From: Domenico Fiormonte (ITADFP@srv0.arts.ed.ac.uk)
Date: Fri, 15 Nov 1996 22:32:49 +0000
Subject: Re: Boll900 - Discussioni / A
(Dalla lista di discussione Lettere Italiane)
Crisi delle facolta' letterarie
Cari di let-it, non so quanti di voi siano iscritti a boll900, ma
questo msg. di Armando Gnisci credo che dedichi la massima
attenzione. Come alcuni ricorderanno, l'altranno su let-it
furono (da me e da altri) sollevate questioni simili, poi la
discussione non ando' piu' avanti.
Quello che dice Gnisci sulla crisi delle facolta' letterarie, e sulla
spada di Damocle dei Cultural Studies, e' drammaticamente vero.
E' una area autoreferenziale (si citano solo fra di loro anche se
parlano dell'infinito), vaghissima, direbbe Manganelli "di vasta e confusa
cultura", nella quale stanno convergendo come un fiume in piena
larghi settori di: lingue e letterature nazionali, comparate, europee come
orientali, ecc., communication studies, critical theory, ecc. ecc.
Eppure NON serve giudicarla. Perche' mentre noi discutiamo,
cosi' come hanno fatto gli Environmental Studies, quelli di CS
si mangeranno un'altra fetta dei dipartimenti Humanities.
Ho assistito qualche giorno fa a una discussione nel Modern
Languages & Islamic Studies PG Committee della mia universita'
(Edimburgo) in cui si proponeva, in tempi brevissimi (da
panico), di ribattezzare interi dipartimenti aggiungendo alla fine la dizione
"[...] & Cultural Studies".
Bisogna guardare in faccia la cruda verita' : I dip. Humanities, cosi' come
sono strutturati in Europa continentale, sono destinati a sparire.
Questo perche' lo stato (GLI Stati) non possono piu' garantire
finanziamenti per discipline e insegnamenti che non abbiano una
ricaduta positiva sull'occupazione -- che non siano cioe'
"produttivi". Il grande meccanismo messo in moto da Maastricht (se
non schianta prima) obblighera' anche noi -- e con noi soprattutto
francesi e spagnoli -- ad una drammatica riconversione delle facolta'
umanistiche. Questo vorra' dire, come in USA e UK, apertura del
mercato universitario italiano (di fatto assolutamente stagno),
offerta di insegnamenti snelli, livelli diversificati, con basso
profilo scientifico ed alta qualita' didattica (abolizione del corso
monografico), la possibilita'-necessita' per gli studenti di dottorato e i
tesisti di insegnare corsi di base di: 1) lingue straniere; 2) alfabetizzazione (o
ri-alfabetizzazione -- scrittura, computer, ecc. ); 3) corsi introduttivi per gli
studenti del biennio (diplomandi), ecc. ecc.
E dunque ANCHE i famigerati CS dovranno entrare nel nostro cv, questo
perche', come dice giustamente Gnisci, all'estero l'Italia non vende La Secchia
rapita e Giosue' Carducci, ma Calvino, il Rinascimento, Burri e, perche' no,
anche Milo Manara e Giorgio Armani. Questa sara' un'occasione non solo per
svecchiare l'insegnamento universitario, ma per "appropriarsi" di materie come i
CS e farne oggetto di studio serio, rigoroso, come nella migliore
tradizione europea continentale, e finalmente esportare conoscenza e
metodi scientifici all'estero.
Grazie dunque ad Armando Gnisci per questo suo intervento. E'
triste vedere come in Italia alle persone piu' aperte e sensibili
al nuovo non vengano concessi spazi "ufficiali" nei quali
esprimersi, come egli denuncia -- e come era anche quando io fui suo
allievo. Invito percio' tutti gli affiliati a Let-it a mandare ad Armando
un augurio di "buona resistenza".
Domenico Fiormonte
University of Edinburgh
Dept. of Italian
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United Kingdom