Figli di dirigenti
che diventano dirigenti e figli d'impiegati che diventano impiegati. Paghe che si fanno sempre più esili, occupazioni persistentemente
precarie e disparità di genere e geografiche che permangono nella loro gravità.
Una società priva di dinamismo sociale ed economico. Sono tutt'altro che liete
le scoperte che quest'anno gli oltre trecentomila neolaureati, la cui truppa di anno in anno andrà facendosi più esigua per ragioni
demografiche, hanno fatto al momento di approdare nel frastagliato mondo del
lavoro.
Quest'anno un neolaureato si è ritrovato nella propria busta paga 1.040 euro. Una
cifra che, in termini di potere di acquisto, vale il
92,9 per cento di quello che guadagnava un neolaureato del 2001 (vedi tabella). E seppure
aumenta lievemente il tasso di occupazione, il 48 per
cento si ritrova ancora a fare i conti con un tipo di lavoro dalla natura
precaria.
I dati sono quelli del X Rapporto sulla condizione
occupazionale dei laureati italiani presentato oggi a Catania da AlmaLaurea, il
consorzio che riunisce cinquantuno università italiane e che ha raccolto la
testimonianza di 92 mila laureati.
Partiamo però dal lieve miglioramento occupazionale. Quest'anno ha trovato
lavoro, a un anno dalla laurea, il 53 per cento dei
giovani, ovvero poco più di mezzo punto percentuale in più rispetto all'anno
scorso (vedi tabella). Anche la disoccupazione ha segnato una parziale battuta
d'arresto pari allo 0,5 per cento. Rimangono però evidenti le disparità tra
uomini e donne. Lavora il 57 per cento dei primi contro il 50 per cento delle
seconde. Così come al Mezzogiorno il tasso di occupazione
è ancora inferiore a oltre venti punti percentuali di quello dei loro coetanei
residenti al Nord.
Quanto alla precarietà le cose non sembrano
migliorare significativamente. Dal 2000 a oggi
il lavoro stabile ha subito una contrazione in termini percentuali che lo ha
visto passare dal 46 per cento al 39 per cento, mentre il lavoro atipico ha
registrato, nello stesso intervallo di tempo, un aumento di dieci punti
percentuali. Nell'ultimo anno la proporzione di persone con un lavoro stabile,
ad un anno dalla laurea, è aumentato lievemente ma di
fatto i due insiemi sembrano avere invertito, almeno per i primi anni
lavorativi, il peso all'interno di un'occupazione che è divenuta più
marcatamente precaria. Solo dopo cinque anni dalla laurea, la gran parte (il 70 per cento) dei laureati riesce ad ottenere un
impiego stabile.
Ma veniamo alla paga. Seppure i laureati hanno avuto a disposizione lungo tutto l'arco della vita uno
stipendio significativamente superiore a quello dei loro coetanei diplomati, la
laurea ora non sembra essere più così premiante. Quest'anno la paga media è
stata di poco superiore a mille euro e inferiore, in
termini di potere d'acquisto, a quella del 2001. Ad essere penalizzate sono
sempre le donne che quest'anno portano a casa solo 925 euro rispetto ai 1.186
dei loro coetanei uomini. Dopo cinque anni la paga sale in media a 1.342 euro
con costanti disparità territoriali: al Nord si toccano i 1.382 euro, al Centro
i 1.288 mentre al Sud si rimane fermi a 1.195 euro.
Che i giovani di oggi fossero destinati a un futuro
meno roseo dei loro genitori lo si era cominciato a capire da tempo. Ma arrivano sempre più conferme di quello che sta accadendo.
Qualche mese fa, uno studio di alcuni ricercatori
della Banca d'Italia aveva mostrato come negli anni Novanta la retribuzione dei
giovani avesse subito una riduzione significativa rispetto a quella dei loro
colleghi più maturi, e come alla misera paga d'ingresso, si era andata
sovrapponendo una carriera molto meno dinamica e quindi incapace di assicurare
una crescita retributiva che compensasse una partenza così fiacca.
A questo si aggiunga la scarsa mobilità sociale. Secondo i dati di AlmaLaurea, a cinque anni dal conseguimento del titolo un
giovane laureato figlio di operai guadagna 1.238 euro al mese, mentre un
ragazzo con lo stesso titolo di laurea ma che proviene da una classe più agiata
riesce a portare a casa 1.437 euro: ovvero 200 euro in più ogni trenta giorni. E queste differenze si notano in tutte le facoltà. Per chi
esce da economia e statistica diventano anche più
acute: 1.276 euro ai figli di operai e 1.519 euro ai figli di chi sta più in
alto nella gerarchia sociale. Tra gli ingegneri la
differenza è di poco inferiore ai 200 euro (1.574 euro contro i 1.759 euro),
tra i giuristi e i laureati del gruppo politico sociale siamo sempre sopra ai
cento euro al mese.
Insomma di padre in figlio. Se ne può trovare conferma anche
se si va ad analizzare il titolo di studio di laurea del genitore e
quello della prole. Si scopre che buona parte dei padri architetti (il 44 per
cento) ha un figlio laureato in architettura, quattro giuristi su dieci hanno
un figlio laureato in giurisprudenza e lo stesso accade agli ingegneri, ai
farmacisti e ai medici (vedi la tabella). Con
evidenti ricadute sui percorsi occupazionali. Tanto che il 16 per cento dei
figli di dirigenti arriva, dopo solo cinque anni dal titolo di laurea, a
ricoprire la carica d funzionario o dirigente mentre a più del quaranta per
cento dei figli di impiegati succede di ripercorrere
il sentiero professionale del padre.
Tutto il fragore degli anni degli studi universitari, tutti quei giorni in cui
si avvicendano entusiasmi e fatiche, una volta arrivato il tempo
dell'occupazione pare dissolversi per venire
sostituito dalla constatazione che la società italiana si è avvitata su se
stessa relegando la mobilità sociale allo status di chimera. Se
si vuole davvero rilanciare l'economia italiana, si dovrà fare qualcosa.
Al Governo futuro, Andrea Cammelli, direttore di AlmaLaurea
manda la raccomandazione di aiutare le piccole e medie aziende a "compiere
innovazioni di processo e di prodotto e a dotarsi di capitale umano qualificato
favorendo la formazione di studi associati" perché la ripresa, ha concluso
Cammelli, "passa attraverso la valorizzazione delle risorse migliori che
abbiamo: i tanti talenti che escono dalle università, forse più numerosi e migliori
di quanto non siamo in grado di formare nelle nostre aule".
(28
febbraio 2008)