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Si sono da poco conclusi i lavori di restauro delle colossali statue poste all'ingresso ottocentesco della Certosa: i cosidetti "Piagnoni", che costituiscono il simbolo stesso del Cimitero, datati 1809. Al fianco delle due grandiosi figure eseguite da Giovanni Putti, si può ammirare sul pilastro laterale sinistro un "Genio Funebre", sempre di mano dello stesso scultore ma aggiunto in epoca successiva, anch'esso recuperato in questa occasione.
Il restauro è stato reso possibile grazie ad un progettto scientifico-didattico promosso dal Museo del Risorgimento - Certosa dell'Istituzione Bologna Musei e dall'Accademia di Belle Arti di Bologna, grazie al contributo della Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna. Ad eseguire i lavori, sotto l'alta vigilanza della Soprintendenza competente, sono stati infatti gli allievi del "Corso di restauro dei materiali lapidei e derivati" dell'Accademia, diretti e coordinati dal loro docente, il prof. Sotirios Karoutsos.
Tale progetto era iniziato nella primavera del 2013 con un altro cantiere che ha interessato altre due grandi sculture in terracotta, sempre di Giovanni Putti: i due Leoni, posti a guardia della Certosa nell'Emiciclo sud del Chiostro Maggiore, in asse con l'ingresso dei "Piagnoni".
Il gruppo di lavoro ha visto il contributo della tirocinante Andrea Bagatta e degli studenti Lorenzo Back, Sara Casule, Roberto Cavallo, Carmen Di Lallo, Laura Lenzi, Giulia Longanesi, Claudio Mangione, Elisa Melchiorri, Claudia Montevecchi, Alice Musarò, Sara Pastorelli, Marcello Pedocchi, Francesco Savoia, Camilla Sebastiani, Nazzarena Siracusa,Federica Spadavecchia, Elisa Sola, Greta Vettorata.
L'Ingresso Monumentale ottocentesco - I Piangoloni
Le due imponenti Piangenti (popolarmente dette Piagnoni o Piangoloni) in terracotta collocate sui grandi pilastri dell’ingresso monumentale del Cimitero della Certosa, realizzato su progetto dell’architetto Ercole Gasparini nel 1802, fin dalla loro messa in opera furono riprodotte in incisioni di ampia diffusione e divennero i simboli del nuovo e moderno cimitero di cui, nel 1801, la colta Bologna si era dotata prima di ogni altra città italiana.
Queste due statue sono opera del bolognese Giovanni Putti che, con Giacomo De Maria, fu il maggiore scultore nella Bologna di epoca napoleonica e della Restaurazione. Quando, nel 1809, realizzò le due statue, il giovane Putti, artista già affermatosi nella sua città e in altre dell’Emilia e della Romagna, si apprestava a trasferirsi a Milano dove soggiornò fino al 1814 venendo a contatto con una cultura artistica cosmopolita che gli permise di arricchire la sua già brillante preparazione artistica avviata all’Accademia Clementina. Fu infatti nella capitale del Regno d’Italia, dove, in quel tempo, confluivano i maggiori maestri italiani chiamati ad operare in prestigiosi cantieri come la facciata del duomo e il neoerigendo Arco del Sempione (poi detto della Pace), che Putti ottenne le sue più prestigiose commissioni pubbliche.
Le due statue, caratterizzate da eccezionale pathos, sono quasi figure senza tempo che, attraverso la loro imponente massa, la postura conchiusa e il panneggio ricco e pesante, strategicamente posizionate ad accogliere e quasi ad ammonire chiunque varchi la soglia del camposanto, ci appaiono come allegorie di una realtà di confine tra la vita terrena e l’al di là, simboli del “dramma” perenne ed ineluttabile della morte. Al contempo, attraverso il virtuosismo tecnico e la suggestiva espressività che le connotano, esse rivelano il loro forte legame con quella tradizione plastica felsinea che affonda le sue radici lontano nel tempo, fino a risalire al drammatico e sublime gruppo di Nicolò dell’Arca in Santa Maria della Vita, e che ha nel peculiare neoclassicismo di Giovanni Putti il felice epilogo della sua lunga parabola.
I Leoni
Le due sculture in terracotta sono collocate ai due estremi dell’emiciclo sud del Chiostro Maggiore. Idealmente posti a vegliare l’ingresso al Chiostro III, ciascun leone orna due tombe a pozzetto. La data di esecuzione al momento non è conosciuta ma verosimilmente dovrebbero risalire agli anni venti dell’ottocento, successivi alla realizzazione dei due Piagnoni, posti nell’emiciclo opposto.
Giovanni Putti (Bologna, 1771 - ivi, 1847)
Figura tra le più rappresentative della scultura neoclassica bolognese, compì gli studi presso l’Accademia Clementina, ove vinse diverse medaglie accademiche. Le sue prime realizzazioni furono eseguite per ornare gli apparati effimeri utilizzati per gli eventi religiosi o le commemorazioni di personaggi illustri. Fu attivo a Bologna per tutta la sua carriera artistica, in particolare proprio in Certosa dove realizzò altre opere emblematiche come la tomba Ottani (Sala della Pietà) o il monumento Levi (Chiostro Maggiore).Ebbe una significativa parentesi milanese, in età napoleonica, ove gli vennero commissionati interventi per il Duomo e per la decorazione dell’Arco della Pace o del Sempione, nonché la realizzazione di un tripode in argento, donato dal Regno d’Italia al figlio di Napoleone, in occasione della sua nascita. Di particolare rilevanza e visibilità sono le sculture per l'Arco della Pace: quattro vittorie a cavallo in bronzo alte oltre quattro metri. Le opere da lui realizzate nel cimitero ben rappresentano il modo peculiare con il quale interpretò il gusto neoclassico, distinto da quello di Antonio Canova e Berthel Thorvaldsen per una maggiore attenzione al dato sentimentale, e sintesi felice della cultura classica greca e del manierismo italiano.Sicuramente Giovanni Putti ci ha consegnato in Certosa il più significativo repertorio di sculture di inizio Ottocento a Bologna, ed una risposta originale rispetto agli altri grandi scultori contemporanei che hanno lavorato per la città: Luigi Acquisti, Giacomo De Maria e Cincinnato Baruzzi.
Maggiori dettagli su www.certosadibologna.it