite una discussione, scegliete voi stessi gli strumenti di mobilitazione e di lotta.
W LA CLASSE OPERAIA
gli studenti
Volantino del Movimento Studentesco bolognese, s,d.
PERCHE GLI OPERAI DELLA SASIB LOTTANO DA PIU' DI UN MESE
Alla vigilia di natale un operaio, Mignani, è stato licenziato
in tronco. PERCHE?
Perché aveva sbagliato un pezzo.
Non è la prima volta che i padroni si liberano di qualche operaio
con un pretesto qualsiasi. Ma questa volta c'é qualcosa di più:
Mignani è un attivista sindacale. Un sindacalista la cui attività
all'interno della fabbrica dava molto fastidio ai padroni. Perché
cercava di organizzare la lotta degli operai dopo molti anni in cui il
controllo violento e la repressione dei padroni e dei suoi servi aveva
frenato la volontà degli operai di rompere il cerchio dello sfruttamento
intensivo legato a macchine che impongono ritmi sempre crescenti di lavoro.
Per questo quello che ha fatto il padrone non è stato un atto
di "ordinaria amministrazione" ma un atto politico.
Gli operai della Sasib si sono ribellati tutti insieme a questo, la
loro lotta ha quindi un immediato significato politico, quello di battersi
contro il potere del padrone per imporre il potere degli operai in fabbrica.
Immediatamente dopo il licenziamento gli operai si sono riuniti in
assemblea assieme ai sindacati e hanno deciso di scioperare per la riassunzione
di Mignani e per portare avanti la lotta su altre rivendicazioni, sul cottimo,
sugli straordinari, sui ritmi e sul diritto di fare l'assemblea in fabbrica.
Le assemblee gli operai comunque le hanno fatte perché hanno
visto che questo è uno strumento importante per discutere e decidere
i termini e le forme della lotta. Gli operai hanno capito che debbono cominciare
a non delegare più ad altri la risoluzione dei loro problemi, che
solo unendosi tutti insieme discutendo e organizzandosi possono vincere
le loro battaglie.
A questo ha contribuito anche la presenza del movimento studentesco.
Gli operai infatti hanno partecipato fin dai primi giorni ai picchetti
discutendo con gli operai e partecipando alle assemblee.
Sia gli studenti che gli operai sanno ormai che le loro lotte, anche
se si sviluppano in situazioni diverse, sono dirette ad un fine unico,
quello di abbattere questo sistema sociale basato sullo sfruttamento e
sulla repressione.
Molti hanno paura di questa unità che si sta creando, hanno
paura che gli operai, gli studenti ed altri gruppi sociali si uniscano
e si organizzino per condurre assieme la loro lotta.
Ma questo processo non può essere fermato. Infatti alla Sasib,
come già in altre fabbriche in tutta Italia, gli operai e gli studenti
hanno cominciato d organizzarsi e hanno formato un comitato di base che
interviene attivamente nella lotta.
Ma tutto questo non può e non deve riguardare solo gli operai
della Sasib e gli studenti, ma deve riguardare anche gli operai delle altre
fabbriche, la popolazione del quartiere, gli insegnanti, i medici, tutti
coloro che lavorano e vivono nel quartiere.
Un primo modo di partecipare alla lotta della Sasib è quello
di aiutare gli operai, per questo noi andiamo in giro a raccogliere soldi.
Ma questo non basta. Dobbiamo fare delle assemblee popolari per discutere
il significato di queste lotte, svilupparne altre e organizzarci per affrontarle
meglio.
LA LOTTA DELLA SASIB DEVE DIVENTARE LA LOTTA DI TUTTO IL QUARTIERE
QUESTA DEVE ESSERE UNA PRIMA OCCASIONE PER DISCUTERE E CREARE NUOVE FORME DI ORGANIZZAZIONE
movimento studentesco
cicl. In proprio fac. Di Magistero 27-1-69
Commessi dell'OMNIA, UPIM, STANDA,
SU QUESTO SI FONDA LA SOCIETA' DEI CONSUMI
Ma la rabbia degli fruttati cresce: gli operai, i braccianti, i contadini,
gli studenti, ed ora anche i commessi, scendono in lotta. Il padrone, come
è successo all'Omnia, ricorre al ricatto, all'intimidazione, tenta
di isolare gli operai, promette aumenti ai crumiri, VEDE VACILLARE IL SUO
POTERE E I SUOI ALTI PROFITTI NATALIZI.
Rispondiamo alle manovre del padrone organizzandoci, collegandoci,
discutendo perché lo sciopero di sabato segni l'inizio di una lotta
continua contro lo sfruttamento.
NESSUN CRUMIRO ALLO SCIOPERO DI SABATO
GLI STUDENTI SONO CON LA LOTTA DEGLI OPERAI E DEI COMMESSI
comitato di base studenti-operai dell'Omnia
PERCHE L'INCHIESTA ?
Perché un gruppo di operai e medici ha preso l'iniziativa di
cominciare un lavoro di inchiesta medica nelle fonderie in relazione all'ambiente
di lavoro ed all'organizzazione di esso all'interno della fabbrica?
Vediamo come viene "salvaguardata" oggi la salute degli operai sul
posto di lavoro. Da una parte l'unica proposta davanti alle richieste degli
operai è la pura monetizzazione del rischio; dall'altra, quando
un operaio si ammala, ha a sua disposizione l'Enpi, l'Inail o il medico
della mutua; tutti questi enti ed i medici che vi lavorano sono totalmente
al servizio del padrone e la loro unica preoccupazione è quella
di "curare" l'operaio non tanto per farlo guarire ma perché possa
continuare ad essere produttivo il più possibile. Infatti viene
riconosciuta invalidità permanente, ad esempio per la silicosi,
solo quando l'operaio, continuando a lavorare in fabbrica, rischierebbe
di morirci (al padrone non piace che l'operaio gli muoia dentro al fabbrica:
è meglio che tiri le cuoia appena fuori dai cancelli così
si
potrà dire che c'é stata una "morte in itinere" che significa,
al di là delle parolone, che il padrone in questo caso non avrà
delle grane!!!)
Ora: le lotte dell'autunno scorso ci hanno insegnato che il problema
per l'operaio non è di contrattare qualche lira in più col padrone,
ma che le richieste da fare sono quelle che tendono a far acquistare maggiore
potere in fabbrica; questo significa, ad esempio, attaccare tutti i sistemi
di incentivazione (cottimo, qualifiche, premio di produzione, ecc.) e proporre
in alternativa l'autodeterminazione dei tempi di lavoro, fatta cioè
dagli operai stessi.
La nostra iniziativa va nella stessa direzione.
Oggi si parla di riforma sanitaria: ma nessuna riforma sarà
tale, cioè in grado di garantire davvero la pratica di un nuovo
tipo di medicina che non solo curi, ma che soprattutto prevenga le malattie:
infatti le persone (come è scritto anche sulla costituzione in uno
dei tanti articoli rimasti inoperanti (il 32)!!) hanno il diritto alla
salute. Cosa significa attuare quanto è stato detto? Significa che
le malattie si eliminano andando a scoprire le cause vere che sono poi
la realtà del lavoro in fabbrica così come è fatto
oggi. Significa inoltre che i delegati e gli operai in genere che hanno
acquistato una nuova autonomia durante le lotte dell'autunno, si assumono
anche la funzione medica e cominciano a rendere operante il diritto alla
salute, sia conquistando un ambiente di lavoro meno bestiale sia un nuovo
modo di lavorare che non è più determinato dalle esigenze
produttive del padrone. La riforma sanitaria non c'é ancora. Cominciamo
a farla noi partendo dalla causa prima delle nostre malattie: l'organizzazione
del lavoro nella fabbrica del padrone.
da: La scintilla, giornale degli operai delle fonderie-comitato medici,
studenti, operai Fiom-Cgil, N. 1 s.d.
I PROBLEMI DELL'UNITA' TRA STUDENTI E OPERAI
Una dichiarazione di un rappresentante del movimento studentesco
Durante l'ultima fase di lotta, il movimento studentesco si è
venuto sempre più chiarendo come movimento eversivo nei confronti
dell'intero sistema capitalistico nell'individuazione della crisi attuale
dell'università, non come circoscritta o circoscrivibile, non risolvibile
con riassestamenti e riforme ma radicata nella logica stessa di sviluppo
del capitalismo. Per questo l'analisi della contraddizione antagonistica
che si esplica nelle università tra espropriazione intellettuale
ad opera delle esigenze del capitale e formazione intellettuale e professionale
in grado di intervenire per dominare la logica del processo e della organizzazione
capitalistica è specifico del sistema vigente e in esso non risolvibile.
La lotta studentesca presa coscienza del proprio contenuto anticapitalistico
ed antimperialistico esce necessariamente dall'ambito dell'università
per rivolgersi contro il sistema, esce dagli atenei per confrontarsi con
l'autoritarismo sociale che è presupposto dell'autoritarismo accademico,
per misurarsi autonomamente con le altre forze politiche e sociali, in
primo luogo con la classe operaia.
L'identificazione tra studente e proletario, il discorso della costituzione
di un partito degli studenti sono assurde teorizzazioni ampiamente dibattute
e superate dal movimento studentesco che, nello sforzo di una autodefinizione
scientificamente fondata, è giunto ad un'analisi della figura sociale
dello studente nel rapporto con le forze produttive che lo individua solo
in un rapporto organico con il proletariato proprio perché è
con esso che può esprimere tutta la sua potenzialità contestativa.
In Francia gli studenti hanno divaricato una contraddizione, iniziato
una lotta che solamente la classe operaia ha potuto continuare.
Alla Fiat, a Valdagno, gli studenti sono stati al fianco degli operai
nella lotta e colpiti assieme nella repressione.
In tutta Italia il movimento studentesco sviluppa questo rapporto di
comunicazione (volantini, giornali, discussioni) e di azione comune (picchettaggio
studentesco agli scioperi, partecipazione operaia a manifestazioni studentesche).
Queste esperienze che probabilmente non sono uscite ancora totalmente
dall'ambito solidaristico sono in definitiva uno stimolo per affermare
prima di tutto un rapporto corretto tra movimento studentesco e classe
operaia che avvenga nel processo reale della lotta di classe.
Da questo punto di vista risultano quindi in definitiva sbagliate tutte
quelle posizioni, espresse anche da organizzazioni sindacali, che non comprendono
la logica politica del movimento studentesco si trovano sempre nella mistificante
alternativa tra richiedere al movimento studentesco di appiattire la propria
strategia politica in termini sindacali o di respingere burocraticamente
l'unità tra operai e studenti.
Il dibattito e soprattutto la prassi reale del movimento permettono,
riteniamo, livelli più elevati di lotta e di unità.
da: La Voce dei lavoratori, organo della Camera Confederale del Lavoro
di Bologna e Provincia, 30 Giugno 1968
ASSEMBLEA FRA OPERAI E STUDENTI A SANTA VIOLA
Lunedì 17 Marzo si è svolta presso al sede della Fiom
di S. Viola una assemblea generale di operai e di studenti. L'assemblea
è nata dalla comune volontà di realizzare una miglior conoscenza
reciproca fra il movimento operaio e quello studentesco, al fine di superare
le possibili incomprensioni e divisioni e di rispondere in maniera ferma
e unitaria al piano di repressione padronale e poliziesca in atto nel paese.
Da parte studentesca si è sottolineato:
1) Il rifiuto di qualsiasi riforma della scuola intesa a modernizzare
le attuali strutture scolastiche solo in funzione di una loro maggiore
capacità di formare dirigenti in grado di gestire al massimo lo
sfruttamento capitalistico. La scuola di classe (di classe non solo per
la selezione classista ma soprattutto per la funzionalizzazione al profitto)
è l'espressione della società capitalistica: solo la lotta
contro i rapporti capitalistici di produzione può eliminare le strutture
classiste della scuola.
2) Il rigetto del piano del capitale volto a dividere movimento studentesco
e movimento operaio per poter meglio sconfiggere separatamente prima l'uno
e poi l'altro. Attraverso la carota delle riforme e il bastone della repressione
poliziesca si cerca di rinchiudere gli studenti dentro le Università
e gli operai dentro le fabbriche, ricacciando il movimento di classe in
rivendicazioni settoriali e corporative.
3) La necessità di una forte risposta che accentui il momento
politico dell'organizzazione comune di base capace di unire studenti e
operai nella lotta contro il padronato e l'apparato repressivo dello Stato
borghese. Perciò gli studenti devono collegarsi con le fabbriche
e gli operai con le Università per dare vita a comuni organismi
di lotta.
Da parte operaia si è rilevato:
1) L'evoluzione positiva del movimento operaio da lotte generali e
distanziate nel tempo a lotte in cui si alternano il momento articolato
a livello di azienda e il momento unificatore generale (pensioni, zone,
contratto), con una continuità di iniziative che eleva la coscienza
di classe dei lavoratori allargando il terreno di scontro con il padronato
ad ogni aspetto del rapporto di lavoro. Superando i verticismi del passato,
la base operaia si sta avviando verso la piena autogestione della lotta
di classe. Attraverso strumenti di democrazia diretta come l'assemblea,
le commissioni di controllo, l'organizzazione capillare di reparto e di
linea, si sta realizzando un'impetuosa crescita del contropotere operaio
su tutte le componenti del rapporto di lavoro: difesa della salute, controllo
dei ritmi, contrattazione dei cottimi con tendenza a inglobarli nella paga
base, riduzione dell'orario con più tempo libero, controllo della
produzione attraverso premi collegati ad essa, gestione delle proprie capacità
di lavoro contro la dequalificazione padronale, affermazione dei diritti
sindacali e politici all'interno della fabbrica.
2) Il movimento operaio rifiuta la chiusura nel solo momento sindacale
e vuole raccogliere i frutti politici delle proprie lotte. Esempi: le rivendicazioni
salariali possono mettere in crisi il sistema politico (vedi il maggio
francese); il rallentamento volontario dei ritmi manda in aria il piano
capitalistico di produzione (vedi gli scioperi della Pirelli); gravi contraddizioni
della società capitalistica italiana come la disoccupazione, la
spirale inflazionistica salari-prezzi, le crisi economiche periodiche,
l'arretratezza dei servizi sociali, le differenze tra Nord e Sud, la struttura
classista della scuola sono risolvibili solo nella prospettiva di un reale
potere politico della classe operaia.
3) Il movimento studentesco sta superando certi errori iniziali (il
rivoluzionarismo generico, la proposizione di modelli teorici astratti,
l'avventurismi politico, l'estraneità alla reale condizione operaia,
le esercitazioni intellettualistiche sulle tattiche e strategie sindacali)
per sviluppare gli aspetti positivi della sua esperienza di lotta: il vigore
con cui è riproposto l'ideale socialista e vien combattuto ogni
riformismo; il rifiuto dell'Università come luogo di produzione
delle classi dirigenti neocapitalistiche; la politicizzazione radicale
delle masse studentesche; l'esercizio di forme avanzate di democrazia diretta.
Ma soprattutto positiva è la ricerca del contatto con la classe
operaia, di cui il movimento studentesco riconosce sempre più il
ruolo principale nella lotta contro il capitalismo.
4) Comune a studenti e operai deve essere la ricerca di obiettivi intermedi
rivoluzionari capaci di evitare il riformismo nella battaglia per l'affermazione
del socialismo. L'unico criterio di validità di tali obiettivi è
costituito dalla nascita e dall'estensione di contropoteri di classe nelle
fabbriche, nelle scuole e nella società intera.
L'incontro si è concluso con l'indicazione di alcuni strumenti
pratici per rendere continuo e sempre più intenso il lavoro comune,
allo scopo di raccogliere e stimolare la spinta politica delle lotte operaie
e studentesche: inchieste nelle fabbriche, comitati unitari di base, assemblee
generali di studenti e operai...A un prossimo incontro è stata affidata
la definizione di queste iniziative comuni, nei loro rapporti con le organizzazioni
sindacali e politiche. Tirando le somme, non si è trattato di una
bella discussione accademica, ma di un primo importante contatto generale
basato su grosse esperienze di lotta. Ed è proprio nell'intensificarsi
della lotta di classe che l'unione fra studenti e operai potrà diventare
più stretta e generare gli strumenti organizzativi di base più
adatti.
da: L'Informatore metallurgico, Aprile 1969
PERCHE STUDENTI E OPERAI UNITI ?
La possente manifestazione e il corteo che, formatosi spontaneamente,
ha percorso le vie della città, come risposta chiara e ferma alla
politica repressiva dei padroni e dello stato borghese, ha sancito, una
volta per tutte, che esiste unità nella lotta tra la classe operaia,
gli studenti e tutte le forze che si muovono in una logica anticapitalistica.
Man mano che il corteo si snodava, lungo le vie della città, in
ognuno di noi nasceva la consapevolezza della propria forza. Migliaia di
studente ed operai uniti scandivano slogan contro la violenza e la repressione
padronale, esercitata mediante lo strumento di sempre: la polizia.
Una tale manifestazione di forza e di unità non si è
venuta a creare improvvisamente; in realtà è stato il risultato
di uno sforzo costante della ricerca di un terreno di lotta comune, portato
avanti sia dagli studenti che dagli operai.
Da parte del movimento studentesco si conduce da molti mesi un lavoro
costante e capillare, lavoro svolto da vari gruppi, in molte fabbriche
ed in alcuni quartieri.
Da parte operaia vi è stato uno sforzo per superare le divisioni
con gli studenti (vere o false che fossero) portandole sul terreno concreto
della reale condizione operaia in fabbrica e, in generale, dei problemi
della classe operaia.
Lo sviluppo politico della maggior parte degli studenti è avvenuto
in generale dentro l'università e le scuole. Non ci siamo mossi
da posizioni astratte e per questo irreali, ma da evidenti contraddizioni
esistenti nella struttura scolastica. Lo stato di disagio era generale
e diffuso anche fra chi non poteva (o non voleva) ragionare in termini
di classe. I problemi andavano dalle aule numericamente insufficienti e
anguste, ai testi costosissimi, al senso di impotenza che ognuno di noi
sentiva il più delle volte in maniera non cosciente. Nasceva in
questo frangente una avanguardia la cui coscienza politica era più
matura. Il primo ostacolo, che doveva essere immediatamente superato, era
l'assenteismo e la diffidenza della gran massa degli studenti. Assenteismo
e diffidenza, favoriti proprio da quegli organismi corporativistici che
erano, apparentemente, la tutela degli interessi studenteschi, ma costituivano
un ostacolo, una presa di coscienza ampia e profonda. Il motivo fondamentale
consisteva nel fatto che questi organismi erano l'eco delle strutture partitiche
nazionali, con tutte le divisioni partitiche tradizionali (l'Orub non era
che un piccolo parlamento). Queste strutture verticistiche non sapevano
cogliere, per loro natura, le istanze della base e si limitavano ad amministrare
i falsi bisogni della massa, favorendo così le divisioni corporativistiche
volutamente esistenti nell'ambito universitario. La riprova che questi
organismi erano uno strumento, in mano ai baroni delle cattedre, era l'approvazione
ed il compiacimento eccessivo che il senato accademico mostrava nei loro
confronti.
A questo punto gli studenti politicamente più maturi, hanno
lanciato una serie di parole d'ordine, che erano l'autentica voce della
base, con la lotta contro questi falsi tutori, ed ha permesso la nascita
di momenti di discussione collettiva: le assemblee; qui ogni istanza era
direttamente manifestata e raccolta.
Quale era lo stile con cui l'assemblea procedeva? Il singolo studente
portava il resoconto della propria situazione, dei propri problemi e richiedeva
a chi in quel momento dirigeva la discussione una soluzione immediata.
La risposta a questa richiesta non era data da uno solo, il quale aveva
la possibilità di capire e risolvere questi problemi, ma tutti dovevano
trovare la soluzione migliore che era oggettivamente comune.
La prima cosa era chiedersi il perché di certe situazioni, scoprirne
la parentela con altre, la radice comune del disagio, ed infine gli strumenti
per affrontarli efficacemente. Si scopriva così che il male comune
era il distacco tra la teoria e la pratica, ogni nostra intuizione quindi
doveva essere continuamente verificata con la pratica.
Così si prendeva coscienza dei nostri problemi e del metodo
politico, che ci permette ora di scoprire come si articola la società
in cui viviamo: la dialettica.
Il salto qualitativo e quantitativo del Movimento Studentesco è
stato quindi rapido, ed il nostro discorso immediatamente politico. L'università
nell'attuale società è concepita come macchina produttrice
e selettrice (esami) di tecnici pronti a calare in massa nelle fabbriche,
nelle scuole, nei posti di lavoro, per continuare in maniera più
efficace lo sfruttamento nei confronti della classe produttrice. Abbiamo
capito che quello che ci viene insegnato non è una scienza neutra, ma una
scienza al servizio del padrone. Da dove vengono le malattie? I nostri
professori dicono dal cielo o dai microbi; ma noi diciamo che le malattie
nascono dallo squilibrio tra uomo e natura, dalle condizioni malsane, dalla
vita caotica e alienante, in una parola, dai rapporti di produzione.
A cosa serve la macchina? Non ci viene detto, ma noi sappiamo che serve,
non ad affermare la forza dell'uomo sulla natura, ma ad aumentare il ritmo
produttivo a scapito dell'integrità psicofisica del lavoratore,
pertanto lo sfruttamento dei padroni sulla classe operaia. Gli studenti
hanno così capito, che questi problemi investono non solo la struttura
universitaria ed in generale la scuola, ma anche la società nel
suo complesso, cioè dell'intera struttura capitalistica del Paese.
Da ciò è nata la necessità di unirsi con quelle forze
che, per la loro stessa natura, sono in lotta contro il potere capitalistico:
la classe operaia. Nel momento dell'incontro effettivo, il contributo degli
studenti si è concretizzato nel riproporre costantemente le caratteristiche
di fondo del Movimento Studentesco. Il rifiuto della delega, la necessità
di investire direttamente la base, quindi di responsabilizzare tutti, allo
scopo di dare ad ogni problema una risposta collettiva e per questo reale,
ha posto il Movimento Studentesco in una logica antistituzionale, questo
perché ci muoviamo in una società che per mezzo delle sue
istituzioni cerca di dividerci.
Nascevano così una serie di strumenti politici: gruppi di studio,
discussioni collettive, ecc. affinché persone responsabili e coscienti
fossero in grado di esprimere una serie di soluzioni da verificare costantemente
nella pratica.
Questa esigenza creativa di nuove forme di lotta è stata espressa
ultimamente anche dalla classe operaia. La lunga e vittoriosa lotta della
Pirelli (ripresa in questi giorni) è una conferma della volontà
politica degli operai, il crollo del mito Marzotto come simbolo di collaborazione
fra operai e padronato.
Pertanto operai e studenti capiscono sempre più che se anche
le battaglie sono apparentemente diverse e quindi diverse le armi, il nemico
è comune e quindi comune è la lotta.
da: Lo smeriglio, s.d.
RESPINGERE LE PROVOCAZIONI
La Fiom-Cgil ha sempre considerato con il massimo rispetto ed il più
ampio interesse la lotta che il movimento studentesco conduce consapevolmente
per la riforma, in senso democratico, della Università e della scuola
in generale.
Una grande organizzazione di lavoratori non può non apprezzare
una battaglia tesa ad affermare il diritto allo studio la cui realizzazione
è oggi ostacolata dal carattere classista della scuola italiana; d'altra
parte l'autoritarismo accademico contro cui si manifesta la contestazione
degli studenti, ha dei legami solidi e profondi con l'autoritarismo padronale
che i lavoratori devono affrontare nelle loro battaglie sindacali. Il rinnovato
impegno che i giovani oggi manifestano, le conquiste ottenute con la lotta
e l'acquisizione di una profonda consapevolezza intorno alla natura dello
scontro in atto e al ruolo importante che essi possono ricoprire per l'evoluzione
della società, aprono prospettive di notevole respiro per l'immediato
futuro.
Inserito nel processo produttivo, il giovane diplomato o laureato di
domani non sarà, come troppo spesso avviene ora, subordinato alla
logica e alla ideologia del padronato, ma sarà aperto alle battaglie
che il movimento sindacale conduce, proprio perché avrà contribuito
a modificare un certo tipo di scuola predisposta secondo i fini dei gruppi
imprenditoriali, proprio perché avrà lottato per raggiungere
questi obiettivi.
Pertanto, la Fiom ritiene che, nel più rigoroso e reciproco
rispetto della propria autonomia, tra il movimento sindacale e il movimento
studentesco siano possibili confronti di esperienze e di idee, intese non
soltanto solidaristiche, ma concrete per obiettivi comuni. L'azione rivendicativa
del sindacato, infatti, rischia di divenire sterile e scarsamente incisiva
se non si collega anche ad una battaglia per le riforme di struttura, tra
le quali si impone la battaglia per la riforma della scuola e dell'insegnamento.
Dall'altro canto, la battaglia del movimento studentesco può trarre
utili esperienze dal patrimonio di lotte, ormai ventennale, del sindacalismo
italiano. Del resto le radici del potere accademico si affondano nello
stesso terreno di quelle del potere economico.
Ciò premesso la segreteria provinciale della Fiom-Cgil ritiene
doveroso esprimere la propria opinione nei confronti di poche decine di
provocatori che contrabbandando, troppo spesso, la propria azione con quella
del movimento studentesco, svolgono, da tempo, una attività di disturbo
delle lotte sindacali.
Trattasi di personaggi, ormai da tutti conosciuti, i quali a volte
si celano sotto il nome di "Potere Operaio" quando non usano l'emblema
suggestivo di "Movimento studentesco"; la loro azione è costantemente tesa
a screditare la politica che i sindacati (la Cgil in primo luogo) portano
avanti, a distorcerne i contenuti e a sviarne le iniziative. In molti di
loro tale atteggiamento è soltanto il frutto di un sordo rancore verso
la Cgil o i partiti operai, nei quali hanno militato e dai quali sono stati
emarginati.
finora la segreteria della Fiom provinciale aveva ritenuto di tollerare
queste provocazioni, nel preciso intento di non fare a questi personaggi
una pubblicità non meritata e nella consapevolezza della maturità
della nostra categoria che è in grado di giudicare come meritano i provocatori.
Ora però la loro sfrontatezza ha raggiunto il colmo della misura
e i metalmeccanici si trovano impegnati in una dura lotta per affermare
i propri diritti contro l'intransigenza oltranzista del padronato. Non
si possono quindi ulteriormente tollerare azioni di disturbo. Pertanto
la segreteria provinciale della Fiom-Cgil invita tutti i propri attivisti
a respingere decisamente, in ogni occasione, le provocazioni di questi
ben individuati gruppi estremisti che niente hanno a che fare col movimento
studentesco e li diffida dal proseguire in una azione irresponsabile che,
per la confusione che crea, può soltanto servire al gioco del padronato.
da: L'Informatore metallurgico, Giugno 1968
UN'INDAGINE NELLA FABBRICA PANCALDI
La patologia alla Pancaldi è soprattutto di origine psicosomatica.
Sono state interrogate 107 operaie (di cui 3 operai), di cui 38 ai nastri,
36 allo stiro, 3 alle spedizioni e 30 al taglio.
Tratteremo la patologia delle operaie nei vari reparti in modo quasi
esclusivamente unitario in quanto i disturbi sono sostanzialmente omogenei.
Cominciamo a trattare prima di tutto i sintomi tipicamente nevrotici:
1) Alvo: 49 stitiche; 55 normali; 3 diarroiche.
Vi è quindi una frequenza del 50% circa in quel che riguarda i disturbi
dell'alvo. Tre sono i fattori causali da prendere in considerazione:
a) Il pasto di mezzogiorno fatto in condizioni particolarmente disastrose.
b) La impossibilità, per i ritmi continui che non lo permettono,
di recarsi al gabinetto.
c) La stitichezza è uno dei sintomi più frequenti e tipici
della nevrosi. Dal momento che nel reparto taglio, in cui vi è relativa
possibilità di andare al gabinetto regolarmente la stitichezza colpisce
le operaie praticamente nella stessa percentuale del 50%, è possibile
escludere il fattore b). Restano validi il 1° e il 3° fattore;
siccome le operaie sono stitiche croniche (cioè anche la domenica
e costantemente) possiamo affermare che questo sintomo (caratteristico,
come abbiamo detto, della patologia psicosomatica) deriva dalla tensione
nervosa cui sono costantemente sottoposte le operaie (parleremo alla fine
di quelle che possono essere, nella organizzazione del lavoro, le cause
della tensione nervosa e quindi delle somatizzazioni).
2) Diuresi: tutte sono costrette a trattenere in quanto i ritmi sono veloci e costanti e non permettono di soddisfare questa esigenza fisiologica. Solo accelerando il lavoro è possibile (quindi anche accumulando casse che sono poi completate alla fine del lavoro), ma questo provoca in quasi tutte le operaie difficoltà di minzione (bruciori) e diminuzione della diuresi stessa (gocce). Oltre alla obbligata ritenzione, causa di questo disturbo è senz'altro anche la tensione nervosa delle operaie che, per non perdere tempo e per i rimproveri delle capo-reparto, devono affrettare queste funzioni.
3) Mestruazioni: su 107, 27 sono irregolari, 12 con dolore e 68 normali. La percentuale è di circa il 30%. Anche di questo sintomo occorre dire che è caratteristico della patologia psicopatica, in quanto tensione psichica, ansie ecc. provocano disturbi della sfera endocrina responsabili di dismenorrea ecc.. E' utile per confermare questo dato l'affermazione di alcune operaie che hanno notato la coincidenza tra l'inizio dei disturbi e l'inizio del lavoro in fabbrica. Allo tiro si aggiunge anche il calore (d'estate insopportabile), la posizione costantemente eretta (molte si sentono venir giù la pancia), e la necessità di manovrare pedali, ecc.. Allo stiro infatti 12 su 36 soffrono di questi disturbi, ma se vogliamo considerare che ai nastri sono 18 su 30 e al taglio 9 su 30 possiamo affermare che il primo fattore (tensione nervosa) è il maggior responsabile di questo sintomo.
4) Dolori toracici, dispnea, tachicardia
Dispnea: 34; dolori toracici: 18; tachicardia: 39
Questi sintomi sono caratteristicamente di origine nervosa (difficoltà
di respiro, dolori toracici sono i tipici sintomi della cosiddetta distonia
neuro-vegetativa). La tachicardia insorge soprattutto, come affermano le
operaie, in seguito ad emozioni di cui sono responsabili le capo-reparto
particolarmente severe (soprattutto ai nastri si verifica questo, cioè
nei reparti dove le capo-reparto sono più numerose e più
vigili: "Quando vedo venire la capo-reparto, oppure mi sorveglia mi viene
il batticuore").
5) Digestione: cattiva: 61; normale: 46.
Fra le 61 i sintomi più comuni sono: nausea (20), vomito (6),
bruciori (38), dolori (23), senso di peso (35), molte operaie soffrono
più di un sintomo.
Fra le cause possiamo ancora una volta prendere in considerazione:
a) Mensa inesistente e quindi qualità e quantità del
pasto insufficienti.
b) Scarsezza del tempo a disposizione.
c) Tensione nervosa.
Se teniamo conto del fatto che molte operaie praticamente non mangiano
a mezzogiorno in quanto (ho un nodo nello stomaco, non va giù nulla)
possiamo affermare che oltre alle prime due cause, molta importanza assume
il fattore tensione psichica prima dell'ora di pranzo o l'ansia causata
dalla necessità di riprendere lo tesso lavoro un'ora dopo.
6) Vertigini, svenimenti, mal di testa.
Vertigini: 41; svenimenti: 11; mal di testa: 64.
Questi sintomi (vertigini 50%, mal di testa 60%) sono maggiormente
sentiti ai nastri, reparto ove la tensione è particolarmente forte,
e di conseguenza anche la sintomatologia è massima (fino agli svenimenti).
Mali di testa, vertigini, svenimenti, questi ultimi sono a carattere isterico,
cioè la muscolatura è tesa durante lo stato di incoscienza
e non rilassata.
7) Sonno: 40 dormono male, cioè fanno fatica ad addormentarsi, si vegliano di notte, dormono poco.
8) Come si considera: tranquillo oppure nervoso e ansioso.
88 si considerano nervose e ansiose sia fuori che dentro la fabbrica
(soprattutto durante e dopo il lavoro).
Le cause dichiarate sono:
1) ritmi di lavoro:
2) rapporti interni;
3) stanchezza;
4) ansia per il lavoro;
5) paura di sbagliare.
9) Malattie più frequenti durante il lavoro:
gastriti 18
coliti 7
ulcere 3
esaurimenti nervosi 10
Quindi più di 1/3 con somatizzazioni evidenti e diagnosticate.
Questi sintomi inoltre non si hanno solo nelle fabbriche ma anche al
di fuori, cioè la tensione nervosa viene trasportata poi nei rapporti
con gli altri e nella famiglia con tutto ciò che ne consegue (rapporti
tesi coi figli, col marito, ecc.). Questo è aggravato dal fatto
che la maggior parte delle operaie (39) impiegano più di 1 ora per
recarsi al lavoro e quindi il tempo da dedicare alla famiglia viene ulteriormente
limitato e la tensione nervosa viene aggravata dalla necessità di
volgere i lavori domestici.
Si aggiungono a questi sintomi nervosi altri che derivano dalla faticosità del lavoro stesso e dalla condizione disagevole dei servizi.
I) Variazioni di peso e di appetito:
57 operaie hanno avuto variazioni di peso: di queste 35 sono diminuite
e 22 sono aumentate;
37 operaie hanno avuto variazioni di appetito.
Per questi due sintomi intimamente correlati vedi "alvo" all'inizio.
II) Gonfiore alle caviglie e varici:
65 operaie soffrono di questo sintomo, ma al percentuale più
alta si verifica allo tiro (28 su 39), ove alla posizione eretta si aggiungono
come fattori causali l'alta temperatura e la pressione sui pedali e al
taglio per la posizione eretta per un tempo troppo lungo e senza pausa;
38 operaie presentano varici, per questo sintomo vale lo stesso discorso.
III) Dolori muscolari:
a) limitazione della possibilità di muoversi;
b) tumefazioni articolari:
69 operaie presentano dolori muscolari con localizzazione più
frequente alle spalle, tronco, braccia, gambe (questi si hanno soprattutto
allo stiro per l'uso di attrezzi pesanti).
Occorre dire però che sono molto frequenti anche ai nastri (24
su 38) dove sono più evidenti le limitazioni della possibilità
di muoversi (11 su 22) che presentano questo sintomo e le tumefazioni articolari
(11 su 18). Questi sintomi derivano soprattutto dalla necessità
di ripetere gli tessi movimenti per un tempo troppo lungo in posizioni
scomode, senza un attimo di sosta.
IV) Udito:
L'intenso rumore provocato da centinaia di macchine in azione produce
un rimbombo che "fa scoppiare la testa". Questo fattore oltre a provocare
diminuzioni di udito (8 operaie di cui 4 ai nastri, 2 al taglio e 2 allo
stiro) provoca ronzii che si prolungano anche dopo il lavoro (28) e sono
inoltre un fattore aggravante la tensione nervosa.
A questo fattore, sono poi ingiustificatamente esposte le operaie degli
altri reparti, in quanto nessuna divisione è stata realizzata fra
esse.
V) Vista:
La luce al neon provoca disturbi alla vista e le polveri che vengono
liberate dalle stoffe sintetiche sono responsabili di ben 28 casi di congiuntivite
e di altri casi di allergia.
VI) Infortuni:
16 casi tra bruciature, tagli e infissione dia aghi nelle dita. Sono
più frequenti in alcune ore del giorno ed esattamente nella prima
ora dopo la ripresa pomeridiana del lavoro.
I disturbi di ordine esclusivamente fisico sono dovuti, come abbiamo
accennato, alla necessità di restare in piedi costantemente, oppure
in posizioni scomode per molte ore al giorno, e a ritmi eccessivi. Si vuol
dire cioè che la posizione scomoda assunta durante il lavoro è
aggravata da due fattori:
1) durata del tempo lavorativo;
2) ritmi eccessivi.
Le 8 ore al giorno (9 al lunedì a cui si devono aggiungere le
ore per terminare il lavoro accumulato) con ritmi che non permettono di
cambiare posizione sono in gran parte responsabili o aggravanti dei disturbi
alla posizione e ai movimenti durante il lavoro. Ma questi disturbi passano
decisamente in secondo ordine di fronte ai primi sintomi che abbiamo commentato:
ovvero quelli nervosi. Un esame del lavoro può esserci molto utile
per spiegare la forte tensione nervosa responsabile di questi sintomi che,
secondo le affermazioni delle operaie, sono i più fastidiosi e fanno
passare decisamente in seconda linea quelli prima ricordati.
Il nastro ha frammentato il lavoro in tante singole operazioni ripetute
per 8 ore, monotone, con ritmi eccessivi. Questa frammentazione oltre a
non rendere soddisfacente il lavoro, in quanto non si impara un mestiere
(come affermano molte operaie dopo 8 anni non sono capaci di confezionare
una intera camicia), è responsabile della monotonia e della ripetitività;
infatti si deve svolgere, con i movimenti sempre fissi, una stessa operazione
per 8 ore, senza che vi sia un attimo di sosta (la cassetta vuota che ogni
tanto viene fatta passare è un inganno in quanto o segnala il cambiamento
del tipo di stoffa, e quindi la necessità per le operaie di cambiare
i rocchetti, oppure di finire il lavoro accumulato).
La ripetitività e la monotonia sono due fattori che di per sé
portano ad un rilassamento e ad una diminuzione dell'attenzione, mentre
in questo lavoro il ritmo continuo e la paura di sbagliare impongono un'attenzione
costante, spasmodica (accresciuta inoltre dalla caporeparto attraverso
rimproveri e multe), possiamo affermare che i disturbi nervosi in fabbrica
sono essenzialmente dovuti a questi fattori: 1° frammentazione del
lavoro in tante singole operazioni fisse; 2° ritmi eccessivi che con
la frammentazione del lavoro concorrono ad aggravare sia la ripetitività,
sia la monotonia, quindi l'eccessivo sforzo del lavoro; 3° presenza
del controllo autoritario e per niente facilitante della caporeparto; 4°
l'orario di lavoro troppo lungo.
A questi si aggiungono tutti i disturbi fisici prima ricordati, dovuti
alla posizione, ai movimenti nel lavoro, al rumore, alla polvere, eccetera,
cui sono ingiustificatamente esposte tutte le operaie. Questi dati si basano
tutti sulle affermazioni delle operaie ottenute in una serie di colloqui
e non ad una visione diretta del luogo di lavoro (questo è dovuto
principalmente al padrone che non permette die entrare in fabbrica ed alla
inefficienza di un medico di fabbrica la cui funzione rimane costantemente
di tipo burocratico-carcerario).
Ciò potrebbe creare dubbi sulla effettiva validità della
ricerca, ma ciò è errato in quanto i disturbi psicologici
e psicosomatici difficilmente sono rilevabili obiettivamente; è
chiaro dunque che in queste condizioni le affermazioni delle operaie sono
il dato principale per aprire un discorso scientifico in quanto queste
sono direttamente partecipi al lavoro, le uniche a potere avvertire questi
disturbi, le prime a potere direttamente determinare le cause, le uniche
aventi il diritto di convalidare o meno il lavoro e di imporre quelle modifiche
che ritengono necessarie.
Un gruppo di studenti di medicina
LA REPRESSIONE E L'ANTIFASCISMO
CI MENANO !
Richiesta: libera assemblea in libera scuola.
Risposta: 43 feriti, 19 fermi, 1 arresto.
Gli studenti chiedono di poter usare liberamente strumenti di dibattito
ed elaborazione collettiva.
La democrazia borghese non lo può tollerare.
Gli studenti si riuniscono per rivendicare un tale diritto e manifestano.
La democrazia borghese reprime.
I.T.I.S.: gli studenti occupano l'istituto e mentre pacificamente sgombrano vengono attaccati e picchiati a sangue dai baschi neri* in assetto di guerra.
ALBINI: le studentesse vengono cacciate brutalmente (alcune addirittura buttate giù dalle scale e portate al Rizzoli e al Policlinico).
GALVANI-FERMI-RIGHI-MANFREDI: intervento intimidatorio e repressivo di celere e baschi neri
I.T.I.S.: la lotta continua: proditoriamnete di notte la polizia sgombra l'Istituto, di giorno alla luce del sole gli studenti rioccupano pacificamente. Di nuovo la polizia interviene alle ore 6 con azione intimidatoria e violenta arrestando 16 giovani e segnalando minacciosamente molti manifestanti.
LA POLIZIA STAZIONA PERMANENTEMENTE NEI PRESSI DEI VARI ISTITUTI
La giusta lotta degli studenti medi è la risposta sempre più chiara e meglio organizzata alla violenza di istituzioni (Scuola, Stato) separate dalle masse e sulle quali le masse non possono volgere nessun controllo.
STUDENTI, LOTTIAMO PER ESERCITARE UNA VERA DEMOCRAZIA DI MASSA
MOVIMENTO STUDENTESCO DI MATEMATICA E INGEGNERIA
* BASCHI NERI: Corpo speciale corazzato dei carabinieri creato da De
Lorenzo nel '64 per colpi di Stato.
COMPAGNI STUDENTI, COMPAGNI OPERAI
Ieri, 15 novembre 1968, IL POTERE ACCADEMICO, I PADRONI, hanno gettato
la maschera, hanno sciolto i loro cani da guardia.
Sono arrivate le "forze sane" dell'università tanto invocate
da ministri, rettori, benpensanti e giornali "indipendenti".
Un gruppo di "goliardi",
-FASCISTI PER L'AZIONE CHE HANNO CONDOTTO
-FASCISTI IN QUANTO RAPPRESENTANO LA REAZIONE ALLA GIUSTA LOTTA DEGLI
STUDENTI
-FASCISTI IN QUANTO SOSTENUTI E PAGATI DAL POTERE ACCADEMICO
hanno cercato e cercano di impedire con la violenza lo svolgimento
delle assemblee degli studenti medi nelle facoltà occupate, le attività
del Movimento studentesco.
PERCHE SONO INTERVENUTI OGGI?
PERCHE SOLO NELLE FACOLTA' OCCUPATE DAL MOVIMENTO STUDENTESCO GLI STUDENTI MEDI POSSONO TENERE QUELLE ASSEMBLEE INTOLLERABILI AL PROVVEDITORE, AGLI INFORMATORI DELLA QUESTURA, AI PADRONI DI SEMPRE
Vogliono creare tra gli studenti medi un clima di terrore, di confusione, di sbandamento? NON E' RIUSCITA LA POLIZIA. TANTO MENO RIUSCIRANNO QUESTI SQUALLIDI "GOLIARDI".
Questa sporca manovra è stata respinta.
L'UNITA' CHE SI E' TROVATA SPONTANEAMENTE DAVANTI ALLE FABBRICHE TRA STUDENTI E OPERAI CONTRO I PADRONI, SI E' RITROVATA SPONTANEAMENTE DAVANTI ALL'UNIVERSITA' CONTRO I SERVI DEI PADRONI.
La falsa neutralità del potere accademico è caduta nel momento in cui al posto della polizia -strumento tradizionale della repressione- sono stati fatti intervenire i fascisti -strumento storico della reazione.
BASTA CON L'UNIVERSITA' INTESA COME ISOLA FELICE DEGLI INTELLETTUALI
E DELLA SCIENZA "NEUTRA".
NON HA IMPORTANZA SE E' LA POLIZIA OD I FASCISTI A PICCHIARE
NON FA DIFFERENZA SE SONO GLI STUDENTI O GLI OPERAI A RISPONDERE
Movimento studentesco Bolognese
Bologna 16 Novembre 1968
Avola, Siracusa, i braccianti sono in lotta per il contratto provinciale, la polizia interviene a difesa del diritto di sfruttamento:
DUE BRACCIANTI MORTI E QUARANTA FERITI
UNA ESECUZIONE DI MASSA
Ancora una volta sono degli fruttati ad essere uccisi, uomini che non
hanno diritti ma solo il diritto di essere sfruttati.
La giustizia borghese garantisce la vita, l'operaio, il bracciante
vivono per essere sfruttati, a chi si ribella la giustizia borghese garantisce
solo LA MORTE.
La morte è venuta dalle fredde canne dei mitra: ogni poliziotto, ogni
padrone, ogni borghese, ogni sfruttatore, tutta una società organizzata
per lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, hanno premuto nello stesso momento
lo tesso grilletto, hanno ucciso, hanno fidato freddamente tutti gli sfruttati.
I BRACCIANTI, LA CLASSE OPERAIA STANNO ORGANIZZANDO LA LOTTA: domani
SCIOPERO GENERALE IN Sicilia, scioperi in centinaia di città d'Italia,
dopodomani SCIOPERO NAZIONALE DEI BRACCIANTI
saranno milioni coloro che raccoglieranno la bandiera di lotta macchiata
in Sicilia dal sangue dei caduti.
E' proprio quando la repressione colpisce più forte che l'unità
nella lotta è necessaria: alla violenza dell'apparato repressivo
borghese si risponde con la violenza proletaria.
IL MOVIMENTO STUDENTESCO CHIAMA TUTTI GLI STUDENTI A FIANCO DEI BRACCIANTI
E DELLA CLASSE OPERAIA, CHI NON VERRA' ALL'APPUNTAMENTO AVRA' SCELTO DI
STARE DALL'ALTRA PARTE
ORE 10 ASSEMBLEA D'ATENEO IN CENTRALE
Volantino del Movimento Studentesco bolognese, s.d.
I VERI I SOLI ASSASSINI SONO I PADRONI
14 morti e un centinaio di feriti sono il tragico bilancio degli attentati
di Milano e di Roma. Si tenta di addossare la colpa alle avanguardie di
classe delle fabbriche e delle scuole. La violenza degli fruttati non si
manifesta con la dinamite ma con la lotta di massa nelle fabbriche e nelle
scuole.
LE BOMBE E GLI ASSASSINI POLITICI SONO LA TRISTE PREROGATIVA DELLE
SQUADRE FASCISTE.
Proprio quando la lotta di massa non può più essere fermata dagli strumenti tradizionali di controllo politico e da un piano riformistico del capitale, i padroni ricorrono alla estrema risorsa della violenza fascista, utile pretesto per sviare le lotte dai loro obbiettivi reali e per scatenare la repressione legalizzata sulle avanguardie di classe.
La canea della stampa borghese e degli strumenti di comunicazione di massa come la radiotelevisione tenta, attraverso l'uso terroristico dell'informazione di isolare l'avanguardia delle masse per impedire al riuscita delle lotte.
Proprio perché ai padroni e ai loro lacché servono questi gesti criminali, NON CREDIAMO ALLA LORO GIUSTIZIA: nessuno sa più niente degli attentati ai treni di questa estate, niente degli assassini di AVOLA, di BATTIPAGLIA, di PISA, niente di coloro che hanno paralizzato a vita SORIANO CECCANTI.
L'organizzazione meticolosa di questi crimini, i mezzi finanziari che essi presuppongono, la barbara freddezza e la simultaneità con cui sono stati eseguiti non lasciano dubbi sulla loro origine fascista.
Contro il blocco d'ordine fascista e socialdemocratico che provoca i morti per giustificare la repressione, come contro il riformismo che tenta di ridurre la lotta di classe a riforma e antifascismo, contro il bastone e la carota del sistema che non si accontenta più di sparare nelle piazze contro i proletari (91 assassini negli ultimi 16 anni), di massacrare nelle fabbriche 2270 operai all'anno (un omicidio bianco ogni mezz'ora) la risposta deve essere
ORGANIZZIAMO E INTENSIFICHIAMO LA LOTTA SUGLI OBIETTIVI DI CLASSE NELLE FABBRICHE E NELLE SCUOLE
MOVIMENTO STUDENTESCO
Cicl. in proprio Bologna 13/12/69 via Zamboni 33
PARTITI E GRUPPI POLITICI
QUESTE SONO ALCUNE PROVE CHE PINELLI E' STATO ASSASSINATO
1) Persino il Pubblico Ministero Occorsio ed il giudice Guicciardi hanno
COMPLETAMENTE SCAGIONATO PINELLI dalle infamanti accuse mentre dopo il
tragico volo il questore Guida disse: - Vedendosi incastrato, colto da
sconforto si è gettato essendo emersi a suo carico elementi gravi
- mentre Calabresi subito dopo disse che era un povero diavolo e lo avrebbe
rilasciato subito (l'ipocrita ha poi fatto di tutto per "riabilitarne"
la memoria).
Prima di "suicidarsi" dicono che gridò "E' la fine del Movimento
Anarchico Internazionale" (notare l'idiozia).
2) Il brigadiere Panessa afferma che "cercando di trattenere" Pinelli, gli rimase una scarpa in mano, mentre giornalisti presenti subito dopo nel cortile ASSICURANO che Pino aveva entrambe le scarpe.
3) Ci sono state discordanze sulle testimonianze degli autorevoli presenti al sedicente "suicidio", le versioni sono le seguenti: "E' scivolato dalla finestra perché ha avuto un capogiro" - "Si è suicidato perché aveva paura di perdere il posto" - "Si è ucciso quando ha saputo che Valpreda aveva confessato (tipica menzogna da interrogatorio) ed il fatto citato nel punto numero 1.
4) L'AVANTI, giornale governativo, pone l'ipotesi che Pino sia stato ucciso con un colpo di karat‚ ed in seguito la perizia necroscopica ha dimostrato che la causa della morte fu molto probabilmente dovuta ad un colpo al collo (si è riscontrata lesione bulbare).
5) L'ambulanza per il suo trasporto è stata chiamata BEN DUE MINUTI PRIMA DELLA CADUTA.
6) Il commissario Calabresi (detto volo d'angelo) afferma di essere uscito dalla stanza dove si volgeva l'interrogatorio poco prima del "suicidio" e perciò che era assente quando Pino compì "il folle gesto" MENTRE l'anarchico Pasquale Valitutti che poteva chiaramente osservare l'entrata della stanza essendo presente nel corridoio in attesa di essere interrogato, è certo che nessuno uscì dalla porta e che aveva sentito RUMORI DI COLLUTAZIONE SEGUITI DA SILENZIO.
7) L'autista e l'infermiera che hanno soccorso Pino ed hanno assistito alla sua morte sono stati misteriosamente trasferiti o resi irreperibili.
8) Il giornalista Palumbo dell'Unità, presente alla caduta ha avuto la netta impressione "che stessero gettando qualcosa dalla finestra, forse un sacco"; in seguito la sua casa è stata visitata da strani ladri i quali dopo averla perquisita minuziosamente se ne sono andati senza asportare nulla (ovviamente cercavano materiale compromettente, come fotografie).
9) E' accertato che chi si suicida gettandosi nel vuoto istintivamente grida e protende le mani in avanti a proteggere il capo; Pinelli al contrario è precipitato senza un grido (lo testimoniano giornalisti) e le mani non presentarono segni di escoriazione. La dinamica della caduta è in controsenso con l'ipotesi del suicidio: Pino è caduto verticalmente, sfiorando la facciata del palazzo e battendo sui cornicioni; chiunque si lanci da una certa altezza compie una traiettoria simile ad un tuffo e tende ad allontanarsi dalla verticale del punto da cui si è gettato.
10) Il giudice Pulitanò che doveva giudicare Pio Baldelli al processo Lotta Continua - Calabresi è stato sostituito in quanto troppo democratico quindi troppo obiettivo e la stessa sorte è toccata ad una giudice-aggiunta.
11) I legali di Pinelli sono sempre stati esclusi da qualsiasi sopralluogo e indagine in riguardo.
Nonostante tutti questi fattori il giudice Amati (detto mangia-anarchici) ha convalidato la tesi del suicidio ARCHIVIANDO IL CASO.
Il questore Guida (che subito dopo la morte di Pinelli ha affermato falsamente alla televisione che "Il suo alibi era caduto e, trovandosi incastrato si è gettato dalla finestra" è stato elevato di grado dal Ministro degli Interni Restivo; Baldelli invece, che ha detto "Pinelli è stato assassinato" viene processato dalla giustizia borghese.
SAPPIAMO CHI SI NASCONDE DIETRO I NOMI DI: CALABRESI, CAIZZI, GUIDA,
PANESSA, ALLEGRA, essi non sono che il paravento del GOVERNO EI PADRONI,
IMPARIAMO A RICONOSCERE I NOSTRI NEMICI E AVREMO LA FORZA DI STRONCARE
LA REAZIONE TUTTI UNITI.
Anarchici: Assassini o Assassinati?
Gli attentati di Milano e di Roma servono egregiamente a tutti coloro
che vogliono creare il panico su cui innestare un colpo di mano autoritario
alla greca. Questo era fino a due giorni fa l'opinione generale della stampa
internazionale e nazionale più autorevole. Perciò ha lasciato
tutti stupiti l'improvvisa conclusione delle indagini che ha portato alla
incriminazione di un gruppo di anarchici.
Ci sono molti punti oscuri nell'indagine:
1) La strana e tragica fine del compagno Giuseppe Pinelli alla cui
vedova è stata negata la presenza all'autopsia del medico legale
di fiducia da essa richiesta.
2) E' difficile credere che un pericoloso dinamitardo si rechi nei
pressi del luogo dell'attentato in taxi, lo faccia attendere, per poi farsi
accompagnare a un centinaio di metri di distanza. se c'era un modo di farsi
notare e successivamente riconoscere era proprio il modo di comportarsi
del presunto attentatore.
3) Il "riconoscimento" è avvenuto in modo perlomeno strano.
Il Valpreda è stato fermato a Milano e trasferito immediatamente
a Roma e a Roma è stato portato anche il testimone, al quale erano
state mostrate in precedenza le fotografie di alcuni fermati di Milano.
A Roma il confronto avviene mettendo il Valpreda accanto a quattro persone
estranee e, a quanto si sa, almeno due di queste erano facilmente escludibili
per il colore grigio dei capelli. Tra l'altro come risulta dall'intervista
del "Giorno" 18-12-1969, il taxista dice di non ricordarsi dell'abbigliamento
e del vistoso difetto fisico del Valpreda ma ricorda perfettamente la fisionomia
(forse perché ha precedentemente visto la fotografia).
4) Il Valpreda è stato fermato a Milano negli uffici giudiziari
dove si era recato di sua spontanea volontà per accertamenti su
un reato di stampa. E' strano che l'autore di una atto di tale criminalità
si presenti a cuor leggero davanti al giudice.
5) E' difficilmente spiegabile per quali ragioni sia stata fatta brillare
la bomba inesplosa trovata alla Banca Commerciale! Si potrebbe pensare
ad una deliberata distruzione di prove.
6) Il gruppo di anarchici oggi incriminati era sotto controllo della
polizia da oltre sette mesi per l'attentato dinamitardo della Fiera di
Milano; come avrebbero potuto organizzare indisturbati cinque attentati
di tale portata? (Fra l'altro gli attentati alla Fiera di Milano sono stati
attribuiti da autorevoli giornali internazionali: Guardian, Observer, le
Monde, a sicari dei colonnelli greci).
Quello che ci interessa tuttavia non è una controindagine per
dimostrare l'innocenza di Valpreda. Ma noi denunciamo con violenza il modo
di procedere assolutamente illegale della polizia che, con il pretesto
delle indagini sugli attentati, ha tenuto in stato di fermo per più
giorni centinaia e centinaia di compagni, al cui unica colpa è stata
quella di aver lottato e di lottare contro lo sfruttamento dei padroni
in fabbrica, nella scuola e nella società intera. Noi denunciamo
una pratica che ha precedenti solo nel più nero periodo fascista.
Dopo la lotta di massa degli ultimi anni che ha messo in discussione
ogni forma di autorità e che nell'attacco contro lo Stato si è
data strumenti dia autodecisione con le assemblee basate sulla democrazia
diretta, nel momento in cui i padroni si preparano a ristrutturare la produzione
e ad intensificare lo sfruttamento sugli operai, contro la cui volontà
passano i contratti bidone, il piano del capitale è di impedire
l'organizzazione autonoma delle masse per poterle più facilmente
dividere, battere e mettere a tacere.
Le bombe come la repressione sono perciò rivolte contro la classe
operaia e gli studenti in lotta.
LA NOSTRA RISPOSTA E' QUELLA DI SEMPRE;
NOI SIAMO NELLA CLASSE E PER LA LOTTA DI CLASSE!
INTENSIFICHEREMO LA LOTTA DELLE MASSE E LA SUA ORGANIZZAZIONE!
IL NOSTRO POSTO E' DOVUNQUE SI COMBATTA PER ABOLIRE lo SFRUTTAMENTO.
IL NOSTRO COMPITO, CHE E' IL COMPITO DI TUTTI I RIVOLUZIONARI, E' ABBATTERE
CON LA LOTTA DI MASSA QUESTO SISTEMA CHE SI REGGE SU MUCCHI DI MORTI.
GLI ANARCHICI
19-12-1969
STUDENTI!
Ancora una volta gli studenti vengono massacrati dalla polizia per le
strade. La borghesia ha paura degli studenti, della loro ribellione alla
putrida cultura borghese che li opprime tutti i giorni e calpesta la loro
dignità.
GLI STUDENTI SONO STANCHI DI IMPARARE COSE INUTILI, OPPRIMENTI, FALSE.
SONO STANCHI DI DIVENTARE DEI DOTTI IMBECILLI COSTRETTI AD UN COSTANTE
E VERGOGNOSO SERVILISMO, OGNI GIORNO DI PIU' SI RENDONO CONTO CHE SOLO
IL SOCIALISMO PUO' RISOLVERE QUESTE COSE, SOLO L'UNITA' CON LA CLASSE OPERAIA
E LE MASSE POPOLARI PUO' ABBATTERE LA BORGHESIA.
La borghesia non può risolvere i problemi degli studenti, ne
è essa stessa responsabile ed allora deve aumentare il suo dispotismo
culturale e politico per frenare le giuste lotte degli studenti: i suoi
piani non risolvono nulla, cambiano forma all'Università, ma lasciano
intatta la sostanza dispotica ed autoritaria di questa.
LA BORGHESIA HA PAURA CHE IL MOVIMENTO DEGLI STUDENTI CON LA SUA CARICA
RIVOLUZIONARIA SI UNISCA ALLE MASSE POPOLARI, FORMI CON ESSE UN FRONTE
UNITO IRRESISTIBILE.
LA BORGHESIA E' IN QUESTO AIUTATA DAI PARTITI REVISIONISTI CHE INGANNANO
SIA LE MASSE STUDENTESCHE CHE LE MASSE POPOLARI.
INFILTRATI TRA GLI STUDENTI QUESTI NEMICI SANNO SOLO PROPORRE O IL
CORPORATIVISMO O L'AVVENTURISMO; O CERCANO DI RINCHIUDERE LE LOTTE STUDENTESCHE
NELL'UNIVERSITA' SU INSULSE QUESTIONI RIVENDICATIVE O CERCANO DI STACCARE
GLI STUDENTI PIU' AVANZATI E PIU' COSCIENTI DA TUTTI GLI ALTRI E DI PORTARLI
NELLE STRADE IN AZIONI AVVENTURISTICHE E SUICIDE, sfruttano l'entusiasmo
giovanile che spinge molti ad azioni "isolate ed eroiche" prive di uno
sbocco politico: in questo modo essi riescono meglio di qualsiasi borghese
a dividere gli studenti, a far odiare i più coscienti dalle masse
studentesche, ad insinuare la sfiducia fra i più avanzati. Inoltre
infiltrati tra le masse popolari le ingannano facendo loro credere che
gli studenti vogliono delle riforme e che soltanto pochi estremisti vogliono
cambiare questa società.
SIA LA BORGHESIA CHE I REVISIONISTI SONO NEMICI DEGLI STUDENTI, PERCHE
LI ACCOPPANO PER LE STRADE E LI DIVIDONO SIA TRA LORO CHE DALLE MASSE POPOLARI.
La costante repressione che lo stato borghese esercita sugli studenti,
l'azione banditesca dei revisionisti e dei loro lacché hanno generato
in molti studenti una profonda sfiducia nella possibilità di distruggere
questa marcia società e di realizzare gli ideali del socialismo.
Solo la classe operaia e le vaste masse popolari sono amici degli studenti
e possono ridare ad essi la fiducia, perché solo uniti ad esse gli
studenti possono vincere la loro battaglia.
La borghesia opprime gli studenti, i suoi piani, le sue proposte sono
inaccettabili.
ANCHE LA CLASSE OPERAIA, NEMICA IRRIDUCIBILE DEL SISTEMA BORGHESE,
GUIDA DI TUTTO IL POPOLO CONTRO I PADRONI, FA UNA PROPOSTA: DICE AGLI STUDENTI
CHE LA CULTURA BORGHESE E' OPPRIMENTE PERCHE E' FALSA, CHE LA CULTURA NASCE
SOLTANTO DALLA PRATICA SOCIALE, NASCE DALLA PRATICA DEL POPOLO ED E' AL
SERVIZIO DEL POPOLO, CHE LA CONOSCENZA E' QUELLA CHE TRASFORMA LA REALTA';
la classe operaia dice agli studenti di UNIRSI AD ESSA CONTRO IL SISTEMA
BORGHESE, di portare L'ENTUSIASMO RIVOLUZIONARIO DEI GIOVANI e la critica
tra le sue file, dice che l'egoismo, l'individualismo, la sfiducia, il
disprezzo verso di essa devono scomparire, dice agli studenti di diventare
uomini nuovi, uomini con una dignità umana, uomini che rifiutano
ogni forma di servilismo.
GLI STUDENTI DEVONO ACCETTARE LA GIUSTA PROPOSTA DELLA CLASSE OPERAIA.
ALL'ATTACCO DELLA BORGHESIA E DEI REVISIONISTI GLI STUDENTI DEVONO RISPONDERE
INCONTRANDO LE MASSE POPOLARI E PORTANDO CON SEMPRE MAGGIOR ENTUSIASMO
LE GIUSTE IDEE FRA GLI ALTRI STUDENTI.
Gruppi di studenti rivoluzionari devono già oggi penetrare nei
quartieri popolari, distruggere l'ideologia borghese che li pervade vivendo
tra le masse, porre le loro conoscenze al servizio del popolo, dire alle
masse il vero significato delle lotte degli studenti, imparare da esse
ciò che è utile ed inutile nel sistema di istruzione per
ritornare poi nell'Università continuando la critica a tutte le
forme di oppressione e la lotta alla sfiducia. Dobbiamo avere fiducia nelle
masse popolari perché solo così possiamo avere fiducia in
noi stessi, dobbiamo imparare da esse prima di insegnare, solo così
possiamo unirci con esse per battere la borghesia, costruire il socialismo,
costruire un uomo nuovo libero da ogni forma di oppressione e di servilismo.
W L'UNITA' STUDENTI - OPERAI
W IL SOCIALISMO
UNIONE DEI COMUNISTI ITALIANI (marxisti-leninisti)
Bologna 3/3/69
CONSIDERAZIONI SULLA WEBER: L'UOMO MACCHINA
La Weber è una tra le più moderne industrie della nostra
provincia: la produzione dei carburatori (soprattutto per le auto Fiat
e per l'estero) avviene mediante un ciclo di lavorazione, di montaggio
e di controllo estremamente razionale.
La presenza dell'uomo nella produzione viene quindi ad essere un esempio
per quanto si è detto in proposito della "formazione delle nuove
qualifiche": in pratica alla Weber, o si è tecnici altamente specializzati,
o si è operai addetti a lavori ripetitivi o manovalistici. Non esistono
gradi intermedi, se si escludono rarissimi casi (alcuni aggiustatori specializzati).
In questa fabbrica lavorano varie specie di tecnici, dagli ingegneri
addetti alle ricerche fino al perito industriale per la "sorveglianza"
di un tratto di catena di produzione, per i collaudi; per le mansioni degli
operai invece si può parlare di una quasi totale "pianificazione":
essi, senza distinzione di età, sono completamente trasformati in
macchine che devono fare quei precisi movimenti in un determinato lasso
di tempo ("qui siamo macchine non uomini" mi ha dichiarato un giovane operaio);
non importa pensare, è già tutto predisposto; non esistono
né pause né diversivi sul lavoro.
I compiti specifici degli operai sono, in ordine di produzione (cioè
seguendo la catena) questi:
a)addetti alla fonderia e allo stampaggio (pressofusione): versano
il liquido nelle conchiglie (stampo), azionano la pressa, tolgono lo stampato
tracciandone i sovrappiù (3 movimenti sommari); tutto ciò
a ritmo veloce, con elevata temperatura ambientale e con costante pericolo
rappresentato dagli schizzi di lega dell'alluminio fuso.
- Inizio della catena di produzione -
b)addetti alla trapanatura, alesatura, ecc.: lavorano contemporaneamente
su tre quattro trapani e mandrini multipli; fissano il pezzo, innestano
l'avanzamento automatico alle punte e nel tempo che queste compiono il
lavoro hanno ripetuto l'operazione sulle restanti tre macchine. Il ritmo
di produzione è regolato dal passaggio costante del cestello numerato
in cui vanno messi i pezzi già forasti e ritirati quelli grezzi
o semilavorati; il ritmo è particolarmente intenso, a continuo contatto
con le sostanze refrigeranti.
Seguendo il corso della "catena" il carburatore viene via via rifinito
nei suoi minimi particolari.
c)Addetti alla produzione dei pezzi accessori e del loro controllo
(alberini, viti, levette, ecc.): qui il lavoro diventa la somma meccanica
di pochissimi e piccoli movimenti (a volte anche uno solo come nella taratura
dei pezzetti); un operaio mi ha detto: "sono molti anni che svolgo questo
lavoro otto ore al giorno" (incastrava mediante una minuscola pressa, un
pezzetto di gomma nella rientranza di un piccolo perno).
d)Addetti alla catena di montaggio: ogni operaio monta o controlla
un determinato pezzo o alcuni pezzi nel carburatore che viene portato e
ritirato dai cestelli della catena; non vi è un attimo di sosta
("non si troverebbe il tempo di accendere una sigaretta" mi hanno dichiarato).
Segue poi il collaudo dei carburatori e l'imballaggio.
Per chi non ha mai lavorato a catena può sembrare leggero il
compito di questi operai, molti dei quali lo svolgono stando seduti davanti
ad un tavolo: lo è per un'ora, due, ma dopo una giornata c'è
da impazzire, e se si pensa che questa gente lo svolge per anni, senza
apprendere professionalmente nulla, nel mezzo di un rumore assordante,
mentre migliaia di cestelli colorati vanno e vengono senza sosta, si capisce
come essi siano sottoposti ad una degenerazione, ad un abbruttimento della
loro personalità: è il prezzo che devono pagare per girare
in automobile e per far girare gli altri.
L'uomo viene sfruttato nel modo più intensivo, spremuto e poi
gettato come un limone; se si confrontassero le sedici ore lavorative,
al giorno, di un secolo fa, con le otto degli operai della Weber, si scoprirebbe
che lo sfruttamento a cui sono sottoposti questi ultimi è aumentato.
Lo chiamano "PROGRESSO", "BENESSERE", questa realtà: noi la
chiamiamo bestiale sfruttamento e aggiungiamo che il sistema sociale da
esso generato ("la società dei consumi") è in contrasto con
i più elementari concetti di civiltà.
Tratto da: Gioventù operaia. I problemi della giovane classe
operaia al centro dell'azione politica dei giovani comunisti, a cura della
Fgci di Bologna, 1968
I COMUNISTI SONO PRESENTI NELLA CONTESTAZIONE ANTIACCADEMICA
L'attuale fase del Movimento universitario italiano si presenta con
dei tratti radicalmente nuovi rispetto al passato: il primo è il
carattere di massa del movimento; il secondo è l'acquisizione del
legame inscindibile tra movimento e società capitalistica con la
conquista di una dimensione politica che spinge il movimento al di fuori
dei limiti del passato corporativismo; il terzo aspetto nuovo è
l'esatta individuazione della funzione del corpo accademico e delle strutture
rappresentative degli studenti con la conseguente utilizzazione del regime
assembleare come strumento centrale di organizzazione.
Questi tratti, violentemente e conseguentemente antiautoritari, e il
carattere di aperta sperimentazione danno al movimento un valore politico
generale rilevante. Infatti, anche se l'azione politica immediata del movimento
trova la sua applicazione a livello di una sovrastruttura della società
capitalistica come l'università, il fatto che in una società
capitalistica matura divengano sempre più funzionali processi autoritari
a tutti i livelli della società rende politicamente contestativo
un movimento che si presenti con caratteri radicalmente e conseguentemente
antiautoritari e che ha la forza di dirompere realmente una struttura di
potere defunta come quella universitaria.
Su tutto questo arco di problemi è aperta oggi la discussione
all'interno del movimento e all'interno del Partito Comunista che ha partecipato
in prima fila a questa ondata di lotta.
A Bologna, il movimento si è mosso con particolare forza sia
per l'ampiezza (sette facoltà occupate) sia per l'asprezza di alcune
situazioni di punta (quarantuno giorni di occupazione a Fisica con due
giorni di blocco della ricerca scientifica).
Il punto centrale del dibattito e dello scontro politico del movimento,
sia in Italia che a Bologna, riguarda lo sbocco della lotta in riferimento
alla struttura di potere attuale interno all'Università.
Da parte governativa e da parte di quei gruppi studenteschi legati
a partiti governativi o, comunque, ancora vincolati a ipotesi moderate,
si porta avanti la concezione di un'Università retta sulla cogestione,
cioè sulla fittizia compartecipazione degli studenti, incaricati
e assistenti alla gestione del capitale italiano.
In tutte le facoltà occupate vi è stata la ripulsa di
questa ipotesi politica, per orientarsi verso una struttura universitaria
aperta a una presenza autonoma e contestativa del Movimento studentesco,
attraverso forme di democrazia diretta, demistificando così ogni
concezione armonica della vita universitaria e sottolineando il ruolo di
puntello del potere politico esterno che rappresenta il potere accademico.
Vi è ancora un preciso limite del movimento, e cioè la
difficoltà a incidere sulla facoltà tecnologiche (Ingegneria,
Chimica Industriale) tradizionalmente arretrate; a questo proposito a Bologna
si sono avuti passi particolarmente positivi come l'occupazione (credo
prima in Italia in questa fase) di chimica Industriale e la presenza all'interno
di Ingegneria di forze che si muovono con chiarezza contro le ipotesi cogestionali.
Un aspetto clamoroso dell'incidenza politica assunta dal movimento
a Bologna sono le dimissione del Rettore Prof. Battaglia e quelle del Prof.
Ceccarelli dell'Istituto di Fisica. Al di là, infatti, delle motivazioni
pubbliche non c'è dubbio che le dimissioni del Prof. Battaglia stanno
a testimoniare la fine di una politica che puntava sull'immobilismo del
Senato Accademico come garanzia della libertà di movimento dei singoli
consigli di facoltà, onde potere risolvere a una a una le situazioni
e frammentare così la spinta unitaria del movimento.
Ora si può prevedere l'intervento politico del Senato Accademico;
è ancora presto per saper prevedere lungo quale strada si muoverà
anche se sembra essere presente in questo momento una offensiva dell'ala
più reazionaria. In ogni caso sarà opportuno da parte loro
sapere considerare con attenzione, la forza, la consistenza e la combattività
di questo movimento prima di lanciarsi in avventure il cui sbocco non è
prevedibile.
I comunisti sono presenti con forza sia numericamente che politicamente
in questo movimento ed è con particolare attenzione che essi seguono
l'attuale fase di dibattito interno che pone con sempre maggiore forza
l'esigenza di collegamenti e di sbocchi esterni all'Università,
esigenza che è quella di fare i conti con le forze sociali e politiche
e in specifico con la classe operaia, col Partito Comunista Italiano.
Vi deve essere oggi da parte di tutto il partito e delle organizzazioni
democratiche un impegno generale di lotta sull'Università che, nel
rispetto della più totale autonomia del movimento, sappia proporgli
momenti di contatto reale nella lotta generale del partito per la creazione
di una società socialista nel quadro della battaglia antimperialista.
Francesco Garibaldo, Sezione Universitaria Comunista, in La miseria
dell'università accademica, Centro Frantz Fanon, Luglio 1968
Operai,
SALARIO MINIMO GARANTITO che vuole dire forti aumenti uguali per tutti, basta con le qualifiche, con gli straordinari, con gli incentivi: tutto in paga base.
36 ORE ALLA SETTIMANA che vuole dire no al ricatto della disoccupazione, meno lavoro meno nocività, più salute (questa è la nostra riforma sanitaria), ore di mensa e di trasporto pagate.
Perché i sindacati non ci chiamano alla lotte su questi obiettivi? Perché accettano che il salario sia fatto in modo da dare mano libera ai padroni per dividerci, farci produrre quanto e come vogliono? Perché non hanno sostenuto le lotte per la 2° categoria per tutti (vedi Fiat di Modena)? Perché non ci parlano più di lotta generale sul salario e sull'orario? La risposta è una sola: hanno accettato di rispettare la tregua dei padroni, che non vuol dire eliminare la lotta, ma farla servire allo sviluppo del capitale. Proprio per questo dobbiamo riorganizzare le lotte autonome in un programma politico generale, sui nostri obiettivi materiali.
Potere Operaio
Cicl. in prop. Centro Pratello
v. Pietralata 46/b - 19/4/70
LOTTA CONTINUA
La lotta condotta sul problema del presalario ha rappresentato un momento
importante per la crescita della coscienza politica e della mobilitazione
deglis tudenti. Per questi due motivi: per il livello di massa raggiunto
nello scontro e per il tipo di chiarificazione che, pur nell'incertezza,
nelle contraddizioni che ne hanno caratterizzato la conduzione politica,
da questo è emerso.
Dopo il fallimento dei tentativi di riforma "organica" (piani Gui,
Sullo, Ferrari, Agradi), per riadeguare l'università al nuovo assetto
dell'organizzazione capitalistica del lavoro, la borghesia tenta di far
passare questo processo in modo strisciante, attraverso singole leggine
in apparenza disarticolate e contraddittorie. Così si ha la liberalizzazione
che, in tendenza, mira alla stratificazione dei livelli di qualifica, alla
divisione degli studenti in diversi valori di laurea. E i criteri di assegnazione
del presalario che introducono nella pratica il numero chiuso e accentuano
il controllo politico, potenziano l'organizzazione del consenso. Questo
corrisponde alla necessità dei padroni di ristrutturazione tecnologica,
di aumento della produzione, di intensificazione dello sfruttamento; dalla
necessità di attaccare l'unità proletaria attraverso l'uso
delle qualifiche come strumento di divisione; divisione che si attua anche
attraverso il ristabilimento della pace sociale, con la strategia delle
riforme. A questo il proletariato risponde con la lotta contro le categorie,
contro la divisione del fronte di classe, contro la normalizzazione produttiva.
A questo gli studenti rispondono con la lotta contro la selezione,
contro i carichi di studio, per il presalario.
A questo il proletariato, tutti gli sfruttati devono rispondere accelerando
il processo di ricomposizione di classe battendo il disegno repressivo
con la lotta contro la strategia delle riforme, contro l'organizzazione
capitalistica del lavoro, contro ogni ipotesi politica che miri a rinchiudere
in ambiti separati e a ricondurlo in un disegno riformistico.
In questo senso la manifestazione di mercoledì assume una collocazione
precisa come strumento di unificazione proletaria e di confronto politico
di massa sulle riforme, come momento di dibattito generale, di crescita
della coscienza politica.
MA ESSA AVRA' UN PESO POLITICO REALE se non si porrà come autoconclusiva,
come fase astratta della lotta contro la riforma, se cioè sarà
un mezzo potente di ripresa di agitazione nelle facoltà, di organizzazione
di un contatto politico reale e permanente.
Contro le qualifiche, contro il riformismo
LA LOTTA CONTINUA
ORE 9 ASSEMBLEA DEGLI STUDENTI DI INGEGNERIA PER DISCUTERE DELL'INCONTRO
CON GLI STUDENTI DELL'ITIS
MARTEDI' ORE 16 A LETTERE MEETING DI ATENEO
MERCOLEDI' MANIFESTAZIONE OPERAI+STUDENTI: ORE 8,30 CONCENTRAZIONE
IN PIAZZA SCARAVILLI
LOTTA CONTINUA
Cicl. in proprio via Zamboni 33
Bo 20/4/70
LOTTA CONTINUA
IL 9 OTTOBRE SI SVOLGERA' A MILANO IL PROCESSO CONTRO PIO BALDELLI DIRETTORE DI "LOTTA CONTINUA" ACCUSATO DIA VERE DETTO LA VERITA' SULLA STRAGE DI PIAZZA FONTANA E SULLA UCCISIONE DI PINELLI
Chi ha messo le bombe in Piazza Fontana?
-I fascisti pagati dai padroni, aiutati dalla polizia, protetti dai
giudici.
Chi ha ucciso il ferroviere anarchico Pinelli, buttandolo giù
dal 4° piano della questura di Milano?
-Il commissario Calabresi, protetto dal questore fascista Guida, dal
minsitro degli itnerni Restivo.
Perché padroni, fascisti e sbirri hanno compiuto questa strage?
-Per darne la colpa al proletariato. Per impedirci di distinguere tra
violenza giusta di chi lotta contro lo sfruttamento e la violenza vigliacca
dei padroni e dei loro servi.
Che cosa può fermare i proletari, se non hanno più paura
dei padroni?
-Solo la paura di usare fino in fondo tutta la nostra forza, l'incapacità
di distinguere tra violenza giusta e violenza ingiusta.
Un giorno saranno i proletari a fare giustizia. Nelle lotte di oggi
impariamo a riconoscere i nostri nemici e a giudicarli. Domani avremo la
forza per giustiziarli.
MARTEDI' 6 OTTOBRE ore 21
NELL'AULA MAGNA DI FISICA via Irnerio 42
PROCESSO POPOLARE
CONTRO IL POLIZOTTO CALABRESI E CONTRO LO STATO BORGHESE
Ciclost. In proprio via Zamboni 33
Bo 5/10/70
Relazione introduttiva di Paolo Inghilesi (operaio della Sasib) al convegno del Centro d'iniziativa del Manifesto di Bologna "Delegati e lotte operaie", Bologna 21-22 marzo 1970
1) Le condizioni reali per cui le lotte d'autunno possono essere valutare
politicamente sono determinate dallo sviluppo della lotta interna e della
sua organizzazione. Siamo passati dalla tradizionale lotta per gli aumenti
salariali o per migliori condizioni di lavoro, condotta attraverso scioperi
esterni alla fabbrica, alla lotta interna nelle forme più dure con
lo sviluppo dell'organizzazione operaia a partire dal luogo di lavoro e
con la contestazione di ogni aspetto dello sfruttamento padronale.
Tale lotta interna è stata infatti il rifiuto del rapporto operaio-macchina
e quindi operaio-operaio che l'uso capitalistico della scienza impone.
Questo rifiuto, pur nel variare delle sue dimensioni, è stato omogeneo
proprio perché esprimeva una situazione reale: l'aumento della subordinazione
operaia in rapporto all'uso capitalistico della tecnologia.
La classe operaia si è rivoltata contro l'organizzazione padronale
del lavoro, che si serve delle macchine e dei così detti sistemi
scientifici di organizzazione per intensificare lo sfruttamento -taglio
dei tempi, aumento dei ritmi- attuando un sempre più rigido controllo
della condizione operaia.
Al tentativo padronale di assicurarsi il consenso operaio a questo
tipo di organizzazione scientifica del lavoro, per mezzo della divisione
politica della classe operaia (differenziazione di paga, di posti di lavoro,
di qualifiche, di superminimi ecc.) e della incentivazione che lega il
salario all'incremento della produttività (cottimi, premi di produzione,
straordinari), ha fatto riscontro l'insubordinazione continua della classe
operaia, con le autolimitazioni, le fermate, i rifiuti dei tempi, le lotte
contro le categorie per aumenti salariali uguali per tutti sganciati dalla
produttività.
Le autolimitazioni, le fermate, i rifiuti dei tempi, sono atti politici
elementari e radicali con cui la classe operaia ha affermato la unità
inscindibile tra produzione di merci e subordinazione operaia.
Attaccando l'organizzazione del lavoro, la classe operaia ha bruciato
l'illusione riformista per cui gli "effetti negativi" siano trattabili
come cosa separata dal processo produttivo che li determina.
Come si legge in "Quaderni Rossi" n. 6 pagina 105: "Il conflitto tra
lavoratori e capitalisti perde sempre più il suo carattere di lotte
contro l'ingiustizia della distribuzione del reddito, mentre in esso appare
con sempre maggiore evidenza l'ineguaglianza nella produzione del reddito.
Infatti il conflitto non è più tanto intorno alla spartizione
della ricchezza (più salario meno profitti) quanto piuttosto intorno
al modo di produrre ricchezza (rifiuto dell'operaio di essere una macchina
produttiva nelle mani del padrone). In questo senso la lotta che avviene
non già intorno al prezzo della merce-lavoro (salario) ma intorno
alla condizione del lavoro come merce, che il padrone ha comprato e che
usa, come sua, si manifesta nella richiesta e nella lotta per la libertà
e l'autonomia dell'operaio che intende autogovernarsi e quindi decidere
di se stesso e quindi come scontro fra due poteri per imporre diversi rapporti
di forza nella fabbrica.
2) Riconoscendo questa inseparabilità delle "conseguenze negative",
il carattere mistificato di questa separazione, la classe operaia ha messo
in crisi non solo i meccanismi di controllo politico del padrone, ma anche
l'armonia tra sé stessa e le sue organizzazioni.
La pratica dello scontro, infatti, non ha trovato la sua strategia
ma una strategia diversa, che pone come distinto ciò che nello scontro
è risultato unito. In altri termini la strategia di cui le organizzazioni
politiche e sindacali della classe operaia dispongono spezza quel legame
necessario tra razionalità capitalistica e schiavitù operaia
che la classe invece ha scoperto nello scontro, portando per questo motivo
la lotta nella produzione.
La classe operaia che con le sue lotte ha messo inc risi i meccanismi
di controllo politico del padrone ha, nello stesso tempo, mostrato tutta
l'inadeguatezza della prospettiva riformista, propria delle sue organizzazioni
tradizionali (in particolare i partiti della sinistra parlamentare).
La strategia delle riforme separa, infatti, quello che nello scontro
di classe è risultato strettamente unito: la fabbrica e la società,
l'operaio e il cittadino, il potere padronale e lo Stato che ne è
l'espressione politica, cercando di controllare a livello delle istituzioni
parlamentari gli effetti negativi dei rapporti capitalistici di produzione,
senza mai proporsi di colpire direttamente la causa dello sfruttamento,
il potere padronale.
In questo quadro la così detta "programmazione democratica"
(del resto ormai accettata dal padronato) risulta essere nient'altro che
una forma di amministrazione dello sviluppo capitalistico e delle sue contraddizioni,
in modo tale da "smussare" gli angoli più acuti a livello della
società, evitando le crisi troppo aperte che potrebbero diventare
non controllabili. La programmazione democratica risulta, nella pratica,
un servizio reso ai gruppi monopolistici di fronte alle contraddizioni
prodotte dalla lotta della classe operaia -e ciò sotto forma di
controllo dei monopoli- in cui il ruolo dell'industria di Stato appare
prevalente o concorrente in forme mistificate che non incidono affatto
sullo sviluppo capitalistico stesso.
Con tale forma di programmazione, d'altra parte, si richiede alle organizzazioni
riformiste che esse assumano la garanzia del controllo dei comportamenti
della classe operaia, nei suo obiettivi e nelle sue forme di lotta, sostituendo
al momento oggettivo dell'eversione quello della "concertazione" ossia
del compromesso istituzionalizzato. La ricerca infatti di forme di controllo
politico sul capitale, slegata da una capacità di controllo dell'uso
capitalistico della scienza nei luoghi di produzione, è uno degli
elementi che rendono le organizzazioni tradizionali sempre più subordinate
al sistema.
La mancanza di uno sbocco politico alle lotte dipende proprio da questa
divaricazione tra la domanda politica della classe operaia e l'incapacità
delle organizzazioni a rispondere, anche se questa incapacità ha
un senso diverso nel caso del Sidnacato e nel caso del Partito.
3) Due fatti diversi ma convergenti costringono infatti il Sindacato
ad una esistenza contraddittoria.
-Il capitale che programma scientificamente lo sfruttamento, riduce
i margini della contrattazione;
-l'assenza di una strategia politica che sappia contrastare il capitale
al suo livello non fa che sancire l'impotenza del Sindacato.
In altri termini, il Sindacato che contesta e contratta le conseguenze
negative dell'organizzazione capitalistica del lavoro, frenando l'attacco
operaio ai meccanismi che lo producono, non fa altro che rispecchiare l'attuale
direzione politica del movimento operaio, tesa a risolvere le contraddizioni
sociali, accettando la legittimità dello stato borghese.
Comunque la questione del Sindacato non si risolve dicendo che media,
che è strumento di pacificazione, anche se questo è ciò
che il capitale vuole e cerca; né basta parlare di uso operaio del
Sindacato, ma di attacco operaio, cioè di imposizione della linea
strategica che il movimento viene costruendo, di introduzione prepotente
della lotta politica all'interno della istituzione: non contro il Sindacato
ma oltre il Sindacato.
Il movimento di lotta ha infatti espresso in maniera autonoma nei confronti
del Sindacato nuove forme organizzative che, a partire dalle assemblee
di reparto, si sono articolate neid elegati di linea, di squadra, di reparto,
e sono cresciute, sia pure in modo spesso contraddittorio attraverso i
comitati unitari di base.
Al tentativo di sindacalizzare questi strumenti va contrapposto il
carattere operaio autonomo che ne privilegia le capacità di aggressione
continua alla organizzazione capitalistica del lavoro.
4) E' in questa interpretazione dei contenuti politici emergenti dalle
lotte operaie che va inquadrata la figura del delegato, senza pensare idealisticamente
che le lotte abbiano già definito esperienze consiliari.
La presa di coscienza del carattere nuovo dello scontro è proceduta
-nelle situazioni più avanzate- con l'esigenza di nuove forme organizzative
capaci di fissare in modo irreversibile questa consapevolezza. E' infatti
nella esperienza di lotta interna che la figura del delegato viene a configurarsi
come espressione diretta della conflittualità della linea, del reparto,
della squadra.
Questa origine del delegato costituisce la garanzia e la credibilità
di un suo ruolo di direzione politica dello scontro di classe. Il delegato,
comunque, non può restare ciò che è, ma diventare
altro.
Il dibattito sul delegato è oggi prefigurazione dei suoi ruoli,
indicazione di tutte quelle prestazioni politiche cui è chiamato
per il semplice fatto di esistere; non si tratta di indugiare sul "dover
essere" di questa figura, né di congelarla definendone le competenze,
ma di fissare già ora i momenti della sua crescita per sottrarla
sia all'esito corporativo del suo ruolo, sia alla sua riduzione a strumento
del "Sindacato nuovo".
Alcuni punti fondamentali si possono così riassumere:
-libera elezione operaia e revocabilità;
-rapporto continuo con l'assemblea di reparto;
-nessuna restrizione numerica; bisogna evitare infatti ogni formalismo
istituzionale che pretenda di fissare il numero dei delegati, favorendo
al contrario la massima espansione della organizzazione (comitati di reparto);
-quanto alle competenze esse sono definite dalla globalità della
condizione operaia: dai ritmi, alla razionalità complessiva del
sistema produttivo, dalle qualifiche, alla istruzione professionale, dagli
organici alla nocività.
-Ruolo di mobilitazione politica permanente del reparto, che si opponga
ad ogni tentativo, padronale o sindacale, di ridurre i delegati ad "esperti"
che contrattano singoli aspetti della condizione operaia (ad esempio delegati
di cottimo).
-Unificazione politica dei delegati nel consiglio di fabbrica che ha
il compito di raccogliere le esigenze dei reparti;
-coordinamento infine tra i consigli di diverse fabbriche col fine
di generalizzare gli obiettivi e le forme di lotta, superando ogni rischio
di isolamento aziendalsitico.
5) Dal discorso fatto precedentemente derivano alcune implicazioni che
interessano direttamente il movimento dei delegati non solo a livello di
azienda, ma a quello di capitale sociale.
L'insieme degli scioperi delle più importanti sezioni del movimento
operaio, hanno inciso in modo rilevante sull'andamento della produzione,
tanto che si calcola -a livello di esperti"- una diminuzione del reddito
nazionale superiore all'1,5 per cento. Questo prezzo pagato dai padroni
(ma pagato anche dai lavoratori) assume significati diversi e contrastanti
a seconda dei punti di osservazione in cui si colloca.
Per quanto riguarda i lavoratori si può ritenere che le perdite
di salario negli ultimi mesi -data anche la forma assunta dalle lotte-
possono essere recuperate già nell'ambito del prossimo semestre,
per tradursi poi in un aumento nominale del 10-12 per cento (l'aumento
reale risulterà inferiore nella misura in cui si accentueranno i
fenomeni inflazionistici).
Per quanto riguarda i padroni, il discorso è diverso. E' certo
che nel corso del '69, per la prima volta dopo il '62, la dinamica salariale
ha superato quella della produttività media: in altri termini vi
è stata una diminuzione reale dei profitti e degli ammortamenti
(comprese le scorte).
Ciò ha posto problemi di politica economica che non possono
facilmente essere risolti con i mezzi tradizionali (come invece è
avvenuto, ad esempio, nel 1962-64).
Anche se interessa solo indirettamente il nostro discorso, vediamo
l'andamento della occupazione attuale e nel prossimo futuro. Anche l'anno
1969, come già il 1968, ha fatto registrare una diminuzione complessiva
dell'occupazione (ma anche della disoccupazione registrata). Come'è
noto, ciò è dovuto al fatto che continua a diminuire la cosiddetta
"popolazione attiva" rispetto alla popolazione totale; in altri termini,
un numero sempre minore di lavoratori deve mantenere il resto della popolazione
"non attiva", la quale non è solo composta da un numero crescente
di studenti e di pensionati, ma altresì e soprattutto da lavoratori
potenziali (in gran parte donne) che non trovano un conveniente collocamento
sul mercato del lavoro. Particolarmente preoccupante appare la situazione
delle più giovani leve di lavoro -soprattutto quelle provviste di
titoli di studio tecnico-professionali- che, paradossalmente, sono quelle
che più difficilmente trovano adeguata collocazione nel processo
produttivo, nonostante la crescente esigenza di tecnici. Ciò è
in gran parte dovuto alle carenze della formazione professionale e più
in generale della scuola italiana; ma non va dimenticato il fatto che i
processi di ristrutturazione aziendale, soprattutto nella fascia di piccole
e medie aziende, comportano una possibilità di utilizzare basse
qualificazioni per lavori ripetitivi e meccanizzati.
In complesso si può affermare, con sufficiente sicurezza, che
l'andamento del mercato del lavoro nel corso dell'anno appena iniziato,
confermerà le pericolose tendenza messe in luce nell'ultimo biennio:
costante esodo agricolo, probabile rallentamento negli incrementi dell'occupazione
industriale, relativi stagnazione dell'occupazione nei settori terziari.
Ciò significa, in pratica, che la ristrutturazione economica delle
aziende sta passando per un periodo di dequalificazione professionale,
accompagnata tuttavia, per le maggiori aziende, da alcuni gruppi di passaggio
di qualifiche che avvengono soprattutto in seguito a lotte aziendali tese
a tale scopo, ma che lasciano completamente aperto il problema generale.
L'andamento delle lotte operaie ha creato, dunque, una situazione nuova;
il fatto più caratteristico è che ha posto le aziende di
fronte a problemi che non potranno più, come per il passato, essere
risolti soltanto sul piano quantitativo (intensificazione dello sfruttamento,
ferme restando le altre condizioni) bensì dovranno comportare forme
di ristrutturazione organizzativa anche e soprattutto sul piano tecnologico.
L'aumento in atto ed in prospettiva dei costi delle materie prime,
di quelli del lavoro, le riduzioni di orario, richiedono nuovi investimenti,
ma ciò si scontra con un costo del denaro esterno che rende per
molte imprese la situazione più difficile che per il passato.
Sarà quindi forte la tendenza ad un aumento generalizzato dei
prezzi (è indicativo l'indirizzo assunto dai grandi monopoli come
la Fiat che pur non ha certamente gli stessi problemi); aumento che interessa
non solo i prodotti di consumo ma altresì beni strumentali e semilavorati.
Sembra chiaro dai pochi dati esposti, che il 1970 non sarà, economicamente
e socialmente parlando, un anno facile. Se alcuni risultati delle lotte
operaie hanno comportato un certo aumento dei redditi di lavoro, è
però da mettere in conto una risposta padronale che non si svilupperà
solo al livello dei prezzi -anche per i riflessi internazionali che ciò
potrebbe avere sul piano delle esportazioni- ma anche e soprattutto a livello
di organizzazione aziendale: dalla maggiorazione degli orari lavorativi
(ore straordinarie) fino alla saturazione delle capacità produttive
e al loro aggiornamento ecc.
Le prospettive economiche e sociali non appaiono quindi per il capitalismo
italiano di facile soluzione: solo una forte e costante spinta operaia,
al di là dei contratti, può respingere la controffensiva
padronale a tutti i livelli, da quello repressivo a quelli più specificatamente
economici.
Né si può tacere, d'altra part, che il quadro di riferimento
politico -visto che non è certo nostra intenzione chiuderci dentro
ai cancelli delle fabbriche- sta rapidamente deteriorandosi in seguito
a crisi politico-strutturali di cui oggi è difficile prevedere l'andamento
e gli sbocchi. Certo è che il rapporto fabbrica-potere politico
è stato e sarà determinante. Proprio per questo, di fronte
a chi si affanna ad escogitare timorose operazioni riformistico-democratiche,
è da dire chiaro che soltanto nella misura in cui preventivamente
riusciamo a tracciare il programma delle lotte, organizzando il rifiuto
della produttività capitalistica, puntando su obiettivi di potere
capaci di colpire il meccanismo dell'accumulazione noi facciamo veramente
crescere politicamente i delegati.
E' possibile già definire alcuni punti di questo programma delle
lotte, soprattutto cercando di colpire la correlazione fra razionalizzazione-dequalificazione-cottimo-sfruttamento.
La lotta al cottimo deve saper centrare due temi di fondo propri di ogni
aspetto dei rapporti di lavoro:
-quello di fare produrre sempre di più gli operai;
-quello che tutte le caratteristiche del lavoro umano, tra cui appunto
il ritmo, sono decise dall'alto e l'operaio deve limitarsi ad obbedire.
La lotta al cottimo, cioè una lotta contro la facoltà
del padrone di decidere l'uso del alvoro operaio, più che una questione
rivendicativa si chiarisce come una questione di potere: cioè come
un fatto di organizzazione e di forza degli operai. Nella nostra fabbrica,
dopo mesi di autolimitazione, la lotta al cottimo è caratterizzata
da due aspetti strettamente complementari:
-trasferimento in paga base di grossa parte del salario incentivato;
-autodeterminazione dei tempi.
Questa forma di lotta permette la creazione di una grossa coscienza
e organizzazione operaia. Realizzare questo significa fare comprendere
che si può benissimo non accettare il ritmo di lavoro imposto dalla
direzione; significa rendersi conto che le leggi della produzione sono
le leggi stabilite dal padrone, non sono quindi una necessità tecnica
ma un qualcosa che ha un significato ben preciso di potere e di profitto
contro cui si può lottare.
Un altro aspetto centrale è il rapporto razionalizzazione-dequalificazione:
gli operai si sono resi conto che il sistema delle qualifiche ha come unico
scopo quello di dividere la classe operaia, di impedire che essa organizzi
in modo massiccio e continuo la sua offensiva al piano del padrone. Ingabbiare
l'offensiva operaia è il risultato che il padrone deve garantirsi
in ogni riorganizzazione della produzione che voglia essere ""azionale""
Il padrone infatti, per essere sicuro che i suoi conti tornino, che
le sue previsioni siano verificate, deve assicurarsi il comportamento degli
operai. La razionalità del padrone esige il loro consenso: per ciò
li divide, essendo possibile battere un operaio alla volta, ma non la classe
operaia nel suo insieme. Questo sistema pretende di essere il riconoscimento
di ciò che l'operaio sa fare all'interno di un sistema produttivo
che non gli permette di mettere in pratica il suo sapere, che anzi distrugge
nell'operaio ogni sapere professionale: la qualifica vuole dunque valutare
proprio ciò che il lavoro di fabbrica cancella. Dopo un anno di
fabbrica il sapere dell'operaio coincide con le operazioni che gli sono
state imposte dall'organizzazione del lavoro: è a queste operazioni
-e non al sapere dell'operaio in carne ed ossa- che di fatto viene data
la qualifica.
Ma agli operai non interessa il giudizio del padrone; essi sanno che
tutti i lavori sono uguali perché ugualmente necessari alla produzione,
sanno che con lo sviluppo tecnologico è sempre più difficile
stabilire un ordine di importanza tra i singoli operai, e sanno infine
che i lavori dei singoli operai divengono ugualmente e sempre più
importanti, perché sempre più legati al processo produttivo
globale. E' questo aumento di responsabilità che deve diventare
facoltà di decidere sull'organizzazione del lavoro.
Per rispondere a queste esigenze esiste anche un modo padronale di
eliminare le qualifiche ottenendo però lo stesso risultato: il mansionario
è appunto questa soluzione: si analizzano e si valutano le mansioni
di ogni posto di lavoro e vi si appiccica un salario: ogni singolo operaio
viene così ad avere la sua posizione personale nel quadro della
produzione, è isolato dagli altri operai per restare solo nelle
mani della direzione, lo scontro politico di massa per il potere operaio
nella fabbrica si frantuma in tante carriere individuali. Il mansionario
dunque è solo un sistema di qualificazione più preciso e
più aderente alla posizione del singolo operaio; questa precisione
consiste in una valutazione più esatta della produttività
di ogni singolo lavoro, in una subordinazione più rigida. Per queste
ragioni il mansionario non può essere l'obiettivo, la via di uscita
cui tende la classe operaia quando lotta contro il sistema delle qualifiche:
essa non intende infatti sostituire ad un sistema di valutazione "impreciso
e sorpassato" un altro sistema "preciso e moderno", ma vuole eliminare
la valutazione del padrone; cioè la subordinazione dei bisogni operai
alle esigenze del suo piano di sfruttamento. In questa prospettiva ogni
richiesta di valorizzare le capacità professionali è del
tutto illusoria: sarebbe come chiedere alla fabbrica moderna di tornare
alla bottega artigianale.
Al mansionario e alla rivalorizzazione della professionalità
bisogna opporre l'eliminazione delle qualifiche e lo sganciamento del salario
dalla produttività in funzione della ricomposizione politica unitaria
della classe operaia.
L'allargamento delle lotte operaie dagli obiettivi di contestazione
dell'organizzazione padronale del lavoro alla contestazione complessiva
dell'organizzazione capitalistica della società rappresentata in
termini mistificati come "lotta per le riforme" pone grossi problemi per
una strategia efficace dei contropoteri. Bisogna saper legare strettamente
la lotta in fabbrica alla lotta sociale, facendo della seconda il prolungamento
della prima. Si tratta di cogliere il nesso fra lo sfruttamento padronale
in fabbrica e le contraddizioni capitalistiche a livello sociale. Così,
ad esempio, esiste un concreto rapporto tra qualifica e scuola come due
momenti di riproduzione della divisione capitalistica del lavoro. E così
un preciso vincolo si può individuare tra nocività ed istituzioni
sanitarie, tra ritmi e cottimi da un lato e salute dall'altro, tra orario
e ritmi da un lato e occupazione dall'altro, tra salario da un lato e fiscalità
e prezzi dall'altro, tra ambiente di lavoro e urbanistica (trasporti, casa,
servizi sociali).
Ogni vertenza sociale deve sempre partire dalla fabbrica come luogo
d'origine di tutte le contraddizioni capitalistiche, evitando di diventare
un diversivo rispetto alle lotte contro l'organizzazione padronale del
lavoro, che sostituisca alla concretezza dello scontro di classe anticapitalistico
la genericità di una battaglia per una più giusta distribuzione
dei benefici sociali. Il rabbioso attacco di Berlinguer al contropotere
conferma la linea di uso delle masse per le riforme parlamentari in cui
la mobilitazione sociale è subordinata ad alleanza politiche precostituite,
l'alternativa viene dalla esigenza politica dei delegati, dai primi tentativi
di trasformare le riforme in conquiste dal basso e non richieste delegate
alle istituzioni.
In altri termini si devono costruire vertenze precise contro lo Stato
in cui i vari movimenti di massa possono esprimere in modo unificato la
radicalità del loro antagonismo. Così ad esempio nella scuola
e nel quartiere bisogna giungere alla costruzione di organismi di base
fra operai e studenti, fra operai e inquilini, capaci di promuovere il
rifiuto dell'affitto, del pagamento dei servizi urbani e sanitari, ecc.
E' in tale direzione che i limiti attuali del movimento dei delegati
possono essere superati in vista della crescita del movimento politico
di massa.