In appendice testi di Chicco Funaro e Paolo Pozzi
In allegato al libro il DVD con la raccolta completa della rivista
consultabile in formato PDF
Il libro
Nel corso degli anni Settanta, «Rosso» è stata la
più sperimentale, innovativa e insieme autorevole rivista dell'Autonomia
operaia.
La sua fortuna editoriale e forza di condizionamento presso considerevoli
aree di militanti risiedeva in una sofisticata alchimia comunicativa.
Un mix linguistico che sapeva fondere narrazioni in presa diretta delle
lotte con saggi di grande rigore analitico; storie a fumetti con titolazioni
fulminanti; riferimenti cinematografici con satire impietose.
Fu «Rosso» a promuovere la scoperta del nuovo continente
politico, umano, sociale, produttivo che si estendeva oltre i confini del
Movimento operaio ufficiale e delle sue organizzazioni storiche: la società
postmoderna, la produzione postfordista, l'intellettualità di massa,
il lavoro cognitivo.
Fu «Rosso» ad annunciare la genesi di un nuovo soggetto
produttivo, quell' «operaio sociale» protagonista dello scontro
del 1977 che generò prima scandalo e reprimende, poi repressione
e scontro violento.
un assaggio...
Via Disciplini è una strettoia ai margini del Ticinese. Viuzza
buia e angusta, piantata tra largo Carrobbio e corso Italia. Sputata, in
principio, sul bordo d'una leggenda ottocentesca - enfia di «cialtroni,
aborrenti il lavoro, e industriantisi a camparsela di contrabbando, di
rapina e di scrocco» - che di nuovo comincia recitando: C'era una
volta, a Milano...
«C'erano le puttane, i contrabbandieri, i ladri. Ora arrivavano
i sovversivi», racconta Primo Moroni, il bardo della libreria Calusca,
nell'imbastire un brano di memoria del territorio liberato. Scippato alla
città del gran Teatro. Sottratto - per un istante ancora - alla
metropoli della vita amara, magra, agra.
Iniziano i Settanta, Mille e Novecento, quando - nell'antica contrada
di misfatti, misteri e gherminelle - giunge l'arrembante torma di diversi
agitatori sediziosi rossi. Il quartiere, vertiginoso «moltiplicatore
della diversità», è destinato a registrare - continua
Moroni - «la più alta concentrazione di sedi politiche d'Europa».
Primato di cui solo lo spirito del luogo rende conto. Anima spessa
d'una liaison urbana che raccordava - e ricordava - il passato al presente,
la periferia al centro.
Via Disciplini 2. È dietro un portone in legno che tre decenni
or sono si componevano le colonne della più dissacrante e audace
rivista dell'estrema eresia di un'eresia.
Autonomia operaia. Bestemmia imperdonabile per quei chierici ortodossi
- custodi della fede folgorati su una strada per Santiago - che andavano
predicando austerità, sacrifici e compromessi. Azzardo ed errore
per chi, già dal 1967, reclamava un diverso ruolo del «politico»,
puntando alla «divisione» tra capitale e Stato,
e all'identificazione della classe operaia con il potere a mezzo del
Partito comunista italiano.
Errore e azzardo anche per quelli che, sul volgere di Potere operaio,
guarderanno con diffidenza - in nome della continuità d'organizzazione
e di un'opzione centralistico-insurrezionalistica - alla scommessa sugli
organismi operai autonomi.
Più tardi, alla fine di tutto, il 7 aprile '79, associazione
sovversiva, banda armata, insurrezione contro i poteri dello Stato, per
il procuratore della Repubblica,
dottor Pietro Calogero.
La testata dice «Rosso». Cinque lettere che sembrano di
vernice fresca.
«Rosso» dell'«estraneità operaia», delle
lotte in fabbrica e poi della produzione che si rovescia sul territorio.
«Rosso» delle occupazioni, delle autoriduzioni,
dell'illegalità di massa. «Rosso» del «perché
a Lenin non piaceva Frank Zappa». «Rosso» di Pat Garrett
e Billy Kid. «Rosso» delle pellicole crepuscolari di Sam
Peckinpah, nell'aurora del proletariato giovanile. «Rosso»
della fabbrica diffusa e dell'operaio sociale. «Rosso» che
sulle gradinate dello stadio Meazza, Milano, San Siro, intravede «guerriglieri»
e non più «foche ammaestrate». «Rosso» di
nuvole e chine, caustiche come vetriolo. «Rosso» delle foto
in bianco e nero di Aldo Bonasia: niente distanza di sicurezza, prego,
e sempre a un metro dal cordone più duro del corteo. «Rosso»
del «Riceviamo e pubblichiamo». «Rosso» dell'Avete
pagato caro. E anche del Non avete pagato tutto. Secondo Lea Melandri,
«"Rosso» giornale dentro la confusione». «Rosso»
contro la metropoli, alla ricerca d'un altro Che fare? «Rosso»
dimenticato, seppellito da quintali d'incartamenti giudiziari, cancellato
da anni di galera e decenni d'esilio.