Si è svolto a Bologna dal 2 al 4 giugno 1996 un Convegno di studi dedicato a
Luciano Anceschi, allievo di Antonio Banfi e docente di Estetica all'Università di
Bologna dal 1953 al 1981. Il Convegno bolognese, dal titolo Luciano Anceschi tra
filosofia e letteratura, ha rappresentato, a un anno dalla morte di Anceschi, una prima
occasione per rivisitare l'originale declinazione anceschiana della fenomenologia e per
indicare in essa un modello di apertura interdisciplinare e di sensibilità ai fermenti vitali
della poesia e delle arti in genere.
Il comitato scientifico - formato da Renato Barilli, Fausto Curi, Umberto Eco,
Alfredo Giuliani, Emilio Mattioli, Ezio Raimondi, Lino Rossi, Edoardo Sanguineti - ha
inteso rendere conto dell'ampio spettro di interessi di Anceschi articolando il convegno,
dopo il pomeriggio inaugurale che ha rispecchiato la struttura del Convegno, in tre
sessioni, dedicate rispettivamente al dibattito filosofico, alla storia letteraria, delle
poetiche e delle istituzioni e alle neo-avanguardie.
Gillo Dorfles ha posto in evidenza la novità della posizione di Anceschi rispetto al giudizio critico corrente sul Barocco. Anceschi recuperava l'arte barocca in un periodo nel quale Croce la liquidava come stagione dell'onirico, dell'abnorme, del patologico. La rivalutazione anceschiana del Barocco e l'attenzione del Maestro alla produzione delle avanguardie figurano tra gli elementi della riflessione di Anceschi che hanno persuaso Gianni Vattimo, il secondo relatore del pomeriggio inaugurale, ad annoverare Anceschi nelle file del post-moderno e a considerarlo un maestro della ricerca storico-ontologica vicino, nell'accentuazione della dimensione dell'ascolto, alla fenomenologia heideggeriana. Vattimo ha accostato Anceschi al pensiero debole indicando un punto di contatto importante nella comune vicinanza all'ermeneutica gadameriana e in particolare alla rilevanza attribuita da Gadamer alla storia delle interpretazioni.
Ha chiuso il primo incontro l'intervento di Umberto Eco che con fare spigliato ha
raccontato i primi incontri con Anceschi, definito sagacemente "cacciatore di teste" in
virtù della sua abilità nel riconoscere i giovani talenti. Scorrendo gli indici dei primi
numeri del Verri, nei quali compaiono intellettuali e poeti oggi noti, ma allora
giovanissimi e sconosciuti, risulta evidente la capacità di Anceschi di riconoscere i nuovi
talenti.
Nella prima sessione del Convegno, presieduta da Lino Rossi, è stato affrontato il
versante più propriamente filosofico ed estetico della produzione anceschiana. Gli
interventi dei relatori hanno posto in primo piano la centralità della poesia nella riflessione
di Anceschi, sottolineando come la sua elaborazione filosofica sgorgasse dal contatto
vitale con la poesia. Vittorio Stella ha dato il dovuto rilievo all'originalità del concetto
anceschiano di lirica, che si distingue sia dall'idea simbolista della lirica, sia da quella
idealistico-crociana. In Anceschi, come nei Lirici Nuovi, la lirica è scaturigine di una
straordinaria potenza vitale e assume un primato estetico sul quale si fonda in ultima
analisi tutta l'elaborazione estetica del Maestro bolognese. In Anceschi poetica, critica ed
estetica non sono piani del discorso chiaramente separati e separabili, ma al contrario
livelli non chiaramente distinguinbili e comunque necessariamente e costantemente
intersecantisi.
L'attrazione di Anceschi verso l'oscura pregnanza del testo è stata confermata da
Paolo Bagni, che ha ricostruito un'immagine vivida di Anceschi lettore inquieto,
impegnato in successive letture dei medesimi testi. Oltre alla sensibilità per le poetiche,
Anceschi possedeva un'acuta consapevolezza dell'importanza della lettura, tanto che è
necessario ricostruire le variazioni di lettura ed interpretazione subite nel tempo da un
testo. La fiducia nella possibilità della relazione con l'altro, in primo luogo con l'altro che
è il testo, è centrale secondo Bagni per comprendere il significato dell'umanesimo
disilluso di Anceschi.
Sul concetto di umanesimo disilluso si è soffermato Carlo Gentili affermando a
sua volta la necessità di interpretare l'elaborazione di Anceschi come riflessione che parte
dalla poesia per arrivare alla filosofia, non viceversa. Nel Progetto di una sistematica
dell'arte Gentili individua un'ontologia dell'arte, ma anche una metafisica dell'essere,
che, a partire dall'orizzonte di crisi della poesia contemporanea, sottolinea l'elemento
della caducità e del tramonto. La situazione di Anceschi è paragonata a quella di Serra per
il comune senso del limite e della finitudine che Anceschi vedeva espresso in modo
pregnante nella poesia al punto da rischiare di dimenticarne la determinatezza storica.
Marie-Louise Lentengre ha evidenziato i punti di contatto tra la lezione
anceschiana e Montaigne, e viceversa la lontananza di Anceschi da Valéry, nonostante i
frequenti rimandi che si trovano nei testi di Anceschi, soprattutto in quelli degli anni '60.
L'accento cade sulla scelta etica che si configura come risposta al caos in un'ottica di
rifiuto pascaliano del divertissement.
La seconda sessione, presieduta da Emilio Mattioli, è stata avviata dall'intervento
di Andrea Battistini sul Barocco polimorfo di Anceschi. Battistini, dopo aver ricordato la
ripresa da parte di Anceschi della prospettiva sul Barocco di D'Ors, del quale Anceschi
apprezzava la mobilità dello sguardo tanto lontana dal monismo di Croce, ha messo in
luce come l'interesse di Anceschi per il Barocco riflettesse a sua volta un'irrequietezza e
un'ansia speculativa che il critico contemporaneo sentiva proprie. In questo intreccio di
rigorosa analisi estetica e adesione personale all'inquietudine di un tempo per certi aspetti
simile al nostro, Battistini ha individuato la motivazione profonda della riscoperta
anceschiana del Barocco.
La relazione di Sandro Briosi ha ricordato come accanto al Barocco, Anceschi
abbia rivalutato un'altra stagione artistica rifiutata da Croce, quella della poesia pura. A
differenziare la prospettiva di Anceschi dall'estetica idealistico-crociana ha concorso in
misura decisiva la sua attenzione per l'aspetto tecnico della produzione artistica. La
fedeltà di Anceschi a Baudelaire si è espressa nella volontà di stare, quasi resistere, nella
modernità senza lasciarsene travolgere.
Fernando Bollino si è soffermato sul contributo di Anceschi alla storiografia delle
idee estetiche, che si svolge su tre livelli: quello filosofico-concettuale, quello letterario
dell'arte per l'arte e quello dell'estetica. La ricerca di Anceschi si è svolta attorno all'idea
centrale della tradizione e alla sua rivitalizzazione nell'atto della rimemorazione.
Partendo dalla domanda: Pascoli e D'Annunzio verso il Novecento?, Niva
Lorenzini ha ricordato come nel 1950 Anceschi considerasse Pascoli e D'Annunzio
estranei al rinnovamento del linguaggio poetico nel Novecento. Questa posizione iniziale
era tuttavia destinata a subire una serie di modificazioni. Dopo la lettura dei Lirici Nuovi
cambiò ad esempio il giudizio su Pascoli, che Anceschi sentì molto più vicino e al quale
ascrisse il merito di aver percepito la rilevanza del rapporto tra poetica e poesia.
Di Anceschi lettore, ma questa volta lettore di se stesso, si è occupata anche
Liliana Rampello insistendo sulla compenetrazione in Anceschi di passione per la poesia e
passione per la vita. La fenomenologia anceschiana mirava in primo luogo a scardinare la
sistematicità della filosofia e a sottolineare la necessità dell'arte per l'uomo e per la donna;
solo nel racconto, nella letteratura, ci si può chiedere che cosa significhi essere donna.
L'intervento di Ida Zaffagnini ha offerto un'analisi filologicamente attenta della
lettura anceschiana della Critica del giudizio. Nel rilievo attribuito da Kant alla finalità e
all'esperienza Anceschi sente una vicinanza con la sua riflessione, in particolare con quella
condotta nel Progetto di una sistematica dell'arte.
La terza ed ultima sessione, presieduta da Fausto Curi, ha visto per primo
l'intervento di Edoardo Sanguineti, che ha letto alcune lettere di Anceschi ricordando i
loro primi incontri e rendendonci in questo modo partecipi di una parte ancora ignota
della storia dei Lirici Nuovi. Merito di Anceschi, oltre alla volontà di promuovere giovani
e sconosciuti poeti, fu l'aver compreso l'importanza dell'oggetto nella poesia di allora.
Anche Alfredo Giuliani si è soffermato sul periodo dei Lirici Nuovi descrivendoci
un Anceschi che da Montaigne ha appreso quella vocazione all'ascolto senza la quale non
avrebbe mai preso avvio l'impresa della pubblicazione dei Lirici Nuovi. A questa impresa
Giuliani partecipò con entusiasmo grazie all'estrema fiducia e libertà che Anceschi gli
dimostrò fin da subito dandogli la sensazione di essere in qualche modo "in attesa".
Lucio Vetri ha messo in evidenza una volta di più quanto per Anceschi la critica
vivesse nell'ascolto dei poeti. Anche Vetri ha insistito a ragione sulla dimensione
dell'ascolto in Anceschi, che significava apertura e atteggiamento di disponibilità. Tale
atteggiamento si è concretizzato, dal punto di vista della riflessione estetica, in una
"estetica della poetica" che ha al suo centro le dichiarazione dei poeti sul proprio fare arte.
Il respiro e l'apertura europea di una riflessione che, come quella di Anceschi,
pure non si sottraeva al contatto vitale con il fare arte dei poeti a lui vicini, sono stati
messi in luce da Marco Macciantelli, che, in una disamina dei debiti del Maestro verso il
romanticismo europeo, ha ampliato i confini del dibattito verso un'area poco valorizzata
dell'elaborazione anceschiana.
Alessandro Serra ha invece scelto di evidenziare l'interesse gnoseologico che
animava la riflessione dell'ultimo Anceschi dando rilievo alla ricerca anceschiana intorno
ai legami esistenti tra arte-scienza. L'insegnamento di Anceschi in merito al rapporto tra
scienze umane e fenomenologia prevedeva una figura di critico-scienziato che imponeva
una revisione della posizione crociana sulla questione.
Ha chiuso il Convegno la relazione di Stefano Ferrari, che ha ricondotto il
discorso all'interesse anceschiano per le poetiche, concepite come punto di partenza di
una ricerca sull'arte che non conosceva barriere disciplinari precostituite e che in virtù
della sua estrema apertura ha dato un contributo rilevante alla psicologia dell'arte.
Gli Atti del Convegno sono usciti in "Studi di Estetica", 1997, n. 15.