TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DEL LAZIO
RICORSO
omissis –dati sensibili-
tutti rappresentati e difesi sia
congiuntamente che disgiuntamente dagli Avv.ti Avv. Corrado Mauceri, Avv. Sofia
Cavini, Avv. Marianna Gorpia, Avv. Luca Marchi, Avv. Francesca Scatolini, Avv.
Angela Nozzi, Avv. Chiara Lombardo, Avv. Paolo Solimeno, Avv. Flora Di Giorgio,
Avv. Roberto Passini, Avv. Andrea Frosali, Avv. Patrizia Dal Monte, Avv. Lucio
Seconnino, Avv. Gabriella Zampieri, Avv. Domenico Fata, Avv. Gabriele Dalle Luche,
Avv. Daniele Giannini, Avv. I. Tiribilli, Avv. A. Corallo, Avv. G. Raffaelli,
Avv. C. Bolelli, Avv.
Contro
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA (da ora MIUR), nella persona del
Ministro pro-tempore in carica;
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, nella persona del Ministro
pro-tempore in carica;
CONSIGLIO DEI MINISTRI, nella persona del Presidente
pro-tempore in carica
per l’annullamento
previa sospensione
della CM n. 4 MIUR prot. n.
381/R.U.U 04 del 15 gennaio 2009 non pubblicata formalmente avente ad oggetto “Iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle
scuole di ogni ordine e grado, riguardanti l'anno scolastico 2009/2010”,
nella parte relativa alle iscrizioni nella scuola dell’infanzia e del I ciclo,
nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, ivi compresi
tutti gli atti attuativi, non conosciuti
e per quanto
occorrer possa
dello schema di Piano Programmatico predisposto
dal Ministero dell’Istruzione Università e Ricerca (da ora MIUR) di concerto
con il Ministero dell’Economia e delle Finanze ed a tutt’oggi formalmente non
adottato.
FATTO
L’art. 64 del DL 112/08 convertito
con modifiche nella L. 133/08 stabilisce: 1. Ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una
piena valorizzazione professionale del personale docente, a decorrere dall'anno
scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e misure volti ad incrementare,
gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da realizzare comunque
entro l'anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di tale rapporto ai
relativi standard europei tenendo anche conto delle necessità relative agli
alunni diversamente abili.
2. Si procede, altresì, alla revisione dei criteri e dei parametri
previsti per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA), in modo da conseguire, nel
triennio 2009-2011 una riduzione complessiva del 17 per cento della consistenza
numerica della dotazione organica determinata per l'anno scolastico 2007/2008.
Per ciascuno degli anni considerati, detto decremento non deve essere inferiore
ad un terzo della riduzione complessiva da conseguire, fermo restando quanto
disposto dall'articolo 2, commi 411 e 412, della legge 24 dicembre 2007, n.
244.
3. Per la realizzazione delle finalità previste dal presente articolo,
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il
Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Unificata di cui
all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere
delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di
carattere finanziario, predispone, entro quarantacinque giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, un piano programmatico di interventi
volti ad una maggiore razionalizzazione dell'utilizzo delle risorse umane e
strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza
al sistema scolastico.
4. Per l'attuazione del piano di cui al comma 3, con uno o più
regolamenti da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del
presente decreto ed in modo da assicurare comunque la puntuale attuazione del
piano di cui al comma 3, in relazione agli interventi annuali ivi previsti, ai
sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su
proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di
concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza
unificata di cui al citato decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, anche
modificando le disposizioni legislative vigenti, si provvede ad una revisione dell'attuale
assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del
sistema scolastico, attenendosi ai seguenti criteri:
a. razionalizzazione ed accorpamento delle classi di concorso, per una
maggiore flessibilità nell'impiego dei docenti;
b. ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola
anche attraverso la razionalizzazione
dei piani di studio e dei relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti
tecnici e professionali;
c. revisione dei criteri vigenti in materia
di formazione delle classi;
d. rimodulazione dell'attuale organizzazione didattica della scuola
primaria ivi compresa la formazione professionale per il personale docente
interessato ai processi di innovazione ordinamentale senza oneri aggiuntivi a
carico della finanza pubblica;
e. revisione dei criteri e dei parametri vigenti per la determinazione
della consistenza complessiva degli organici del personale docente ed ATA,
finalizzata ad una razionalizzazione degli stessi;
f. ridefinizione dell'assetto organizzativo-didattico dei centri di
istruzione per gli adulti, ivi compresi i corsi serali, previsto dalla vigente
normativa;
f-bis. definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e
l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica
prevedendo, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente,
l'attivazione di servizi qualificati per la migliore fruizione dell'offerta
formativa;
f-ter. nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti scolastici
aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono
prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli
utenti.
4-bis. Ai fini di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di
razionalizzazione dell'attuale assetto ordinamentale di cui al comma 4,
nell'ambito del secondo ciclo di istruzione e formazione di cui al decreto
legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, anche con l'obiettivo di ottimizzare le
risorse disponibili, all'articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2006,
n. 296, le parole da: «Nel rispetto degli obiettivi di apprendimento generali e
specifici» sino a: «Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano» sono sostituite dalle
seguenti: «L'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione
e formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17
ottobre 2005, n. 226, e, sino alla completa messa a regime delle disposizioni
ivi contenute, anche nei percorsi sperimentali di istruzione e formazione
professionale di cui al comma 624 del presente articolo» (omissis).
La normativa di legge sopra
riportata prevede la predisposizione da parte del MIUR di concerto con il
Ministero dell’Economia e delle Finanze di un “Piano programmatico” di
interventi e misure finalizzati ad un più razionale utilizzo delle risorse
umane e strumentali disponibili e ad una maggiore efficacia ed efficienza del
sistema scolastico; il comma 4, in attuazione di detto piano ed in relazione
agli interventi ed alle misure annuali ivi individuati, prevede l’adozione di
uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto
1988 n. 400, con i quali si dovrebbe provvedere, anche modificando le
disposizioni legislative vigenti, ad una revisione dell’attuale assetto
ordinamentale organizzativo e didattico del sistema scolastico.
Con D.L. n. 137 del 1 settembre
2008, convertito con modificazioni in L. n. 169 del 30/10/2008 all’art. 4 è
stato previsto: “Nell'ambito degli
obiettivi di razionalizzazione di cui all'articolo 64 del decreto-legge 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008,
n. 133, nei regolamenti previsti dal comma 4 del medesimo articolo 64 e'
ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche della scuola primaria
costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario
di ventiquattro ore settimanali. Nei regolamenti si tiene comunque conto delle
esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia articolazione
del tempo-scuola”.
In data 3.09.2008, il MIUR di
concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha predisposto lo schema di piano programmatico di
interventi “volti ad una maggiore
razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili,
che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza del sistema scolastico”;
detto schema è stato inoltrato per i prescritti pareri sia alle competenti
Commissioni Parlamentari sia alla Conferenza Unificata ex art. 8 Dl.vo n.
281/97. In data 27/11/2008 la VII Commissione della Camera dei Deputati ed in
data 03/12/2008 la VII Commissione del Senato hanno espresso i previsti pareri,
che, peraltro, contengono numerose condizioni alle quali il MIUR si sarebbe
dovuto attenere nell’adozione formale di detto Piano.
A seguito di detti pareri con
osservazioni il MIUR di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze
avrebbe dovuto valutare le osservazioni contenute nei pareri e provvedere
successivamente alla formale adozione del
Piano.
A tutt’oggi, però,
detto Piano non è stato formalmente adottato.
Sulla base del “Piano programmatico”,
regolarmente adottato dopo l’acquisizione dei prescritti pareri, il Governo
avrebbe dovuto emanare i regolamenti di cui all’art. 17, comma 2 della L. n.
400/88, osservando il seguente percorso:
a) proposta del MIUR di concerto con
il Ministero dell’Economia e Finanze.
b) Acquisizione del parere della
Conferenza Unificata ex D.Lvo n. 281/97.
c) Parere del Consiglio di Stato.
d) Deliberazione del Consiglio dei Ministri.
Nelle more di tale procedimento il
MIUR, sulla base di uno schema di
regolamento, con l’impugnata C.M. ha impartito le istruzioni per le
iscrizioni degli alunni per l’a.s. 2009/2010; tali istruzioni però anticipano
una normativa ancora in fieri e sono in contrasto con la normativa attualmente
vigente e con tutta l’organizzazione didattica adottata nelle istituzioni
scolastiche ed in particolare con il POF di ciascuna scuola che, come è noto,
si deve adottare prima dell’inizio dell’anno scolastico.
Si deve peraltro rilevare che, in
data 28.01.2009 la Conferenza Unificata ex art. 8 Dl.vo n. 281/97 ha formulato
il prescritto parere sullo schema di regolamento; da detto parere si evince in
modo inequivocabile che la maggioranza delle Regioni e l’ANCI hanno espresso
parere negativo sia con riferimento allo schema di piano programmatico, sia per
i tagli degli organici e delle compresenze, sia per l’integrazione scolastica.
Inoltre, in data del 12/02/2009 il
Consiglio Nazionale della P.I. ha espresso all’unanimità
un parere negativo sullo schema di regolamento, affermando nelle conclusioni: “che le criticità evidenziate compongono un
quadro formativo che:
· Compromette l’efficacia dell’offerta formativa nelle scuole
dell’infanzia e nel primo ciclo di istruzione;
· Lede la dignità dell’istruzione pubblica;
· Non garantisce pari opportunità di offerta e di scelta nell’intero
territorio nazionale”.
Il MIUR, nonostante tali pareri
negativi ha mantenuto l’impugnata CM che, in palese violazione della normativa
vigente, impartisce disposizioni vincolanti come se il regolamento, ancora in fieri,
fosse già in vigore; peraltro, così come lo schema di regolamento, anche la CM
contrasta anche con lo schema di Piano Programmatico.
In particolare per quanto riguarda
la scuola dell’infanzia la CM
de qua prevede l’apertura delle iscrizioni, nelle scuole statali e paritarie,
per i bambini che compiono tre anni entro il 31 dicembre 2009 e, in presenza di
particolari condizioni (disponibilità di posti, accertamento dell’avvenuto
esaurimento di eventuali liste d’attesa), anche ai bambini che compiono i tre
anni entro il 30 aprile 2010. Le ore settimanali previste sono 40 (8 ore
giornaliere). A richiesta e in base alle disponibilità si potrà arrivare fino a
un massimo di 50 ore. Prosegue inoltre l’esperienza delle ‘sezioni primavera’ per i bambini dai 2 ai 3 anni.
Con riferimento alla scuola primaria i genitori sono
obbligati ad iscrivere le bambine ed i bambini che compiono i sei anni entro il
31 dicembre 2009. Possono iscriversi anticipatamente anche i bambini che
compiono i sei anni entro il 30 aprile 2010. Per le prime classi sarà
introdotto l’insegnante unico di riferimento che avrà la responsabilità
formativa globale dell’alunno. La CM impugnata prevede che al momento delle
iscrizioni i genitori o coloro che esercitano la potestà genitoriale esprimano,
in ordine di priorità, le preferenze rispetto all’articolazione dell’orario
settimanale: 24 o 27 ore che sono i due modelli di base; le famiglie potranno
scegliere anche il modello classi a 30 ore (con attività opzionali) e quello a
40 ore (tempo pieno). La medesima CM prevede però anche l’abolizione delle
compresenze. Per le classi successive alle prime continuano i modelli orari in
atto.
Per la scuola secondaria di primo grado, la CM prevede che i genitori
all’atto dell’iscrizione esprimano la scelta tra i modelli orari di 30 ore o di
tempo prolungato di 36 ore (prolungabile fino a 40 ore). Nel modello a 30 ore,
29 saranno di insegnamento curriculare e di potenziamento della lingua italiana.
Con riferimento all’insegnamento della lingua straniera, nella CM si legge che
le famiglie da quest’anno possono, in sede di iscrizione e con vincolo di non
variare tale scelta per l’intero corso della secondaria di primo grado, possono
chiedere l’inglese potenziato: 5 ore di inglese, anziché 3 di inglese più 2 di
una seconda lingua comunitaria. Le famiglie dunque potranno decidere di
impiegare le 2 ore della seconda lingua comunitaria per l’insegnamento
dell’inglese.
Alla luce di quanto sopra sommariamente
esposto è evidente che il Ministero con la C.M. impugnata non si sia limitato
ad informare le famiglie dei provvedimenti in corso di approvazione che
potrebbero modificare l’assetto del sistema scolastico, ma ha dato indicazioni
operative come se detti provvedimenti fossero stati già adottati e fossero già
vincolanti; difatti ha allegato i modelli delle domande di iscrizione redatti
in base alla normativa ancora in corso
di adozione.
I ricorrenti sono genitori di
bambini che nell’a.s. 2009/2010 dovranno frequentare la scuola dell’infanzia
e/o scuola primaria e docenti della scuola dell’infanzia e primaria, tutti
interessati al mantenimento dell’attuale assetto organizzativo della scuola
dell’infanzia e primaria sia per quanto concerne l’efficacia didattica, sia
anche per le concrete esigenze familiari e lavorative.
La contrazione del tempo scuola,
l’abolizione delle compresenze, l’introduzione dell’insegnante prevalente sono alcuni
degli interventi previsti che incidono in modo fortemente negativo sull’efficacia
didattica e sull’organizzazione scolastica con conseguente contrazione anche
degli organici del personale della scuola.
DIRITTO
Gli impugnati atti sono illegittimi
per i seguenti
MOTIVI
1) VIOLAZIONE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI E SEGNATAMENTE DEGLI ARTT.
3, 33 E 34 COST.
L’art. 3, 2 comma della Costituzione
afferma un principio cardine della democrazia del nostro ordinamento
costituzionale: il principio di uguaglianza sostanziale: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico
e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini,
impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione
di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del
Paese”.
L’illustre giurista ed anche membro
dell’Assemblea Costituente, Piero Calamandrei, scriveva nel 1946 (“Il Ponte” n.
1, gennaio 1946 p. 3 – 14): “Il problema
della democrazia si pone dunque, prima di tutto come un problema di istruzione”
e precisava: “E’ perciò evidente che non
si ha vera democrazia la dove l’accesso all’istruzione non è garantita in misura pari a tutti i cittadini:
perchè, importando necessariamente la diversa cultura una diversa possibilità
di partecipazione alla vita politica, il privilegio dell’istruzione si risolve
necessariamente in privilegio politico”.
In considerazione di tale funzione
“costituzionale” della scuola (come affermava Calamandrei) la Costituzione agli
artt. 33 e 34 afferma che “la Repubblica ... “istituisce scuole per
tutti gli ordini e gradi” e che “la
scuola è aperta a tutti” ed infine che “l’istruzione
inferiore, impartita per almeno otto anni,
è obbligatoria e gratuita”.
La Costituzione prevede quindi in
materia di istruzione scolastica un
nucleo di norme precettive che impongono allo Stato l’obbligo di
organizzare l’offerta di istruzione pubblica non solo in modo corrispondente
alla domanda sociale, ma tale da poter effettivamente eliminare tutti quegli
ostacoli di ordine economico e sociale che possono precludere il diritto di
tutti ed un’istruzione uguale e qualificata.
L’istruzione scolastica non è quindi
nel nostro ordinamento costituzionale un servizio pubblico a disposizione
dell’utenza, ma è una funzione istituzionale volta a realizzare
quell’uguaglianza sostanziale che è la precondizione della democrazia
di un Paese.
La spesa statale per l’istruzione
scolastica ha quindi un carattere assolutamente prioritario e non può
condizionare l’offerta formativa statale; la spesa per la scuola statale deve
essere, certamente razionale ed efficace, evitando ogni eventuale spreco, ma
deve essere comunque adeguata all’effettiva domanda sociale al fine di
consentire a tutti l’acquisizione di un’istruzione qualificata.
Razionalizzazione della spesa per la scuola significa quindi realizzare una
scuola statale e qualificata per tutti.
L’art. 64 della L. n. 133/08 e
l’art. 4 della L. n. 169/08 prevedono invece una riduzione della spesa per la
scuola statale pari a circa otto miliardi nel triennio 2009/2011 senza alcuna giustificazione
logica; si riduce il tempo scuola, si riducono drasticamente gli organici e si
modifica l’organizzazione didattica al solo scopo di ridurre la spesa senza
alcuna considerazione degli effetti negativi che ne possono derivare; si sono
cioè adeguate l’offerta formativa e l’organizzazione didattica all’esigenza,
decisa aprioristicamente, di ridurre di circa 8 miliardi la spesa per la scuola; difatti l’art. 64
della L. n. 133/08 quantifica l’importo della riduzione della spesa nel
triennio, limitandosi ad indicare soltanto alcuni settori di intervento:
aumento del rapporto docenti/studenti ed all’art. 4 del D.L. n. 137/08 l’introduzione
del cd maestro unico demandando l’individuazione di tutti gli altri settori di
intervento ai successivi provvedimenti regolamentari.
Il legislatore quindi non ha
previsto una riduzione della spesa per eliminare determinate spese superflue,
ma ha deciso a priori la riduzione nel triennio della spesa di circa 8 miliardi
per esigenze di contenimento della spesa pubblica a prescindere dell’effettivo
fabbisogno della scuola e quindi anche con una possibile contrazione
dell’offerta formativa e soprattutto con un sacrificio della qualità di tale
offerta.
Si deve inoltre rilevare che il
settore del sistema scolastico individuato con l’impugnata CM (la scuola
primaria) è quello più qualificato e più importante per la funzione
determinante che la formazione primaria ha nel processo formativo.
Con l’art. 4 della L. n. 169/08 si
prevede una trasformazione del modello didattico in vigore nella scuola
primaria (il cd modulo di cui all’art. 121 del D.Lgs. n. 297/94) con il modello
del cd insegnante unico; anche tale ripristino di un modello didattico, ormai
superato, è stato disposto non sulla base di una valutazione adeguata degli
aspetti didattici e pedagogici ritenuti più idonei, ma soltanto sulla base dell’esigenza
di ridurre la spesa, senza alcuna considerazione sulla conseguente dequalificazione
dell’attività didattica.
Come si è già prima rilevato, il CNPI che è l’organo che ha
una specifica competenza di consulenza tecnica e professionale per il Ministro
(art. 23 Dlvo n. 297/94) con un voto
unanime ha giudicato tali innovazioni lesive dell’efficacia didattica e della
dignità formativa.
La normativa di legge su cui si
fonda l’impugnata CM è pertanto palesemente illegittima perchè, comportando
pesanti ed ingiustificati tagli alla spesa per la scuola statale, comprome la
funzione istituzionale dell’istruzione pubblica, così come strutturata dal
combinato disposto degli artt. 3, 33 e 34; tale funzione per la sua rilevanza
costituzionale non può difatti essere compressa con logiche finanziarie, ma
deve essere garantita nel massimo delle potenzialità.
2) VIOLAZIONE DELL’ART. 64 DEL 25.6.2008 N.
112 CONVERTITO CON MODIFICAZIONI NELLA LEGGE 6.8.2008 N. 133 E VIOLAZIONE
DELL’ART. 97 COST.
Come si è prima rilevato l’art. 64
ha previsto un procedimento complesso che presuppone anzitutto l’adozione di un
Piano Programmatico di interventi; a tale fine il MIUR di concerto con il
Ministero dell’Economia predispone detto Piano, sentita la Conferenza Unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs.
n. 281/97 e previo parere
della Commissione Parlamentare; quindi l’iter previsto dal legislatore era il
seguente:
a) Definizione di uno schema di
piano da sottoporre all’esame della Conferenza Unificata ed alle Commissioni
parlamentari;
b) parere della Conferenza Unificata
ex art. 8 DL.gs n. 281/97;
c) parere delle Commissioni
parlamentari;
d) adozione formale del piano
programmatico.
Difatti, dopo avere sentito la Conferenza Unificata
e dopo avere acquisito il previo
parere delle Commissioni Parlamentari il MIUR di concerto con il
Ministero dell’Economia avrebbe dovuto predisporre il piano.
Quindi è chiaro che il Piano
Programmatico si sarebbe dovuto adottare dopo
l’acquisizione dei pareri; del resto se il legislatore ha richiesto
l’acquisizione di detti pareri, è logico che il Piano avrebbe dovuto anzitutto
considerare detti pareri e che quindi doveva essere adottato successivamente a
tali pareri.
E’ pure evidente che per acquisire i
pareri il MIUR avrebbe dovuto predisporre uno schema o una bozza di piano; e difatti ciò è stato
fatto; sia la Conferenza Unificata che le Commissioni parlamentari hanno
esaminato lo schema di piano ed hanno formulato il prescritto parere con numerose
osservazioni.
I pareri erano senza dubbio
consultivi e non vincolanti; quindi il MIUR non era tenuto ad uniformarsi a
tali pareri, ma era tenuto ad esaminarli e ad emanare il Piano dopo averli
esaminati.
Dagli atti che si conoscono allo
stato attuale non risulta però che dopo l’acquisizione dei pareri sia stato
adottato di concerto con il Ministero dell’Economia il Piano Programmatico; di
conseguenza l’impugnata CM che anticipa i regolamenti è illegittima anche
perchè il MIUR non ha mai adottato di
concerto con il Ministero dell’Economia il Piano Programmatico degli interventi
che è il necessario presupposto dei regolamenti.
Nè lo schema presentato alle
Commissioni Parlamentari ed alla Conferenza Unificata può essere considerato il
piano previsto dell’art. 64 citato, anche perchè il piano programmatico doveva
essere adottato ovviamente dopo
l’acquisizione dei pareri; peraltro detti pareri sono stati formulati
con molte osservazioni; quindi il MIUR, pur non essendo vincolato ad
uniformarsi, avrebbe dovuto prendere in esame anche tali osservazioni.
Per compiutezza di difesa si deve
ipotizzare che per il MIUR lo schema di Piano presentato alle Commissioni
Parlamentari ed alla Conferenza Unificata sia da considerarsi il Piano
Programmatico previsto dall’art. 64 citato; in tale caso però è evidente che
tale Piano è stato predisposto prima dell’acquisizione dei prescritti pareri e
quindi senza tenerne conto; di
conseguenza è palesemente illegittimo.
Si deve infine ipotizzare che il
MIUR abbia ritenuto di adottare, dopo l’acquisizione dei prescritti pareri, lo
schema già predisposto, senza fare alcuna modificazione; in tale caso però il
Piano Programmatico, eventualmente adottato in tale modo, si deve ritenere pur
sempre illegittimo perchè manca il concerto con il Ministero dell’Economia e
comunque non è stato in alcun modo formalmente adottato; essendo un atto
presupposto rispetto ai regolamenti era ovviamente necessaria la formale
adozione del Piano con l’espresso riferimento ai pareri acquisiti.
3) VIOLAZIONE DELL’ART. 97 COST. ED ECCESSO DI POTERE PER MANIFESTA
ILLOGICITA’ ED INGIUSTIZIA.
La stessa normativa è palesemente
illegittima per manifesta irragionevolezza; difatti detta normativa si propone
la razionalizzazione della spesa per l’istruzione e nello stesso tempo prevede
interventi che, come ha affermato il CNPI (che è l’organo tecnico che meglio di
ogni altro organo può valutare la coerenza e l’incidenza positiva o negativa
degli interventi), inficiano l’efficacia didattica del sistema scolastico ed in
particolare delle scuola primaria riconosciuta anche a livello internazionale il settore
dell’istruzione più efficace; non realizza quindi il fine dichiarato, ma il
risultato opposto: la dequalificazione della scuola pubblica.
Detta normativa, come si è prima
rilevato, è stata introdotta per effetto di due Decreti Legge, convertiti in
legge con voto di fiducia e quindi senza un’adeguata discussione in Parlamento,
ma soprattutto senza un’adeguata indagine da parte del Governo, Ministero e
Parlamento sulla validità, sotto il profilo dell’efficacia didattica, delle
innovazioni previste.
Il Consiglio Nazionale P.I., sentito
con riferimento allo schema di regolamento applicativo per la scuola
dell’infanzia e per il I ciclo, come si è
prima rilevato, ha espresso un parere fortemente e totalmente negativo
non solo sullo schema di regolamento, ma anche sulla normativa di legge che ne
è il presupposto.
Non c’è dubbio pertanto che la
normativa dell’art. 64 L. n. 137/08 e dell’art. 4 della L. n. 169/08 sia
censurabile anche per manifesta illogicità e contraddittorietà tra le finalità
che il legislatore si propone (la razionalizzazione della spesa
dell’istruzione) e l’efficacia concreta di tali interventi che invece
dequalificano il sistema scolastico e quindi per violazione dell’art. 97 Cost.
con conseguente illegittimità dell’impugnata CM.
4) ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 64, 3° E 4° COMMA DEL D.L.
25.6.2008 N. 112, CONVERTITO CON MODIFICAZIONI NELLA LEGGE 6.8.2008 N. 133 E
DELL’ART. 4 DL 01/09/2008 N. 137, C.TO IN L. 30/10/2008, N. 169 PER VIOLAZIONE
DELL’ART. 77 E 97 DELLA COSTITUZIONE.
Il secondo comma dell’art. 77 della
Costituzione testualmente recita “Quando,
in casi straordinari di necessità e d'urgenza, il Governo adotta, sotto la sua
responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno
stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono
appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.
Presupposto dell’esercizio del
potere legislativo da parte del Governo a mezzo della decretazione d’urgenza è
la sussistenza di una situazione oggettiva e straordinaria che renda necessaria
ed urgente l’adozione di un decreto avente forza di legge; per la decretazione
di urgenza da parte del Governo occorre quindi il concorso di tre necessarie
condizioni:
a)
la
straordinarietà della circostanza e cioè la non prevedibilità di essa;
b)
la
necessarietà dell’intervento;
c)
l’urgenza.
Nel caso in esame l’art. 64 ha
previsto una riduzione della spesa per la scuola per complessivi 8 miliardi nel
triennio; tale intervento prevede un percorso articolato prima con un piano
programmatico e dopo con l’adozione di uno o più regolamenti nell’arco di
dodici mesi con un’indicazione generica dei relativi settori di intervento.
A parte le considerazioni, prima
svolte sull’inopportunità di tale intervento, è fuor di dubbio che nel caso in
esame le tre necessarie condizioni per la decretazione di urgenza non
sussistevano. E’ sufficiente rilevare che si tratta di interventi previsti nel
giugno 2008, che ancora a tutt’oggi sono in corso di perfezionamento; quindi il
ricorso alla decretazione di urgenza era privo di alcun fondamento ed è
palesemente irragionevole, oltre che lesivo delle prerogative del Parlamento.
E’ vero che entrambi i Decreti legge
n.112/08 e 137/08 sono stati convertiti in legge, ma la conversione in legge
per le sue stesse modalità procedimentali, non può sanare l’uso arbitrario da
parte del Governo di un potere che non aveva.
Sotto tale profilo la Corte
Costituzionale con sentenza n. 128/2008 ha chiaramente evidenziato che “Questa Corte, con recente pronuncia
(sentenza n. 171 del 2007), nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di un
decreto-legge, convertito in legge con modificazioni, per difetto dei requisiti
di cui all'art.
77, comma secondo, della Costituzione,
ha affermato, richiamando una precedente decisione (sentenza n. 29 del 1995),
che la preesistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e
l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale,
quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale
dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di
quel presupposto configura in primo luogo un vizio di illegittimità
costituzionale del decreto-legge che risulti adottato al di fuori dell'ambito
applicativo costituzionalmente previsto”. La sentenza prosegue
nell'affermare che “tale difetto di presupposti,
«una volta intervenuta la conversione, si traduce in un vizio in procedendo
della relativa legge» ed ha escluso, con ciò, l'eventuale efficacia sanante di
quest'ultima, dal momento che «affermare che tale legge di conversione sana in
ogni caso i vizi del decreto, significherebbe attribuire in concreto al
legislatore ordinario il potere di alterare il riparto costituzionale delle
competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti
primarie”.
Alla luce anche dell’orientamento
ormai pacifico della giurisprudenza i due decreti legge sui quali si fondano
gli impugnati atti sono illegittimi per violazione dell’art. 77 Cost. con
conseguente illegittimità di tutti gli atti conseguenti.
5) VIOLAZIONE DELL’ART. 3, 33 E 34 COST. CONCERNENTE IL
PRINCIPIO DELL’AUTOSUFFICIENZA DEL SISTEMA SCOLASTICO STATALE.
La CM n. 4/09 per la scuola dell’infanzia prevede tra l’altro: “l’offerta formativa per la scuola
dell’infanzia è assicurata da Stato, Comuni e scuole paritarie”; la CM
muove dal presupposto che anche le scuole private paritarie concorrono
all’offerta formativa statale e che quindi sia previsto, almeno per le scuole
dell’infanzia, un sistema integrato tra scuole statali e scuole private
paritarie; di conseguenza esclude a priori l’adeguamento dell’offerta della
scuola dell’infanzia statale alla complessiva domanda sociale; la scuola
dell’infanzia privata non sarà liberamente scelta, ma in talune realtà sarà
l’unica offerta perchè non ci sarà una scuola statale per tutti.
Una tale ipotesi contrasta però in
modo palese con l’art. 33 Cost. sotto tre profili:
1) il secondo comma dell’art. 33
impone alla Repubblica l’obbligo di istituire scuole statali per tutti gli
ordini e gradi e quindi anche le scuole dell’infanzia; afferma cioè il principio
dell’autosufficienza del sistema scolastico statale;
2) l’art. 34 afferma il principio secondo
cui la scuola statale deve essere aperta a tutti e quindi l’offerta della
scuola statale deve essere corrispondente alla domanda sociale.
3) Lo Stato deve garantire a tutti
l’accesso alla scuola dell’infanzia statale al fine di garantire a tutti il
diritto di accedere ad un insegnamento pluralista e non confessionale, e quindi
alternativo all’insegnamento della scuola privata paritaria che può essere
confessionale.
Si deve difatti rilevare che l’art.
33 Cost. al 4 comma, laddove prevede la parità scolastica stabilisce che “la legge nel fissare i diritti e gli
obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad
esse piena libertà ...”, cioè
deve garantire alle scuole private la libertà di scegliere di essere scuole cd
di tendenza e quindi anche di orientamento confessionale.
Di conseguenza le scuole dell’infanzia
private paritarie, potendo legittimamente prevedere un progetto educativo orientato
in senso confessionale (di qualsiasi confessione), non sono tenute a garantire
la libertà di insegnamento ed il pluralismo culturale; gli insegnanti difatti per
contratto collettivo devono impegnarsi a realizzare “l’indirizzo educativo in coerenza con i principi cui si ispira
l’istituzione” e la Corte Costituzionale in una nota sentenza (n. 195/1972)
ha affermato che la libertà di istituire scuole di tendenza prevale sulla
libertà di insegnamento, nel senso che gli insegnanti di una scuola privata devono
concorrere alla realizzazione del progetto educativo della scuola, anche se di
orientamento confessionale.
Scuole statali e scuole private
paritarie non possono quindi garantire lo stesso insegnamento; la frequenza di
una scuola statale o di una scuola privata non può essere determinata dalla
carenza di scuole statali; la scelta di una scuola privata che può essere di
tendenza, deve essere assolutamente libera.
Si deve inoltre rilevare che la
frequenza della scuola dell’infanzia privata comporta l’onere di una retta e
quindi comporta un’ulteriore discriminazione; non tutti difatti possono
accedere anche per motivi economici alle scuole dell’infanzia private; di
conseguenza, in mancanza di un’offerta pubblica corrispondente alla domanda
sociale, molti bambini sarebbero ingiustamente esclusi.
Le scuole private non possono quindi
concorrere a formare l’offerta scolastica complessiva; tale offerta deve essere
garantita, come afferma la Costituzione, dallo Stato e deve essere garantita a
tutti al fine di evitare ogni possibile discriminazione tra gli alunni; tutti i
bambini hanno difatti diritto di potere frequentare la scuola dell’infanzia
statale che garantisce una formazione pluralista e non confessionale.
Il sistema integrato tra pubblico e
privato, previsto dalla CM n. 4/09 oltre a contrastare con il principio
dell’autosufficienza del sistema scolastico statale (art. 33 e 34 Cost.)
comporterebbe una palese ed inammissibile discriminazione in quanto alcuni
alunni, in violazione anche dell’art. 3 Cost., sarebbero ingiustamente esclusi
dalle scuole statali e costretti a frequentare le scuole private che possono
essere di orientamento confessionale.
6) VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA DI CUI
AGLI ARTT. 33, 1 COMMA E 117, 2 COMMA COST. E DELL’ART. 3 DPR N. 275/1999.
Come si è già rilevato, l’art. 33 al
primo comma afferma il principio della libertà di insegnamento che comporta
l’autonomia del sistema scolastico statale; l’art. 33 della Costituzione coniuga
quindi il principio generale della libertà di insegnamento (“la scienza e l’arte sono libere e libero ne
è l’insegnamento”) con l’esigenza delle norme generali dell’istruzione (“la Repubblica detta la norme generali
dell’istruzione”).
La giusta esigenza di un progetto
culturale e didattico nazionale deve quindi nel nostro ordinamento conciliarsi
con il principio democratico del pluralismo culturale e quindi della libertà di
insegnamento (cioè didattica e metodologica).
La giusta istituzionalizzazione
dell’istruzione scolastica non deve però comportare la statalizzazione della
didattica e della cultura; è quindi necessario un giusto equilibrio tra le
finalità generali dell’istruzione scolastica che lo Stato deve definire con le
norme generali sull’istruzione ed i contenuti e metodi specifici che devono
essere demandati al mondo della scuola.
La libertà di insegnamento esclude
quindi la cd didattica e/o pedagogia di Stato che è la caratteristica dei
regimi totalitari e che caratterizzava il regime fascista che con il Ministero
della Cultura Popolare stabiliva gli indirizzi culturali e didattici della
scuola del regime.
La libertà di insegnamento di
ciascun insegnante nel nostro ordinamento costituzionale è vista quindi
nell’ambito di un sistema nazionale in cui ciascun insegnante concorre con il proprio
contributo a formare il progetto culturale nazionale; non quindi una libertà da un progetto nazionale, ma
libertà in un progetto
condiviso e partecipato.
Deve esserci una sintesi tra libertà
di insegnamento e le norme generali sull’istruzione; a tale fine è però
necessario che le norme nazionali che attengono alle scelte culturali,
metodologiche, didattiche e pedagogiche non siano etereimposte, ma siano
partecipate e condivise e soprattutto rispettose degli ambiti che, nel progetto
unitario a livello nazionale, devono essere demandate all’autonomia scolastica.
A tale fine l’art. 117, 2 comma
della Costituzione prevede espressamente
che la legislazione statale e regionale in materia di istruzione devono
salvaguardare l’autonomia delle istituzioni scolastiche; la Corte
Costituzionale nella sentenza n. 13/2004 ha a tale proposito precisato “è assorbente il rilievo che tale autonomia
non può risolversi nella incondizionata libertà di autodeterminazione, ma esige
soltanto che a tali istituzioni siano lasciati adeguati spazi di autonomia che
le leggi statali e quelle regionali, nell’esercizio della potestà legislativa
concorrente, non possono pregiudicare”.
Sulla base dei suesposti principi è
evidente che il legislatore nella definizione delle norme generali sull’istruzione
e di un progetto culturale nazionale non può nè imporre modelli didattici
rigidi nè, tanto meno, intervenire con provvedimenti restrittivi che vanificano
i progetti definiti dalle istituzioni scolastiche.
A tale proposito si deve rilevare che
l’art. 3 del DPR n. 275/99 (Regolamento sull’autonomia scolastica) stabilisce:
“(Piano dell'offerta formativa) 1. Ogni
istituzione scolastica predispone, con la partecipazione di tutte le sue
componenti, il Piano dell'offerta formativa. Il Piano è il documento
fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle
istituzioni scolastiche ed esplicita la progettazione curricolare,
extracurricolare, educativa ed organizzativa che le singole scuole adottano
nell'ambito della loro autonomia. 2. Il Piano dell'offerta formativa è coerente
con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi
determinati a livello nazionale a norma dell'articolo 8 e riflette le esigenze
del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto
della programmazione territoriale dell'offerta formativa. Esso comprende e
riconosce le diverse opzioni metodologiche, anche di gruppi minoritari, e
valorizza le corrispondenti professionalità. 3. Il Piano dell'offerta formativa
è elaborato dal collegio dei docenti sulla base degli indirizzi generali per le
attività della scuola e delle scelte generali di gestione e di amministrazione
definiti dal consiglio di circolo o di istituto, tenuto conto delle proposte e
dei pareri formulati dagli organismi e dalle associazioni anche di fatto dei
genitori e, per le scuole secondarie superiori, degli studenti. Il Piano è
adottato dal consiglio di circolo o di istituto 4. Ai fini di cui al comma 2 il
dirigente scolastico attiva i necessari rapporti con gli enti locali e con le
diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul
territorio. 5. Il Piano dell'offerta formativa è reso pubblico e consegnato
agli alunni e alle famiglie all'atto dell'iscrizione.”
La CM impugnata prevedendo i moduli
orari, l’esclusione delle compresenze e l’organizzazione didattica ha, però,
illegittimamente invaso la sfera riservata all’autonomia scolastica proponendo
addirittura una pedagogia governativa che mal si addice ad una società democratica.
Peraltro, l’art. 3 del DPR 275/99
citato, prevede, all’ultimo comma che “il
POF (Piano dell’offerta formativa) è consegnato agli alunni e alle famiglie
all’atto dell’iscrizione”.
E’ di tutta evidenza, quindi, che le
iscrizioni debbano essere fatte sulla base dei modelli didattici adottati nel
POF di ciascuna scuola sulla base della normativa vigente e non sulla base di
una CM adottata, peraltro, sulla base di regolamenti ancora inesistenti.
Nè si può sostenere che l’art. 4 del
DL n. 133/08, c.to in L. n. 169/08 ha introdotto per la scuola primaria un
modello didattico nuovo rispetto a quello previsto in precedenza e che pertanto
detta CM trova fondamento nella normativa di legge, pur in assenza del
regolamento applicativo.
La normativa dell’art. 4 della
citata legge per la sua genericità non è immediatamente applicativa senza un
puntuale regolamento, che difatti lo stesso art. 4 prevede espressamente.
La CM si fonda su una normativa di
legge generica e di dubbia legittimità costituzionale e di per sè inidonea ad abrogare
la normativa precedente e pertanto allo stato è inapplicabile.
Non c’è dubbio pertanto che tale
circolare sia illegittima per violazione del principio dell’autonomia
scolastica e per violazione dell’art. 3 DPR n. 275/99.
7) VIOLAZIONE DELL’ART. 4 D.L. N. 133/08, C.TO IN L. 169/08
E DEL PRINCIPIO DI UGUAGLIANZA DI CUI ALL’ART. 3 COST. E DEL DIRITTO
ALL’ISTRUZIONE DI CUI AGLI ARTT. 33 E 34.
Con la CM n. 04/2009 il Ministro per
la scuola primaria propone ai genitori quattro modelli didattici, stabilendo
che successivamente i modelli didattici di ciascuna istituzione scolastica
saranno definiti sulla base delle dotazioni organiche che saranno assegnate.
L’art. 4 del DL n. 133/08, c.to in
L. 169/08 stabilisce però: “Nei
regolamenti si tiene comunque
conto delle esigenze, correlate alla domanda delle famiglie, di una più ampia
articolazione del tempo-scuola”.
Di conseguenza la scelta del tempo
scuola da parte delle famiglie non può essere subordinata alla dotazione degli
organici; al contrario le dotazioni degli organici devono essere correlate alle
scelte della famiglia.
Peraltro la prospettata
subordinazione delle scelte delle famiglie alla consistenza degli organici
comporterebbe che in talune scuole le esigenze possono essere soddisfatte ed in
altre invece possono non essere soddisfatte per effetto degli organici
inadeguati con conseguente ingiusta discriminazione.
La CM è pertanto illegittima perchè
stravolge la stessa norma dell’art. 4 e comunque viola il principio della
parità di trattamento per quanto attiene il diritto all’istruzione.
8) ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 64, 3° E 4° COMMA
DEL D.L. 25.6.2008 N. 112, C.TO IN L. 6.8.2008 N. 133 E DELL’ART. 4 DL N.
137/08 C.TO IN L. 169/08 PER VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 3, 70 97 E 117 DELLA COSTITUZIONE.
ILLEGITTIMITA’ DERIVATA.
Il comma 4 dell’art. 64 del DL.
112/08 convertito nella legge 133/08, per l’attuazione del Piano programmatico e
dell’art. 4 del DL n. 133/08 c.to in L. n. 169/08 saranno emanati regolamenti
ex art. 17 comma 2 della L. 400/88 che possono avere contenuto modificativo
delle disposizioni legislative vigenti (cd “delegificazione”).
Tale previsione, tuttavia, viola i
principi dell’ordinamento in materia di gerarchia delle fonti, nonché la stessa
norma richiamata con l’art. 17, comma 2 della legge 23.8.1988 n. 400, sotto due
profili:
a) violazione del principio della
riserva di legge;
b) violazione del principio della
predeterminazione per legge dei criteri generali.
a) Per quanto attiene alla
violazione del principio della riserva di legge, lo stesso art. 17, comma 2
della L. n. 400/88, esclude la potestà regolamentare delegata per le materie
per le quali è prevista una riserva di legge assoluta; tali potestà
regolamentare sarebbe invece possibile per materie
coperte da riserva
relativa.
La Costituzione invero non prevede
tale distinzione anche perchè per la verità non prevede nemmeno l’ipotesi di
una delega del legislatore al potere regolamentare e cioè della cd
“delegificazione”; la Costituzione difatti afferma il rigoroso principio della
gerarchia delle fonti secondo cui gli atti del Governo che hanno forza di legge
e che quindi possono modificare e/o abrogare una precedente legge sono: i
decreti legge ed i decreti legislativi.
Ciò premesso, e dando ormai per
acquisito nel nostro ordinamento, il regolamento delegato con efficacia
abrogativa delle disposizioni di legge, tale principio deve essere osservato in
modo scrupoloso in modo da evitare un pericoloso svuotamento del ruolo del
Parlamento.
Si è già rilevato che l’istruzione
scolastica nel nostro ordinamento costituzionale per il ruolo che deve svolgere
(creare condizioni di uguaglianza e garantire a tutti una piena cittadinanza) è
una funzione essenziale dello Stato e non uno dei tanti servizi pubblici.
Nello stesso tempo l’istruzione
statale in uno Stato democratico non può essere, a differenza dell’istruzione
degli Stati totalitari, espressione della maggioranza al potere; difatti l’art.
33 al primo comma afferma il principio fondamentale della libertà di
insegnamento e quindi del pluralismo culturale.
Come si è già prima precisato, la libertà
di insegnamento deve coniugarsi con un progetto culturale, didattico e
pedagogico nazionale; in questo senso la Costituzione all’art. 33, 2 comma ha
affermato “la Repubblica detta le norme generali sull’istruzione” nel senso che
le norme generali sull’istruzione non possono essere espressione di una
maggioranza governativa, ma devono essere espressione di un percorso condiviso
e partecipato che deve avere la sua più alta ed ampia sintesi nel Parlamento e quindi nella legge.
L’attribuzione delle norme generali
sull’istruzione alla potestà legislativa del Parlamento è peraltro confermata
nell’art. 117 lett. 2 della Costituzione che riserva espressamente allo Stato
tale potestà legislativa.
Si deve infine rilevare che la
necessità che le norme generali sull’istruzione siano espressione di una larga
maggioranza parlamentare trova anche il suo fondamento nell’esigenza di dare
una stabilità alle linee fondamentali dell’ordinamento scolastico.
Tale esigenza per la verità
richiederebbe addirittura un procedimento legislativo aggravato o comunque una
maggioranza qualificata per impedire o comunque limitare che ogni maggioranza
parlamentare possa imporre un proprio progetto culturale con grave disagio per
il mondo della scuola e soprattutto per
l’efficacia del sistema scolastico.
Da quanto sommariamente esposto non
può esserci dubbio che le norme generali sull’istruzione scolastica rientrino
nella riserva assoluta di legge.
Nel caso in questione invece non
solo con gli art. 64 D.L. n. 112/06 c.to in L. n. 133/08 e con l’art. 4 DL n.
137/08 c.to in L. 169/08 si è delegato al potere regolamentare del Governo “la
revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del
sistema scolastico”, ma tale delega è stata addirittura disposta con decreto
legge (sia pure convertito successivamente in legge, ma con voto di fiducia); il Governo cioè ha delegato se stesso ad
emanare regolamenti con efficacia modificatrice delle norme di legge vigenti.
E’ evidente pertanto che le citate
norme di legge che hanno conferito al potere regolamentare del Governo tale
delega siano lesive dei principi costituzionali concernenti la funzione
legislativa e segnatamente dell’art. 33, 70, 97 e 117, 2 comma della
Costituzione.
Le citate disposizioni del DL n.
112/08 c.to in L. 133/08 e DL n. 137/08 c.to in L. 169/08 sono pure censurabili
per violazione delle suindicate norme costituzionali sotto altri profili perchè
il legislatore delegante non solo è lo stesso delegato (!), ma soprattutto
perchè ha conferito una delega in bianco.
La norma dell’art. 17, comma 2 della
L. 23/08/1988 n. 400 difatti prevede che nel conferimento della delega il
legislatore debba determinare “le norme generali regolatrici della materia”;
l’art. 64 del DL n. 112/08, c.to in L. 133/08 ha conferito invece una delega
ampia per la “revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e
didattico del sistema scolastico” limitandosi ad indicare soltanto alcuni
“titoli”; non esiste quindi la
necessaria determinazione delle norme generali.
La delega è stata conferita
pertanto, con evidente illogicità, in palese violazione della stessa norma
invocata.
Le stesse considerazioni valgono
anche per l’art. 4 del D.L. n. 137/08 c.to in L. N. 169/08 che, dopo avere
reintrodotto il cd “insegnante unico” rinvia ai regolamenti per la definizione
del tempo scuola senza alcun criterio generale.
L’impugnata CM è pertanto
palesemente illegittima per illegittimità derivata.
9) ILLEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE DELL’ART. 64, 3° COMMA DEL D.L.
25.6.2008 N. 112, C.TO IN L. N. 133/08, IN RELAZIONE ALL’ART. 117, 3° E 6° COMMA, COST.
La normativa dell’art. 64 L. n.
112/08, c.to in L. n. 133/08 è anche censurabile per violazione dell’art. 117,
6° comma, della Costituzione.
La norma costituzionale citata, prevede
che la potestà regolamentare spetta allo Stato solo ed esclusivamente nelle
materie di legislazione esclusiva e che in materia di legislazione concorrente
tale potestà spetta esclusivamente alla Regione.
Orbene, come si è già rilevato il
Piano programmatico non è stato adottato, ma lo schema adottato in funzione del
successivo regolamento si deve ritenere illegittimo dal momento che la norma
costituzionale di cui all’art. 117, 6° comma, esclude che nelle materie di
legislazione concorrente lo Stato abbia potere regolamentare.
Come è noto, infatti, a seguito
della riforma del Titolo V della Costituzione la materia dell’istruzione forma
oggetto di potestà concorrente (art. 117, terzo comma Cost.) ed allo Stato è
rimessa la sola competenza esclusiva in materia di “norme generali sull’istruzione” (art. 117, secondo comma, lettera n).
Conseguentemente, in materia di
organizzazione scolastica, lo Stato, ai sensi dell’art. 117, III co. ultimo
periodo, può limitarsi a dettare i principi fondamentali, ma non può adottare
norme di dettaglio sulla organizzazione scolastica e sulla distribuzione
interna del personale scolastico, la cui disciplina è di competenza esclusiva
delle Regioni.
La Corte Costituzionale, infatti, ha
recentemente affermato che: “una volta
attribuita l’istruzione alla competenza concorrente, il riparto imposto
dall’art. 117 postula che, in tema di programmazione scolastica e di gestione
amministrativa del relativo servizio, compito dello Stato sia solo quello di
fissare principi. E la distribuzione del personale tra le istituzioni
scolastiche, certamente non è materia di norme generali sulla istruzione,
riservate alla competenza esclusiva dello Stato, in quanto strettamente
connessa alla programmazione della rete scolastica, tuttora di competenza
regionale” (tra le altre: Corte Cost. 13.1.2004 n. 13).
Lo schema del piano programmatico e
l’impugnata CM che anticipa il regolamento attuativo il Ministro hanno però
dettato disposizioni dettagliate sull’organizzazione didattica invadendo oltre
che l’autonomia scolastica, le potestà legislative e regolamentai delle
Regioni.
Domanda di sospensione
Il fumus boni juris è di tutta
evidenza; la CM è priva di ogni fondamento giuridico.
Il periculum in mora è pure evidente;
difatti come risulta dalle notizie di stampa la maggior parte delle famiglie ha
richiesto il tempo pieno che in base all’impugnata CM non solo non è garantito,
ma viene proposto senza compresenze e quindi
fortemente ridimensionato.
Infine si deve rilevare che
l’impugnata CM richiede alle famiglie
una scelta senza alcuna proposta certa.
P.Q.M.
Si chiede, previa, ove occorra,
rimessione alla Corte Costituzionale della questione di illegittimità
costituzionale degli art. 64 del DL n. 112 del 2008, c.to in L. n. 133 del
06/10/1908 e dell’art. 4 del DL n. 137/08 c.to in L. 30/10/2008 n. 169 per
violazione degli art. 3, 33, 34, 70, 77, 97, 117 comma 2, 3 e 6, l’accoglimento
del ricorso con conseguente annullamento
degli atti impugnati con ogni conseguenziale effetto di legge e vittoria di
spese di giudizio.
Ai fini del contributo unificato di
cui agli artt. 9 e segg. del DPR n. 115/2002 si dichiara che il valore della controversia è
INDETERMINATO.
Ai fini e
per gli effetti degli articoli 133, comma 3, e 134, comma 3, c.p.c., il
sottoscritto difensore dichiara di voler ricevere eventuali comunicazioni al
seguente indirizzo di posta elettronica: lucamarchi@inwind.it
Roma, 12/03/2009
Avv. Corrado Mauceri, Avv. Sofia Cavini, Avv. Marianna Gorpia,
Avv. Luca Marchi, Avv. Francesca Scatolini, Avv. Angela Nozzi,
Avv. Chiara Lombardo, Avv. Paolo Solimeno, Avv. Flora Di Giorgio
Avv. Roberto Passini, Avv. Andrea Frosali, Avv. Patrizia Dal Monte
Avv. Lucio Seconnino, Avv. Gabriella Zampieri, Avv. Domenico
Fata
Avv. Gabriele Dalle Luche, Avv. Daniele Giannini, Avv. I. Tiribilli
Avv. A.
Corallo, Avv. G. Raffaelli, Avv. C. Bolelli,
Avv.
MANDATO
Deleghiamo a rappresentarci e
difenderci nel presente giudizio anche disgiuntamente in primo e secondo grado
ed in fase esecutiva gli Avv.ti Corrado Mauceri, Cavini Sofia, Gorpia Marianna,
Luca Marchi, Francesca Scatolini, Angela Nozzi Avv. Chiara Lombardo, Avv. Paolo
Solimeno, Avv. Flora Di Giorgio, Avv. Roberto Passini, Avv. Andrea Frosali,
Avv. Patrizia Dal Monte, Avv. Lucio Seconnino, Avv. Gabriella Zampieri, Avv.
Domenico Fata, Avv. Gabriele Dalle Luche, Avv. Daniele Giannini, Avv. I.
Tiribilli, Avv. A. Corallo, Avv. G. Raffaelli, Avv. C. Bolelli e
Dichiariamo altresì di essere stati informati in conformità al disposto
del D.L.vo n. 196/2003 (Codice Privacy) e successive modiche e integrazioni ed
autorizzo pertanto il trattamento dei dati personali per le finalità
connesse all’espletamento del presente
mandato.
Roma, 12/03/2009
F.to:
Cognome e nome Firma
______________________________________________________
______________________________________________________
______________________________________________________
A richiesta come in atti, io sott.
Aiut. Uff. Giud. dell’Ufficio Unico Corte Appello di Roma, ho notificato copia
conforme del presente atto al MINISTERO
DELLA ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA, nella persona del
Ministro pro-tempore in carica, domiciliato per legge presso la Avvocatura
Generale dello Stato in Roma Via dei Portoghesi n. 12, nel suindicato
domicilio, ivi consegnandola a mani
A richiesta come in atti, io sott.
Aiut. Uff. Giud. dell’Ufficio Unico Corte Appello di Roma, ho notificato copia
conforme del presente atto al MINISTERO
DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZIE, nella persona del Ministro pro-tempore
in carica, domiciliato per legge presso la Avvocatura Generale dello Stato in
Roma Via dei Portoghesi n. 12, nel suindicato domicilio, ivi consegnandola a
mani
A richiesta come in atti, io sott.
Aiut. Uff. Giud. dell’Ufficio Unico Corte Appello di Roma, ho notificato copia
conforme del presente atto al CONSIGLIO
DEI MINISTRI, nella persona del Presidente pro-tempore in carica,
domiciliato per legge presso la Avvocatura Generale dello Stato in Roma Via dei
Portoghesi n. 12, nel suindicato domicilio, ivi consegnandola a mani