Con la pubblicazione di questo libro, si aggiunge un nuovo, prezioso
tassello a quel processo di indagine e ricostruzione delle radici e della
storia dell'anarchismo organizzato di lingua italiana, che in questi ultimi
anni ha visto uno sviluppo tanto intenso quanto indispensabile per la comprensione
dei processi evolutivi che hanno portato alle odierne forme organizzative
del nostro movimento.
In questi ultimi tempi non sono mancati, soprattutto ad opera di Zero
in Condotta e della Biblioteca Franco Serantini, importanti lavori di carattere
storico, in grado di "coprire" un arco temporale che, partendo dalle origini
e passando per il primo dopoguerra, arriva fino agli ancora sostanzialmente
inesplorati anni Ottanta. Ed ora con questo libro, che raccoglie i saggi
e le relazioni presentate al convegno di studi promosso a Imola nell'ormai
lontano 1999 dall'Archivio Storico della Fai con la collaborazione di alcuni
gruppi e federazioni dell'Emilia Romagna, si viene, in un certo senso,
a definire compiutamente un quadro di insieme capace di spiegare e illustrare,
con la dovuta serietà scientifica, la lunga storia del nostro movimento
e dei suoi processi organizzativi. Del resto il convegno imolese, tenutosi
nell'ottantesimo anniversario del congresso nel quale si costituì
a Firenze l'Unione Comunista Anarchica Italiana, poi più semplicemente
Unione Anarchica Italiana, era stato pensato proprio per apportare un contributo
alla piena conoscenza delle dinamiche politiche e sociali che resero possibile
il definitivo venire alla luce e, di conseguenza, il compiersi di un percorso
organizzativo che aveva attraversato, come un fiume carsico, il movimento
anarchico nei suoi primi cinquant'anni di storia.
La costituzione della Uai, infatti, non fu solo il felice momento di
avvio di un movimento organizzato finalmente non più su presupposti
localistici ma su un'ipotesi saldamente federalista e di respiro nazionale,
ma fu anche, e soprattutto, il punto di arrivo di una lunga maturazione
teorica che faceva giustizia delle sterili ipotesi individualistiche e
antiorganizzative che purtroppo avevano tarpato a lungo le ali alla vitalità
dell'anarchismo. È soprattutto il saggio di Gigi Di Lembo che permette
di comprendere appieno le tappe, spesso irte di difficoltà, che
permisero l'affermarsi definitivo della ipotesi federalista, mentre Maurizio
Antonioli, con il suo acuto intervento sugli anarchici individualisti e
antiorganizzatori, descrive gli ambienti, soprattutto milanesi, che tentarono
di contrastare, principalmente sul piano ideologico, l'ineluttabile processo
che doveva sfociare nella costituzione della Uai. Del resto la presenza
di Malatesta, finalmente rientrato dal lungo esilio londinese, non poteva
non dare la spinta definitiva alla nascita di una unione nazionale degli
anarchici e la stesura del Programma adottato nel congresso bolognese del
1920, di cui parlano Giampietro Berti e Tiziano Antonelli, viene ad essere
lo straordinario coronamento del pensiero e dell'azione del grandissimo
rivoluzionario campano.
Naturalmente l'attività degli anarchici organizzati, negli anni
dell'occupazione delle fabbriche, della rivoluzione russa, delle rivoluzioni
europee, dell'avvento del fascismo, non era rivolta solo al proprio interno,
ma si esprimeva con un'azione a tutto campo, apportando una feconda spinta
propulsiva e rivoluzionaria alle intense e drammatiche lotte sociali di
quegli anni. Questo naturalmente rendeva ancora più attenta e occhiuta
la sorveglianza questurinesca sul movimento, come racconta brillantemente
Placido La Torre, senza peraltro impedire agli anarchici dell'Uai di contrastare
coraggiosamente lo squadrismo fascista. Dei tentativi di opposizione alla
violenza fascista e della ricerca di un fronte unico proletario parla diffusamente
Marco Rossi, mentre i generosi, lungimiranti e reiterati tentativi di coordinare
la risposta delle sinistre al montare della reazione sono l'oggetto dell'intervento
di Giorgio Sacchetti. Né poteva mancare un saggio, quello, come
sempre stimolante, di Santi Fedele, sull'atteggiamento, dapprima fiducioso,
ma presto assolutamente critico che l'organizzazione e il movimento anarchico
ebbero nei confronti della rivoluzione russa e della sua degenerazione
burocratica.
Naturalmente il processo che portò alla formazione di una organizzazione
a livello nazionale, non fu il frutto di una istanza centralista calata
autoritariamente dall'alto sulle propaggini decentralizzate del movimento,
ma fu il portato di varie spinte locali le quali, unendosi, dettero un
senso all'esigenza di creare finalmente una struttura in grado di coordinare,
e quindi rendere più efficaci e incisive, le innumerevoli attività
diffuse sul territorio. E non poteva essere diversamente trattandosi di
una struttura profondamente anarchica e libertaria. Merito del convegno,
e quindi di questo libro che ne raccoglie gli atti, è l'avere saputo
descrivere la vitalità e la ricchezza di queste esperienze e l'avere
raccontato come queste riuscissero a trovare un comune denominatore nella
formazione prima, nello sviluppo organizzato e uniforme poi, dell'Unione
Anarchica Italiana.
Numerose sono state le relazioni di carattere "locale", ed è
interessante osservare come tutte, pur trattando di località e situazioni
profondamente "distanti", non solo geograficamente, vengano comunque a
descrivere istanze organizzative ed esigenze operative sostanzialmente
uniformi, sia che si parli dell'Italia del nord, come fanno Roberto Bernardi
e Tobia Imperato, sia che si affronti, come Natale Musarra e Fabio Palombo,
esperienze decentrate e "anomale" quali quelle siciliana e abruzzese. Franco
Bertolucci, poi, e Tomaso Marabini, alla sua prima felice esperienza di
storico, hanno invece affrontato gli elementi costitutivi di due esperienze
sostanzialmente diverse, quale quella pisana, condizionata da una forte
presenza antiorganizzatrice e quella imolese, fortemente determinata, al
contrario, a sostenere e sviluppare il processo organizzativo in atto.
A dimostrazione di come, anche in zone segnate da una presenza libertaria
indubbiamente radicata, le risposte al problema organizzativo potessero
presentare momenti di discontinuità.
Come si può capire da queste succinte note, il volume di Zero
in Condotta, curato redazionalmente come meglio non si poteva, è
uno strumento indispensabile non solo per conoscere quali siano stati i
binari sui quali si è concluso, storicamente, il tragitto organizzativo
degli anarchici italiani, ma anche per comprendere meglio la sostanziale
continuità teorica fra l'anarchismo "storico" e quello attuale.
E per rendersi conto del "debito" ideale che la Federazione Anarchica Italiana,
dopo i suoi primi sessant'anni di vita, ancora ha nei confronti della vecchia
Unione.
Massimo Ortalli, "Umanità nova", 18 febbraio 2007