N. 51 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 6 Maggio 2004 - 6 Maggio 2004

 

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 maggio 2004 (della Regione Emilia-Romagna) Istruzione pubblica - Definizione delle norme generali relative alla scuola dell'infanzia e al primo ciclo dell'istruzione, a norma dell'art. 1 della legge 28 marzo 2003, n. 53 - Delega al Governo ad adottare uno o piu' docenti legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e sui livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e di istruzione formazione professionale - Previsione della promozione da ..........  

 
 
 
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Ricorso  della Regione Emilia Romagna, in persona, in persona del
presidente  della  giunta  regionale  pro  tempore,  autorizzato  con
deliberazione  della giunta regionale n. 782 del 26 aprile 2004 (doc.
1),  rappresentata e difesa, come da procura speciale n. 48163 del 27
aprile  2004,  rogata  dal  notaio  dott.  Federico  Stame  (doc. 2),
dall'avv. prof. Giandomenico Falcon di Padova e dall'avv. Luigi Manzi
di  Roma,  con  domicilio  eletto  presso  quest'ultimo,  a Roma, via
Confalonieri, 5;
 
    Contro   il   Presidente   del  Consiglio  dei  ministri  per  la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale  degli  articoli 1,
comma  3; 2; 7, commi da 1 a 6; 10; 12; 13, commi 1 e 3; 14, commi da
1  a  5; 15, comma 1, del d.lgs. 19 febbraio 2004, n. 59, Definizione
delle  norme  generali  relative alla scuola dell'infanzia e al primo
ciclo dell'istruzione, a norma dell'art. 1 della legge 28 marzo 2003,
n. 53,  pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 2 marzo 2004 -
S.O. n. 31, nelle parti di seguito precisate, per violazione:
        dell'art. 117,   commi   3   e   6,   e  dell'art. 118  della
Costituzione;
        del  principio  di  leale  collaborazione,  nei  modi e per i
profili di seguito indicati.
 
                              F a t t o
 
    Come  noto,  1'art. 117, comma 3, Cost., attribuisce alle regioni
ordinarie  la  potesta'  legislativa in materia di istruzione, żsalva
l'autonomia  delle istituzioni scolasticheż e nei limiti dei principi
fondamentali stabiliti dalle leggi statali.
    Il  nuovo  riparto  di competenze segna un significativo sviluppo
rispetto  ad  un processo di progressivo coinvolgimento delle regioni
nella  gestione  della  scuola  da  tempo  in atto nella legislazione
ordinaria,  che  ha  trovato  espressione, in particolare, nel d.lgs.
n. 112 del 1998.
    Ma   e'  ovvio  che,  in  assenza  di  una  competenza  regionale
costituzionalmente  garantita,  non  vi  era alcuna necessita' che lo
stesso servizio scolastico venisse concepito come un servizio erogato
dalle scuole quali istituzioni autonome e disciplinato dalle regioni,
sia  pure  nel  quadro fortemente unitario delle norme generali e dei
principi fondamentali posti dalla legge statale.
    Il  mutamento  della  Costituzione  sancisce ora questo sviluppo:
tuttavia, la riorganizzazione della scuola, alla quale il legislatore
statale  ha ora posto mano, sembra per molti aspetti non tenere conto
della nuova, situazione costituzionale.
    Con  l'art. 1, comma 1, legge 28 marzo 2003, n. 53, il Parlamento
ha delegato il Governo ad żadottare,... nel rispetto delle competenze
costituzionali  delle  regioni  e  di comuni e province, in relazione
alle  competenze  conferite  ai  diversi  soggetti  istituzionali,  e
dell'autonomia  delle  istituzioni  scolastiche,  uno  o piu' decreti
legislativi per la definizione delle norme generali sull'istruzione e
dei  livelli  essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e
di istruzione formazione professionależ (enfasi aggiunta).
    La  legge  n. 53  del  2003, dunque, richiamava espressamente due
titoli  di  competenza  statale  żesclusivaż, previsti dall'art. 117,
comma 2, lett. m) e n).
    E'  chiaro,  pero', che, per mantenere il senso della distinzione
fra  le  żnorme generaliż di cui all'art. 117, comma 2, e i żprincipi
fondamentaliż  di  cui all'art. 117, comma 3, evitando di svuotare la
competenza  regionale concorrente (tenendo conto anche dell'autonomia
delle  istituzioni  scolastiche),  occorre  individuare  la categoria
delle   norme   żgeneraliż  come  quella  delle  norme  basilari  per
l'ordinamento  dell'istruzione, cioe' quelle che disciplinano i cicli
e  la  loro  durata,  le  finalita', gli esami finali, la liberta' di
insegnamento e altri istituti di pari importanza.
    In  effetti, anche se sin qui codesta ecc.ma Corte costituzionale
non  ha avuto ragione di definire żinteramente le rispettive sfere di
applicazione   e   il   tipo  di  rapporto  fra  le  "norme  generali
sull'istruzione"  e i "principi fondamentali", le prime di competenza
esclusiva  dello  Stato ed i secondi destinati a orientare le regioni
chiamate a svolgerliż (sent. n. 13/2004), purtuttavia con la medesima
sent.  n. 13/2004  essa  ha  ritenuto  certo  che  nell'ambito  della
legislazione  regionale rientri la programmazione, l'organizzazione e
la   gestione   del   servizio  scolastico  (ed  in  particolare,  la
distribuzione  del  personale  tra  le  istituzioni scolastiche, żche
certamente  non  e'  materia  di  norme  generali  sulla  istruzione,
riservate   alla   competenza   esclusiva   dello  Stato,  in  quanto
strettamente  connessa  alla  programmazione della rete scolasticaż):
osservando,  fra  l'altro,  che gia' prima della legge cost. n. 3 del
2001,  il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva attribuito (seppur per delega,
visto  l'art. 117  Cost.  all'epoca  vigente)  diverse  funzioni alle
regioni  in  materia di żprogrammazione e gestione amministrativa del
servizio  scolasticoż,  intesi  come  żl'insieme delle funzioni e dei
compiti  volti  a  consentire  la  concreta e continua erogazione del
servizio di istruzioneż (art. 136).
    Invece,  come  si  dira',  il  d.lgs. n. 59/2004, nell'attuare la
legge di delega n. 53 del 2003, ha regolato la materia non solo nelle
sue  norme generali, ma semplicemente come se le regioni non avessero
alcuna  significativa competenza in materia di istruzione. Gia' nella
fase  di formazione del decreto alcune regioni hanno avanzato diverse
censure,  riassunte  in un allegato (doc. 2) del verbale della seduta
della  Conferenza  unificata  del  10 dicembre 2003. Ma diverse norme
lesive  delle  competenze costituzionali regionali sono rimaste anche
nella versione finale del decreto legislativo.
    Il d.lgs. n. 59/2004 comprende cinque capi e quattro allegati. Il
capo  I e' dedicato alla scuola dell'infanzia, il secondo contiene un
unico  articolo sul primo ciclo di istruzione, il terzo disciplina la
scuola  primaria, il quarto la scuola secondaria di primo grado ed il
quinto detta le norme finali e transitorie.
    In particolare, l'art. 1, comma. 1, prevede, fra l'altro, che żla
scuola  dell'infanzia...  realizza... la continuita' educativa con il
complesso  dei  servizi all'infanzia e con la scuola primariaż, ed il
comma 3   specifica  che,  żal  fine  di  realizzare  la  continuita'
educativa  di  cui  al  comma  1,  gli  uffici  scolastici  regionali
promuovono  appositi  accordi con i competenti uffici delle regioni e
degli enti localiż.
    L'art. 2   dispone   in   termini   generali   che  żalla  scuola
dell'infanzia  possono  essere  iscritti  le  bambine e i bambini che
compiono  i  tre anni di eta' entro il 30 aprile dell'anno scolastico
di riferimentoż.
    L'art. 7  regola le attivita' educative e didattiche della scuola
primaria.  Il  comma 1 dispone che, żal fine di garantire l'esercizio
del diritto-dovere di cui all'art. 4, comma 1, l'orario annuale delle
lezioni nella scuola primaria, comprensivo della quota riservata alle
regioni,  alle  istituzioni  scolastiche  autonome e all'insegnamento
della  religione cattolica in conformita' alle norme concordatarie di
cui  all'art. 3,  comma 1, ed alle conseguenti intese, e' di 891 ore,
oltre a quanto previsto al comma 2ż.
    Questo  prevede  che  żle  istituzioni  scolastiche,  al  fine di
realizzare  la  personalizzazione  del  piano  di studi, organizzano,
nell'ambito  del  piano  dell'offerta  formativa, tenendo conto delle
prevalenti   richieste  delle  famiglie,  attivita'  e  insegnamenti,
coerenti con il profilo educativo, per ulteriori 99 ore annue, la cui
scelta  e' facoltativa e opzionale per gli allievi e la cui frequenza
e' gratuitaż.
    Infine,  il  comma  4  stabilisce che żallo scopo di garantire le
attivita'  educative  e  didattiche,  di  cui ai commi 1 e 2, nonche'
l'assistenza  educativa  da  parte  del  personale  docente nel tempo
eventualmente  dedicato alla mensa e al dopo mensa fino ad un massimo
di 330 ore annue, fermo restando il limite del numero complessivo dei
posti  di  cui all'art. 15, e' costituito l'organico di istitutoż. Lo
stesso comma 4 dispone ancora che żper lo svolgimento delle attivita'
e  degli  insegnamenti  di  cui  al  comma 2, ove essi richiedano una
specifica professionalita' non riconducibile al profilo professionale
dei   docenti  della  scuola  primaria,  le  istituzioni  scolastiche
stipulano,  nei  limiti  delle  risorse  iscritte  nei  loro bilanci,
contratti  di  prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblicaż.
    Il  comma  5  regola  la  figura dell'insegnante tutor: dopo aver
riconosciuto   che  żl'organizzazione  delle  attivita'  educative  e
didattiche  rientra  nell'autonomia  e  nella  responsabilita'  delle
istituzioni  scolastiche,  fermo  restando che il perseguimento delle
finalita'  di  cui all'art. 5, assicurato dalla personalizzazione dei
piani  di studio, e' affidato ai docenti responsabili delle attivita'
educative  e  didattiche,  previste dai medesimi piani di studioż, si
aggiunge  che  ża tale fine concorre prioritariamente, fatta salva la
contitolarita'  didattica dei docenti, per l'intera durata del corso,
il  docente  in  possesso  di  specifica  formazione che, in costante
rapporto  con  le  famiglie  e  con il territorio, svolge funzioni di
orientamento in ordine alla scelta delle attivita' di cui al comma 2,
di tutorato degli allievi, di coordinamento delle attivita' educative
e didattiche, di cura delle relazioni con le famiglie e di cura della
documentazione  del  percorso  formativo  compiuto  dall'allievo, con
l'apporto degli altri docentiż.
    Questo  particolare  docente  żassicura, nei primi tre anni della
scuola   primaria,  un'attivita'  di  insegnamento  agli  alunni  non
inferiore alle 18 ore settimanaliż (comma 6).
    Norme  del  tutto corrispondenti sono dettate dall'art. 10 per la
scuola secondaria di primo grado.
    L'art. 12  detta  norme  transitorie per la scuola dell'infanzia.
Esso  dispone  che  żnell'anno  scolastico  2003-2004  possono essere
iscritti  alla  scuola  dell'infanzia,  in  forma di sperimentazione,
volta anche alla definizione delle esigenze di nuove professionalita'
e  modalita' organizzative, le bambine e i bambini che compiono i tre
anni  di  eta'  entro  il  28  febbraio  2004, compatibilmente con la
disponibilita'   dei  posti,  la  recettivita'  delle  strutture,  la
funzionalita'  dei  servizi  e  delle risorse finanziarie dei comuni,
secondo  gli  obblighi  conferiti dall'ordinamento e nel rispetto dei
limiti  posti  alla  finanza  comunale dal patto di stabilitaż, e che
żalle   stesse  condizioni  e  modalita',  per  gli  anni  scolastici
successivi    puo'    essere    consentita   un'ulteriore,   graduale
anticipazione,  fino  al limite temporale di cui all'art. 2ż (in base
al  quale  żalla  scuola  dell'infanzia  possono  essere  iscritti le
bambine  e  i  bambini  che  compiono  i tre anni di eta' entro il 30
aprile dell'anno scolastico di riferimentoż).
    La    competenza   in   materia   e'   attribuita   al   Ministro
dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, che żprovvede, con
proprio decreto, sentita l'Associazione nazionale dei comuni d'Italia
(ANCI),  salvo  quanto previsto all'art. o 7, comma 4, della legge 28
marzo  2003,  n. 53, a modulare le anticipazioni, garantendo comunque
il  rispetto  del limite di spesa di cui all'art. 18ż. Si ricorda che
l'art. 7,  comma  4,  legge  n. 53/2003  prevede  che  żper  gli anni
scolastici  2003-2004,  2004-2005  e  2005-2006  possono  iscriversi,
secondo  criteri  di  gradualita'  e  in  forma  di  sperimentazione,
compatibilmente  con  la  disponibilita'  dei  posti  e delle risorse
finanziarie    dei    comuni,    secondo   gli   obblighi   conferiti
dall'ordinamento  e  nel  rispetto  dei  limiti  posti  alla  finanza
comunale  dal  patto  di  stabilita',  al  primo  anno  della  scuola
dell'infanzia  i bambini e le bambine che compiono i tre anni di eta'
entro   il   28   febbraio  2004,  ovvero  entro  date  ulteriormente
anticipate,  fino alla data del 30 aprile di cui all'art. 2, comma 1,
lett.  e)ż  (dunque,  l'art. 12  d.lgs.  n. 59/2004, fra l'altro, non
rispetta  il termine del 2006 posto per la fine della sperimentazione
dalla legge di delegaż.
    L'art. 12,  comma  2, dispone poi che, żal fine di armonizzare il
passaggio  al  nuovo  ordinamento,  fino  all'emanazione del relativo
regolamento  governativo,  si  adotta  in  via  transitoria l'assetto
pedagogico, didattico ed organizzativo individuato nell'allegato Aż.
    L'allegato   A   reca  le  żIndicazioni  nazionali  per  i  piani
personalizzati  delle attivita' educative nelle scuole dell'infanziaż
e  subito  esso  precisa  che  żle  indicazioni esplicitano i livelli
essenziali  di  prestazione  a  cui tutte le scuole dell'infanzia del
sistema  nazionale di istruzione sono tenute per garantire il diritto
personale,  sociale  e  civile  all'istruzione  e  alla formazione di
qualitaż.  In  realta'  esso rappresenta (come gli altri allegati) un
curioso  documento che mescola indicazioni di tipo tecnico-pedagogico
(alle quali e' stato inopinatamente attribuito rango legislativo) con
norme  di tipo organizzativo (come quelle relative al c.d.. portfolio
delle   competenze   individuali   e   quelle   recanti   i   vincoli
organizzativi, poste alla fine dell'allegato).
    Si  noti,  per  di piu', che la determinazione in via transitoria
dell'assetto  pedagogico,  didattico  ed  organizzativo  da parte del
decreto legislativo non era prevista dalla delega.
    L'art. 12, comma 2, fra l'altro, si riferisce genericamente ad un
żregolamentoż:   si   tratta,   verosimilmente,   di  quello  di  cui
all'art. 7,  comma  1,  legge n. 53/2003, secondo cui żmediante uno o
piu'  regolamenti  da  adottare  a  norma dell'art. 117, sesto comma,
della  Costituzione  e  dell'art. 17,  comma 2, della legge 23 agosto
1988,  n. 400,  sentite  le  Commissioni parlamentari competenti, nel
rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, si provvede:
    a)  alla individuazione del nucleo essenziale dei piani di studio
scolastici  per  la  quota  nazionale  relativamente  agli  obiettivi
specifici   di   apprendimento,  alle  discipline  e  alle  attivita'
costituenti  la  quota  nazionale dei piani di studio, agli orari, ai
limiti di flessibilita' interni nell'organizzazione delle discipline;
    b) alla determinazione delle modalita' di valutazione dei crediti
scolastici;
    c)  alla  definizione  degli standard minimi formativi, richiesti
per  la  spendibilita'  nazionale dei titoli professionali conseguiti
all'esito dei percorsi formativi, nonche' per i passaggi dai percorsi
formativi ai percorsi scolasticiż.
    Analogamente  all'art. 12,  l'art. 13,  comma  1,  attribuisce al
Ministro   dell'istruzione,   dell'universita'  e  della  ricerca  la
żgestioneż delle anticipazioni delle iscrizioni alla scuola primaria,
żfino  al limite temporale previsto dall'art. 6, comma 2ż (in base al
quale  żpossono  essere  iscritti al primo anno della scuola primaria
anche le bambine e i bambini che compiono i sei anni di eta' entro il
30  aprile dell'anno scolastico di riferimentoż), e sempre l'art. 13,
comma  3,  dispone che, żal fine di armonizzare il passaggio al nuovo
ordinamento,  l'avvio  del  primo ciclo di istruzione ha carattere di
gradualitaż,  e  che,  żfino  all'emanazione del relativo regolamento
governativo,  si  adotta,  in  via transitoria, l'assetto pedagogico,
didattico   e  organizzativo  individuato  nell'allegato  B,  facendo
riferimento   al   profilo   educativo,   culturale  e  professionale
individuata nell'allegato Dż.
    L'art.  14 riguarda la scuola secondaria di primo grado. Al comma
2  esso  stabilisce che żfino all'emanazione del relativo regolamento
governativo,  si  adotta,  in  via transitoria, l'assetto pedagogico,
didattico   e  organizzativo  individuato  nell'allegato  C,  facendo
riferimento   al   profilo   educativo   culturale   e  professionale
individuato  nell'allegato  Dż,  precisando al comma 4 che żin attesa
dell'emanazione  del  regolamento  governativo  di cui al comma 2, le
istituzioni   scolastiche,  nell'esercizio  della  propria  autonomia
didattica  ed organizzativa, provvedono ad adeguare la configurazione
oraria  delle  cattedre e dei posti di insegnamento ai nuovi piani di
studio allegati al presente decretoż.
    Il  comma  3  dello  stesso  art. 14  prevede  che,  żal  fine di
assicurare  il  passaggio  graduale  al  nuovo ordinamento per l'anno
scolastico  2004-2005,  e  fino  alla  messa  a  regime  della scuola
secondaria di primo grado, l'assetto organico delle scuole secondarie
di primo grado, come definito dall'art. 10, comma 4, viene confermato
secondo i criteri fissati nel decreto del Presidente della Repubblica
14 maggio 1982, n. 782ż.
    L'art. 14,  comma  5,  prevede  che,  żai  fini dell'espletamento
dell'orario   di   servizio   obbligatorio,   il   personale  docente
interessato  ad  una  diminuzione  del suo attuale orario di cattedra
viene  utilizzato  per  le  finalita'  e per le attivita' educative e
didattiche individuate, rispettivamente, dall'art. 9 e dall'art. 10ż.
    Infine,  l'art.  15  stabilisce  che,  żal  fine di realizzare le
attivita' educative di cui all'art. 7, commi 1, 2 e 3, e all'art. 10,
commi  1,  2  e  3,  e'  confermato in via di prima applicazione, per
l'anno   scolastico   2004-2005,   il   numero   dei  posti  attivati
complessivamente  a livello nazionale per l'anno scolastico 2003-2004
per  le attivita' di tempo pieno e di tempo prolungato ai sensi delle
norme   previdentiż,  aggiungendo  che,  żper  gli  anni  successivi,
ulteriori  incrementi  di  posti,  per  le  stesse finalita', possono
essere   attivati   nell'ambito   della   consistenza   dell'organico
complessivo del personale docente dei corrispondenti ordini di scuola
determinata    con   il   decreto   del   Ministro   dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca,  di  concerto  con  il  Ministro
dell'economia  e  delle  finanze,  di cui all'art. 22, comma 2, della
legge 28 dicembre 2001, n. 448ż.
    Le  norme  ora  ricordate  si  rivelano  lesive  delle competenze
costituzionali  della  Regione Emilia-Romagna per le seguenti ragioni
di
 
                            D i r i t t o
 
    1.  -  Illegittimita'  costituzione  dell'art. 1,  comma  3,  per
violazione degli artt. 117, comma 3, e 118 Cost.
    Secondo   l'art. 1,   comma   1,   żla   scuola  dell'infanzia...
realizza...  la  continuita'  educativa  con il complesso dei servizi
all'infanzia  e con la scuola primariaż; il comma 3 specifica che żal
fine  di  realizzare  la continuita' educativa di cui al comma 1, gli
uffici   scolastici  regionali  promuovono  appositi  accordi  con  i
competenti uffici delle regioni e degli enti localiż.
    Ora,   naturalmente   la  collaborazione  tra  uffici  statali  e
regionali   corrisponde  in  ogni  modo  ad  un  principio  di  buona
amministrazione oltre che alla regola costituzionale.
    Tuttavia,  la  disposizione del comma 3 dell art. 1 assegna ad un
ufficio statale un vero e proprio compito amministrativo, sia pure di
carattere  collaborativo,  rendendolo  responsabile o corresponsabile
del risultato, mantenendo una duplicita' di gestione amministrativa o
una forma di coamministrazione.
    In   questi   termini,   il  comma  3  attribuisce  una  funzione
amministrativa  ad  un  organo  periferico  statale  in  una  materia
costituzionalmente  spettante  alle  regioni (salva la determinazione
con legge dei principi fondamentali da parte dello Stato).
    Codesta  Corte  ha gia' chiarito che, nella materie di competenza
concorrente,  lo  Stato  non  puo'  assegnare a se stesso le funzioni
amministrative,  a  meno  che  il  principio di sussidiarieta' di cui
all'art. 118  non  imponga  di  accentrare  determinate  funzioni per
garantirne  l'esercizio  unitario,  nel rispetto di certe modalita' e
condizioni  (sent.  n. 303/2003).  Al  di  fuori  di  questi casi, e'
pacifico  che  la  distribuzione delle funzioni amministrative spetta
alla  legge  regionale,  ai  sensi  dell'art. 117,  commi  3  e  4, e
dell'art. 118, commi 1 e 2, Cost.
        che  la  norma  impugnata non possa rientrare nei casi di cui
alla  sent.  n. 303/2003  risulta evidente per il fatto stesso che la
funzione  e'  attribuita  ad  un  organo  periferico  statale: il che
esclude   la   sussistenza   di   una  qualsiasi  esigenza  unitaria.
Altrettanto  evidente  pare  che  la  norma  in  questione  non possa
ricondursi  ad  alcuno  dei  titoli  di  competenza  statale previsti
nell'art. 117, comma 2, Cost.
    La realta' e' che, in presenza di una norma formulata nei termini
dell'art. 118  Cost.,  una  amministrazione  periferica statale nelle
materie   regionali  non  ha  piu'  giustificazione  alcuna,  se  non
eventualmente  per  compiti  di  raccordo  tra  eventuali  competenze
centrali  e  ordinarie  competenze regionali: dal momento che la sola
possibile  giustificazione di funzioni amministrative statali sta nel
loro  necessario  esercizio  centrale,  a salvaguardia delle esigenze
unitarie.
    In  attesa  della  dovuta  sostituzione  di organi regionali agli
organi  statali,  e'  sin  da  ora vietata l'attribuzione da parte di
leggi  statali  ad  organi  periferici  statali  di  funzioni  la cui
disciplina e gestione spetta costituzionalmente alle regioni.
    La  żrealizzazione  della  continuita' educativa con il complesso
dei  servizi  all'infanzia  e con la scuola primariaż non puo' essere
disciplinata  operativamente  ed esercitata a livello centrale, ed e'
invece compito pienamente regionale.
    D'altronde, neppure si intende quale siano il possibile contenuto
e la possibile natura di questi accordi.
    La  censura  verrebbe  meno solo ove si trattasse di accordi che,
anziche'  mantenere la responsabilita' dell'ufficio statale, avessero
il  solo  scopo  e  contenuto  di  agevolare  la  piena assunzione di
responsabilita' da parte del competente ufficio regionale.
    2.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 7,  commi 1 e 2,
primo periodo, e 4, primo periodo, e dell'art. 10, commi 1 e 2, primo
periodo, e 4, primo periodo dell'art. 117, comma 3, Cost.
    Come  visto, l'art. 7 si occupa della scuola primaria e l'art. 10
della  scuola  secondaria  di  primo grado. Il comma 1 di entrambe le
disposizioni  fissa  żl'orario  annuale delle lezioni..., comprensivo
della  quota  riservata  alle  regioni,  alle istituzioni scolastiche
autonomeż,  nella misura fissa di 891 ore. A queste ore si aggiungono
ulteriori  99 ore annue (per la scuola primaria) e 198 ore annue (per
la  scuola  secondaria  di primo grado) di żattivita' e insegnamentiż
facoltativi,  organizzati  dalle  scuole  al  fine  di  realizzare la
personalizzazione del piano di studi.
    Il  comma 4, poi, definisce anche il tempo dedicato żalla mensa e
al dopo mensaż, ponendo il limite massimo di 330 ore annue (art. 7) e
di 231 ore annue (art. 10).
    Dunque,  mentre  per  la scuola dell'infanzia l'art. 3 stabilisce
che  l'orario annuale delle attivita' educative żsi diversifica da un
minimo  di  875  ad  un  massimo  di 1700 ore, a seconda dei progetti
educativi  delle  singole  scuole  dell'infanzia,  tenuto conto delle
richieste  delle  famiglież,  per  la scuola primaria e secondaria di
primo  grado il d.lgs. n. 59/2004 non lascia nessun margine di scelta
ne' alle regioni ne' alle scuole, direttamente prescrivendo un orario
fisso   sia   per  le  lezioni  obbligatorie  sia  per  le  attivita'
facoltative.
    La  regione  ritiene debba escludersi che il vincolo rigido nella
fissazione  dell'  orario  annuale  delle  attivita'  educative possa
giustificarsi sulla base dell'art. 117, comma 2, lett. n) (si e' gia'
detto  quale dovrebbe essere l'ambito delle żnorme generaliż); e' qui
da   aggiungere  che  le  norme  in  questione  non  possono  neppure
considerarsi  żprincipi  fondamentaliż  in materia di istruzione (del
resto,  dato il contenuto della delega, il Governo si sarebbe in ogni
caso dovuto limitare a dettare le norme generali).
    Come  ha  precisato  codesta  Corte, i żprincipi fondamentaliż in
materia  di  istruzione  hanno  la  funzione di żorientare le regioni
chiamate  a  svolgerliż: ma la fissazione di un żmonte oreż fisso non
richiede  ne'  consente  alcuno  svolgimento da parte delle regioni e
delle   scuole,   alle   quali   e'   tolta   ogni   discrezionalita'
nell'organizzare   le   attivita'  educative,  sia  obbligatorie  che
facoltative.
    I  commi  1, 2, primo periodo, e 4, primo periodo, di entrambe le
disposizioni, dunque, sono illegittimi nella parte in cui fissano con
precisione  l'orario  annuale  perche'  pongono norme di dettaglio in
materia di competenza concorrente, e vincolano ad esse.
    Si noti, poi, che la fissazione in dettaglio dell'orario riguarda
anche  la  żquota  riservata  alle regioniż, cioe' la quota żrelativa
agli aspetti di interesse specifico delle stesse, anche collegata con
le  realta'  localiż,  di  cui  all'art. 2,  comma 1, lett. l), legge
n. 53/2003.  E'  addirittura  paradossale  che neppure per la propria
quota  di piano di studi alle regioni sia consentito di esprimere una
opzione in relazione all'orario di lezioni.
    Addirittura,  il comma 4 (sia dell'art. 7 che dell'art. 10) fissa
un  limite  massimo  anche per il tempo dedicato alla mensa e al dopo
mensa:  in  questo  caso,  l'interferenza  con  l'organizzazione  del
servizio  scolastico,  di competenza regionale e delle scuole, sembra
particolarmente  evidente,  cosi' come il carattere dettagliato della
disposizione. E' chiaro che la fissazione degli orari e' legata anche
alla determinazione dell'organico: ma anche nell'attuale situazione -
che  non  appare  certo  armonizzata  con i principi della competenza
concorrente  -  in  cui  la  determinazione dell'organico spetta allo
Stato  (v.  art. 22,  legge  n. 448/2001), alle regioni e alle scuole
compete  un  margine di discrezionalita' nella fissazione dell'orario
(pur  nell'ovvio  rispetto  delle  esigenze di organico) che non puo'
essere eliminato.
    Di  piu',  sembra  evidente che di queste esigenze si puo' tenere
conto  in  modo  del  tutto  adeguato  - nel pieno rispetto anche del
principio di sussidiarieta' - proprio a livello regionale, sulla base
del  decreto  di  ripartizione  dell'organico  fra  le regioni di cui
all'art. 22,  comma  2,  legge  n. 448/2001;  e  che invece una norma
statale che cristallizza l'orario, a prescindere dai mutamenti futuri
dell'organico  (previsti dallo stesso d.lgs. n. 59/2004, all'art. 15)
risulta uno strumento oltretutto troppo rigido.
    Fra l'altro, l'orario delle lezioni, della mensa e del dopo mensa
dovrebbe  poter  variare anche in base alla quantita' di richieste di
attivita'  opzionali  di  cui  all'art.  7,  comma  2, e all'art. 10,
comma 2.
    3.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 4, secondo
periodo,  e  dell'art. 10,  comma  4, secondo periodo, per violazione
dell'art. 117,   comma   3,   Cost.   e   del   principio   di  leale
collaborazione.
    Anche  l'art. 7, comma 4, e l'art. 10, comma 4, sono disposizioni
di  dettaglio  in  materia  di  competenza concorrente, che regolano,
senza  lasciare spazio alle regioni e alle scuole, il modo in cui far
fronte  all'eventualita'  in  cui  le  attivita'  educative opzionali
richiedano  una  specifica  professionalita'  non  reperibile  fra  i
docenti delle scuole stesse. Oltre all'art. 117, comma 3, le norme in
questione  violano anche il principio di leale collaborazione perche'
prevedono  che,  nei  casi  di cui sopra, żle istituzioni scolastiche
stipulano,  nei  limiti  delle  risorse  iscritte  nei  loro bilanci,
contratti  di  prestazione d'opera con esperti, in possesso di titoli
definiti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e
della ricerca, di concerto con il Ministro per la funzione pubblicaż.
    Le   norme   impugnate  attengono  sia  all'istruzione  sia  alle
professioni, ed in entrambi i casi si tratta di materie di competenza
concorrente.   La   definizione   dei  titoli  degli  żespertiż  puo'
considerarsi  -  almeno  nella  determinazione  di requisiti minimi -
funzione  sorretta  da  esigenze unitarie: ma si tratta pur sempre di
una regolazione interna alla materia regionale, ed essa, in base alla
sent.  n. 303/2003, dovrebbe comunque essere svolta previa intesa con
la Conferenza Stato-regioni.
    4.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 5, secondo
periodo,  e  comma  6,  e dell'art. 10, comma 5, secondo periodo, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
    Come  esposto in narrativa, l'art. 7, comma 5, e l'art. 10, comma
5, disciplinano la figura dell'insegnante żtutorż.
    Anche  in  questo caso si tratta di disposizioni dettagliate (per
giunta  integrate  da  quanto  dispongono  gli  allegati B) e C), che
regolano  i  vari  compiti  del  docente  tutor senza lasciare spazio
neppure ad una normativa attuativa regionale.
    Per  rispettare  il  quadro  costituzionale  delle competenze, lo
Stato  si  sarebbe dovuto limitare ad indicare la possibilita' per le
regioni o per le scuole di istituire questa figura, senza imporla. La
sua  presenza,  infatti,  non  puo'  essere considerata un żprincipio
fondamentależ  in  materia  di  istruzione: si tratta di una puntuale
soluzione  organizzativa  di  un  problema - quello della specifica e
continua attenzione al singolo studente - che ne ammette molte, e che
allo stato attuale costituisce oggetto di sperimentazione.
    La  migliore  soluzione  dipende  in  concreto  da  molti fattori
(bisogni  e condizioni degli studenti, disponibilita' di docenti e di
eventuali  risorse  esterne, orientamenti pedagogici e disponibilita'
di competenze) che variano anche da scuola a scuola.
    Anche  in  questo  caso,  invece,  il Governo ha agito come se le
regioni  non avessero alcun ruolo nella materia, ne' le scuole stesse
alcuna autonomia.
    Particolarmente  lesivo  pare  l'art. 7,  comma  6, che fissa una
quantita'  minima  di  ore di żinsegnamento agli alunniż a carico del
tutor  (esso  e'  integrato, in via transitoria, dall'allegato B), in
base  al  quale  il tutor żsvolge attivita' educative e didattiche in
presenza con l'intero gruppo di allievi che gli e' stato affidato per
l'intero quinquennio, per un numero di ore che oscillano da 594 a 693
su  891 annualiż): e' chiaro anche qui il carattere non di żprincipio
fondamentależ  della  norma,  che  interferisce  con l'organizzazione
dell'orario   degli   insegnanti   all'interno  di  ciascuna  scuola,
limitando  fortemente  l'autonomia  delle  scuole  e pregiudicando la
competenza legislativa regionale.
    5.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 2, dell'art. 12,
comma  1,  ultimo  periodo,  e  13,  comma  1,  secondo  periodo, per
violazione  dell'art. 117,  comma  3,  e  dell'art. 118  Cost.  e del
principio di leale collaborazione.
    L'art. 2   dispone   in   termini   generali   che  żalla  scuola
dell'infanzia  possono  essere  iscritti  le  bambine e i bambini che
compiono  i  tre anni di eta' entro il 30 aprile dell'anno scolastico
di riferimentoż.
    La legge di delega prevede invece, all'art. 2, comma 1, lett. e),
ultimo  periodo, e all'art. 7, la possibilita' in via sperimentale ed
żanche  in  rapporto  all'introduzione  di  nuove  professionalita' e
modalita'  organizzativeż,  di  un'iscrizione  anticipata alla scuola
dell'infanzia,  ponendo  il  termine  del  2006  per  la  fine  della
sperimentazione.
    E'   chiaro,   nella   legge   delega,   che,  al  termine  della
sperimentazione, si sarebbe potuto e dovuto decidere se e in che modo
anticipare definitivamente l'iscrizione alla scuola materna.
    Conseguentemente,  il  d.lgs. n. 59/2004 avrebbe dovuto prevedere
una  sperimentazione  gestita  dalle  regioni  (o,  in subordine, dal
Ministro  d'intesa  con  le  regioni),  per  i motivi che si vedranno
subito,  e  non  avrebbe  dovuto  contenere  alcuna norma ża regimeż,
perche',   appunto,   la   legge  di  delega  espressamente  limitava
l'anticipo alla fase della sperimentazione.
    L'art. 2,  dunque,  eccede  la  delega  e ne contraddice le norme
sulla  sperimentazione. Il d.lgs. n. 59/2004 e' anche intrinsecamente
irragionevole   perche'   da  un  lato  żsperimentaż  l'anticipazione
dell'iscrizione, dall'altro compie gia' la scelta definitiva.
    Poiche',  come  risulta  chiaramente  dall'art. 12,  comma  1, le
decisioni  sulla  anticipazione  delle iscrizioni sono correlate alle
situazioni  locali  e  incidono  sulla  concreta organizzazione delle
scuole materne, l'eccesso di delega e l'irragionevolezza si traducono
in  una  lesione  delle  competenze  costituzionali  delle regioni in
materia   di  scuole  dell'infanzia,  in  quanto  l'anticipazione  e'
prevista żd'autoritaż, senza che le regioni possano incidere in alcun
modo nel relativo processo.
    Come  esposto  in  narrativa, l'art. 12 e l'art. 13 dettano norme
transitorie  in  relazione  alla  scuola  dell'infanzia e alla scuola
primaria.  I  commi  1  delle  due  disposizioni  si  occupano  delle
anticipazioni delle iscrizioni.
    In  relazione  a  cio'  l'art. 2,  comma 1, lett. e), della legge
delega n. 53/2003 ha stabilito che żalla scuola dell'infanzia possono
essere  iscritti  secondo  criteri  di  gradualita'  e  in  forma  di
sperimentazione  le bambine e i bambini che compiono i 3 anni di eta'
entro  il  30  aprile  dell'anno  scolastico di riferimento, anche in
rapporto  all'introduzione  di  nuove  professionalita'  e  modalita'
organizzativeż;  l'art. 2,  comma  1,  lett.  f),  per  parte sua, ha
previsto  che  żalla  scuola  primaria... possono iscriversi anche le
bambine  e  i  bambini  che li compiono [i 6 anni] entro il 30 aprile
dell'anno  scolastico di riferimentoż. La legge delega non precisava,
per    la    scuola   dell'infanzia,   chi   dovesse   żgestireż   la
sperimentazione.
    L'art. 12,  comma,  1,  ultimo  periodo,  del decreto legislativo
n. 59/2004  ha  attribuito  la  competenza  in  materia  al  Ministro
dell'istruzione, żsentita l'ANCIż.
    La  ricorrente,  regione  ritiene si tratti di materia di propria
competenza  sia  per  la  attuazione  legislativa che per l'eventuale
attuazione  in  via di normazione secondaria o in via amministrativa:
la  żmodulazioneż  delle  anticipazioni  nell'iscrizione  alla scuola
dell'infanzia,  infatti,  non risulta essere una funzione da svolgere
necessariamente  al centro in base al principio di sussidiarieta'. Al
contrario,  poiche'  la  sperimentazione  deve  tenere  conto  - come
risulta espressamente dallo stesso art. 12, comma 1 - delle peculiari
situazioni   locali,   il   livello   piu'   adeguato   per  regolare
l'anticipazione  e'  proprio  quello  regionale.  Comunque, una volta
riconosciuto  che  il  principio  di  sussidiarieta' non richiede una
competenza  derogatoria  centrale, spetta alla regione ogni decisione
sulla   gestione,   rispettando   essa   stessa   il   principio   di
sussidiarieta'.
    Inoltre,  la norma di delega sopra citata collega l'anticipazione
dell'iscrizione  alla introduzione di nuove modalita' organizzative e
cio'   conferma   che   l'ambito   żnaturależ  della  gestione  delle
anticipazioni  e'  quello  regionale:  che,  del  resto,  e' l'ambito
costituzionalmente  prescritto,  trattandosi  di materia concorrente,
salva l'applicazione dell'art. 118 Cost.
    Ugualmente   deve   ritenersi   per   l'art. 13,   comma  1,  che
corrispondentemente   prevede  la  possibilita'  di  un'anticipazione
dell'iscrizione    alla    scuola    primaria,   gestita   anch'essa,
illegittimamente, dal Ministro dell'istruzione.
    In  subordine,  qualora  ad  avviso  di  codesta Corte si dovesse
ravvisare  un'esigenza  unitaria  a fondamento delle norme impugnate,
esse  sarebbero comunque illegittime per mancato coinvolgimento delle
regioni  e,  dunque,  per  violazione  dei principi di cui alla sent.
n. 303/2003.
    6.   -   Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 12,  comma  2,
dell'art. 13,  comma  3,  e dell'art. 14, commi 2 e 4, per violazione
dell'art. 117, comma 6, e del principio di leale collaborazione.
    L'art. 12,  comma.  2,  l'art. 13, comma 3, e l'art. 14, comma 2,
adottano  in  via  provvisoria fino all'emanazione del regolamento di
cui  (si  presume)  all'art. 7,  comma  1,  legge 53/2003, żl'assetto
pedagogico,  didattico  ed organizzativoż di cui agli allegati A (per
la  scuola  dell'infanzia),  B  (per  la scuola primaria) e C (per la
scuola  secondaria  di  primo  grado). Anche l'art. 14, comma 4, poi,
ribadisce la previsione del regolamento governativo.
    L'art. 7,  comma  1,  affida al regolamento l'żindividuazione del
nucleo  essenziale  dei  piani  di  studio  scolastici  per  la quota
nazionale  relativamente  agli  obiettivi specifici di apprendimento,
alle  discipline  e alle attivita' costituenti la quota nazionale dei
piani  di  studio,  agli  orari,  ai  limiti di flessibilita' interni
nell'organizzazione  delle  disciplineż (lett. a), la żdeterminazione
delle modalita' di valutazione dei crediti scolasticiż (lett. b) e la
żdefinizione  degli  standard  minimi  formativi,  richiesti  per  la
spendibilita' nazionale dei titoli professionali conseguiti all'esito
dei percorsi formativi, nonche' per i passaggi dai percorsi formativi
ai  percorsi  scolasticiż (lett. c): ma solo per le norme di cui alla
lett. c) e' richiesta l'intesa con la Conferenza Stato-regioni.
    Ora,  pare alla ricorrente regione che gli żorariż (lett. a) e le
modalita'   di  valutazione  dei  crediti  scolastici  non  rientrino
nell'ambito  delle  żnorme  generali  sull'istruzioneż e che, quindi,
essi  non possano essere oggetto di regolamenti statali, essendo cio'
precluso dall'art. 117, comma 6, Cost.
    In  queste  materie,  lo  Stato dispone di competenza legislativa
limitata  ai principi fondamentali, e non dispone di potere normativo
attuativo, dato che la potesta' legislativa, all'interno dei principi
fondamentali, spetta alle regioni.
    L'art. 12,  comma.  2, l'art. 13, comma 3, e l'art. 14, commi 2 e
4, invece, richiamando l'art. 7, comma 1, legge n. 53/2003, reiterano
l'illegittima previsione del regolamento statale,
    Si  noti  che non varrebbe replicare che la censura doveva essere
rivolta contro l'art. 71, legge n. 53/2003, perche' e' pacifico nella
giurisprudenza  di  codesta  Corte  che  gli  atti  legislativi  sono
impugnabili  anche  se  apparentemente żconfermativiż, perche' dotati
sempre,  per  propria  natura intrinseca, del carattere della novita'
(v.,  ad  es.,  sent. n. 30 e 44/1957, 47 e 63/1959, 3/1964, 19/1970,
171/1971, 49/1987, 1035/1988, 381/1990, 224/1994).
    In   subordine,   l'art. 12,  comma  2,  l'art. 13,  comma  3,  e
l'art. 14,  commi  2  e  4,  sono  illegittimi  nella  parte  in  cui
richiamano  un  regolamento  che  richiede l'intesa con la Conferenza
Stato-regioni solo in relazione al profilo di cui alla lett. c) e non
anche  in  relazione  agli żorari e alle modalita' di valutazione dei
crediti   scolastici:   oggetti  che,  se  anche  vengono  ricondotti
all'art. 117,  comma  2,  lett.  n),  comunque  interferiscono con la
gestione  del  servizio scolastico, di competenza regionale, e dunque
richiedono   di   essere   disciplinati   con   adeguati   meccanismi
collaborativi.
    7.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 3, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
    L'art.  14,  comma  3,  prevede  che,  żal  fine di assicurare il
passaggio   graduale  al  nuovo  ordinamento  per  l'anno  scolastico
2004-2005,  e  fino  alla  messa  a regime della scuola secondaria di
primo  grado,  l'assetto  organico  delle  scuole secondarie di primo
grado,  come definito dall'art. 10, comma 4, viene confermato secondo
i  criteri  fissati  nel  decreto  del Presidente della Repubblica 14
maggio 1982, n. 782ż.
    Tale  decreto e' un regolamento integralmente concepito non nella
logica  del  servizio  di  istruzione,  ma  nella logica della scuola
meramente   statale,  incardinata  in  un'amministrazione  scolastica
accentrata,  priva di una propria autonomia didattica e gestionale; e
in  un contesto privo naturalmente di ogni competenza regionale. Esso
definisce   nel  dettaglio  żle  materie  o  gruppi  di  materie  che
costituiscono  cattedre  di  ruolo o incarichi di insegnamentoż e żle
condizioni  per l'istituzione delle cattedre, nonche'... gli obblighi
d'insegnamentoż.  Ad  esempio, per le materie letterarie si prescrive
che ci siano żdue cattedre per ogni corsoż, che żun docente assumera'
l'italiano  nella  prima classe e l'italiano, la storia, l'educazione
civica  e  la  geografia  nella  terza  classe (ore 18 settimanali)ż,
mentre żl'altro docente assumera' la storia, l'educazione civica e la
geografia  nella  prima  classe e l'italiano, la storia, l'educazione
civica  e  la geografia nella seconda classe (15 ore settimanali)ż, e
che żogni anno i due docenti si avvicenderannoż.
    Per  l'educazione  tecnica si prevede żuna cattedra ogni 6 gruppi
di alunniż, con l'obbligo di insegnamento nei sei gruppi, e che żogni
classe non puo' dare origine alla formazione di piu' di due gruppiż.
    Dunque,  l'art. 14, comma 3, conferisce forza di legge ad un atto
che  regola  minutamente  il modo in cui devono essere organizzate le
attivita'  didattiche  prescritte  nei  piani  di  studio, escludendo
qualsiasi margine di scelta delle regioni e delle scuole.
    Nel  nuovo  quadro  costituzionale, invece, la legge statale deve
limitarsi a dettare le norme generali statali sulle materie di studio
e  i  principi  fondamentali  sull'organizzazione, lasciando poi alle
regioni,  e naturalmente alle scuole, un congruo margine di autonomia
perlomeno  in  relazione  al  modo  in  cui organizzare il servizio e
distribuire  i compiti fra i vari docenti, nel rispetto dell'organico
disponibile.
    La  norma  impugnata,  invece,  esaurisce  totalmente  le  scelte
passibili  (e' davvero paradossale che lo Stato debba anche stabilire
in  quanti  gruppi  puo' dividersi una classe ai fini dell'educazione
tecnica!),  come se le regioni e le scuole non godessero di autonomia
costituzionalmente garantita in materia di istruzione.
    8.  -  Illegittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5, per
violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.
    L'art. 14,  comma  5,  prevede  che,  żai  fini dell'espletamento
dell'orario   di   servizio   obbligatorio,   il   personale  docente
interessato  ad  una  diminuzione  del suo attuale orario di cattedra
viene  utilizzato  per  le  finalita'  e per le attivita' educative e
didattiche individuate, rispettivamente, dall'art. 9 e dall'art. 10ż.
    Tale   norma   non   puo'   certo   considerarsi  norma  generale
sull'istruzione  ne' żprincipio fondamentależ nella materia. Se da un
lato  essa  puo'  apparire una ovvieta', e' pero' innegabile che essa
regola  operativamente il modo in cui le scuole devono organizzare lo
svolgimento  delle  attivita'  educative,  violando sia la competenza
legislativa  regionale  -  chiamata  a  svolgersi  nel quadro di soli
principi  fondamentali  di  legge  statale  -  sia  l'autonomia delle
scuole.
    9.  -  Illegittimita' costituzione dell'art. 15, comma 1, secondo
periodo,  per  violazione  dell'art. 117, comma 3, e del principio di
leale collaborazione.
    La  norma  in  epigrafe prevede la possibilita' di żincrementi di
postiż  nell'ambito dell'organico del personale docente, mediante żil
decreto  del Ministro dell'istruzione..., di concerto con il Ministro
dell'economia..., di cui all'art. 22, comma 2ż, legge n. 448/2001. Si
ricorda  che  in  base  a tale articolo żil Ministro dell'istruzione,
dell'universita'  e  della  ricerca  definisce  con  proprio decreto,
emanato  di  concerto  con il Ministro dell'economia e delle finanze,
previo  parere delle Commissioni parlamentari competenti, i parametri
per  l'attuazione  di  quanto  previsto  nel  comma 1 e provvede alla
determinazione  della  consistenza  complessiva  degli  organici  del
personale docente ed alla sua ripartizione su base regionależ.
    Ora, ragionando in astratto, la competenza costituzionale propria
ormai  delle  regioni  in  materia  di  gestione e organizzazione del
servizio  dell'istruzione  richiede  che  lo  Stato,  nel quadro e in
attuazione  dell'art. 119  Cost., trasferisca alle regioni le risorse
necessarie  ad  esercitare anche la funzione in questione, pienamente
rientrante nell'organizzazione del servizio.
    In  attesa  di  una  compiuta  attuazione  dell'art. 119 Cost. la
ricorrente  regione  puo'  accettare  una misura di gradualita' nella
messa  in  opera  del  nuovo  sistema:  ma  non puo' accettare che la
legislazione   vada   in  una  direzione  opposta  alla  prescrizioni
costituzionali.
    Cosi'  fa  invece  l'art. 15,  la'  dove  esso  non prevede alcun
significativo   coinvolgimento  delle  regioni  nell'esercizio  della
funzione di determinazione dell'organico, attinente ad una materia di
competenza concorrente (v. sent, n. 303/2003).
    Quanto  all'autonoma  impugnabilita'  di  ogni norma legislativa,
anche  se  apparentemente confermativa di una norma non impugnata, v.
il punto 6.