Antonio Zannoni Archeologo

Il sepolcreto villanoviano Benacci. Storia di una ricerca archeologica
Mostra tenuta al Museo Civico Archeologico, Bologna settembre 1996 - gennaio 1997
Il 23 agosto 1869, nel Chiostro delle Madonne viene casualmente scoperta una tomba etrusca “a cista” in bronzo, contenente ossa combuste e suppellettili funebri. Antonio Zannoni, ingegnere dell'Ufficio tecnico ed incaricato della direzione dei lavori del Cimitero della Certosa, intuisce che il ritrovamento è parte di una vasta necropoli; ottiene l'autorizzazione e i mezzi per poter procedere agli scavi che proseguono esplorando il Campo degli Spedali.

Cristiana Morigi Govi, Antonio Zannoni: dagli scavi della Certosa alle "arcaiche abitazioni".

Antonio Zannoni iniziò ufficialmente la sua attività archeologica con lo scavo della necropoli della Certosa dove, mentre dirigeva i lavori di sistemazione del cimitero moderno, venne alla luce nel Chiostro delle Madonne, il 23 agosto 1869, una prima tomba etrusca, ad incinerazione, entro cista di bronzo a cordoni.

Negli anni successivi lo Zannoni, seguendo i lavori pubblici in qualità di Ingegnere Capo del Comune di Bologna, si occupò di molti altri rinvenimenti – dai sepolcreti occidentali etruschi di Felsina all'abitato di capanne rilevato nell'attuale centro storico cittadino dove rinvenne anche il ripostiglio della fonderia di Piazza San Francesco – seguendo un'intuizione e realizzando un programma già delineato durante gli scavi della Certosa:

Io deduceva dai soli scavi della Certosa che, dalla Certosa a Bologna era una via lungo la quale a destra e a sinistra dovevano giacere gruppi di tombe, e queste in progresso delle successive età cioè della vita di Felsina. I fatti scavi hanno via via dimostrato il mio concetto.

Ed infatti prolungando lo scavo in direzione est-ovest, e cioè verso la città moderna, rinvenne i sepolcreti Benacci, Arnoaldi, Tagliavini, Stradello della Certosa, De Lucca.

Nel riportare in luce molte centinaia di tombe, lo Zannoni dimostrò grande sensibilità ed un interesse assolutamente precoce per uno scavo sistematico e rigoroso qualificandosi come uno dei pionieri di questo nuovo metodo che, come ricordò il Ghirardini, si diffuse in Italia.

Zannoni apparteneva infatti a quella schiera di "autodidatti piuttostoché [a quella] degli archeologi disciplinati alla scuola classica" che avevano rinnovato la ricerca archeologica imponendo il metodo stratigrafico.

La scoperta di una cista di bronzo avvenuta durante i lavori di sistemazione del Chiostro delle Madonne nel Cimitero della Certosa, segnò l'inizio delle fortunate scoperte archeologiche dello Zannoni. Ricollegando la cista ai sette esemplari analoghi rinvenuti precedentemente nell'"Etruria Circumpadana" e tenendo conto dei materiali recuperati casualmente verso il 1835 proprio alla Certosa, lo Zannoni capì di trovarsi di fronte ad una necropoli etrusca. Si accinse allo scavo delle tombe (che alla fine dell'esplorazione assommeranno a 421) applicando un metodo di indagine mutuato dalla geologia, che innovò profondamente la ricerca archeologica. Fu infatti uno dei primi ad intuire che lo scavo non poteva risolversi in una più o meno consapevole caccia al tesoro, ma che tutto ciò che si portava alla luce doveva essere indagato e registrato con il più attento e scrupoloso esame della topografica, dello strato, dei contesti e della giacitura dei materiali. Lo Zannoni credeva fermamente nella validità di un rigoroso metodo di scavo. Redasse le planimetrie generali del sepolcreto e per ciascuna tomba fornì una pianta particolare annotando con estrema precisione le dimensioni, l'altimetria, i materiali del corredo e la loro posizione; condusse inolte una vasta campagna fotografica.

Negli anni che vanno dal 1871 al 1878 si consumò l'intessissima attività di scavo dello Zannoni. Seguendo la sua prima intuizione esplorò i terreni della periferia occidentale (ancora liberi da costruzioni) che congiungevano la Certosa alla città, e scoprì le necropoli occidentali Arnoaldi (1871), Tagliavini (1872), Benacci (1873-1876), De Luca (1874-1876), Stradello della Certosa (1874).

Se "la situla della Certosa, i sepolcri nostri, e congeneri di oltre Appennino avevano additata l'importante Umbra civiltà (Zannoni), il ritrovamento del grande dolio di Piazza San Francesco con i suoi 14.838 oggetti di bronzo, veniva a confermarne "splendidamente" l'importanza.

Degli Umbri di Felsina, lo Zannoni mise in luce anche l'abitato di cui aveva intuito la posizione dopo aver scoperto le sole tombe della Certosa. Nel 1892 uscì la monografia Arcaiche abitazioni di Bologna, in cui venivano pubblicati "gli avanzi di abitazioni" rilevate dal 1872 al 1890, soprattutto nella zona occidentale della città moderna durante i lavori per le nuove fognature e per la costruzione dell'acquedotto, diretto dallo stesso Zannoni.

La fiducia nello scavo e la capcità di leggere il terreno consentirono allo Zannoni di individuare nelle grandi macchie nerastre, frammiste a cocci e ad ossa, pavimenti di capanne. Con un'esplorazione minuzionsa furono messi in luce resti di abitazioni appartenute ai Terramaricoli, alle genti di Villanova, agli Etruschi e ai Romani: era dunque ora possibile ricostruire sulla base di monumenti e "non di favole e di vaghe tradizioni" la storia più antica della città che aveva avuto nel periodo umbro il momento del suo massimo splendore.

 

Tratto da:

Cristiana Morigi Govi, Gli scavi del sepolcreto Benacci. Note di Archivio, in Culture figurative e materiali tra Emilia e Marche. Studi in memoria di Mario Zuffa, Rimini, Maggioli editore, 1984.

Cristiana Morigi Govi, Antonio Zannoni: dagli scavi della Certosa alle "arcaiche abitazioni", in Dalla Stanza delle Antichità al Museo Civico. Storia della formazione del Museo Civico Archeologico di Bologna, a cura di Cristiana Morigi Govi e Giuseppe Sassatelli, Casalecchio di Reno, Grafis Edizioni, 1984.

Il sepolcreto villanoviano Benacci. Storia di una ricerca archeologica. 1873-1996, Mostra tenuta a Bologna, Museo Civico Archeologico settembre 1996 – gennaio 1997, stampa Futura press, 1996.

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  • 1928 (29.12.1933) vedi

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