Roma, 08/08/2008
Un commissario per la Gelmini di Raffaello Masci - La Stampa
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200808articoli/35525girata.asp
Un
commissario per la Gelmini
Il Tesoro crea un comitato a
fianco del ministro. A rischio 1600 scuole
RAFFAELLO
MASCI
ROMA - La Gelmini «commissariata» e messa di fronte ad una
«mission impossible», come l’ha definita il leader della Cisl scuola
Francesco Scrima. Il ministro ha illustrato ai sindacati l’agenda per la
ripresa di settembre e la situazione è sconfortante: una cura dimagrante
di tre anni ma la cui tabella di marcia deve essere approntata entro il 31
dicembre. Tutto l’elenco comincia con l’avverbio «meno»: meno scuole (si
parla di 1.600 accorpamenti), meno ore di lezione, meno indirizzi di
studio (oggi sono 912), meno risorse per l’autonomia scolastica (e quindi
meno libri, meno pc, meno corsi di recupero), meno personale (87 mila
docenti e 43 mila impiegati). «Ma per decidere tutti questi tagli - dice
Scrima - occorrono accordi sia con i sindacati per tutto ciò che riguarda
la materia contrattuale, sia con gli enti locali che hanno competenza
sulla rete scolastica. E poi, che trattativa è quella in cui i risultati
sono già tutti decisi?». Il ministro - dicono i sindacati - è in un vicolo
cieco: «o riesce o salta tutto». Tant’è che Tremonti ha voluto affiancarle
(articolo 64 della manovra, comma 7) «un comitato di verifica
tecnico-finanziaria composto da rappresentanti dei ministeri
dell’Istruzione e dell’Economia». «Di fatto l’hanno già commissariata».
Meno scuole La sfida più difficile alla quale la Gelmini
è attesa è certamente quella della «razionalizzazione» della rete
scolastica. Le scuole sono 10.600 distribuite in 46 mila sedi. Un istituto
per godere dell’autonomia deve avere un numero di allievi tra i 500 e 900.
Moltissimi, però, specie in piccoli centri, sono oggi in «regime di
deroga». Ora l’ipotesi è di alzare il minimo a 600 allievi e di bloccare
le deroghe: le 46 mila sedi resterebbero, ma le scuole come istituzioni
potrebbero diminuire di circa 1.600 unità. Che vuol dire meno presidi,
meno segretari, meno impiegati.
Il peso degli «arretrati»
La finanziaria 2007 (approvata a dicembre 2006) prevedeva già
tagli per la scuola distribuiti fino al 2009, per un totale di 1,4
miliardi di euro (1.432 milioni per l’esattezza). Il ministro Fioroni
provò a fare la prima tranche di riduzioni (535 milioni nel 2007) ma ci
riuscì solo in parte. Chiese, e ottenne, che il piano di rientro venisse
«rimodulato»: stessa somma ma ridistribuita nel 2008 e 2009.
Padoa-Schioppa accettò con la «clausola di salvaguardia», che vuol dire:
ci riesci o no io quei soldi te li tolgo. Il conto, per quest’anno, è
arrivato a quota 560 milioni. Ora, dei 44,5 miliardi del bilancio
dell’istruzione, 42 (pari al 97% del totale) sono bloccati per le spese di
personale e quindi intoccabili, e due vanno a finanziare l’autonomia
scolastica (cioè tutto: dai corsi di recupero per i debiti formativi fino
ai detersivi per i pavimenti). Il resto sono briciole che si danno alle
scuole paritarie (50 milioni circa) e alle spese in conto capitale (che
non arrivano a 30 milioni). Conclusione: quei 560 milioni che la Gelmini
non si ritroverà disponibili, saranno tolti all’autonomia delle scuole.
Per ora la situazione è stato tamponata con una «pezza» da 200 milioni
trovata dal Tesoro. Ma il resto? Bisognerà tagliare, questa volta per
davvero. Con i fondi per l’autonomia si pagano anche i corsi per il
recupero dei debiti formativi. Se non si troveranno altri soldi, il
ministero teme la marea dei ricorsi, del tipo di quello avvenuto a Torino:
poiché la scuola deve fare questi corsi, se non li fa non può nemmeno
bocciare. Sarebbe un disastro per il sistema di valutazione.
Meno prof Ma non è finita, perché al taglio ereditato da
finanziarie precedenti (1,4 miliardi entro il 2009), il ministero dovrà
aggiungere i 3,2 miliardi (3.188 milioni per l’esattezza) in tre anni
varati dalla manovra attuale «e incassati dal ministro - lamentano i
rappresentanti dei lavoratori - senza battere ciglio». Come realizzare
questi altri risparmi è cosa che il ministro deve decidere entro Natale,
aprendo una duplice trattativa, con i sindacati e con le Regioni. I
sindacati dovranno affrontare il taglio agli organici: 87 mila insegnanti
in meno (67 mila di Tremonti e 20 mila di Padoa-Schioppa) e 43 mila
impiegati, entro il 2011. Le voci su cui incidere le specifica la manovra
stessa. La prima è riformare le «classi di concorso», cioè i
raggruppamenti di materie per cui un insegnante si candida a lavorare
nella scuola: «italiano e storia», «matematica e fisica», eccetera.
Rivedere questo significa, per esempio, che un insegnante di lettere, non
deve insegnare solo «italiano e storia» oppure «latino e greco», ma può
fare per una parte di orario la prima cosa e per un altra parte la
seconda. Questo eviterebbe il fenomeno degli «spezzoni» di orario dati a
più insegnanti e agevolerebbe riduzioni di organico.
Meno
ore Un altra questione è quella della riduzione dell’orario.
Soprattutto negli istituti tecnici si può arrivare a 36-40 ore a
settimana. Un taglio del monte-ore comporterebbe una riduzione di docenti.
Ma occorre rivedere anche l’eccesso di offerta formativa: oggi alla
domanda «cosa studi?» un ragazzo può rispondere in 912 modi diversi. Si
tratta soprattutto di indirizzi tecnici e professionali. Ma su questi il
ministero non ha competenza: ce l’hanno le Regioni. Ma si può trovare un
accordo quando alle regioni non sono state ancora trasferite le competenze
sulla scuola stabilite dalla modifica del capo V della costituzione? Poi
c’è il problema delle scuole da chiudere: altro scoglio impervio. Neppure
su questo, però, il ministero non può decidere da solo.
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