C'era una volta a Milano, in piazza Fontana, prima della strage, un
luogo occupato dagli studenti fuorisede e trasformato per nove mesi in
una casa e una comunità. Un'esperienza dimenticata, che parla di
oggi: Onda, sgombero del Conchetta, uso del territorio
L'occupazione dell'hotel Commercio, in piazza Fontana a Milano, è
uno degli eventi più dimenticati del '68. La concretezza rivendicativa
dell'Onda studentesca, e il recente sgombero del centro sociale Conchetta,
mi hanno fatto ripensare a quell'esperienza, finita quattro mesi prima
della strage alla Banca dell'agricoltura.
28 novembre 1968. Al termine di una grande manifestazione di migliaia
di studenti, viene occupato l'ex hotel Commercio, stabile abbandonato e
in degrado, da due anni di proprietà del Comune. L'occupazione viene
decisa e gestita dagli studenti fuorisede, ospiti della Casa dello studente
di Viale Romagna. Con cognizione di causa si sceglie l'albergo Commercio;
e non, come voleva l'ala capannea del movimento, Palazzo Reale. Obiettivo,
quest'ultimo, puramente simbolico: un fuoco di paglia che sarebbe stato
spento sul nascere.
Molto concrete le motivazioni. Emarginazione e carenza di case dello
studente, alte rette.
«A Milano - si legge nel volantino distribuito durante il corteo
- ci sono 2.300 posti letto per più di 20.000 studenti fuorisede.
Più di 1.800 hanno rette superiori alle 60.000 lire al mese ed arrivano
fino a 110.000 lire (l'equivalente di un buon stipendio di allora, ndr);
dei 2.300 posti letto solo 900 sono statali». La situazione diventa
esplosiva quando, per mancanza di posti letto, più di 300 studenti
fuorisede e "bisognosi" non vengono accolti alla Casa dello studente di
viale Romagna. Il bisogno di accoglienza e di alloggio diventa un elemento
di solidarietà e si innesta nel movimento generale antiautoritario.
«Oggi è acquisito il principio che ribellarsi è giusto,
e tutto può e deve essere criticato». Con l'occupazione di
piazza Fontana si prende e non si chiede più quello che spetta di
diritto.
Stabile di proprietà pubblica, in posizione centrale e strategica,
l'hotel Commercio ha le caratteristiche giuste per costruire una lotta
di lunga durata. Consente a larghi strati di proletariato studentesco e
giovanile di uscire dalla marginalità e dall'isolamento. Gli studenti
denunciare all'opinione pubblica le loro condizioni di disagio materiale
e ambientale, di sfruttamento e povertà. Praticano l'obiettivo di
costruire una nuova casa dello studente, trattano direttamente col potere
amministrativo locale, intervengono «nel vivo di una politica urbanistica
classista della città».
L'iniziativa, se da un lato si colloca all'interno del movimento antiautoritario
degli studenti, dall'altro ne prende le distanze spesso in polemica con
quegli orientamenti segnati da un rivoluzionarismo generico, incarnato
in particolare nella figura dello studente a tempo pieno. I protagonisti
dell'occupazione sono in maggioranza studenti immigrati e pendolari. D'estrazione
proletaria, molti si mantengono agli studi con lavori e lavoretti. Nei
loro documenti, cercano di dare un senso strategico alla loro specifica
battaglia; provano a fondare sui due pilastri portanti - lo studio e il
lavoro - la lotta generale contro il sistema capitalistico e l'autoritarismo
delle istituzioni; si impegnano a costruire ponti di collegamento tra i
due mondi tenuti separati e isolati.
Coerentemente con queste ambizioni, la Nuova Casa dello Studente di
piazza Fontana presto si trasforma in Casa dello studente e del lavoratore
(C.S.L): «Gli alloggi, i trasporti, le mense sono termini drammatici
che accomunano gli studenti disagiati ed i lavoratori». La C.S.L
diventa il luogo fisico dell'incontro tra mondo dello studio e mondo del
lavoro. Non solo casa, abitazione. Anche «centro di organizzazione
politica» e di controinformazione: «Per la posizione strategica
nel centro cittadino la nostra casa è già sede d'informazione
politica: i muri esterni sono i nostri giornali. E' l'ora di cominciare
in pratica ad intaccare il monopolio borghese dell'informazione».
Nella prima fase dell'occupazione, si lavora a rendere abitabili i
quattro piani dello stabile e a porre all'attenzione dell'opinione pubblica
la questione sociale degli studenti immigrati e disagiati. Si crea attorno
alla Casa un clima favorevole e solidale. Arrivano da singoli cittadini
aiuti di ogni genere (suppellettili, coperte, viveri, sottoscrizioni...).
Una mano materiale e politica la danno cooperative di lavoratori, organizzazioni
sindacali di base come alcune commissioni interne dei tranvieri, l'Udi.
Anche il sindaco Aniasi riconosce il problema e, mentre si dichiara pronto
al dialogo, «promette di venire incontro alle più impellenti
necessità». E - annotano ironicamente gli studenti nei loro
dazebao - fa arrivare mediante l'Ufficio d'igiene «materiale disinfettante
con la raccomandazione di non berlo perché velenoso!».
Milano scopre che gli studenti non fanno solo casino ma hanno le loro
buone ragioni da far valere. L'occupazione supera indenne il rigido inverno.
Le stanze dell'ex hotel si riempiono di inquilini. E la casa/albergo assume
la fisionomia di una libera comunità giovanile che si dà
un regolamento interno, organizza la vita quotidiana, promuove iniziative
politiche e culturali. Nascono forti amicizie e sbocciano amori anche duraturi.
Si tessono relazioni esterne e si arriva a costruire una rete cittadina
di collegamento, sia studentesco ed interuniversitario sia con organizzazioni
e realtà di lotta: con l'Unione Inquilini contro il caroaffitti;
con comitati di cittadini dell'Isola Garibaldi contro gli sfratti, con
comitati di base di alcune fabbriche (CUB Pirelli). Il rapporto con una
cooperativa di immigrati di Cinisello Balsamo (62.000 immigrati su 70.000
abitanti) apre agli studenti uno squarcio sulla realtà delle città/fabbriche
dell'area metropolitana e delle difficili e dure condizioni di vita dell'immenso
esercito di immigrati, i "negri" del Nord venuti dal Sud.
La comunità giovanile di piazza Fontana riesce anche ad appropriarsi
dei meccanismi della politica urbanistica, a dire la sua sullo sviluppo
della città: «Il piano regolatore prevede di razionalizzare
il centro storico in quello che è già: centro di direzione
politica, amministrativa,culturale: il cervello della città capitalista.
In questo piano non entra tutto ciò che gli è estraneo (per
esempio l'Isola Garibaldi, quartiere popolare: a pensionati, artigiani,
bottegai, piccoli commercianti, poveri impiegati è imposto lo sfratto,
devono andarsene fuori, in periferia, per cedere il posto a uffici ed abitazioni
di lusso). Il piano è la razionalizzazione classista della città.
E' la stessa logica della fabbrica: la città divisa come i reparti...
il tutto deve ruotare attorno al centro che deve essere stanza dei bottoni
e paradiso borghese. I subalterni espulsi: non devono assolutamente abitarci.
Se vorranno visitarlo dovranno farlo in religioso rispetto e ne usciranno
abbagliati, storditi, intimiditi». (Da un pezzo a Milano non ci sono
più fabbriche. Ma questa analisi non mi pare per nulla invecchiata.)
Il 1969 è anche l'anno dell'attuazione del decentramento amministrativo
di Milano. Entrano in funzione i venti Consigli di zona e per la prima
volta si avvia un processo di democratizzazione del potere locale accentrato
a Palazzo Marino. E' il frutto di un decennio di lotte dei comitati di
quartiere e di esperienze di partecipazione democratica.
La C.S.L fa breccia nella macchina politico-amministrativa della città.
Nel febbraio del 1969 il Consiglio comunale approva un ordine del giorno
che riconosce legittimità all'occupazione: l'iniziativa degli studenti
lavoratori può trovare spazio all'interno del progetto comunale
di trasformare l'albergo Commercio in un Centro direzionale e culturale
pubblico. Mentre si tiene Piazza Fontana, alla Casa dello studente di Viale
Romagna si forma un Comitato di base che gestisce una significativa vertenza
sindacale (nell'assenza del sindacato ufficiale) per il miglioramento contrattuale
del settore.
Un tale livello di lotta sociale sindacale politica e culturale entra
in crisi nella primavera del '69, quando i rappresentanti del potere decidono
di passare al contrattacco, mentre si intensificano campagne di stampa
di attacco denigratorio contro la C.S.L, ormai stigmatizzata come "covo"
di anarchici ed estremisti, drogati e fannulloni. Una delle prime trombe
dell'assalto viene suonata dal consigliere comunale del Psi Bettino Craxi,
che con un'interpellanza chiede di sgomberare l'albergo Commercio. Comincia
l'accerchiamento e l'isolamento, anche attraverso atti di provocazione
e di intimidazione. Eppure si resiste. Si vuole raggiungere l'obiettivo
di rimanere nel cuore della città, come comunità e centro
politico. Non si riesce tuttavia a dare uno sbocco vertenziale ed istituzionale
all'esperienza. Pesano le divisioni ideologiche e le diverse linee di condotta
politica (basti pensare al settarismo e alla stupida presunzione di voler
fare la rivoluzione da piazza Fontana che caratterizzava alcuni partitini
marxisti-leninisti). Non aiuta il divario comunicativo tra linguaggio duro
(ad esempio, la C.S.L viene definita «pugnale nel cuore della città
capitalistica») e realtà. Soprattutto, pesa la volontà
politica dominante di stroncare il movimento di crescita democratica del
paese e, nella specifica realtà milanese, di cancellare un'esperienza
così innovativa e dalle straordinarie potenzialità di partecipazione
civile e democratica, in linea perfetta - diremmo ora - con i principi
fondamentali di una Carta Costituzionale che, allora, non citavamo.
Con inaudita violenza, il 19 agosto 1969, nel colmo dell'estate e delle
vacanze, la C.S.L, quasi del tutto vuota, viene sgomberata da plotoni di
carabinieri e poliziotti in assetto di guerra. L'edificio viene subito
demolito. Si inaugura così la stagione degli sgomberi.
Le autorità politiche e amministrative, nazionali e locali,
si tolgono la maschera e palesano il volto del potere che ricorre alla
forza per "risolvere" i problemi, che usa la rozzezza e la stupidità,
non la duttilità e l'intelligenza di coinvolgere i cittadini nelle
decisioni.
Attenzione: si parla di oggi; si parla di noi. I problemi posti quaranta
anni fa dagli studenti sono ancora tutti sul tappeto, irrisolti e incancreniti.
Ne cito due. A Milano (e non solo) l'urbanistica ridotta a cementificazione
con un pervasivo consumo insostenibile di suolo è sotto gli occhi
di tutti. E l'Expo incombe... Milano è la città più
cara d'Italia per gli affitti a universitari fuorisede. Sono oltre 50 mila
e hanno a disposizione solo 5.956 posti letto, di cui appena 2.756 statali.
Piazza Fontana e dintorni (ex teatro Gerolamo, Corsia dei Servi) sono
ancora in attesa di una sistemazione decorosa. Demolito il vecchio hotel
Commercio, ci sono voluti 40 anni per costruire - quando si dice la fantasia
- un nuovo albergo! Superlussuoso e supercaro, ovviamente.
Il 1969 in Piazza Fontana si chiude con la strage e con la sua diciassettesima
vittima, il ferroviere anarchico Pino Pinelli, «precipitato»
in un modo tutto suo dal quarto piano della Questura.
Giuseppe Natale, "il manifesto", 31 gennaio 2009