L’articolo
pubblicato da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della sera del 21 agosto dal titolo “UNA SCUOLA
PER L’ITALIA” ha provocato diverse reazioni. Il governo chiamato
in causa dall’editorialista ha risposto immediatamente, il giorno dopo infatti sono state pubblicate sullo stesso giornale due
lettere al direttore una firmata dalla Gelmini e l’altra da Tremonti. Anche il governo
ombra del Partito Democratico non ha tardato a farsi sentire, questa volta la
lettera sempre inviata al direttore è stata scritta dalla Garavaglia.
Galli della Loggia nel suo articolo ha accusato il
governo di tagliare impunemente i fondi destinati all’istruzione “perché Tremonti, come tantissimi altri suoi colleghi, non sa a
che cosa questa scuola possa davvero servire, e in essa non riesce a vedere
altro che una macchina erogatrice e sperperatrice di risorse”. La Gelmini ha risposto che per smantellare “quella
costruzione ideologica fatta di vuoto pedagogismo che dal 1968 ha infettato
come un virus la scuola italiana” è necessario non solo reintrodurre il sette
in condotta e il grembiule, ma anche ridurre del 10% il personale della
scuola. Per intenderci parliamo di 131.000 posti in meno, 22.000 già previsti
dal governo Prodi e 109.000 previsti dal governo Berlusconi. Tremonti dal canto
suo giustifica i tagli limitandosi a scrivere che il PIL si sta azzerando, il
deficit pubblico sale, quindi “non ci sono alternative alla scelta di ridurre
la spesa pubblica”: l’istruzione deve pagare, così come sanità, pensioni e
assistenza sociale. La Garavaglia nella sua lettera
attacca il governo sui tagli, dimenticando però che negli ultimi due anni
sono già stati tagliati dal governo Prodi 25.000 posti e che altri 22.000 posti in meno erano già previsti per i prossimi due. Come
per dire: attenzione, quelli di Prodi erano tagli “buoni”,
mentre quelli di Berlusconi sono “cattivi”.
Non so quanto Galli della Loggia sia stato soddisfatto delle risposte,
comunque sia lui che Gelmini, Tremonti
e Garavaglia sono convinti che per salvare la
scuola sia necessario tornare al passato.
Per l’editorialista centrali per la ricostruzione
sono la lingua italiana e la storia della sua letteratura, cioè “la voce del
nostro passato”. Secondo Galli della Loggia “non può
esistere una scuola pubblica mondiale – onusiana”,
al contrario “un sistema d’istruzione pubblico appartiene sempre a un
contesto cultura nazionale”. Per il ministro dell’istruzione è necessario
“tornare alla “quarta I” quella di Italiano, intesa come
letteratura, storia, tradizione, cultura”. Il ministro vuole “una
scuola che insegni a leggere, scrivere e far di conto”, e soprattutto “una
scuola in cui si torni a leggere I Promessi Sposi”. Per il ministro del
tesoro tornare indietro di quarant’anni, come
vorrebbe la Gelmini, è troppo poco, tutto il ‘900 è da buttare via, se proprio vogliamo salvare la
scuola dobbiamo tornare indietro fino all’800. Per il ministro ombra la scuola deve tornare a svolgere “il ruolo di
custode della cultura nazionale”.
Ma che scuola hanno in mente?
Quella del libro Cuore, dalla quale poter cacciare in ogni momento il Franti
della situazione con un bel sette in condotta perché non si presenta a scuola
con il grembiule griffato. Probabilmente non si rendono conto che è sempre
stato così, non servono ricostruzioni perché niente è stato distrutto, la
scuola in Italia continua ad essere sempre uguale a se stessa. Non è la
scuola della Costituzione, è altro perché questa scuola non garantisce il
diritto né alla mobilità sociale, ma neppure a quella culturale. Ma a loro non basta. D’ora in avanti sarà ancora peggio
visto che nei fatti l’obbligo di istruzione da 16
tornerà a 14 anni. Leggere, scrivere e far di conto per tutti o quasi, poi ci
sarà chi andrà a lavorare e chi invece a leggere I Promessi Sposi. Ci sono
voluti più di trent’anni, da
quando è stata istituita la media unica, per fare in modo che quasi
tutti arrivassero almeno a conseguire la licenza media. Nel momento in cui
sembravano maturi i tempi per estendere l’obbligo di istruzione
almeno ai primi due anni della scuola superiore, vogliono ritornare indietro
e separare come cinquant’anni fa chi doveva
studiare il latino da chi invece doveva andare all’avviamento professionale.
La scuola superiore che hanno in mente, e che probabilmente hanno
frequentato, è il Liceo classico, tutto il resto non conta. È questa la
scuola della tradizione e della cultura nazionale. Se non hai fatto il Liceo classico, allora non puoi capire. Dicono
numerosi insegnanti che studiare Greco e Latino è
molto formativo, non può esserlo per tutti però, devi essere un eletto.
Non si rendono poi conto che le scuole italiane sono frequentate da
tantissimi stranieri, solo a Milano sono quasi 50.000. Che scuola pensano per
loro, quella de I Promessi Sposi, della tradizione e della cultura italiana?
Insieme a loro ci sono poi tanti altri studenti che in Italia ci sono nati,
ma che rispetto a questa scuola si sentono stranieri tanto quanto i loro
compagni che arrivano da altri Paesi.
A questo punto però bisogna decidere se scegliere la scuola per Franti o
quella de I Promessi Sposi?
Io scelgo quella per Franti.
Milano, 24 agosto 2008
Mario Piemontese
|