Sono stupita e preoccupata
delle scarsissime e blandissime reazioni alle prese di posizione del ministro
Brunetta riguardo ai pubblici dipendenti.
L’unica un po’ decisa l’ho trovata per ora (e meno
male) nel
sito del mio sindacato
La novità più raccontata sui giornali di oggi è la pubblicazione nell'apposito sito degli stipendi dei
dirigenti – cosa che mi ha lasciato del tutto indifferente –e delle tabelle
dei giorni di assenza dei dipendenti del dipartimento funzione pubblica,
suddivisi per uffici.
Una campagna che fa un po’ il paio con quella dei “professori fannulloni” di
pochi mesi fa; un analogo e (a parer mio) altrettanto scorretto modo di
affrontare le questioni .
Intanto sarebbe carino capire cosa si intende per assenteismo. Nel sito del
ministro Brunetta ho trovato tabelle riferite a giorni di assenza:
53 in media per dipendente, da cui ne vanno detratti 31 di ferie (solo 31? Mi
pare strano che quei dipendenti non usufruiscano delle cosiddette “festività
soppresse” che sono poi ferie a tutti gli effetti). Restano comunque un certo numero di giorni, 22 o magari 18 in
media, che sono riferiti a “malattia, permessi retribuiti, legge 104, congedi
parentali, permessi amministratori locali”.
Vorrei far notare che si tratta di tipologie di assenze tutte previste da
specifiche norme di legge.
Si ritiene che quelle leggi siano sbagliate? Le si vuol
revocare? Cominciamo a dirlo. A dirlo al Parlamento, nel caso. Ma nel frattempo quelli sono diritti.
E dichiarare – come fa Brunetta – che “se i dirigenti tollereranno tassi
d’assenteismo superiori a quelli del settore privato saranno cacciati” è un
ricatto di una gravità inaudita.
Si ritiene che qualcuno si avvalga di quei diritti
senza averne titolo? Questo non ha niente a che vedere con il numero di
giorni, in questo né in nessun altro posto di lavoro. Ha a che vedere con gli
abusi. Se l’amministrazione ritiene che ve ne siano,
semplicemente deve intervenire.
Che c’entra il numero di giorni?
Un dipendente che si sia avvalso di molte settimane o mesi di congedo per
malattia a causa di una patologia grave, uno che abbia usufruito di tutti i
giorni che la legge gli consente per assistere un familiare invalido, una
mamma in congedo di maternità, dovranno sentirsi in colpa verso i loro colleghi
perché “tirano su la media”?
E’ una logica secondo me aberrante e incivile, senza
contare che se fossi uno di quei lavoratori e lavorassi fianco a fianco con
un “vero” assenteista (è ovvio che ve ne sono) e magari mi dovessi
sobbarcare, come spesso accade, anche il suo lavoro, sarei alquanto irritato
di sopportare oltre al danno anche le beffe.
Sicuramente mi si potrebbe dire che chi non ha niente da nascondere non ha
nulla da temere neppure da queste pubblicazioni, e che il ministro ha già
promesso, dopo questi (sui quali chiede ai colleghi di tutti i ministeri di
imitarlo), altri provvedimenti, capaci di castigare e premiare nel modo
giusto.
Ma qui non si tratta di una pubblicazione di dati di
routine, di una semplice statistica.
Qui si tratta ancora una volta di una campagna tendente ad
additare al pubblico ludibrio i dipendenti pubblici, senza rendersi conto dei
danni che si fanno, visto che il dipendente pubblico è comunque l’interfaccia
fra lo Stato e il cittadino.
Una presunta campagna di moralizzazione partita dalla parte più sbagliata,
visto appunto che si fanno apparire come abusi e privilegi
cose che non lo sono affatto, e si suscitano sui media una serie infinita di
chiacchiere a vanvera.
Internet e le tecnologie informatiche, che rendono possibili queste poco
trasparenti “operazioni trasparenza” rendono possibile anche cose ben più
importanti. Per esempio rendere accessibili, invece che i
dati personali dei dipendenti, ciò che veramente interessa ai cittadini: le
procedure e l’erogazione dei servizi che li riguardano direttamente.
In alcuni “pezzi” di amministrazione pubblica si
sono viste in questi anni innovazioni interessanti. Le abbiamo viste anche
come utenti. In altri casi l’amministrazione è – come dice Brunetta - opaca
ed arretrata - ma servono a qualcosa questa sorta di “tribunali mediatici”?.
Probabilmente servono, anzi sicuramente, a fare da apripista a ragionamenti
di privatizzazione di tutto ciò che è privatizzabile, e nel contempo di
restringimento dei diritti e delle tutele per chi lavora, nel pubblico come
nel privato.
Inoltre – anche a voler per ora ammettere la buona fede - non mi entusiasma
affatto la promessa del ministro di mettere on line “gli obiettivi, le
valutazioni, gli indicatori finanziari di spesa e di qualità” dei vari
servizi.
Credo che controllare l’organizzazione e il funzionamento di un servizio, o
di un pezzo dell’amministrazione non sia una questione così semplice, e se
non si vuole dare solo fumo negli occhi occorre che ci sia almeno un po’ di
conoscenza di quel settore (è questa la ragione, per esempio, per cui penso sia stato un errore da parte dell’ex
ministro Fioroni nominare come revisori dei conti nelle scuole, in
rappresentanza della Pubblica Istruzione, dei commercialisti o altri
professionisti del privato del tutto ignari delle problematiche specifiche
che devono controllare).
Non c’è niente di democratico, secondo me, nel far credere che tutti, stando
seduti neppure al bar ma davanti alla televisione, possano essere di volta in
volta giudici, magistrati, dirigenti della pubblica amministrazione,
insegnanti, capaci insomma di tranciare giudizi e condanne: un atteggiamento,
una cultura che finisce per delegittimare pezzo per pezzo tutto ciò che è
pubblico, minando le basi stesse dello Stato.
Poi c’è anche un problema di stile.
Il ministro ha dichiarato di voler introdurre nella P.A.”
il piede, inteso come pedata”.
Che finezza! Che bello avere dei governanti così vivaci,
immediati e popolari nel linguaggio.
Ma noi dipendenti pubblici siamo decisamente stufi e
vien voglia di rispondergli in modo altrettanto
colorito.
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