Tribunale Amministrativo
Regionale del Lazio
Roma
Ricorrono il Coordinamento Genitori Democratici – Onlus in
persona del Presidente p.t., prof. Angela Nava Mambretti, con sede in Roma,
alla via Cardano 135, Cod. Fisc. 80421880586, il C.I.D.I. – Centro di Iniziativa
Democratica degli Insegnanti, in persona del Presidente p.t., prof.
Maria Sofia Toselli, con sede in Roma, alla Piazza Sonnino 13, Cod. Fisc.
80410150587, il 126° Circolo Didattico di Roma, con sede in Roma, alla
via Ferraironi
per l’annullamento: a) del D.M., di data e numero che non si conoscono, di
approvazione del Piano Programmatico per la razionalizzazione dell’utilizzo
delle risorse umane e strumentali del sistema scolastico, di cui all’art. 64,
comma 3, D.L. n. 112/08 (convertito con modificazioni in legge 6.8.2008 n.
133); b) di ogni atto preordinato, connesso e conseguente.
F a t t o
Con decreto legge in data 25 giugno 2008
n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008 n. 133, sono state approvate misure
urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la
stabilizzazione finanziaria e la perequazione tributaria.
L’art. 64 del predetto D.L. 112/08,
recante disposizioni in materia di organizzazione
scolastica, ha previsto, più in particolare, che “ai fini di una migliore qualificazione dei servizi scolastici e di una
piena valorizzazione professionale del personale docente, a decorrere
dall’anno scolastico 2009/2010, sono adottati interventi e misure volti ad
incrementare, gradualmente, di un punto il rapporto alunni/docente, da
realizzare comunque entro l’anno scolastico 2011/2012, per un accostamento di
tale rapporto ai relativi standard europei tenendo anche conto delle
necessità relative agli alunni diversamente abili”.
Il legislatore ha, poi, demandato al Ministro
dell’Istruzione il compito di attuare il programma appena illustrato, mediante
l’approvazione di un “piano programmatico
di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle
risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore
efficacia ed efficienza al sistema scolastico” (art. 64, comma 3, D.L. n.
112/08).
Al comma 4, infine, l’art. 64 cit. ha
demandato ad una serie di regolamenti, da attuarsi ai sensi dell’art. 17 della
L. n. 400/88, anche in deroga alle disposizioni legislative vigenti,
l’attuazione del predetto Piano programmatico.
Con il decreto ministeriale impugnato il
Ministro dell’Istruzione ha approvato il Piano programmatico di cui al predetto
art. 64 D.L. n. 112/08.
Tale Piano è illegittimo per i seguenti
M o t i v i
1. Violazione dell’art. 117, 3° e 6° comma della Costituzione.
L’art. 64 del decreto legge 25.6.2008 n.
112, convertito con modificazioni nella legge 6.8.2008 n. 133, avente ad
oggetto disposizioni in materia di
organizzazione scolastica, ha previsto una serie di norme per un’ulteriore
qualificazione dei servizi scolastici ed una piena valorizzazione
professionale del personale docente.
Questa la finalità dell’articolo,
individuata nel comma 1.
Per realizzare tale finalità il 3° comma
del medesimo articolo prevede che il Ministro dell’Istruzione dell’Università e
della Ricerca, sulla base di un complesso procedimento, predisponga un “piano programmatico di interventi volti ad
una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali
disponibili”.
Tale Piano è oggetto, appunto, della
presente impugnativa.
La palese natura regolamentare del Piano
impugnato lo rende sicuramente illegittimo per la semplice considerazione che
l’art. 117, 6° comma, della Costituzione esclude che nelle materie di
legislazione concorrente lo Stato abbia potere regolamentare.
E che si sia palesemente in materia di
legislazione concorrente è certificato dallo stesso titolo dell’articolo 64 che
detta “disposizioni in materia di organizzazione
scolastica”.
Sul punto occorre precisare che il
riparto di competenze, previsto dall’art. 117 della Costituzione, nella sua
formulazione originaria, attribuiva alle Regioni la sola competenza in
materia di istruzione artigiana e professionale ed in materia di assistenza
scolastica, appartenendo ogni altra competenza allo Stato.
A seguito della riforma del Titolo V
della Costituzione la materia dell’istruzione forma oggetto di potestà
concorrente (art. 117, terzo comma Cost.) ed allo Stato è rimessa la sola
competenza esclusiva in materia di “norme
generali sull’istruzione” (art. 117, secondo comma, lettera n).
Con la conseguenza che in materia di
organizzazione scolastica, lo Stato, ai sensi dell’art. 117, III co. ultimo
periodo, può limitarsi a dettare i principi fondamentali, ma non può certamente
incidere con norme di dettaglio sulla organizzazione scolastica e sulla
distribuzione interna del personale scolastico, la cui disciplina è di competenza
esclusiva delle Regioni.
La questione è stata, peraltro, oggetto
di un intervento della Corte Costituzionale.
Il Giudice delle leggi ha chiarito che “una volta attribuita l’istruzione alla
competenza concorrente, il riparto imposto dall’art. 117 postula che, in tema
di programmazione scolastica e di gestione amministrativa del relativo
servizio, compito dello Stato sia solo quello di fissare principi. E la
distribuzione del personale tra le istituzioni scolastiche, certamente non è
materia di norme generali sulla istruzione, riservate alla competenza esclusiva
dello Stato, in quanto strettamente connessa alla programmazione della rete scolastica,
tuttora di competenza regionale” (cfr. Corte Cost. 13.1.2004 n. 13)
Ma del resto già con riferimento alla
normativa costituzionale precedente alla riforma del titolo V,
Appare evidente, quindi, la violazione
dell’art. 117 della Costituzione, che prevede che solo in materie di
legislazione esclusiva, la potestà regolamentare spetta allo Stato, mentre in
ogni altra materia la potestà regolamentare spetta alle Regioni.
E poiché come si è detto siamo
nell’ambito di una materia di legislazione concorrente è evidente che lo Stato
non ha alcun potere regolamentare, potendosi limitare solo ed esclusivamente
a dettare i principi fondamentali.
2. Illegittimità costituzionale dell’art. 64, 3°
comma del d.l. 25.6.2008 n. 112, convertito con modificazioni nella legge
6.8.2008 n.
In via gradata si solleva la non
manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art.
64, 3° comma, per violazione dell’art. 117, 6° comma, della Costituzione che
recita che la potestà regolamentare
spetta allo Stato solo ed esclusivamente nelle materie di legislazione
esclusiva e che in materia di legislazione concorrente tale potestà spetta
esclusivamente alla Regione.
3. Violazione
e falsa applicazione degli artt. 70 e 76 Costituzione. Violazione del giusto
procedimento di legge. Illogicità.
L’art. 64 del D.L. 112/08 prevede uno
strano ed abnorme procedimento, che rende di per sé illegittimo il Piano nel
momento stesso in cui viene adottato.
Ed, infatti, l’art. 64, 4° comma, prevede
che il Piano debba contenere tutta una serie di criteri di modificazioni della
legislazione vigente, che saranno poi specificati in regolamenti di attuazione,
sulla base dei criteri individuati dalla legge, anticipando, quindi, un potere
abrogativo che è dubbio che possano avere i regolamenti attuativi, ma che
certamente non può avere il Piano.
Fino a che non verranno approvati i
regolamenti di attuazione del 4° comma, e quindi, non si è ancora arrivati ad
una fase di delegificazione, un atto amministrativo (come è il Piano) non può
che rispettare la legislazione vigente, nel mentre, con il complesso ed anomalo
procedimento legislativo innanzi descritto, si è previsto che proprio il Piano
debba contenere i criteri per l’abrogazione e la modificazione della
legislazione vigente.
Con la conseguenza che, sulla base di
questo assurdo procedimento, il Ministero si è trovato nelle condizioni di
approvare un Piano contrastante con la legislazione esistente; legislazione
esistente che sarà abrogata, se lo vorrà e se lo potrà essere, solo una volta
che saranno approvati i regolamenti di attuazione.
4. Illegittimità costituzionale dell’art. 64, 3° e 4°
comma del D.L. 25.6.2008 n. 112, convertito con modificazioni nella legge
6.8.2008 n. 133 per violazione degli artt. 3, 70 e 76 costituzione.
I commi 3 e 4 dell’art. 64 , come abbiamo già detto,
prevedono che il Piano – e cioè un atto amministrativo – deve contenere i
criteri per la modificazione della legislazione esistente.
Sempre l’art. 64, poi, prevede che i regolamenti di
attuazione della delegificazione, adottati in attuazione del Piano, possono
avere contenuto modificativo delle disposizioni legislative vigenti.
E con ciò palesemente violando i principi dell’ordinamento
in materia di gerarchia delle fonti, di modificazione ed abrogazione della
legge, così come individuati, peraltro, dall’art. 17 della legge 23.8.1988 n.
400.
E la violazione è duplice.
Da un lato, ovviamente, la legge 400/88
prevede che è la legge a dover contenere le norme generali regolatrici della
materia mentre, nel caso in esame, tali norme sono contenute nel Piano e nei
decreti di attuazione (che sono decreti di attuazione del piano e non della
legge).
Ma l’altro aspetto inquietante è che,
ovviamente, nei processi di delegificazione la legge 400/88 prevede
espressamente che la norma disciplinante la delegificazione debba individuare quali
siano le norme di legge che si ritiene abrogare.
E ciò è evidente in quanto solo il
Parlamento può spogliarsi di un proprio potere.
Tutto ciò nel caso in esame non c’è,
perché il legislatore si è limitato a prevedere che il Piano – e cioè un atto
amministrativo – individui quali sono le norme da modificare e da abrogare.
Con la conseguenza che i decreti
attuativi modificheranno le norme senza, quindi, che vi sia alcuna abrogazione
espressa prevista dalla legge statale. Abrogazione espressa indispensabile,
invece, per poter operare la delegificazione di una materia.
È il legislatore a dover stabilire che in
quella materia vuole privarsi del proprio potere legislativo, non potendo certamente
rinviare ad un atto amministrativo (il Piano programmatico oggi impugnato) l’individuazione
delle norme che si intendono eventualmente modificare.
Se è pur vero che il procedimento
previsto dalla legge 400 è un procedimento legislativo stabilito da legge
ordinaria è altrettanto ovvio che la sua modificazione deve avvenire
secondo criteri di logicità e nel rispetto dei principi costituzionali.
Orbene, il procedimento previsto
dall’art. 64 è del tutto illogico in quanto si inserisce tra legge e
procedimento di delegificazione l’approvazione di un atto amministrativo – il
piano di cui al 3° comma dell’art. 64 – che, se vuole avere contenuto modificativo,
deve essere necessariamente in violazione dell’attuale legge, ma non può
esserlo per la sua natura di atto amministrativo.
Ma vi è di più perché, addirittura, i
decreti di delegificazione non sono finalizzati all’attuazione della legge, ma
sono finalizzate all’attuazione di un Piano e, cioè, di un atto
amministrativo.
Solo dopo il processo di delegificazione
poteva, viceversa, prevedersi una pianificazione di carattere non legislativo.
L’inversione del procedimento e
l’inserimento di un atto amministrativo nell’ambito del processo legislativo
di delegificazione rende di per sé illegittimo l’atto amministrativo e, comunque,
rende non manifestamente infondata la questione di costituzionalità che qui espressamente
si solleva dell’art. 64 , 3° e 4° comma del d.l. 112/08 in relazione agli artt.
3, 70 e 97 della Costituzione.
5. Ulteriore Violazione dell’art. 117, iii comma,
cost..
La decisione di delegificare la materia
di cui all’art. 64, IV comma, attraverso il Piano e i regolamenti rende del
tutto illegittime le norme delegificate per la semplice ragione che è lo stesso
Legislatore a qualificare queste norme non come norme di principio ma come
norme di dettaglio come tali pacificamente di competenza delle Regioni.
Come ha chiarito
Con l’ulteriore precisazione che se più
volte
É questo quindi un ulteriore profilo di
incostituzionalità della Legge.
Violazione art. 64 D.L. 25.6.2008 n. 112, convertito
con modificazioni nella legge 6.8.2008 n. 133.
Il Piano impugnato, poi, è anche
illegittimo nei suoi contenuti.
Innanzi tutto esso disciplina l’ordinamento
della Scuola d’infanzia, prevedendone una riduzione dell’orario di
funzionamento giornaliero.
Tale previsione è illegittima, poiché
l’art. 64 del D.L. n. 112/08 non menziona affatto la Scuola d’Infanzia tra gli
obiettivi della riforma, limitandosi ad incaricare il Ministro dell’Istruzione
di redigere un Piano programmatico per il miglioramento dei servizi scolastici,
senza prevedere la revisione degli orari e dei cicli didattici nella scuola di
infanzia.
Ma, a ben vedere, vi sono anche ulteriori
elementi che dimostrano che l’art. 64 cit. non fa alcun riferimento alla
Scuola di infanzia.
In primo luogo vi è da dire che la norma de qua si riferisce all’ordinamento scolastico; e la Scuola di
infanzia non vi ha mai fatto parte, costituendo una Istituzione del tutto
autonoma e diversa dalla Scuola primaria.
Ciò è ulteriormente confortato dal fatto
che l’art. 64 cit. usa termini quali “piani
di studio”, “curricoli” e “quadri orari” che certamente non hanno
nulla a che fare con l’attuale ordinamento della Scuola di infanzia.
È evidente, quindi, l’illegittimità del
provvedimento impugnato, per violazione dell’art. 64 D.L. n. 112 cit. in
quanto, come visto, non vi era alcuna indicazione legislativa, che consentisse
al Ministro di intervenire anche sul settore della Scuola di infanzia.
Non vi è alcuna norma legislativa che
consenta al Ministro di inserire nel Piano norme che comportano la modifica dei
cicli didattici delle Scuole di infanzia, per cui giammai il Ministro avrebbe
potuto adottare un atto regolamentare, che dispone la variazione degli orari di
tali istituti.
6. Eccesso di potere per presupposto erroneo. Contraddittorietà.
Perplessità.
Il Piano impugnato riduce l’orario della
Scuola di infanzia al fine di ottenere una maggiore diffusione del servizio.
Tale presupposto è falso.
Si deve precisare, infatti, che nell’anno
scolastico in corso (2008/2009) la scuola di infanzia è frequentata dal 967.575
bambini.
Ancora, la Scuola di infanzia opera con
42.256 sezioni e 85.000 insegnanti, di cui 4.700 di sostegno.
Delle sezioni funzionanti 38.186 sono a
tempo pieno (e cioè con due insegnanti), con 40 ore settimanali di attività
educative, raggiungendo così il 90,3% del servizio massimo erogabile.
Ancora, vi è da dire che soltanto 4.070
sezioni operano ad orario ridotto e che le istituzioni fornite di mensa sono
12.727 (cifra pari al 93,6% delle scuole statali).
Appare evidente, quindi, che la Scuola di
infanzia, nell’attuale ordinamento, accoglie già la quasi totalità della
popolazione di allievi in età interessata e che non vi è alcuna necessità di
modificare l’orario della stessa, al fine di ampliare un servizio che è già al
massimo delle sue potenzialità.
7. Violazione art. 64 D.L. 25.6.2008 n. 112,
convertito con modificazioni nella legge 6.8.2008 n. 133. Violazione dell’art.
4 del D.L. 1.9.2008 n. 137, convertito in legge 30.10.2008 n. 169.
Il Piano attuativo eccede la delega
conferitagli dall’art. 64 D.L. n. 112/08, come integrato dall’art. 4 del D.L.
n. 137/08, anche nella parte in cui incide sull’ordinamento didattico della
Scuola primaria, intervenendo sull’organizzazione dei moduli, sopprimendola e
sostituendola con un modello didattico operante con un maestro unico, cui è
assegnata una cattedra di 24 ore settimanali.
Accanto agli originari obiettivi di
razionalizzazione scolastica, previsti dall’art. 64 cit., l’art. 4 del D.L. n.
137/08 (conv. in L. n. 169/08) ha previsto che “nell’ambito degli obiettivi di razionalizzazione di cui all’art. 64
del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni, dalla
legge 6 agosto 2008, n. 133, nei regolamenti previsti dal comma 4 del medesimo
articolo 64 è ulteriormente previsto che le istituzioni scolastiche della
scuola primaria costituiscono classi affidate ad un unico insegnante e
funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanali, Nei regolamenti si
tiene comunque conto delle esigenze, correlate alle domande delle famiglie, di
una più ampia articolazione tempo-scuola”.
La norma citata non prevede affatto
l’estensione generalizzata del maestro unico a tutte le classi della scuola
primaria, tanto è vero che si prevede, nei regolamenti da adottare successivamente,
di tenere comunque conto delle esigenze delle famiglie, in relazione ad una più
ampia articolazione tempo-scuola.
Nel Piano impugnato, invece, è chiara l’intenzione
del Ministro di provvedere alla introduzione del cd. maestro unico ed alla
sostituzione del precedente modulo didattico, basato su un tre maestri per due
classi .
Tanto si rileva dal fatto che il Piano
indichi l’affidamento delle classi al maestro unico come criterio di scelta
privilegiato e che tutte le previsioni in ordine alle riduzioni di organico
sono formulate tenendo presente l’estensione di tale modello didattico a tutte
le classi della scuola primaria.
In definitiva, quindi, il Piano prevede
una progressiva riduzione degli organici del personale docente attraverso la
generale applicazione del modulo del maestro unico all’intero ciclo didattico
della Scuola primaria, senza che ciò sia assolutamente autorizzato da alcuna
norma di legge.
Anche sotto tale profilo, pertanto, è
evidente l’illegittimità del Piano che incide sull’ordinamento scolastico ben
oltre i limiti che gli sono stati assegnati dalla legge.
P.q.m.
Si conclude per l’accoglimento del
ricorso
Avv. Riccardo Marone
Gelmini*giupy*ww
L’anno
2009 il giorno del mese di gennaio,
nella qualità e con il domicilio indicati in epigrafe, il sottoscritto avv.
Riccardo Marone ha notificato, ai sensi dell’art. 7 della legge 21.1.1994 n. 53
(a tanto autorizzato con delibera del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di
Napoli adottata nella seduta del 2.12.2003), previa iscrizione al n. ..... /2009
del proprio registro cronologico, il ricorso che precede mediante spedizione
di copia conforme all’originale in plico racc., dall’Ufficio Postale di
Napoli al
1. Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della
Ricerca, in persona del Ministro p.t., nel domicilio eletto ex lege presso l’Avvocatura Distrettuale
dello Stato in Roma, alla via dei Portoghesi