«La ricerca non accademica fornì contributi fondamentali
alla conoscenza della metamorfosi della società italiana».
I Quaderni rossi, la rivista Inchiesta, Danilo Dolci, Adriano Olivetti.
La relazione e un intervento al convegno di domani a Roma
Nel dopoguerra la ricerca sociale in Italia vede una ripresa significativa
che porterà al consolidamento, anche in sede accademica, della sociologia
come disciplina. Gli stimoli a questa ripresa sono moltissimi, così
come diversi sono i filoni culturali che si oppongono all'affermazione
della ricerca sociale e della sociologia. Questi provengono dalla tradizione
idealistica - sia nella versione crociana che in quella gentiliana - ma
anche dal filone marxista più ortodosso, incapace di assorbire le
innovazioni gramsciane sul piano dell'analisi sociale e culturale. Gli
stimoli alla ripresa, invece, arrivano dalla crescente influenza della
cultura americana, che proprio in quegli anni vede un consolidamento delle
scienze sociologiche, psicologiche e antropologiche. Ma accanto a questo
filone più accademico si sviluppa in molti ambienti una più
diffusa attività di ricerca legata al bisogno di comprendere la
realtà sociale di quegli anni, in profondo movimento, e soprattutto
la condizione delle classi subalterne.
Vi si impegnano studiosi di varie discipline e intellettuali legati
al movimento operaio o alla tradizione meridionalista, che nel dopoguerra
riprende con vigore e forte carica innovativa in ambiti politici molto
diversi. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta, nuclei di studiosi legati a
riviste, intellettuali legati ad Adriano Olivetti (come Ferrarotti e altri),
docenti impegnati nella scuola di servizio sociale Cepas, gruppi locali
impegnati nella ricerca e nella pratica sociale come l'Arn a Napoli, intellettuali
interni al sindacato conducono e promuovono inchieste importanti e innovative.
Ed è proprio la ricerca non accademica che dà contributi
fondamentali alla conoscenza delle metamorfosi della società italiana.
Basti ricordare i contributi di Rocco Scotellaro, Carlo Levi, Danilo Montaldi,
Danilo Dolci e tanti altri. Si studiano così i contadini, le comunità
locali, gli emigranti meridionali e veneti, gli immigrati nelle grandi
città industriali. La nuova classe operaia della grande fabbrica,
a partire dalla fine degli anni Cinquanta diventa oggetto di interesse
di una ricerca sociale fortemente impegnata. Un ruolo determinante è
svolto dai Quaderni Rossi, fondati e diretti da Raniero Panzieri, che pongono
al centro del lavoro politico e culturale la classe operaia, della quale
si intende comprendere condizioni, orientamenti, cultura e aspettative.
Torino - sede della più importante concentrazione operaia italiana
- diventa centro di aggregazione culturale. Raniero Panzieri e il gruppo
di giovani raccolti intorno a lui rappresentano un nucleo di impegno politico
e sindacale innovativo sul piano della ricerca per orientamento, metodo
e contenuti. Alla scuola dei Quaderni Rossi si formano studiosi di scienze
sociali e le tematiche sostantive e gli aspetti di metodo caratterizzanti
il loro lavoro avranno un'influenza molto vasta per gli studi sulla classe
operaia. Il metodo è quello dell'inchiesta, dove ricerca e pratica
sociale, impegno scientifico e volontà di cambiamento si intrecciano.
Al contributo dato da questi filoni di ricerca è dedicato il
convegno. I tre termini indicati - orientamenti, contenuti e metodi - si
riferiscono agli aspetti caratterizzanti la ricerca. I contenuti sono innovativi
e affrontano aree e problematiche sociali trascurate dai filoni di ricerca
accademici. Volendo indicare gli ambiti più significativi, si può
dire che, oltre alla condizione operaia e alle sue espressioni sociali,
politiche e culturali, l'attenzione è stata rivolta agli strati
marginali della società e alla realtà delle istituzioni totali.
Proprio grazie al metodo dell'inchiesta, l'attenzione è stata rivolta
alle realtà locali e alle specificità dei contesti rurali
e urbani, dando così anche un rinnovato impulso alla ricerca meridionalista:
non solo alle condizioni di braccianti e contadini, ma anche al proletariato
precario nei quartieri popolari come a Napoli. Tutto questo, con un impegno
per la trasformazione sociale a vantaggio delle classi subalterne e per
un loro avanzamento nella società.
In questo clima culturale, agli inizi degli anni Settanta nasce la
rivista Inchiesta, che affronta temi non toccati dalla tradizionale ricerca
sociologica accademica, ma che si impone anche in ambito scientifico per
l'originalità dei contributi dati dagli studiosi che vi scrivono:
giovani ricercatori provenienti dall'ambito accademico ma anche da altri
contesti, quale ad esempio quello sindacale. Si stabilisce così
un nesso forte tra studiosi e sindacato in diversi ambienti, per cui il
lavoro di inchiesta dà elementi di conoscenza e stimoli all'azione
sindacale, mentre la comunità di intenti tra sindacato, operai e
ricercatori allarga l'orizzonte conoscitivo della ricerca sociale in Italia.
Dei limiti della sociologia tradizionale e dell'esigenza di aggiornamento
si prende atto anche in ambiente sociologico con il convegno su "La crisi
del metodo", mentre si afferma con forza il metodo dell'inchiesta che supera
l'alternativa schematica tra approccio quantitativo e approccio qualitativo
e scava in terreni nuovi individuando rapporti di potere, ingiustizie sociali,
forme di oppressione economica e culturale, discriminazioni, ma anche aspettative
di cambiamento e trasformazioni sociali e culturali. Infine, più
che teorizzare l'approccio interdisciplinare, la pratica dell'inchiesta
pone fianco a fianco studiosi di diversa formazione che beneficiano del
confronto reciproco e dell'arricchimento che viene dal rapporto con il
contesto sociale e umano della ricerca. Si pone in primo piano la condizione
umana, analizzata attraverso il rapporto diretto con le persone nella loro
quotidianità, mettendo a confronto l'approccio dello studioso con
il punto di vista direttamente espresso dai soggetti interessati.
Il dibattito sul mercato del lavoro, che trova nel centro di Portici
(Università di Napoli) a metà degli anni Settanta uno dei
momenti di più attivo confronto, è espressione di questo
incontro di discipline e ruoli diversi, grazie alla partecipazione di sindacalisti
e operatori sociali. Questo stesso approccio porterà ad analisi
più ricche e articolate delle problematiche territoriali dello sviluppo
che, partendo dall'analisi del lavoro a domicilio e del decentramento produttivo
(che proprio nella rivista Inchiesta trovano la principale sede di confronto),
affrontano il ruolo della piccola impresa e delle istituzioni locali per
lo sviluppo economico. Il gruppo di giovani economisti che nel corso degli
anni Settanta si forma a Modena, dà contributi innovativi in questo
senso e il lavoro di Sebastiano Brusco diventa un punto di riferimento
per l'analisi delle nuove forme di organizzazione produttiva nell'epoca
della crisi della produzione di massa. La minuziosa indagine empirica e
la continua attenzione alle caratteristiche socio-economiche del contesto
e al ruolo delle istituzioni sono l'aspetto caratterizzante.
In questo lungo processo di sviluppo della ricerca sociale e di affermazione
della pratica dell'inchiesta, Giovanni Mottura è stato uno dei protagonisti,
a partire dagli anni Cinquanta con il suo impegno (e le inchieste) tra
i contadini siciliani presso il centro di Danilo Dolci, il lavoro di ricerca
e di impegno politico nei Quaderni Rossi con Raniero Panzieri, gli studi
presso il Centro di Ricerche Economico-Agrarie per il Mezzogiorno (Università
di Napoli) e all'Università di Modena, a Bologna presso l'Archivio
Storico della Camera del lavoro, nel sindacato con i lavori sugli immigrati
per l'Ires-Cgil. Il convegno è in occasione del suo settantesimo
compleanno.
Enrico Pugliese, "il manifesto", 17 maggio 2007