Il Palazzo comunale e la Sala del Consiglio
Il Palazzo comunale
Un palazzo simbolo che racchiude otto secoli di storia cittadina. Un palazzo le cui origini risalgono alla nascita dell'istituzione comunale nel lontano Duecento. Un palazzo residenza degli organi politici, economici della città, testimone anche dei momenti più travagliati e violenti della storia locale. Il Palazzo d'Accursio vide la sua attuale sistemazione con la stabilizzazione del potere politico del governo "misto" di Senato e Legato pontificio alla fine del Cinquecento. Con l'arrivo delle truppe napoleoniche nel 1796, il palazzo venne profondamente modificato: vennero eliminati tutti gli stemmi e le statue, mentre la cappella del Cardinale Legato fu trasformata in archivio. Dopo l'unità d'Italia, nel 1876, s'iniziarono i lavori di restauro del Palazzo e nel 1930, secondo un progetto di Alfonso Rubbiani, le grandi finestre del Fioravanti vennero trasformate in bifore, mentre furono completamente restaurate le sale che un tempo ospitavano gli alloggi del Cardinale Legato. I bombardamenti della seconda guerra mondiale colpirono anche il palazzo comunale, demolendo il torrione sul lato sud - ovest del palazzo. Gli interventi successivi attuati con la ricostruzione eliminarono tutti gli edifici sorretti dopo il Cinquecento, restituendo al palazzo un aspetto più sobrio e vicino a quello originale.
Cuore della città, il palazzo fu testimone di numerosi avvenimenti anche drammatici come l'eccidio del 21 novembre 1921 provocato da alcune squadre fasciste. Durante la cerimonia d'insediamento del Consiglio comunale vittorioso dopo le elezioni amministrative del 31 ottobre e che avevano visto il giovane ferroviere Enio Gnudi eletto sindaco ed il Partito Socialista Italiano conquistare ben 47 seggi, le truppe, capeggiate da Leandro Arpinati, spararono sulla folla che si era riunita nella piazza Maggiore per acclamare il nuovo Sindaco. Nell'aula consiliare si finì di consumare la tragedia quando, a seguito di gravi scontri, morì il consigliere di minoranza Giulio Giordani. La giornata si concluse con l'allontanamento dei consiglieri eletti e l'imposizione di un commissario prefettizio in sostituzione del sindaco.
Anche durante la Resistenza il Palazzo comunale venne macchiato dal sangue della violenza: nell'angolo con e la Sala Borsa, venivano fucilati i partigiani combattenti sotto la macabra scritta "Posto di ristoro partigiani". Dopo la Liberazione, sopra questo sangue, i cittadini bolognesi cominciarono ad affiggere le foto dei caduti nella Resistenza, primo spontaneo sacrario alla memoria cittadina.
La Sala del Consiglio tra storia e allegoria
La Sala del Consiglio che si affaccia sulla principale piazza cittadina, nel Seicento era la sala in cui si riuniva il Senato o "Reggimento", formato da quaranta - successivamente divennero cinquanta - membri appartenenti a famiglie facoltose bolognesi nominati a vita. Le scelte che venivano prese erano in materia legislativa ed esecutiva. Nell’Ottocento, dopo la Restaurazione, la sala probabilmente ospitò l’aula della Corte d’Appello. Dopo l’Unità d’Italia passò da sede dell’Ufficio Passaporti ad aula per le adunanze del Consiglio comunale. Si provvide ad un adeguamento strutturale ed il 5 giugno 1877 il capo dell’Ufficio di Edilità ed Arte, preparò una relazione al Sindaco circa i lavori già terminati all’interno della sala e quelli ancora da compiere. Tra questi spiccava la necessità di un arredamento consono. Vista la spesa di Lire 12.000 già sostenuta, venne approvato il progetto più economico presentato dalla ditta di Clemente Nobili, già nota a Bologna per numerose realizzazioni, diretta dal prof. Luigi Samoggia. Il 4 luglio del 1877 vennero approvati due capitolati con i relativi progetti, uno di Lire 3.650 per la realizzazione di un postergale tamburo e parapetto a balaustri e l’altro di Lire 3200 per la costruzione degli scrittoi, il parapetto, la tavola dei segretari da collocare nella nuova Sala del Consiglio. Nobili si impegnava sia nella realizzazione sia nella fornitura del legno necessario (legno di pioppo o abete rivestito in noce), proponendo come proprio fideiussore Edoardo Chiusoli.
L’affresco che la sovrasta l’aula consigliare, invece, risale al 1676. Venne concluso da Angelo Michele Colonna, artista bolognese di fama nazionale e dal giovane Gioacchino Pizzoli, quadraturista, il 20 luglio dopo un anno di lavoro. La presentazione ufficiale fu fatta ad una esigua rappresentanza cittadina, solo il 24 agosto in occasione della tradizionale Festa della Porchetta.
La grande raffigurazione allegorica affrescata vede nella scena centrale della volta la figura di Bologna, Felsina, additata da Cibele coronata di torri a monito dell'Eternità (simboleggiata dal serpente che si morde la coda) che l'aspetta. L'Eternità è nella gloria e nella potenza dell'Olimpo, i due leoni del carro che traina Cibele, sotto lo sguardo benevolo di Giove e Mercurio. Il programma iconografico dei settori minori vede raffigurate cinque scene allegoriche circa le virtù che destinano Bologna a questa gloria eterna. La fertilità delle terre bolognesi, cinta da Bacco, simbolo delle energie vitali e Pompona, divinità legata ai frutti autunnali, sotto lo sguardo compiacente di Cerere, dea dell'abbondanza delle messi di frumento. La rettitudine morale e la grandezza militare di Bologna, sulle quali discutono Marte e Pallade prima di darne comunicazione a Fama, pronta con la tromba ad annunciarle al mondo. Lungo i lati brevi della sala spiccano due grandi stemmi della città sorretti, su quella che era l'entrata, da Concordia, con in mano un ramoscello di ulivo e la cornucopia, e da Fedeltà; mentre su quella che era l'uscita, da Vigilanza e Prudenza.
Oggi, seguendo la tradizione storica del Palazzo, la sala ospita i massimi simboli della politica bolognese. I consigli comunali, infatti, dove vengono discussi e deliberati i provvedimenti cittadini, si svolgono sotto lo sguardo attento di quelle Virtù che concorrono, nella tradizione, a rendere Bologna una città "eterna". Anche le celebrazioni, le commemorazioni solenni e le cerimonie per il conferimento della cittadinanza onoraria o di altri riconoscimenti hanno per cornice la sala più importante del Palazzo comunale.
e. e.
Bibliografia di riferimento:
- Comune di Bologna, Arredamento Sala di Consiglio, Sala Rossa, scheda storica a cura di P. Foschi, Biblioteca dell’Archiginnasio, marzo-aprile 2007.
- Comune di Bologna, Il palazzo comunale, a cura di G. Roversi, Bologna 1985.
- E. Gottarelli, La decorazione della Sala del Consiglio. Un'affascinante impresa allegorica realizzata da Angelo Michele Colonna e Gioacchino Pizzoli, in "Bologna. Mensile del Comune", anno LXXV, 5(maggio 1989), pp. 60-61.
Si ringrazia Gaia Veronesi per le preziose informazioni.
Questa storia attraversa i seguenti mandati elettorali
- 1920 (21.11.1920) vedi