RACCONTARE I BUON TENTATIVI

Quale spazio trovano prove e tentativi nella documentazione educativa?

Quante volte l’acqua finisce fuori dal bicchiere prima di impare a versarla senza bagnare il tavolo? E quanti piatti cadono sul pavimento mentre si impara ad apparecchiare? E ancora, in quante posizione possono essere collocate le posate sulla tovaglietta prima di impararne la disposizione corretta, secondo il nostro contesto culturale?

È sicuramente scontato dire che dagli errori si impara, ma se ci occupiamo di educazione vale sicuramente la pena problematizzare la questione a partire dalle stesse parole che utilizziamo per definire le molte prove che permettono di acquisire e affinare una competenza: errori o buoni tentativi?

Se riflettiamo poi sulla documentazione educativa, e quindi sui modi in cui scegliamo di raccontare l’esperienza, la questione diventa centrale. Quale spazio trovano nelle nostre documentazione i tentativi e le prove che bambini e bambine mettono in atto nella conquista di una nuova competenza? Quali aspetti del processo di apprendimento vogliamo illuminare, valorizzare e restituire attraverso il nostro racconto? Dove si posa il nostro sguardo?

Focalizzare l’attenzione sui modi attraverso cui raccontiamo processi ed esperienze di crescita ci permette di interrogare e indagare i molti significati impliciti e inconsapevoli di educatrici e insegnanti nei servizi educativi 06 sottesi all’idea stessa di apprendimento, di tempi per l’apprendimento e di strategie per apprendere. Quali tracce scegliamo di mostrare nelle documentazione e quali invece escludiamo o ancora prima non ci curiamo di registrare?

Sulla scia degli interrogativi che pone Paola Zonca, docente di Pedagogia all’Università di Torino, in un suo recente articolo, potremmo chiederci in senso più ampio quale messaggio  veicolano  queste  tracce  o queste “assenze” ai genitori, ai bambini, al personale educativo? Quale realtà educativa è narrata e al tempo stesso prodotta da queste prospettive di documentazione? 

Queste le domande e le riflessioni che hanno caratterizzato l’incontro con una scuola dell’infanzia del Comune di Bologna durante il percorso di formazione sulla documentazione educativa promosso  nel corso di questo anno educativo dal Centro RiESco  presso alcuni nidi e scuole dell’infanzia comunali.

Nell’ambito del percorso di formazione, le insegnanti hanno scelto di documentare il processo di acquisizione dell’autonomia durante il pasto, in particolare nella fase dell’apparecchiatura.

Il primo prodotto che le insegnanti hanno condiviso è frutto di un’attenta selezione di immagini che raccontano  di bambine e bambini che prima imparano ad apparecchiare la tavola attraverso giochi preparatori proposti dalle insegnanti, e che poi sono capaci di stare in fila, rispettare il turno per prendere tovaglietta, posate e bicchiere, versare correttamente l’acqua nel bicchiere e portare i piatti ricolmi di cibo a tavola.

Di fatto la documentazione racconta non l’acquisizione della competenza, come era inizialmente nelle intenzioni delle insegnanti, ma già la competenza acquisita. Non il processo quindi ma direttamente il risultato.

La possibilità di interrogare insieme la documentazione ha permesso di far emergere non solo i criteri impliciti e a volte inconsapevoli che hanno guidato il processo di selezione delle immagini ma anche una dimensione latente di orientamento alla performance, non solo riferita a bambine e bambini ma anche alle stesse insegnanti che attraverso la documentazione si mostrano e si espongono allo sguardo dei genitori. 
Attraverso la formazione sulla documentazione, le insegnanti hanno allenato i loro sguardi e soffermato l’attenzione anche e soprattutto sui molti “buoni tentativi” attraverso cui bambini e bambine si esercitavano quotidianamente a scuola per imparare a “fare da soli”. Così le documentazioni si sono arricchite di immagini che raccontano anche di piatti caduti, di tovagliette apparecchiate al contrario e di mani e posate che si alternano nell’uso.

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