(Contributo per l’incontro del 9 marzo)
1. Necessario un
cambiamento radicale nella politica scolastica.
Il programma della sinistra per la scuola per la verità è già
scritto; i docenti, studenti, lavoratori della scuola e genitori da anni con
ampie mobilitazioni hanno rivendicato il rilancio del ruolo istituzionale della
scuola statale, la generalizzazione della scuola dell’infanzia statale,
l’elevazione dell’obbligo scolastico fino a 18 anni come garanzia di
uguaglianza e di piena cittadinanza; nel contempo hanno contestato la
subalternità delle autorità scolastiche alle frequenti interferenze
confessionali nell’attività scolastica,
rivendicando l’attuazione del principio supremo della laicità dello
Stato; nel contempo hanno contestato la legge di parità che, in palese
violazione del dettato costituzionale, non solo impone crescenti “oneri per lo
Stato”, ma ha avviato un processo di privatizzazione del sistema scolastico
italiano.
Il Governo di centro-sinistra,
nella sua breve durata, senza dubbio ha corretto alcune delle più gravi
storture introdotte dal governo Berlusconi, ma non ha invertito la politica
scolastica di questi ultimi anni, caratterizzata da un tendenziale
ridimensionamento del ruolo della scuola statale e dal costante contenimento
delle risorse finanziarie sempre più inadeguate.
2. Non una grande riforma,
ma obiettivi qualificanti per la scuola che vogliamo.
Un programma della sinistra per la scuola deve segnare l’avvio
di un effettivo cambiamento, anche se non deve e non può risultare
un’elencazione di tutte le esigenze che pure la scuola avverte e che dovrebbero
essere realizzate: risulta fondamentale, infatti, ridefinire il ruolo che il
sistema dell’istruzione deve svolgere ed indicare le priorità per una politica
coerente con la scuola che vogliamo; non quindi una grande riforma, ma
obiettivi precisi, essenziali e qualificati, che richiedono impegni coerenti
non solo nelle istituzioni (statali, regionali e locali), ma anche nella
quotidianità della vita scolastica.
La scuola che vogliamo è stata già definita in modo
dettagliato nella proposta di legge di iniziativa popolare “per una buona
scuola”, sottoscritta da oltre centomila cittadini; ma è anche scritta nella
legge fondamentale del nostro Paese: una scuola statale per tutti e tutte,
laica e democratica e soprattutto una scuola che garantisca a tutti un pieno
diritto di cittadinanza.
3. Scuola statale
per tutti e tutte.
Scuola statale per tutti e tutte significa:
a) generalizzazione della scuola statale, nel senso che lo
Stato deve istituire scuole per tutti e tutte in ogni ordine e grado
(risolvendo definitivamente il problema della scuola dell’infanzia) e limite
massimo di 25 alunni per classe ( con limiti
massimi inferiori per le classi con alunni portatori di handicap)
b) adeguamento del tempo pieno alle effettive esigenze e non
subordinata alle logiche di bilancio
c) provvedimenti adeguati per consentire un effettivo
inserimento degli immigrati nella scuola statale ;
d) negazione del principio che la scuola privata possa
integrare la carenza di scuole statali e quindi rifiuto di qualsiasi forma di
sistema integrato o di sussidiarietà
e) adeguamento dell’edilizia scolastica alle effettive
esigenze della scuola, evitando ogni forma di discriminazione;
d) considerazione della spesa per la scuola come spesa
necessaria e investimento; esclusione di inopportune e improprie logiche di
contenimento, evitando al contempo ogni spreco: l’osservazione e la risposta
concreta alle effettive esigenze della scuola.
Tutte le risorse finanziarie pubbliche, ad ogni livello,
devono essere destinate alla scuola statale ed, in modo assoluto, precluse per
la scuola privata, anche in ossequio al divieto esplicitato dalla Costituzione.
I rappresentanti della Sinistra L’Arcobaleno sono pertanto
impegnati non solo ad opporsi ad ogni forma di contenimento della spesa
pubblica per la scuola, ma a contrastare, con tutte le opportune iniziativa, in
modo rigoroso e senza deroghe, ogni forma di erogazione di contributi alle
scuole private.
La legge di parità deve essere pertanto ricondotta nell’ambito
dei principi costituzionali e deve
essere ripristinata la diversa funzione tra le scuole statali e le scuole
private che, ancorchè paritarie, mantengono finalità e natura privatistiche.
e) Riaffermazione del carattere nazionale dell’istruzione
scolastica e ferma opposizione a qualsiasi forma di regionalizzazione.
Scuola statale per tutti e tutte significa anche che la
scuola, per la sua funzione istituzionale, deve avere un carattere ed un
progetto culturale nazionale; deve essere rifiutata ogni forma di
regionalizzazione.
La riforma del Titolo V, introdotta dal Governo D’Alema, nel
tentativo maldestro di acquisire la
benevolenza della Lega, è sbagliata in quanto introduce elementi di
forte contraddittorietà tra ruolo statale e ruolo delle regioni e deve essere
profondamente modificata; nel contempo però si devono impedire e fortemente
contrastare tutte le forme di
regionalizzazione che, con il pretesto dell’attuazione del titolo V, tendono in
realtà ad eludere il principio del carattere statale e nazionale dell’istruzione
scolastica, sancito nell’art. 33 Cost.
La Sinistra L’Arcobaleno si impegna in tempi brevi ad
effettuare una verifica delle leggi regionali, al fine di contrastare tutte le
eventuali forme di regionalizzazione più o meno esplicite.
e) Istruzione obbligatoria scolastica.
La scelta costituzionale dell’istruzione scolastica
obbligatoria deriva dal prevalente interesse pubblico di garantire a tutti un
adeguato livello di istruzione scolastica, necessaria per un’effettiva e piena
cittadinanza; tale livello di formazione culturale deve essere quindi il più
possibile omogeneo ed incompatibile con forme di divaricazione dei percorsi
individuali. che preludono a forme di disuguaglianza determinata su base
sociale, come per es. la frequenza di corsi di formazione in alternativa
all’istruzione scolastica.
Il fenomeno della dispersione scolastica non si elimina con le
forme di gerarchizzazione dell’istruzione, ma con adeguati interventi di
sostegno all’interno di un iter rigorosamente scolastico per tutti. Pertanto va
rafforzato – contro l’incentivazione dei “percorsi e progetti” – la funzione
della scuola attraverso investimenti mirati anche alla incentivazione di forme
specifiche di professionalità docente, nel tentativo di concretizzare
un’ipotesi di reale prevenzione della piaga della dispersione.
4. Scuola laica e
pluralismo del progetto culturale.
La nostra Costituzione afferma la laicità come principio
supremo del nostro Stato; ma la laicità è ogni giorno compromessa dalle sempre
più frequenti e pesanti ingerenze delle gerarchie cattoliche nelle attività
istituzionali del Paese e soprattutto dal comportamento subalterno delle
autorità civili e da un diffuso conformismo culturale che consente una
sostanziale permanenza della Religione Cattolica come Religione dello Stato.
In queste condizioni, paradossalmente., la laicità – seppure
sancita dalla Costituzione – diventa una vera e propria conquista culturale e
la scuola statale deve farsi carico di trasmetterla con convinzione.
Laicità non significa antagonismo alla Chiesa Cattolica o ad
altre confessioni; significa anzitutto affermazione del pluralismo culturale e
- nel contempo - affermazione del rigoroso rispetto della separazione tra la
sfera di competenza delle confessioni religiose e quella delle istituzioni
civili.
Ma la laicità nella scuola deve essere anche pratica
quotidiana; in tale senso in una scuola statale con sempre più numerose
presenze di alunni appartenenti ad altre confessioni religiose deve essere
rimessa in discussione l’attuale normativa dell’IRC, che è divenuta in molte
realtà occasione di divisione e come tale contrasta con il ruolo includente del
progetto culturale che la scuola per sua natura configura.
Per le stesse ragioni, soprattutto per gli effetti
discriminanti che possono produrre, la separazione tra attività scolastica ed
attività comunque di carattere confessionale deve essere rigorosamente
rispettata; simboli religiosi, cerimonie religiose ecc., sono tutte attività
che i credenti hanno il pieno diritto costituzionale di esercitare, ma non
nelle istituzioni statali e meno ancora nella scuola.
5. Scuola
democratica: dall’autonomia aziendalistica al sistema democratico
dell’istruzione statale.
La scuola statale deve garantire la libertà di insegnamento
nel senso del pluralismo culturale; non può essere quindi la scuola ministeriale
o degli assessori o, ancor peggio, di sponsor privati che con eventuali
erogazioni .possono condizionarne gli orientamenti culturali.
Il governo democratico della scuola, sia del sistema
scolastico nel suo complesso, sia delle singole istituzioni, deve essere una
caratterizzazione imprescindibile della scuola statale a garanzia della libertà
di insegnamento e del pluralismo culturale.
La democratizzazione del sistema scolastico implica
l’autonomia della scuola, ma non nel senso realizzato con l’autonomia delle
singole istituzioni scolastiche che ha comportato una destrutturazione del
sistema scolastico in un sistema di scuole-aziende in concorrenza tra di loro
con singoli progetti culturali (o sedicenti tali) e con un complessivo
scadimento del livello culturale, del ruolo istituzionale della scuola e della
democrazia scolastica.
La democratizzazione della scuola deve comportare un’autonomia
nello Stato,
non dallo Stato; la scuola
deve quindi mantenere quindi il suo carattere nazionale, la sua progettualità
nazionale ancorchè con le opportune flessibilità e con la necessaria
interazione con il territorio. Autonomia, significa affidare alle scuole e agli
insegnanti una funzione di soggetti di ricerca, sperimentazione e sviluppo.
Rendere le scuole laboratori di pensiero emancipante, di revisione dei
paradigmi delle discipline e di trasmissione di esse che configurino la scuola
come veicolo di una cultura adatta alla complessità e alla diversità, le cifre
del mondo che ci circonda. Una scuola riflessiva, cooperativa, che si sottragga
a un ruolo anacronisticamente trasmissivo ma cerchi di fornire – attraverso i
contenuti delle discipline – risposte ai perché che le varie generazioni
pongono e che spesso rimangono inascoltati.
In questo senso deve essere quindi rivista tutta la normativa
sull’autonomia scolastica e sugli organi collegiali per assegnare alle scuole
il ruolo istituzionale che la Costituzione prevede ed al personale docente il
necessario protagonismo professionale senza condizionamenti esterni e/o gerarchici.
6) Il ruolo
professionale del personale docente e del personale della scuola.
Qualsiasi riforma della scuola presuppone anzitutto un forte
protagonismo del personale che nella scuola con diversi ruoli opera; la
necessaria professionalità e l’impegno lavorativo che l’attività nella scuola
implicano non si possono realizzare senza un costante e qualificato livello di
formazione professionale e senza un adeguata retribuzione.
La scelta dell’insegnamento non può essere una scelta
professionale residuale; per invertire tale tendenza deve però diventare
competitiva con altre professioni socialmente ed economicamente oggi più
apprezzate. Affinché ciò avvenga occorre prevedere – oltre al rafforzamento
dell’interpretazione dell’autonomia cui si faceva riferimento - un iter di
formazione iniziale diverso dall’attuale (che tenga rigorosamente conto non
solo delle conoscenze, ma anche della didattica, della relazione educativa,
della funzione trasversale che le competenze di cittadinanza devono assumere in
un contesto di educazione e cultura quale la scuola rappresenta: l’impegno di
trasmettere le quali è funzione fondamentale di scuola e docenti); un incentivo
alla formazione in itinere (al momento totalmente affidato alla buona volontà e
all’impegno dei singoli docenti e non riconosciuto in alcun modo); la
valorizzazione della professionalità, attraverso una valorizzazione di alcuni elementi particolari quali, ma si
tratta solo di esempi, la continuità di servizio in scuole in aree a rischio o
la progettualità efficace sulla prevenzione della dispersione scolastica.
Quindi maggiore professionalità, qualificazione adeguata e
permanente, ma anche adeguato livello retributivo e carattere assolutamente eccezionale del
precariato.
Per il personale ATA proveniente dagli EE.LL. ed ingiustamente
penalizzato dal Governo Berlusconi, è doveroso riconoscere l’intera anzianità
maturata nell’ente di provenienza.
7) I diritti degli
studenti
La politica del Ministro Fioroni per quanto riguarda gli
studenti è stata dettata dalle campagne giornalistiche sul bullismo e si è
caratterizzata per il pressapochismo e l’improvvisazione; sono stati adottati
provvedimenti apparentemente rigorosi, in realtà inutili e pretestuosi.
La presenza degli studenti e studentesse nella scuola e della
loro partecipazione, anche autonoma, nella vita scolastica deve essere
attentamente riconsiderata, riconoscendo però in primo luogo ad essi stessi
spazi autonomia di sperimentazione e di ricerca di nuove regole di
partecipazione.
Non è però sufficiente prevedere statuti e regole in astratto;
difatti sono necessari anzitutto spazi fisici, strumenti concreti e risorse; se
mancano i mezzi, è meglio non formulare progetti che creano prima aspettative e
dopo delusioni.
Deve essere garantito il principio costituzionale del diritto
allo studio; in tale senso l’accesso all’Università non può essere limitato nè
da esigenze strutturali, nè, tanto meno, dalle chiusure lobbistiche di talune
organizzazioni professionali; nel prossimo quinquennio deve essere pertanto progressivamente
abolito il cd “numero chiuso”.
8. La periodica verifica democratica
Le forze politiche ed i rappresentanti della Sinistra
L’Arcobaleno si impegnano, ai diversi
livelli, ad una periodica verifica democratica sull’attuazione dei suindicati
punti programmatici e sull’opportunità di integrazioni e/o modificazioni.
La partecipazione democratica per la Sinistra L’Arcobaleno non
si esaurisce nel momento elettorale, ma si esercita in rapporto costante tra
rappresentanti e rappresentati sia nelle istituzioni che nella realtà
quotidiana.