Sono 777 gli oggetti che nel mese di febbraio sono stati smarriti in città e consegnati all’Ufficio oggetti rinvenuti del Comune di Bologna. Tra questi un fornello elettrico con tanto di piastra e due fuochi, smarrito in aereoporto da un probabile cuoco-viaggiatore che proprio non riusciva a separarsi dai ferri del mestiere e che, forse, ha anche perso una confezione di bicchieri di vetro. E che Bologna è Città della Musica ce lo ricordano le tre pianole che, in un solo mese, su tre diversi autobus, sono state perse: una ha anche un bel microfono. A tutto ciò si aggiungono delle impronte odontoiatriche per impianto, un bastone da trekking e uno per non vedenti oltre a un casco da snowboard, solo per citarne alcuni. Numerose poi le cuffie, i cappelli, i guanti e le sciarpe ma anche gli smartphone, le borse, gli zaini, gli occhiali e soprattutto i portafogli persi. I portafogli restano anche la gran parte degli oggetti che più spesso sono restituiti ai legittimi proprietari: in febbraio sono 184 gli oggetti che sono "tornati a casa" di cui proprio 126 sono portafogli.
Il proprietario, per rientrare in possesso del proprio oggetto o documento, deve presentarsi personalmente, con un documento d'identità valido, all'Ufficio che si trova in piazza Liber Paradisus 10 - Torre B - piano zero, e che è aperto il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 8.30 alle 12.30; il martedì dalle 8.30 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 16.30 e il giovedì con orario continuato dalle 8.30 alle 16.30. Il proprietario deve fornire una descrizione dettagliata del bene e deve portare con sé l'eventuale denuncia.
Di tutti gli oggetti smarriti viene pubblicato mensilmente un elenco a cura dell'Ufficio oggetti rinvenuti del Comune di Bologna che si occupa di tenerli in custodia per 12 mesi.
Nel caso il proprietario non si presenti per il ritiro entro 12 mesi, l'oggetto viene restituito alla persona che l'ha trovato e consegnato. Il ritrovatore ha due mesi di tempo per ritirare l’oggetto. Tutti i beni non ritirati rimangono a disposizione del Comune e potranno essere messi in vendita all'asta. Nel caso in cui l'oggetto non avesse un reale valore economico o non riuscisse ad essere venduto all'asta, questo viene donato ad associazioni che presentano dei progetti di valore sociale, didattico in tema ambientale, di riuso e di riciclo o di aggregazione.
E proprio grazie ad uno di questi progetti, una borsa smarrita si anima e diventa la protagonista del racconto di una studentessa del Liceo Fermi. La storia di un oggetto smarrito dalla sua giovane proprietaria, Laura, una ragazzina che ha una camera diversa dalle sue coetanee, in cui non ci sono trucchi, vestiti, gonne o accessori per i capelli, non "una persona spericolata, bensì tranquilla, che passava ore in Salaborsa a leggere e, alcune volte, anche a scrivere (...) storie, favole, ma soprattutto vite". Nonostante ciò, in una frazione di secondo, la protagonista si rende conto di essere stata abbandonata perché la sua proprietaria è scappata via in fretta, in un giorno di pioggia, per non perdere l'autobus. Qui inizia la sua seconda vita, inizialmente triste, quasi senza identità, oggetto che passa di mano in mano, ma che poi, con uno scatto di orgoglio, ritrova la consapevolezza del suo valore in questa nuova dimensione. Il racconto fa parte del progetto "L'og-getto che non getto. Storie di oggetti smarriti" dell'associazioni Visu-Ali a cui l'Amministrazione comunale consegna periodicamente alcuni degli oggetti non restituiti al legittimo proprietario o non rivenduti all'asta. Grazie a questa opportunità, i ragazzi delle scuole superiori bolognesi, hanno dato una seconda vita a questi oggetti, che possono così rivivere in brevi racconti.
Il racconto integrale di Sara Querzè (classe 3B Liceo E. Fermi Bologna)
"Perché io valgo.
Driin… Driin… la sveglia suonava incessantemente, mentre Laura sbadigliando cercava di svegliarsi. La sua camera non era come quelle delle altre ragazzine della sua età: non c’erano trucchi, vestiti, gonne o accessori per i capelli. Era una camera semplice senza quadri al muro, un letto al centro con le coperte bianche e soffici e un armadio enorme che ricopriva un’intera parete. L’ordine non era mai stato il suo forte ed io ero stata lanciata, come una maglietta sporca, in un angolo della stanza.
Non sono una borsa accessoriata o particolarmente decorata; sono semplice, con una trama militare che mi dà un non so che di vissuto, ma la cosa migliore è che vengo utilizzata per ogni cosa: da zaino per la scuola a borsa comoda per andare al cinema oppure,
e questo vi assicuro è la cosa peggiore, come borsa per la palestra, dove vengo riempita di scarpe puzzolenti e vestiti sudati.
Non mi ricordo molto della mia vita prima di incontrare Laura; ero stata mesi ad aspettare sopra lo scaffale di un negozio fino a quando, dopo essere stata due giorni avvolta in una carta da regalo a pois, dentro la quale ho capito di essere claustrofobica, ho incontrato lei.
Non era una persona spericolata, bensì tranquilla, che passava ore in Salaborsa a leggere e, alcune volte, anche a scrivere. Scriveva storie, favole, ma soprattutto vite. Le sue protagoniste non erano persone ricche e famose, ma persone semplici. Scriveva, insomma, quelle storie che piacciono proprio perché chiunque le legge ci si riesce ad immedesimare, quelle storie di cui io mi ero innamorata. Un pomeriggio, per la decima volta in quella settimana, ci stavamo recando in autobus in centro. Pioveva e, per la paura di perdere la fermata, si fiondò come un fulmine verso l’uscita.
Fu a quel punto, dopo una frazione di secondo, che mi resi conto di essere rimasta sola, abbandonata, ma soprattutto arrabbiata: come poteva essersi dimenticata di me? Io che le ero sempre stata vicino, come poteva non venirmi a cercare immediatamente?
Sperai, pregai fino all’ultimo, esattamente come faceva lei quando aspettava che le venisse riconsegnato un compito a scuola, ma non lo fece. Quella fu l’ultima volta che la vidi: coi capelli bagnati che le incorniciavano il viso e quel sorriso timido da cui però si poteva capire tutto di lei.
Non vi starò a raccontare del terribile momento in cui fui portata da un posto all’altro senza sosta, di tutte le persone che mi afferrarono con forza, vi basti sapere che alla fine mi ritrovai, smarrita, in un gigantesco magazzino. All’inizio non ero felice di stare lì proprio per niente, ma la tristezza non superava la delusione, lo sconforto, ma soprattutto la paura di non poter più vedere i raggi caldi del sole e di non poter più vivere la quotidianità, che tanto monotona poi non era. Le lacrime scendevano e mi rigavano la stoffa. Non vi dirò che di colpo smisi di piangere e presi coraggio, perché la verità è che ad un certo punto le lacrime finiscono e, quando questo accade, non hai altra possibilità che voltare pagina. Non è stato facile, e adesso che è passato un po’ di tempo sono pronta a riprendere tra le mani la mia vita. Il mio passato è stato perfetto e, proprio grazie alle migliaia di libri che ho trasportato, ho capito che se qualcuno ti abbandona perché il suo amore ha perso la memoria, è bene che tu ritrovi la tua e intenda chi sei e cosa vali… ed IO valgo".